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La carta straccia della Germania

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La carta straccia della Germania

Messaggioda flaviomob il 10/07/2015, 3:14

GERMANIA: I NUMERI DA DEFAULT DELLA “LOCOMOTIVA D’EUROPA”

DI MARISA CORAZZOL

Una montagna di 54,7 trilioni di euro in derivati. È l’elefante nella cristalleria di Deutsche Bank: una somma che equivale a 20 volte il Pil tedesco, che è di 2,74 trilioni e almeno a cinque volte il Pil dell’intera Eurozona, che è di 9,6 trilioni. Lo scrive il giornale Usa online zerohedge.com.

Secondo l’autore del pezzo che usa come fonte lo “European megabank’s annual report”, la banca con la maggiore esposizione in derivati al mondo è Deutsche Bank a quota 54,7 trilioni di euro, che “ha fatto mangiare di nuovo la polvere alla più grande banca d’America, sia per asset che certamente per ego del suo ceo: JpMorgan”, a 50,9 trilioni di euro.

La bella notizia per correntisti e azionisti della banca tedesca è che questa esorbitante cifra, per effetto di una magia contabile “precipita a 504,6 miliardi di euro in asset e 483,4 in passività, le cifre comunque più grosse in un bilancio da 1,6 trilioni (sceso dai 2 trilioni di un anno fa: un 20% che, secondo Db, è stato generato dai tassi di interesse dei derivati e dai movimento delle curve dei rendimenti in dollari, euro e sterline nel corso dell’anno, dal tasso di cambio e dalla revisione del trade per ridurre il mark-to-market). Al netto, dunque l’esposizione diventa di 21,2 miliardi. Un giochetto contabile che funziona però solo nella teoria”.

Nella pratica la cosa che rileva è che ad aprile 2013 Deutsche Bank abbia diluito il capitale del 10%, per poi successivamente varare tre aumenti di capitale, uno da 3 miliardi, e altri due da 1,5 miliardi ciascuno: tutto un pacchetto di misure funzionali a rafforzare la struttura di capitale della banca. “Con il risultato che la situazione – spiega l’autore del pezzo – è che la banca è nella stessa situazione di un anno fa”. A copertura di questi 55 trilioni ci sono 522 miliardi in depositi, una cifra di cento volte inferiore.

“La conclusione di questa storia è sempre la stessa: questa esposizione epica in derivati è la principale ragione per cui la Germania, scalciando e urlando teatralmente negli scorsi cinque anni, ha fatto ogni cosa in suo potere per assicurarsi che non ci fosse un collasso a effetto domino nelle banche europee che avrebbe certamente fatto precipitare la catena di collaterali in pancia a Db e la loro conversione da lordo a netto e che causa a Anshu Jain, e certamente a ogni altro ceo di banca, risvegli bruschi in un bagno di sudore ogni notte”.

Come riporta, altresì, il WSI in un articolo pubblicato il 15 giugno scorso, la Deutsche Bank potrebbe essere la nuova “Lehman Brothers”. A scriverlo è un reputato blog di economia Usa, che parla dei problemi di liquidità preoccupanti del primo istituto di credito tedesco. Malgrado due rafforzamenti di capitale nel giro di un mese la banca è stata bocciata agli stress test di marzo.

“Anche se fosse vero lo scopriremo solo all’ultimo, come è avvenuto nel caso della banca d’affari americana”, dice il blog gestito da due ex dipendenti di Wall Street “pentiti”.
Quanto sta accadendo da due anni in seno all’istituto ha dell’incredibile e le misure intraprese negli ultimi tempi non sono certo quelle che prenderebbe un istituto in salute.
Ricapitolando, tutto è iniziato nell’aprile di un anno fa, quando la prima banca di Germania ha varato un aumento di capitale Tier 1 da 1,5 miliardi di euro.
Un mese dopo Deutsche Bank non aveva però ancora finito il programma di rafforzamento di liquidità e ha spiazzato la comunità e i media finanziari con l’annuncio di un’emissione di 8 miliardi di euro di titoli azionari a uno sconto di anche il 30%.

Perché due azioni di rafforzamento di capitale nello spazio così ristretto di tempo? L’istituto sta attraversando da più di un anno problemi di scarsa redditività, diviso com’è tra le attività commerciali retail domestiche e le attività internazionali di investimento tipiche di una grande banca internazionale.

L’assetto e la strategia dell’istituto spiegano anche il perché della gestione bicefala del gruppo, diviso tra due Ceo, che hanno peraltro pochi giorni fa rassegnato le dimissioni.
La corsa al nuovo capitale l’anno scorso e gli ultimi eventi nascondono sicuramente qualcosa di marcio che non ci è dato sapere. A marzo la banca non ha passato gli stress test e ha ricevuto pressioni per aumentare ancora i livelli di capitale.

La banca ha dovuto anche pagare una multa salata alle autorità britanniche e statunitense in seguito a un caso di manipolazione del LIBOR. L’istituto ha dovuto sborsare 2,1 miliardi di dollari al Dipartimento di Giustizia Usa, somma che allo stesso tempo è relativamente bassa se confrontata con i guadagni intascati grazie alla distorsione artificiale dei mercati.

In maggio a uno dei due amministratori delegati, Anshu Jain, sono stati dati maggiori poteri dal CdA in quella che a molti è sembrata una misura di emergenza in stato di crisi. Di solito in momenti di difficoltà il potere delle autorità viene aumentato.

Il 5 giugno la Grecia non ha pagato la prima tranche del prestito che doveva all’Fmi. Il rischio di default ora è reale. Ciò ha e avrà implicazioni potenzialmente esplosive sui conti e il futuro di Deutsche Bank.
Nei due giorni successivi i due amministratori delegati hanno rassegnato le dimissioni. Jain se ne andrà alla fine del mese, Jürgen Fitschen a maggio del 2016, in occasione della prossima assemblea generale della banca.
Il tutto, mentre S&P ha tagliato il giudizio sul credito di Deutsche Bank a BBB+, appena tre tacche sopra il livello di “junk”: spazzatura. Per ironia della sorte, BBB+ era anche il grado più basso che abbia mai avuto Lehman prima del crac, che si è verificato tre mesi dopo l’ultimo downgrade delle agenzie di rating.

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