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La Cassazione sulle coppie gay: diritto a vita familiare

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

La Cassazione sulle coppie gay: diritto a vita familiare

Messaggioda franz il 15/03/2012, 18:26

LA SENTENZA
La Cassazione sulle coppie gay
"Hanno diritto a una vita familiare"

Secondo la Suprema Corte pur non avendo una tutela legale le unioni omosessuali devono poter avere "un trattamento omogeneo a quello assicurato ai coniugati"

ROMA - Le coppie omosessuali, se con l'attuale legislazione "non possono far valere il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all'estero", tuttavia hanno il "diritto alla 'vita familiare'" e a "vivere liberamente una condizione di coppia" con la possibilità, in presenza di "specifiche situazioni", di un "trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata". Lo afferma la Cassazione, in una sentenza depositata oggi.

Il verdetto è arrivato a conclusione di un iter giudiziario avviato da una coppia gay della provincia di Roma che si era sposata all'Aja, in Olanda, e chiedeva la trascrizione dell'atto di nozze in Italia. Richiesta che la prima sezione civile della Cassazione ha respinto, stabiliendo però che anche per le coppie gay devono valere gli stessi diritti assicurati dalla legge a qualsiasi coppia etero e pertanto "possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza di specifiche situazioni, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata".

"La sentenza di oggi della Cassazione è importantissima: fa una fotografia della realtà delle coppie lesbiche e gay, stabilendo che anche per le coppie gay devono valere gli stessi diritti assicurati dalla legge a qualsiasi coppia eterosessuale. Sono parole chiare e nette di fronte alle quali il Parlamento e il Governo sono chiamati a dare una risposta", commenta il portavoce del Gay Center, Fabrizio Marrazzo. "Ormai - aggiunge - sono diverse le istituzioni politiche, come il Parlamento Europeo, o giurisdizionali come la Cassazione che delineano come l'assenza di leggi in Italia rappresenti un vuoto da colmare e stabiliscono principi di pari diritti. E' una realtà di fatto anche quella per cui molte coppie gay italiane stanno contraendo matrimonio all'estero in altri paesi europei. Serve una presa di coscienza politica urgente e finalmente decisiva".

Reazioni positive alla sentenza anche dal mondo politico. "Le coppie di fatto per la Cassazione hanno diritto a un 'trattamento omogeneo alle coppie coniugate'. W la Cassazione abbasso, su questo, Alfano", scrive su twitter il capogruppo di Fli alla Camera, Benedetto Della Vedova.

Massimo Donadi, presidente del gruppo Idv alla Camera, si chiede come "è possibile che in questo paese, quando si parla di temi etici e di diritti civili, la politica arrivi sempre in ritardo? E' accaduto nel recente passato con la vicenda di Eluana Englaro. Stavolta, sul tema della coppie gay, è la Cassazione a prendere atto dei cambiamenti sociali e ad esprimersi in base al diritto"

Soddisfazione per il verdetto è espressa anche dal senatore Pd Roberto Della Seta, componente della commissione straordinaria per i diritti umani. "L'auspicio - afferma - è che ora questo principio di elementare buon senso trovi piena applicazione nelle leggi". "Il nostro paese - continua - è uno dei più arretrati quanto a diritti delle persone omosessuali, e questo alimenta e legittima persistenti atteggiamenti omofobi e discriminatori, che talvolta non risparmiano anche esponenti politici".

(15 marzo 2012)
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Re: La Cassazione sulle coppie gay: diritto a vita familiare

Messaggioda flaviomob il 15/03/2012, 19:05

Bravo! Stavo per postarlo. E ora anche il parlamento europeo ci vincolerà ad approvare una normativa adeguata.


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Re: La Cassazione sulle coppie gay: diritto a vita familiare

Messaggioda franz il 15/03/2012, 22:51

flaviomob ha scritto:Bravo! Stavo per postarlo.

Bravo tu che prima di farlo hai letto il forum!

"trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata" per te cosa significa?
Assegni familiari? Cosa altro? fai un elenco.
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Re: La Cassazione sulle coppie gay: diritto a vita familiare

Messaggioda flaviomob il 16/03/2012, 6:20

Vuol dire che molti cercheranno di avere giustizia ricorrendo alla magistratura e ci saranno decine di sentenze contraddittorie come accade regolarmente in Italia, dove un pronunciamento di un giudice non costituisce un "precedente" vincolante.


