Alla fine, il problema potrebbe riassumersi tra una assoluta "laicità dello stato" e una tollerante e interessante osmosi tra le diverse culture e tradizioni.
Io sarei per la seconda ipotesi, lasciando ad ognuno la possibilità di partecipare o non partecipare, di organizzare qualcosa oppure no.
Insomma, tendere (almeno tendere) alla tolleranza e comunicazione interculturale.
La laicità dello stato, secondo me, non consiste nel vietare l'accesso delle religioni (delle religioni - plurale) alle strutture pubbliche ma di permetterlo a tutte (nei limiti della legalità, naturalmente) senza sposarne nessuna.
Una sfida molto più ardua e coraggiosa del semplice rifiuto.
Come può permettersi la scuola, veicolo di cultura, di rifiutare un qualsiasi apporto (o scambio) culturale?
Non rischierebbe, quella, di essere una cultura di stato?.