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Omogenitorialità: il caso australiano

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Omogenitorialità: il caso australiano

Messaggioda flaviomob il 09/06/2013, 12:44

“I figli di coppie gay crescono anche meglio di quelli delle famiglie tradizionali”

Lo dicono i risultati preliminari di uno studio condotto dall’università di Melbourne su 500 minori residenti in Australia: le same-sex families sono più unite – suggerisce la ricerca – perché devono affrontare gli attacchi che arrivano dalla società, metabolizzarli e dare loro una spiegazione
di Marco Quarantelli

Vivono con due mamme o due papà, e sono alla pari con i loro coetanei per autostima, comportamento emozionale e tempo speso in compagnia dei genitori. Ma avrebbero una marcia in più rispetto alla media in tema di benessere complessivo e coesione familiare. I bambini figli di coppie omosessuali crescono altrettanto bene, e sotto alcuni aspetti meglio, rispetto a quelli che vivono nelle famiglie tradizionali. Lo dicono i risultati preliminari di uno studio condotto dall’università di Melbourne su 500 minori residenti in Australia: le same-sex families sono più unite – suggerisce la ricerca – perché devono affrontare gli attacchi che arrivano dalla società, metabolizzarli e dare loro una spiegazione.

The Australian Study of Child Health in Same-Sex Families, si legge sul sito dell’ateneo, è “la più ampia ricerca al mondo” sul tema. E’ iniziata nel 2012, si concluderà nel 2014 e coinvolge 500 minori tra i 2 mesi e i 17 anni e 315 genitori (80% donne, 18% uomini e 2% di altro genere) tra gay, lesbiche, bisex e queer che hanno compilato online o via mail un Child Health Questionnaire riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale. Lo scopo è “misurare il benessere fisico, mentale e sociale dei bambini che vivono in questo ambiente”: secondo l’Australian Bureau of Statistics, nel 2011 erano 33mila le coppie omosex che vivevano insieme a 6.120 figli under 25. Tra gli obiettivi c’è anche quello di “studiare il ruolo della discriminazione” sul loro sviluppo. Cinque gli indicatori utilizzati: autostima, emotività, tempo trascorso con i genitori, stato di salute e coesione familiare. “I primi risultati – si legge sull’interim report – suggeriscono che i bambini hanno uno sviluppo normale e ottengono dei punteggi più alti dei coetanei in tema di benessere e coesione familiare per via delle discriminazioni cui sono sottoposti”. E gli scarti sono così marcati che se fossero casuali, spiegano i ricercatori, si verificherebbero in meno di un caso ogni 10 mila.

Secondo lo studio, il modo in cui le same-sex families devono rapportarsi ai fenomeni di omofobia avrebbe un impatto sul modo in cui i loro membri si relazionano tra loro. “Per via della situazione in cui si trovano – spiega Simon Crouch, responsabile del progetto – questi bambini sono più desiderosi di comunicare e affrontare con i loro cari tematiche come il bullismo“. Lo studio indaga inoltre sulla relazione tra il benessere dei piccoli e le discriminazioni cui le loro famiglie possono essere sottoposte a scuola, nelle strutture per l’infanzia, in quelle sanitarie e attraverso i media. “Una discriminazione che può variare dai commenti poco informati alla presa in giro, dal bullismo all’omofobia conclamata, fino al rifiuto”, spiega ancora Crouch. Il modo in cui questi attacchi vengono metabolizzati in seno alla famiglia avrebbe effetti positivi: il confronto su questi temi “favorisce l’apertura mentale e rinforza il carattere dei piccoli”. Un fattore che, è una probabile obiezione, dall’altro lato potrebbe poi diventare un elemento di autoesclusione o parziale isolamento dalla vita sociale.

In Australia le nozze gay non sono consentite (nel 2012 il parlamento ha votato contro e non se ne riparlerà prima delle elezioni di settembre), ma la legge riconosce come coppie di fatto sia le relazioni fra due sessi che dello stesso sesso. Inoltre alle co-madri lesbiche sono riconosciuti gli stessi diritti dei genitori di figli nati da fecondazione in vitro o inseminazione artificiale. Kate Coghlan e Susan Rennie vivono insieme ai loro tre figli: Hannah, 8 anni, Xavier, 6, e Anouk, 5, concepiti con il seme del medesimo donatore. “Noi parliamo di tutto - racconta Kate, 39 anni, al quotidiano australiano The Age - dal modo in cui i bimbi vengono concepiti ai differenti tipi di relazioni che gli esseri umani possono avere. Sono ragazzi molto aperti alla diversità”.

