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A proposito di mangiate

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A proposito di mangiate

Messaggioda franz il 23/12/2011, 9:02

Il prezzo è giusto, il ristorante si svuota
E al Senato i camerieri perdono il posto
Finita l'era del quasi gratis, lavoratori in cassa integrazione

ROMA - Per loro non è in previsione alcun corso di perfezionamento presso la prestigiosa scuola culinaria del Gambero Rosso. Quel seminario costato ai contribuenti 35 mila euro, che impegnò per settimane nel 2009 (erano altri tempi) i nove cuochi di palazzo Giustiniani, dove alloggia il presidente del Senato Renato Schifani e i palati sono evidentemente raffinatissimi, se lo potranno sognare. In compenso, i camerieri del ristorante di palazzo Madama, sprofondato ormai in una crisi nera, avranno tutto il tempo per dedicarsi in libertà agli hobby preferiti: da gennaio, per loro, c'è la cassa integrazione, se non addirittura la disoccupazione. Almeno se è vero che ieri sono partite le prime nove lettere di licenziamento che hanno provocato una infuocata assemblea.

Sono queste le uniche vere vittime dell'aumento dei prezzi deciso dai questori dopo le polemiche seguite nei mesi scorsi alla pubblicazione del menù proletario di palazzo Madama. Che recitava come segue. Risotto con rombo e fiori di zucca: 3 euro e 34 centesimi. Carpaccio di filetto con salsa al limone: 2 e 76. Prosciutto e melone: 2 e 33. Bistecca di manzo: 2 e 68. Costi «lievissimi», per usare il termine impiegato in una recente consulenza dallo studio legale Ciampoli nella quale è descritta la sconcertante situazione, a carico dei senatori e dei loro ospiti. Ma pesantissimi, al contrario, per i contribuenti. Sui quali gravava l'87% del prezzo di ogni singola pietanza: i commensali non pagavano che il 13,3 per cento. Per i piatti più raffinati si poteva arrivare al 21,77 per cento.

Ecco quindi che il filetto di bue a 5 euro e 53 era quasi sempre esaurito. E le lamelle di spigola con radicchio e mandorle, a 3 euro e 34, andavano via come l'acqua fresca. I tavoli erano regolarmente tutti occupati, i camerieri in guanti bianchi andavano e venivano, lo scricchiolio del parquet e la soave musica delle posate d'argento che tintinnavano sulle stoviglie de luxe accompagnava dolcemente la predigestione.

Poi, un bel giorno, i clienti hanno cominciato a disertare la sala. Arrivavano sulla porta, davano un'occhiata al menù sgranando gli occhi e poi giravano i tacchi. E non perché quel ristorante fosse ridotto ormai a una specie di trattoria «dove il pesce non è mai fresco e i cibi sono spesso precotti», come si lamentò l'ex sottosegretario Responsabile Riccardo Villari con la trasmissione di Radio 24 «La Zanzara»: auspicando quindi l'apertura a palazzo Madama di un restaurant tre stelle Michelin adeguato a una clientela più esigente. La spiegazione sta nell'aumento dei prezzi. Dal 13,3 per cento del costo per le pietanze «standard» si è passati con un balzo al 50 per cento. E dal 21,77 per cento di quelle più «pregiate» improvvisamente al 75 o al 100 per cento, secondo i casi. Leggere il nuovo listino e scoprirsi di colpo micragnosi, per gli habitué della mensa è stato tutt'uno.

Ma lasciamo parlare i consulenti della ditta appaltatrice Gemeazcusin, lo studio Campoli: «A seguito della decisione assunta dal collegio dei senatori questori, con la quale sono state sensibilmente incrementate le quote percentuali a carico degli utenti del servizio, si è verificata una eccezionale diminuzione dell'attività del ristorante dei senatori, sia con riguardo all'affluenza, ridottasi di oltre il 50%, sia con riferimento ai quantitativi di pasti somministrati, ridottasi per il numero di pietanze, sia con riguardo alla tipologia di pasti di tipologia superiore e pregiata la cui incidenza è diventata marginale, mentre in precedenza la pressoché totalità dei pasti serviti appartenevano a tali tipologie».

Se prima il ristorante era sempre pieno zeppo e commensali si abbuffavano di bistecche al sangue e filetti di orata in crosta di patate, dopo l'aumento è come se i rari clienti avessero deciso tutti contemporaneamente di mettersi a dieta. Riso all'inglese, pasta in bianco, insalatina...

Non c'è forse la crisi? Non incombe il taglio delle indennità secondo una ancora non meglio definita «media europea»? E la riduzione della diaria? La minaccia di togliere dalla busta paga il contributo per il portaborse? Il passaggio dei vitalizi al sistema contributivo? Già. Come stupirsi poi se a qualcuno viene un travaso di bile... L'onorevole del Pdl Mario Pepe, per esempio, schiuma letteralmente rabbia. «Ridurre deputati e senatori alla fame vuol dire rendere il parlamento schiavo dei poteri forti», si è sfogato con Monica Guerzoni del Corriere .