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Re: La Cassazione sulle coppie gay: diritto a vita familiare

Messaggioda gabriele il 16/03/2012, 10:23

Cassazione interviene su coppie gay: 'Hanno diritto alla vita familiare' 'Come coniugi, ma con legislazione attuale non possono far valere il diritto al matrimonio'
15 marzo, 22:10

ROMA - Non c'é ancora in Italia una legge che permette i matrimoni omosessuali, ma questo non vuol dire che i gay abbiano meno diritti di una coppia di sposi. E' la Cassazione a sostenere, in una sentenza depositata oggi, che le coppie conviventi dello stesso sesso, con una relazione stabile, hanno diritto al riconoscimento della loro "vita familiare" e quindi allo stesso trattamento garantito dalla legge ai coniugi etero. Una sentenza alla quale plaudono le associazioni omosessuali e che torna a dividere la politica.

La Cassazione affronta per la prima volta il tema del riconoscimento dei matrimoni tra omosessuali contratti all'estero in seguito un ricorso presentato da una coppia di Latina che si era vista respingere dal comune di residenza sia dal Tribunale, sia dalla Corte d'appello, la richiesta di trascrizione del matrimonio celebrato all'Aja nel 2002. Il ricorso della coppia è stato comunque respinto, ma la Cassazione ha sottolineato come il mutato quadro normativo europeo in materia produca effetti anche in Italia. Se è vero, dice la Cassazione, che una recente sentenza della Corte Costituzionale ha negato il riconoscimento del diritto al matrimonio di persone dello stesso sesso, lasciando al Parlamento il compito di tutelare eventualmente le unioni omosessuali con apposite norme, una recente sentenza della Corte di Strasburgo (del 24 giugno 2010) riconosce il diritto delle coppie omosessuali ad una "vita familiare" al pari delle coppie etero. Per questo, è scritto nella sentenza della Cassazione n.4184, le coppie gay "conviventi in una stabile relazione di fatto, se non possono far valere il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all'estero", tuttavia hanno il "diritto alla 'vita familiare'" e a "vivere liberamente una condizione di coppia". Tutto ciò, proseguono i giudici, con "il diritto", in presenza di "specifiche situazioni" (che non vengono dettagliate), di un "trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata". Infatti, aggiunge la Cassazione, in base all'art.12 della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo (recepito anche in Italia), è stata superata "la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico della stessa esistenza del matrimonio".

Per questo "l'intrascrivibilità delle unioni omossessuali dipende non più dalla loro 'inesistenza' e neppure dalla loro invalidità ma dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio, appunto, qualsiasi effetto giuridico nell'ordinamento italiano". Le reazioni alla sentenza non si sono fatte attendere: da Gay Center a Equality Italia, dall'Arcigay, al Circolo Mieli dai Radicali al Pdci, Prc e Sel, tutti esultano e chiedono un intervento urgente da parte del Parlamento per adeguarsi alla normativa europea e a quanto sancito dalla Cassazione. Una sentenza "storica", l'ha definita Ignazio Marino, del Pd, secondo cui l'Italia deve ora dotarsi di una legge "che equipari i diritti e i doveri di tutte le coppie, a prescindere dall'orientamento sessuale". I Supremi giudici "hanno preso atto dei cambiamenti sociali e si sono espressi in base al diritto", ha detto Donadi, dell'Idv. "W la Cassazione e su questo abbasso Alfano", ha dichiarato della Vedova di Fli, richiamando le parole del segretario del Pdl che pochi giorni fa aveva ribadito il suo no ai matrimoni gay. Un concetto riproposto da Maurizio Lupi che, parlando di "forzature e strumentalizzazioni" della sentenza, afferma che "il matrimonio è quello tra uomo e donna, come sancisce la nostra Costituzione. Altra cosa sono i diritti soggettivi che vengono ampiamente tutelati dal nostro codice civile". Sul versante dell'Esecutivo è il ministro per l'Integrazione Andrea Riccardi a precisare che la questione del riconoscimento delle unioni omosessuali "non è nel programma di Governo. E' una questione che riguarda il Parlamento, credo che bisogna parlarne con le forze politiche". Netta contrarietà, invece, sul fronte cattolico: secondo Francesco D'Agostino, presidente dei giuristi cattolici italiani, la Cassazione ha "ritenuto irrilevante l'identità di sesso" per la "qualificazione del rapporto di coppia" di tipo matrimoniale e questo indica tra l'altro una "perdita di valore dell'essenza del matrimonio in quanto tale".

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 70235.html
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Re: La Cassazione sulle coppie gay: diritto a vita familiare

Messaggioda flaviomob il 16/03/2012, 13:55

COPPIE GAY. Arcigay diventa soft
15 marzo 2012

Meno rivendicazioni, più dialogo. Paolo Patané spiega il nuovo stile della battaglia per la parità

Venerdì 9 marzo, pochissimi giorni prima che il tema tornasse a infiammare il dibattito tra politici e opinionisti, non c’era traccia di matrimoni gay nella relazione che Paolo Patané, presidente di Arcigay, ha tenuto davanti al Consiglio Nazionale. Al centro dell’attenzione di Patané c’era invece la preoccupazione per la «regressione del welfare» e la volontà di «declinare diversamente» le rivendicazioni degli omosessuali. La svolta soft di Arcigay si misura negli aggettivi: un piano «dialogante» con la società, «differente, ma in sintonia con il Paese», correlato «all’obiettivo del consenso sociale». Addio piume, lustrini e carri del Gay Pride. Ecco come Paolo Patané spiega la svolta.

