da mariok il 04/07/2015, 9:26
CRISI IN GRECIA
Grecia, assunzioni last-minute e testo finale con errori: le stranezze del voto
Nei sondaggi il destino della Grecia è appeso a 40 mila elettori. La proposta Ue su cui si vota è visibile solo sul sito del governo (metà dei greci non va online)
di Federico Fubini, nostro inviato ad Atene
L’errore alla fine è stato corretto, ma decine di migliaia di greci decideranno del futuro del loro Paese e dell’Europa senza saperlo. Nella traduzione dall’inglese del testo di nove pagine sul quale otto milioni e mezzo di elettori sono chiamati a votare nel referendum, era finito fuori posto un «no»: nella prima versione, pubblicata lunedì sul sito del ministero dell’Interno, si leggeva di una stima dei creditori che portava (in certi scenari) all’insostenibilità del debito. Peccato che il testo originale spiegasse l’opposto: «Non ci sono problemi di sostenibilità».
La correzione è arrivata sul sito del ministero solo al terzo giorno di una campagna di sei, dopo che l’agenzia Bloomberg aveva notato l’incongruenza. Ma chi aveva già scaricato il testo europeo sul quale domani si gioca il futuro dell’euro, forse non lo scoprirà mai. Il governo di Alexis Tsipras non ha emesso comunicati per attirare l’attenzione sul nuovo testo. Non ha spiegato la differenza fra le due versioni, di cui la seconda (quella vera) è più favorevole ad Atene.
Dettagli del genere sarebbero insignificanti, se la posta non fosse altissima per centinaia di milioni di europei e l’esito non potesse essere deciso da poche migliaia di greci. Gli ultimi sondaggi danno una differenza fra i 40 mila e i 100 mila voti fra il «No» e il «Sì», con il primo o il secondo che si alternano in testa. Quei sondaggi lasciano presagire che, chiunque vinca, partiranno presto scontri a tutti i livelli, dai tribunali alla piazza, sulla legalità del risultato: i passi falsi, le strane novità, le pratiche clientelari e le minacce sono così diffuse, che il dopo rischia di lasciare una scia di veleno in più in nazione spezzata.
I greci entreranno nei seggi domani in condizioni che in molte parti del mondo non sarebbero regolari. Non c’entra solo l’osservazione del Consiglio d’Europa, per il quale il referendum non è in linea con gli standard internazionali, visto il poco tempo concesso agli elettori per farsi un’idea e la complessità del testo sul quale devono dare un sì o un no.
C’è almeno un problema in più: gran parte degli elettori non ha accesso alla «proposta dei creditori» (nel frattempo ritirata) su cui si vota. Il ministero dell’Interno non ne ha distribuito copie e il governo non l’ha pubblicato in Gazzetta Ufficiale all’annuncio della consultazione. Ai seggi il testo non sarà affisso. Le nove pagine in greco sono pubblicate solo sul sito del ministero, in un Paese che - secondo le stime della Commissione europea - resta agli ultimi posti per la diffusione di Internet con la Bulgaria, Cipro e la Romania. Metà della popolazione non si è mai affacciata in Rete, e basta l’uno per cento di quella metà per decidere l’esito del referendum.
Non sorprende se molti pensino di poter votare «No» eppure restare nell’euro, perché la posta in gioco non è mai stata chiarita. Né stupisce che riemergono pratiche clientelari ben note anche in Italia: un governo senza risorse rende gratuiti i trasporti pubblici per la settimana del voto, al mercoledì riassume 230 dipendenti della metropolitana e al giovedì 1.293 bidelli delle scuole. Neanche il fronte del «Sì» peraltro è estraneo alle stesse tecniche: si moltiplicano i casi di imprenditori che invitano i dipendenti a votare per l’accordo se vogliono vedere la prossima busta paga.
C’è poi il problema dei 200 mila elettori all’estero, un gruppo decisivo ma tagliato fuori: pochi di loro sembrano essere riusciti a organizzarsi per rientrare a votare in così pochi giorni, ma il governo non permetterà loro di depositare la scheda nelle ambasciate come accade alle elezioni europee. Niente tuttavia risulta strano come la scelta, nuova per la Grecia, di far mandare tutte le schede votate direttamente dai 19.160 seggi del Paese al ministero dell’Interno di Atene. Non più alle sedi regionali vicine, come si sempre fatto. A differenza che nel referendum sulla Repubblica nel 1974, gli spazi da barrare del «Sì» e del «No» stanno sulla stessa scheda, non su due distinte, con il «No» favorito dal governo piazzato sopra. Il rischio è che gli scrutatori annullino più facilmente i voti sgraditi. Del resto il comitato del «Sì» avrà un rappresentante per seggio, il «No» tre: uno di Syriza, uno di Alba Dorata (neonazisti) e uno di Anel (estrema destra).
Proprio il leader di Anel Panos Kammenos, ministro della Difesa, giovedì ha notato che la sicurezza interna al Paese è garantita: lo è dalle Forze armate, ha osservato. Sarebbe incostituzionale anche solo dirlo, in un Paese che ha subito una giunta militare. Ma Tsipras, al suo fianco, non ha eccepito. E se sembra un paradosso che il futuro dell’Europa si decida così, forse è perché lo è.
4 luglio 2015 | 07:29
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville