da ranvit il 15/01/2009, 20:14
Da Repubblica.it :
Lo scontro con Berlusconi è ancora aperto. Il presidente della Camera
va da Napolitano e trova un'intesa sulla difesa del Parlamento
Ma Gianfranco resta in trincea
"È in gioco il mio futuro politico"
Nasce un correntone dei suddisti del Pdl, in 72 vanno da Berlusconi
di CLAUDIO TITO
Gianfranco Fini, presidente della Camera
ROMA - La pace è ancora lontana. Lo scontro tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi non si ferma. E il presidente della Camera, per frenare il premier, gioca anche la carta "istituzionale". Sale sul Quirinale e riferisce quel che è successo martedì scorso dopo la richiesta di fiducia del governo. L'inquilino di Montecitorio cerca insomma l'appoggio del Colle e lo ottiene. Del resto, Giorgio Napolitano è da sempre uno strenuo difensore della "centralità del Parlamento".
Anche in occasione dell'incontro natalizio con le alte cariche dello Stato aveva puntato l'attenzione sul ruolo delle Camere. La sintonia tra i due è ormai una costante di questa legislatura. Anche le proposte "finiane" sulla giustizia sono state in parte il frutto del confronto con il presidente della Repubblica.
Ieri allora per il capo di An, l'incontro con il capo dello Stato ha rappresentato in primo luogo un'arma difensiva. Gli affondi di Palazzo Chigi non sono mancati. Come quelli della Lega e di quel "partito del nord" che nella maggioranza sta quotidianamente schierando le sue truppe.
Il chiarimento tra il Cavaliere e Fini, dunque, pure ieri non c'è stato. I due non si sono visti e nemmeno parlati al telefono. In aula, anzi, si sono accuratamente evitati. "I problemi - ripeteva ieri il leader di Alleanza nazionale - restano tutti". "E - spiega uno che conosce entrambi come il segretario del Pri, Francesco Nucara - sono di natura politica, non tecnica". A cominciare dalla definizione del Pdl. Un appuntamento che per gli uomini di Via della Scrofa sta diventando un vero e proprio incubo. Tanto da metterne in discussione la data, ossia il 27 marzo.
"Non c'è nulla di fissato", si sgolava ieri Ignazio La Russa. I fedelissimi di Fini invocano un intervento politico da parte del loro leader. L'equilibrio su cui viene costruito il Popolo delle libertà, a loro giudizio, è infatti troppo sbilanciato su Forza Italia. Ma soprattutto non esiste al momento una carica da affidare al presidente della Camera. Che rischia di restare fuori dalla "corsa" per la leadership del prossimo decennio. Nei giorni scorsi, proprio l'inquilino di Montecitorio spiegava: "Io so bene che non figuro nella linea di successione stabilita da Berlusconi. Devo puntare sul partito per giocare le mie chance". E, appunto, adesso ha iniziato a giocarle. Tanto che dalle parti di Via dell'Umilità, la sede del Pdl, è tornata a circolare l'ipotesi di istituire un ruolo ad hoc per Fini. Forse di rappresentanza nelle sedi internazionali. Ma allo stato tutto resta nebuloso.
Per il Cavaliere, al contrario, "tutto è chiaro". La tela tessuta dall'alleato sta diventando troppo fitta. Più che assecondarlo, allora, lo ignora. Parla con Umberto Bossi per placarlo. Ma non lui. Discute con i parlamentari medridionali, ma non con lui. "Perché è lui che si cerca i problemi, non glieli determino io".
Nelle dichiarazioni pubbliche lo ha quasi provocato. Perché l'applauso alla sua funzione "super partes" va interpretata proprio come l'esclusione dalla futura guida del centrodestra: "È "super partes" , quindi non può essere il leader del Pdl". Ma soprattutto il premier non riesce a capire le questioni sollevate dagli esponenti di An. "Cavillano sullo statuto. Mi parlano di probiviri e poi vengo sapere che si tratta di un tribunale interno. Dovrei avere a che fare con i tribunali anche nel mio partito?".
Per di più nella singolar tenzone tra i due big della maggioranza, si è infilato Umberto Bossi. Che capeggia il fronte "nordista" della coalizione cui adesso si sta opponendo quello "sudista". I ministri di Forza Italia, convocati a Via del Plebiscito, ieri invitavano il Cavaliere a riprendere il rapporto con Fini. Ma lui replicava: "Non mi preoccupa Gianfranco, mi preoccupa Umberto. Fino alle europee non la smetterà". E già, perché il premier continua a considerare la Lega l'unico alleato con cui davvero fare i conti. Tant'è che ha convocato il Senatur per tranquillizzarlo.
Anche se i dossier aperti continuamente dal Carroccio ormai stanno diventando una via crucis per la maggioranza. In particolare per gli eletti nelle regioni meridionali. Che cominciano a fremere. Il federalismo, gli immigrati, Alitalia, i fondi per le aree sottoutilizzate: temi sollevati dal Carroccio e poi sostenuti da ministri come Giulio Tremonti e Maria Stella Gelmini o da "big" del Pdl come Roberto Formigoni e Letizia Moratti. Un "correntone" che ha costretto gli esponenti del Mezzogiorno a organizzarsi nello stesso modo. Non a caso mentre ieri parlava con Bossi, quasi contemporaneamente ha dovuto ricevere 72 parlamentari "sudisti" guidati dal ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, con l'unico obiettivo di garantire su un programma "concreto" che ribilanci i fondi a favore del meridione. Un gioco di equilibrismo che dovrà andare avanti ancora per molto tempo.
(15 gennaio 2009)
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.