Cominciamo da Lucio Dalla: è stato ipocrita o la sua discrezione è solo sintomo di una maggiore accettazione sociale, per cui non è necessario ogni volta rivendicare la possibilità di essere una coppia dello stesso sesso?
Lucio Dalla non può essere definito un ipocrita. Ha vissuto la vita che sentiva di vivere per come se la sentiva di vivere, ha provato - come tutti - a realizzare il suo modo di vivere la libertà. Dopodiché sarebbe bello se chi dalla vita ha avuto tanto riuscissero a spendere qualcosa della propria fortuna per le battaglie civili. Sarebbe bello, ma se Dalla non lo ha fatto non è certo una colpa.

Né colpa né virtù?

Sì, perché ciascuno ha il diritto di narrarsi per come ritiene, ma non sono d’accordo con Vespa quando dice di aver apprezzato proprio questo “non farne una bandiera”. Dimentica che le grandi battaglie per la giustizia e la libertà richiedono coraggio. Il coraggio non si può imporlo a nessuno, ma è doveroso riconoscere il merito a chi il coraggio ce l’ha. Altrimenti il mondo non cambierà mai.

Infatti avete fatto il paragone con Rosa Parks. Però arriva anche un momento nella storia in cui chiunque “si siede dove vuole” e basta, senza bisogno ogni volta di fare una rivendicazione.
Già, ma fuori di metafora in Italia non siamo ancora giunti a questo momento. La possibilità di vivere insieme in modo ordinario, per una coppia dello stesso sesso, c’è. Ci sono contesti più difficili di altri, d’accordo, ma sull’ordinarietà il problema non si pone, perché lì ciò che conta è il consenso sociale. Quindi stare insieme, dividere una casa, anche avere dei figli… oggi è possibile. Ma quando arrivano i problemi il consenso sociale non basta, lì serve la tutela della legge. La società ci riconosce ma il legislatore no e questo pesa quando si passa dalla quotidianità ai momenti critici della vita.

Come mai il suo discorso al Congresso era disseminato di aggettivi «dialoganti» anziché di toni rivendicativi? Arcigay cambia pelle?
Sì, è un cambio di tono, di immagine, di comunicazione. Noi stiamo ragionando su tre livelli. Il primo è quello di fare un punto di forza della nostra capacità di una vita “normale”, riconoscibile a tutti perché è come quella di tutti. È il caso della nostra ultima campagna, “Diversamente uguali. Storie di ordinaria diversità”, che punta sul permette a ciascuno di riconoscersi e di abbattere quel senso di distanza che a volte viene strumentalizzato. Il secondo punto su cui stiamo molto lavorando è sull’elevare il tono. Non vogliamo solo normalizzare l’immagine, ma depurare la comunicazione dai toni aggressivi, puntando a comunicare la nostra rivendicazione di diritti non più con slogan ma per immagini o per argomentazioni. Perché siamo convinti che questa sia una battaglia giusta, non solo riconoscibile dalla società ma anche condivisibile dalla società. Pensiamo sia sbagliato ragionare per slogan e affermazioni enfatiche, ma che diventi sempre più importante l’argomentazione e il mostrare la vita per com’è.

Il terzo livello?
È collocare la battaglia per l’eguaglianza – perché di questo si tratta – nel suo contesto storico. Stiamo facendo uno step di una battaglia iniziata in Europa due secoli fa, che ha visto protagonisti di volta in volta le donne, gli ebrei, le persone di colore, le religioni… oggi tocca a noi. Tocca a noi combattere questo step della battaglia per l’eguaglianza. Messa così si evidenzia che questa è una battaglia che facciamo noi ma riguarda tutti, perché il bene dell’uguaglianza - chiunque lo conquisti - è patrimonio di tutti e per tutti.

Come definisce questa svolta?