La letteratura scientifica in materia è ampia. Secondo i ricercatori australiani, sono 40 gli studi rilevanti condotti tra il gennaio del 1990 e il marzo 2011. L’ultimo pronunciamento autorevole risale al 21 marzo: quel giorno l’American Academy of Pediatrics, che rappresenta il 99% dei pediatri in attività negli Usa, diede il suo assenso alle famiglie omogenitoriali. Nel documento Promoting the Well-Being of Children Whose Parents Are Gay or Lesbian, i 60 mila membri dell’accademia si dichiararono a favore sia del “matrimonio civile per le coppie dello stesso sesso” sul quale è attesa entro giugno la decisione della Corte Suprema, sia della “piena adozione e dei diritti di affidamento per tutti i genitori, indipendentemente dall’orientamento sessuale”.



Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... in/618910/


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Re: Omogenitorialità: il caso australiano

Messaggioda pianogrande il 10/06/2013, 0:07

Mah!
L'Australia non è l'Italia.
Io sull'uso dei bambini come apripista rimango contrario.
Forme di affido, tutto quello che volete; ma due mamme o due papà la vedo durissima a livello di socialità con i coetanei, innanzitutto.
Con i coetanei e con tutta la stupidera adulta che c'è in giro.
Posso essere d'accordo sul principio di non discriminazione ma la vedo dura proprio per i bambini.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Omogenitorialità: il caso australiano

Messaggioda Iafran il 10/06/2013, 7:50

flaviomob ha scritto:The Australian Study of Child Health in Same-Sex Families, si legge sul sito dell’ateneo, è “la più ampia ricerca al mondo” sul tema. E’ iniziata nel 2012, si concluderà nel 2014 e coinvolge 500 minori tra i 2 mesi e i 17 anni e 315 genitori (80% donne, 18% uomini e 2% di altro genere) tra gay, lesbiche, bisex e queer che hanno compilato online o via mail un Child Health Questionnaire riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale. Lo scopo è “misurare il benessere fisico, mentale e sociale dei bambini che vivono in questo ambiente”: secondo l’Australian Bureau of Statistics, nel 2011 erano 33mila le coppie omosex che vivevano insieme a 6.120 figli under 25. Tra gli obiettivi c’è anche quello di “studiare il ruolo della discriminazione” sul loro sviluppo.

Reputo il tempo di osservazione troppo ristretto per condurre un'analisi di tale portata e le conclusioni mi sembrano azzardate. In poco più di un anno non ci dovrebbero essere mutamenti sostanziali in un bambino di 3 anni (che passa a 4) o in una ragazza di 14,5 anni (che passa a 16).
L'osservazione dovrebbe essere fatta per tutto lo sviluppo fino all'età adulta ... contenendo o rimuovendo del tutto la tendenza a prepararsi psicologicamente alle domande degli analizzatori.
I dati di uno studio affrettato e limitato ad uno spaccato di vita dovrebbero essere poco attendibili.
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Re: Omogenitorialità: il caso australiano

Messaggioda flaviomob il 10/06/2013, 10:44

I primi migranti stranieri arrivati in Italia sono andati incontro agli stessi problemi. In particolare i figli adottati da coppie italiane, provenienti da paesi africani. A scuola così come nella società, è stato difficile essere l'unico "nero" dove tutti gli altri erano bianchi (ed integrati).
Sono questioni di cui prima o poi dovremo farci carico: l'integrazione spetta al singolo o alla società?
Le discriminazioni devono condizionare ogni nostra decisione?

Se l'Australia non è l'Italia ci sarà un motivo e ci sarà un percorso che noi non abbiamo ancora intrapreso, per crescere.


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Re: Omogenitorialità: il caso australiano

Messaggioda franz il 10/06/2013, 12:50

flaviomob ha scritto:I primi migranti stranieri arrivati in Italia sono andati incontro agli stessi problemi. In particolare i figli adottati da coppie italiane, provenienti da paesi africani.

Si, verissimo. Conosco il caso abbastanza da vicino e non per figli adottati ma per i tre figli naturali di un italiano e di una somala, tutti nati in Italia, rigorosamente italiani e integrati (sicuramente non discriminati) ma pur sempre "pesci fuor d'acqua", per come si sentivano loro. Ed i problemi che hanno avuto (gravi, dopo l'adolescenza) mostra che l'integrazione tra culture diverse (o del presunto diverso") è problematica anche in assenza di discriminazioni. Sicuramente c'entra anche il contesto familiare, che puo' essere buono o meno buono anche in famiglia cosiddette "normali" per cui alla fine è veramente difficile attribuire colpe o meriti ad un aspetto piuttosto che un altro. Come fai a dire quanto pesa la famiglia e quanto l'ambiente? Concordo che un anno solo sia poco per un'analisi con solo 500 bambini di diverse età. A mio avviso se si parla di adottare o affidamento, visto che si selezionionano in tutti i casi le coppie migliori, l'esito deve essere comunque superiore alla media. Ci mancherebbe altro. Non mi è pero' chiaro se i 500 bambini di cui si parla siano adottati/affidati oppure i figli naturali (o con procreazione assistita) di uno dei due genitori, che è quindi un genitore biologico.
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