http://www.cronachesalerno.it/web/index ... o=&banner=ECCO COME LA CGIL SFRUTTA I GIOVANI PRECARI
Bisognerebbe che qualcuno, tra quelli che stamattina faranno l’ennesima scampagnata «a difesa dei diritti dei lavoratori e contro la libertà di licenziare», prenda in mano una copia di questo articolo e lo mostri ai vari capi e capetti della Cgil: servirà a poco ma, come si dice, tentar non nuoce.
Questa è la storia di una giovane donna che ha lavorato per due anni alla Cgil di Salerno e che oggi, delusa dal trattamento ricevuto, ha deciso di trascinare il sindacato dinanzi al giudice del lavoro. Lei si chiama Marida Sorrentino e il fatale incontro con quella stessa organizzazione sindacale che tuona contro l’orripilante trattamento riservato ai lavoratori precari, è avvenuto grazie al servizio civile. Fino al settembre del 2008, quando il periodo ‘coperto’ col danaro pubblico cessò per scadenza naturale. La ragazza, che aveva svolto fino a quel momento il semplice lavoro di segreteria presso la Cgil-Funzione Pubblica di Corso Garibaldi, riceve l’offerta di continuare a collaborare col sindacato. Le viene proposto un contratto a progetto, con decorrenza dal 3 novembre 2008, cioè un mese dopo la scadenza del precedente rapporto. Un forma contrattuale definita dal legale che ne sta curando il ricorso, Silvestro Amodio, «di natura palesemente fittizia»: in pratica, par di capire, che la grande organizzazione sindacale che oggi protesta contro il nuovo schiavismo e lo sfruttamento dei giovani, faccia le stesse cose che fanno le aziende ‘normali’: questo, ovvio, sempre che il ricorso venga accolto dal magistrato.
Ma è la storia in sé che va raccontata, una storia che si aggiunge a tantissime altre in giro per l’Italia (in Campania c’è il caso celebre di Ciro Crescentini, addirittura mobbizzato dalla Fillea-Cgil di Napoli, condannata dal giudice e che, pare, ancora debba adempiere agli obblighi derivanti dalla sentenza) e che tutti fanno finta di non vedere: chissà se dal palco qualcuno dirà qualcosa. Difficile, faranno finta di niente continuando ad urlare contro la spregiudicatezza dei datori di lavori. Gli altri, mica loro. Ma torniamo alla storia di Marida, che ha pure scritto una lettera tanto romantica quanto ingenua, a Susanna Camusso: inutile dire che dal 19 luglio scorso, data della lettera, nessun cenno è arrivato. La ragazza veniva inquadrata con un contratto a progetto, per il «reinsediamento, ovvero il potenziamento della presenza della categoria sindacale nelle sedi già presenti sul territorio, al fine di rispondere alle domande di tutela individuale e collettiva dei lavoratori e, nel contempo, incrementare l’attuale consistenza delle adesioni alla Funzione Pubblica e promuovere la crescita dei servizi Inca e delle adesioni allo Spi». Così stava scritto. In realtà, durante le cinque ore ufficiali (che spesso diventavano molte di più) di lavoro quotidiano, la ragazza si occupava di tutto. E, trattandosi di un sindacato dove le chiacchiere abbondano per tradizione, sovente restava in ufficio fino a tarda sera in attesa che i capoccia concludessero il loro straordinario impegni per combattere la piaga del lavoro nero e precario. Scappa da ridere. Scaduto pure quel contratto, le viene rinnovato come “Addetta generica”: gli impegni aumentavano, i turni si facevano più pressanti, insomma, alla Cgil-Fp di Salerno, secondo la denuncia, si replicava il clichè diffuso in numerosi ambiti lavorativi. Io ti faccio il ‘favore’ di farti lavorare, ti dò 500euro al mese (questa era la sua paga), tu accetti e, ovviamente, non protesti neppure: tanto c’è sempre qualcuno pronto a sostituirti. Come in effetti è andata, fino al dicembre scorso, quando una impiegata del sindacato, neppure il segretario responsabile del dipartimento, comunica alla ragazza che è finita. «La responsabile dell’apparato tecnico, un mese prima della scadenza contrattuale, mi ha informato che tutto era finito -ha raccontato, vanamente, Marida alla Camusso- aggiungendo che, magari, altri potevano prendere il mio posto». La cosa incredibile è che le sarebbe pure stato chiesto di firmare carte e documenti che servivano (alla Cgil) per sistemare ex post la sua posizione. In pratica, una specie di liberatoria, quella che famelici datori di lavoro impongono ai sottoposti per tenerli sempre sotto schiaffo. Bella storia, non c’è che dire. A completare il quadro, sinceramente penoso per il sindacato che una volta aveva gente come Di Vittorio e Lama e che oggi, nella migliore delle ipotesi, ha Epifani e Camusso, c’è infine questo: la ragazza va alla sede dell’Inps per chiedere il trattamento di disoccupazione. Indovinare cosa le ha risposto l’ente previdenziale non è difficile: il 9 marzo 2011 arriva il diniego. Perché? Semplice: non c’era la continuità contributiva dei due anni prevista dalla legge. Niente ferie, niente paga secondo contratto, niente turni di riposo, orari di lavoro flessibilissimi e, alla fine, scaricata e senza neppure un minimo di ammortizzatore sociale.
Ma alla Cgil ci fanno o ci sono?
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.