È una questione di consapevolezza. Soprattutto abbiamo smesso di considerare come unico parametro il consenso della stessa comunità LGBT. Il nostro punto di riferimento non possiamo essere noi stessi, ma deve essere l’opinione pubblica nella sua generalità, il paese nella sua complessità. Questo ti porta a ragionare e a parlare in modo diverso. A noi interessa il risultato: e questo è un altro dato che connota oggi Arcigay. Non è necessario sempre sbandierarlo e farne un trofeo da esibire politicamente. Oggi è importante la capacità di ottenere risultati stando dietro le quinte. Non tutto deve essere esibito per rimarcare una rivendicazione.

http://www.vita.it/news/view/119147


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Re: La Cassazione sulle coppie gay: diritto a vita familiare

Messaggioda pianogrande il 16/03/2012, 18:23

Visto che qualcuno parla di steps.
Il primo ammorbidimento, secondo me (non perché ci si debba fermare lì) è non puntare direttamente alla definizione di matrimonio e di famiglia.
Un riconoscimento giuridico della convivenza corredato da diritti e doveri sarebbe già un sostanzioso passo avanti.
In Italia questo riconoscimento non c'è neanche per le convivenze etero.
I padroni del matrimonio non avrebbero più motivo di difendere il loro copyright e moltissime situazioni di disagio, anche pesante, potrebbero essere risolte.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: La Cassazione sulle coppie gay: diritto a vita familiare

Messaggioda flaviomob il 17/03/2012, 1:46

Coppie gay: cosa dice la Cassazione

E’ di ieri la sentenza n. 4184/2012, con la quale la prima Sezione civile della Suprema Corte di Cassazione ha negato, a due cittadini italiani che si erano sposati in Olanda, la possibilità di trascrivere il loro matrimonio in Italia.

La sentenza, che si può leggere qui, è molto lunga ed articolata. Il suo pregio, nonostante alcuni punti delicati sui quali si riverseranno certamente i commenti degli studiosi nelle prossime settimane, sta nell’aver puntualizzato, più che altro nelle sue ultime 6 pagine, alcuni dati di fondamentale importanza, che si possono riassumere come di seguito.

Primo punto. Al contrario di quanto la giurisprudenza ha ritenuto fino ad oggi, il matrimonio same-sex non è inesistente per mancanza di uno dei suoi presuppposti essenziali, dato dalla diversità di sesso, ma è semplicemente “inidoneo a produrre … qualsiasi effetto nell’ordinamento italiano“. Che cosa significa?

Come ho già avuto modo di evidenziare in ambito accademico, la categoria giuridica dell’inesistenza denota una situazione molto più grave di quella dell’invalidità, perché si riferisce non all’elemento giuridico, ma a quello sociale. Dire che un istituto è inesistente significa puntualizzare non che non esiste solo nel mondo del diritto, ma che non viene riconosciuto minimamente neppure nel contesto sociale. Quindi, dire che il legame tra due persone dello stesso sesso non esiste implica un giudizio sulla qualità della loro relazione.

Proprio qui si innesta la portata innovativa della sentenza in esame: non è più possibile, oggi, dopo le pronunce della Corte costituzionale e della Corte di Strasburgo e dopo i costanti richiami del Parlamento europeo, dire che le coppie omosessuali non hanno ruolo sociale. Non si possono sposare, questo sì, ma solo perché il legislatore non ha ancora messo mano alla materia.

Mi chiedo cosa aspetti.

Punto secondo. “I componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto, se quali titolari del diritto alla vita familiare e nell’esercizio del diritto involabile di vivere liberamente una condizione di coppia ... possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza … di specifiche situazioni, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata“, sollevando in tale sede, eventualmente, le opportune questioni di legittimità costituzionale.

Cose che abbiamo già sentito due anni fa dalla Corte costituzionale, ma che oggi ricevono il placet anche della Cassazione. Ciò significa che quando le coppie gay o lesbiche si sentono discriminate rispetto a quelle sposate, possono ricorrere al giudice e vedersi riconosciuto il diritto che un legislatore sempre più lontano dalla società fatica a riconoscere loro. Un esempio? La successione del partner same-sex rispetto al compagno o alla compagna; le agevolazioni fiscali sulle donazioni tra partner dello stesso sesso rispetto a quelle che il diritto tributario riconosce alle donazioni tra coniugi. Le corti hanno dato il là. Ora tocca alle singole coppie rivolgersi al giudice, ove percepiscano una discriminazione.

Le sentenze vanno lette, meditate e, soprattutto, vanno rispettate. Non c’è più nessuna scusa possibile, il Parlamento è ormai stretto d’assedio e deve far qualcosa. Non si può più – e qui, mi spiace dirlo, Pdl e Pd sono in perfetta sintonia – sbandierare la Costituzione, come se si potessero usare i principi che regolano il gioco per escludere una squadra. Anche gli omosessuali meritano parità sociale e di diritti e l’attuale classe politica non può che prenderne atto. Ogni diversa posizione è un’usurpazione delle legittime aspettative di una comunità di persone che chiede parità e giustizia.

Sappiamo purtroppo che questo Parlamento non prenderà nessuna iniziativa, a causa delle incrostazioni clerical-conservatrici che lo bloccano.

Ricordiamocelo, tutti, quando finalmente andremo a votare. Dopo aver letto attentamente ciò che i candidati propongono nei loro programmi.

Matteo Winkler
16 marzo 2012

Il Fatto


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