Come mi capita spesso, ascoltavo stamattina una radio locale, che usa mettere in contatto gli amministratori locali e altri personaggi politici con il pubblico degli ascoltatori.
Uno dei temi in discussione oggi è stato quello della Gerit, società alla quale è stato affidato qualche anno fa la riscossione dei tributi, delle multe e altre somme pregresse: il risultato è, fino ad oggi, un mare di assurdità, di paradossi, di esazioni cervellotiche, praticamente un enorme bordello.
Niente di nuovo, comunque, ossia niente che non sia emerso già mille volte in questi anni, in materia di amministrazione "creativa" e di malgoverno.
Un problema questo che si ricollega in qualche modo anche con quello della "democrazia di partito", che si discute in altre parti del forum, e con i programmi dell'unico partito rimasto del centro-sinistra, e insomma con diversi argoenti dei quali discutiamo: per questo, non sapendo dove collocarla, ho deciso di esporre la mia riflessione in un argomento a se stante.
Ascoltando infatti la trasmissione di cui parlavo, mi è sembrato più che mai chiaro che esiste un problema alla base di tanti nostri travagli.
I politici che mandiamo in parlamento, i dirigenti importanti del partito, gli amministratori locali, i giornalisti che fanno da tramite e da commento, hanno in comune una caratteristica: nessuno di loro sta nelle condizioni della popolazione della quale parlano - né economicamente, né come facoltà di essere sollevati dalla gran parte delle conseguenze del malgoverno.
Capita spesso - anche in tante trasmissioni delle TV nazionali, oltre che in articoli, interviste, editoriali - sentir parlare della social card, o delle pensioni, o degli stipendi insufficienti, dei mutui, degli affitti, dei prezzi impazziti, etc, ma la grandissima parte di coloro che ne parlano guadagna e spende in un mezz'ora i cinquanta euro di una social card, ha pensioni assicurate quadruple o decuple rispetto a quelle di cui parla, ha uno stipendio triplo o quintuplo, abita in case dell'ente corporativo di appartenenza o ne ha acquistata una a prezzo privilegiato.
Qui non si tratta di rimettere in discussione le disuguaglianze sociali, in via generale.
Qui si tratta soltanto di chiedersi: come può davvero sentire un problema - ripeto, sentirlo davvero - chi questo problema non lo vive e non lo soffre direttamente?
Non è un problema psicologico - o almeno, non solo - ma un problema politico: qui vengono al pettine i nodi dei tanti meccanismi perversi ai quali ci siamo ormai abituati, dalla gestione clientelare delle case degli enti ai privilegi grotteschi dei parlamentari, alla proliferazione delle auto blu, agli emolumenti di assessori e amministratori che non hanno pari in Europa, etc.
Problemi questi che forse non rientrano nella sfera della "corruzione", ma che certamente fanno scolorire l'importanza delle riforme istituzionali sulle quali ci arrovelliamo, e fanno assumere un rilievo diverso alla vaga aspirazione ad un "partito", ad una politica "puliti", di cui si sta parlando in questo periodo a sinistra.
Tra l'altro, la "vicinanza" dei politici ai cittadini comincia proprio da qui: chi se ne frega delle passeggiate elettorali al mercato rionale, dei capannoni, dei pulmann, delle "officine del pensiero" messe in pista nelle campagne elettorali.
La vicinanza comincia da qui, dalla condivisione - o quasi - degli stessi problemi, della stessa vita.