Peccato che mentre il ristorante del Senato si svuotava, e i suoi ricavi subivano un crollo del 70%, i locali nelle strade intorno a palazzo Madama registravano un formidabile incremento del giro d'affari. Dopo il danno, quindi, anche la beffa. Beffa doppia.

Perché lo stesso giorno nel quale una ventina di camerieri della ditta appaltatrice finiranno in cassa integrazione, faranno il loro ingresso in Senato sette nuovi dirigenti appena assunti. Il cui costo compenserà il risparmio ottenuto per il ristorante. Lo compenserà abbondantemente, sia ben chiaro.

Sergio Rizzo
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Re: A proposito di mangiate

Messaggioda franz il 23/12/2011, 9:06

Anche i sindacati vogliono che lo stato "dimagrisca" ed i politici non abbiano privilegi.

Ecco cosa riporta il corriere:
http://archiviostorico.corriere.it/2011 ... 9028.shtml

Il «muro» dei sindacati «Prima dimagrisca lo Stato»
Confindustria prende tempo e rilancia sui costi della politica Obiettivi Nel mirino della Cisl i costi delle Regioni, «che ormai sembrano dei veri e propri Stati»

ROMA - Interventi sulle pensioni? «Loro lo vorrebbero... Ma io ne penso tutto il male possibile». Inizia così, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, in modo molto deciso contro l' ultima (in ordine di tempo) ricetta per salvare i conti pubblici e far ripartire l' economia. Il ventilato intervento sul sistema pensionistico potrebbe infatti fare la parte del leone nel reperire quei 30-40 miliardi di euro in più che servono per anticipare il pareggio del bilancio statale . In attesa dell' incontro con il governo domani pomeriggio, l' ipotesi è respinta dai tre sindacati confederali, all' unisono, tutti e tre insieme. La possibilità di immediato innalzamento dell' età pensionabile delle donne nel settore privato, l' azzeramento dei trattamenti di anzianità, la revisione delle condizioni di reversibilità, e così via sembra aver ricompattato le tre confederazioni. E la proposta è respinta al mittente. In senso tecnico: cioè alla politica. Perché «il risanamento dei conti pubblici deve partire dalla riforma dello Stato e i politici devono innanzitutto "toccare" i loro domini», afferma Bonanni. Gli fa eco Luigi Angeletti, leader della Uil, che alla richiesta di un commento esordisce con un «Mi viene da ridere». Non solo perché - anche per Angeletti - «prima tocca dimagrire allo Stato e poi ai cittadini».

...
Poi se il dimagrimento come è ovvio porta a licenziare personale (non ci avevano pensato?) dicono di no.

«Licenziati». E i camerieri si barricano
nel ristorante del Senato (che poi riapre)
Terminata la protesta dei dipendenti della società che gestisce buvette e tabaccheria dopo la lettera di licenziamento: aumento prezzo menu fa disertare molti senatori

La bouvette del Senato (Ansa)La bouvette del Senato (Ansa)
ROMA - Barricati nel ristorante di palazzo Madama a Roma. È la decisione presa da una trentina di camerieri per protestare contro le 9 lettere di licenziamento arrivate martedì a carico di alcuni componenti del personale della Gemeaz Cusin, società che gestisce in appalto il ristorante, la buvette e la tabaccheria del Senato.

IN ASSEMBLEA - Per oltre un'ora si sono chiusi in assemblea sindacale all'interno del ristorante che poi ha regolarmente riaperto intorno alle 19.30. Al centro della vicenda, le lettere di licenziamento: la Gemeaz, spiegano i camerieri, ha chiesto di rescindere in modo consensuale il contratto con palazzo Madama e ha chiesto di arrivare a una intesa per non dover pagare le penali. Decisione legata ai nuovi prezzi del menu del ristorante che hanno portato molti senatori a disertarlo. Questo, però, ha avuto come prima conseguenza, aggiungono i dipendenti, l'intenzione della società di mettere in cassa integrazione 20 dipendenti su 68. Ipotesi a cui i sindacati di Cgil e Cisl hanno detto di no. Successivamente, sono arrivate le lettere di messa in mobilità per 9 di loro.

«ASPETTIAMO RISPOSTE» - «Ci siamo barricati nel ristorante e ci resteremo finché non avremo delle risposte», aveva spiegato uno dei camerieri raccontando che «oggi sono arrivate 9 lettere di licenziamento (6 camerieri, 2 cuochi e 1 addetto alla tabaccheria)». Della situazione erano stati informati i questori di palazzo Madama, il presidente Renato Schifani e il direttore della Gemeaz Cusin.

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