Un breve estratto da:
L’ignoranza nell’epoca della sua riproducibilità tecnica
Paolo Vignola
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Spegnere la televisione e leggere Simondon
In La télécratie contre la démocratie, Stiegler evidenzia come, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, la televisione si sia dimostrata il più forte processo di individuazione psichica e collettiva di referenza, gettando le basi per quella forma di potere che, in Italia, si è conclamata appunto come “telecrazia”. Il problema sul quale Stiegler ci invita a riflettere riguarda il fatto che, «precisamente nel momento in cui la televisione è diventata il referente di tutti i processi di individuazione, si è rivelata costituire un fattore di dis-individuazione: un sistema per produrre delle identificazioni regressive, corto-circuitando i circuiti lunghi della trans-individuazione, e in particolare i circuiti politici che fondano la democrazia rappresentativa». Possiamo leggere l’attuale fenomeno di de-politicizzazione dei cittadini italiani come il prodotto di questi processi di dis-individuazione, o di de-soggettivazione, messi in evidenza anche da Borrelli: «il populismo mediatico berlusconiano [ha] prodotto modalità di crescente desublimazione, di perversa distruzione di quell’attività libidica dei soggetti» che sublima appunto il desiderio nel legame e nella partecipazione sociali, ossia in ciò che Stiegler sintetizza con il termine «philia».
«Il mercato è per natura ciò che ostacola la philia», in quanto essa è l’«esatto contrario dei comportamenti ottenuti dalle tecniche del marketing». La logica sociale della philia, in altre parole, è la logica partecipativa che rende possibili percorsi collettivi di soggettivazione, mentre la logica sociale del marketing è quella del consumo, che nega ai consumatori qualsiasi effettiva processualità – di soggettivazione, di associazione, di partecipazione. La philia non solo si dà nella partecipazione, ma funge anche da incentivo ad ulteriori forme partecipative; essa è sinonimo di associazione, mentre gli effetti del marketing conducono alla dissociazione, sono cioè anti-sociali in quanto inducono pulsioni de-socializzanti e perciò regressive. Nelle «società telecratiche di mercato» si assiste dunque a una successione di processi di identificazione regressivi causati dalle trasmissioni e dai programmi mediatici, di cui i vari reality show rappresentano la punta di diamante. È in questa logica del reality, tra l’altro, che possiamo vedere i “nostri” politici di professione invitati ai talk show – sospesi tra il rischio della nomination da parte del pubblico e l’ambizione di apparire come attori intramontabili o quali novità scintillanti – diventare degli animali mediatici, predatori di audience.
Nell’analisi di Stiegler, la società di mercato si rivela essere essenzialmente una società di controllo quando le logiche commerciali divengono l’unico criterio di modulazione e di programmazione dei comportamenti sociali. Il controllo consiste quindi nell’assistere l’evoluzione e la trasformazione dei comportamenti, degli affetti e delle relazioni che formano le trame delle individuazioni psico-sociali, indirizzandole e adattandole ai bisogni immediati del mercato. È questa immediatezza, che si traduce in captazione sistematica della libido e dell’attenzione, a desocializzare e depoliticizzare il carattere delle relazioni e degli affetti, contrastando in primo luogo gli obiettivi della formazione scolastica: «La scuola è una scuola dell’attenzione» mentre «le industrie di programmi della telecrazia sono al contrario ciò che giunge a distruggere questo tipo di attenzione – e, con essa, ogni tipo di attenzione sociale». L’apprendimento, l’istruzione, il sapere e la formazione necessitano infatti di tempo e di socialità per potersi dispiegare, per produrre degli effetti e, quindi, per far sì che il processo di individuazione prosegua il suo percorso.
Se «l’attenzione è qualcosa che si forma lentamente, attraverso un complesso sistema di segni»15 e funziona come un comportamento sociale, la sua captazione mediatica può invece avvenire istantaneamente, creando una serie di riflessi condizionati, veicolati dalle immagini. In quest’ottica, il sistema mediatico gemellato con il marketing – direttamente commerciale oppure politico – assomiglia a un addomesticamento, a un dressage, differente dall’«addomesticamento dell’Essere» descritto da Sloterdijk, poiché attraverso il processo di controllo degli affetti e la captazione integrale dell’attenzione, ciò che viene addomesticato è la dimensione «inumana» e non quella umana.
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