La Comunità per L'Ulivo, per tutto L'Ulivo dal 1995
FAIL (the browser should render some flash content, not this).

Quale festa?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Quale festa?

Messaggioda flaviomob il 17/03/2011, 13:20

Quale festa

-di Furio Colombo-

Dopo soli centocinquant’anni l’Italia sta per finire. In molti partecipano alla distruzione: un capo di governo e capo popolo ricco di misteriosa ricchezza, membro di una misteriosa organizzazione detta P2, da cui ha ereditato fino ai dettagli il programma e il modo di governare; la criminalità organizzata che ha ormai invaso e infettato ogni parte d’Italia; la corruzione che, per esempio, consente di comprare pubblicamente maggioranze parlamentari, se quelle di prima si esauriscono; e una corte sterminata, diffusa fra politici, giornalisti e manager che si presta ad approvare e a celebrare qualunque cosa che offra un ragionevole margine di guadagno. La distruzione è in corso, e l’Italia in cui stiamo vivendo è adesso molto simile alla Libia. Stessa parola d’ordine del gruppo che si proclama “il governo”: distruggere per conquistare. Distruggere in modo dettagliato e meticoloso ogni cosa che abbia a che fare con l’informazione, l’insegnamento, la cultura, la giustizia. Occorre che si senta, nel Paese, una voce sola, poi la voce dei servi. Occorre che il divertimento sia la barzelletta del capo, quando non è intento a soddisfare i suoi bisogni corporali di fronte alla corte ammirata dei suoi sudditi a tassametro. Capite subito che, se questo è lo stato in cui versa l’Italia, il solo patriottismo possibile è il pronto soccorso. Salvare il Paese è il tema, molto prima che dichiarare di amarlo e fare finta di celebrarlo.

Vi sarete accorti che, nel fare la lista del male che affligge il Paese, non ho citato la Lega. Non sto pensando che sia migliore. Ha fatto il suo buon lavoro per spaccare il Paese, per far dilagare divisione, risentimento, separazione tra italiani (anni di insulti e disprezzo per il Sud) e verso i nuovi venuti, legali o illegali. Abbiamo tutti ascoltato Le Pen e Borghezio dire ciò che hanno detto a Lampedusa proprio nei giorni di celebrazione della nascita italiana: rigettateli in mare. E mentre l’Italia compie 150 anni, celebrati da poche persone perbene con il maestro Muti al chiuso di un teatro, indicati invano come una festa dal presidente della Repubblica, una nave con 1.800 rifugiati, scampati e disperati è bloccata in alto mare dalla Marina italiana.
Ma la Lega, con i suoi paesi governati da sindaci che lasciano digiuni i bambini, verniciano le scuole di verde e danno ogni giorno la caccia a chi gli sembra diverso, prima e dopo averne sfruttato il lavoro, non avrebbe il controllo squadristico di tutto il Paese se l’uomo della P2, che provvede comunque a pagare i conti, non avesse bisogno della gang di Ponte di Legno per restare al governo. Ecco, questa è la festa. È una festa macabra, in cui la morte, la persecuzione, le leggi razziali (si pensi agli sgomberi dei campi nomadi) sono parte della nostra vita quotidiana. L’unica celebrazione che ci resta è l’imitazione: rifare il Risorgimento. Credere, contro ogni evidenza, che esista un’altra Italia pulita, solidale, libera dai tentacoli anche politici della malavita, risvegliare i nostri concittadini dal lungo sonno avvelenato che ha reso sudditi tante persone libere e ha ucciso, per soldi, sentimenti e ideali.

da Il Fatto Quotidiano del 16 marzo 2011


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Quale festa?

Messaggioda Iafran il 17/03/2011, 13:29

flaviomob ha scritto:Credere, contro ogni evidenza, che esista un’altra Italia pulita, solidale, libera dai tentacoli anche politici della malavita,

Viva questa Italia!
Iafran
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 4269
Iscritto il: 02/03/2009, 12:46

Re: Quale festa?

Messaggioda flaviomob il 17/03/2011, 13:38

E Viva!!!


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Quale festa?

Messaggioda Iafran il 17/03/2011, 15:29

http://www.repubblica.it/politica/2011/ ... 11807/?rss

Sindaco leghista di Varese col tricolore
Si è presentato con la fascia tricolore, il sindaco leghista di Varese Attilio Fontana, stamani alla cerimonia dell'alzabandiera in apertura delle celebrazioni per l'Unità d'Italia. Nessuna bandiera o fazzoletto verde, di fronte al monumento ai caduti, dove si è assembrata una piccola folla di circa cinquecento persone con i mano bandiere tricolori.
. . .
Mi fa piacere.
I valori della Resistenza vivono ancora ... da quelle parti!
Iafran
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 4269
Iscritto il: 02/03/2009, 12:46

Re: Quale festa?

Messaggioda cardif il 17/03/2011, 17:13

Forse quegli italiani a cui si rivolgono i dirigenti delle Lega Nord girano poco fuori dall'Italia, perché penso che, se lo facessero, avvertirebbero ancora l'orgoglio di dire 'sono italiano'. Quale orgoglio possono avvertire nel dire 'sono padano'? Padano 'de che'?. Dico 'ancora' perché tra poco ci sarà da vergognarci all'estero, sarà meglio non dirlo.
Potrebbe anche essere un punto di forza difendere una realtà territoriale padana (se ci fosse), ma non necessariamente smembrando lo Stato. In Spagna è sentita l'appartenenza territoriale (andalusi, catalani ...) ma non si discute sull'unità. Come pure negli USA: orgogliosi di essere dello Utah, ma con la bandiera con 50 stelle avanti casa. Federalismo no significa separazione.
Anche al di là delle vicende storiche che hanno portato all'unità, che senso avrebbe, oggi, dividere l'Italia in staterelli?
cardif
Ma mo' mi so' capito bene?
cardif
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 1700
Iscritto il: 13/04/2009, 18:29

Re: Quale festa?

Messaggioda flaviomob il 17/03/2011, 17:49

Italia sì, Italia no.
By Marta Gazzola – 17 marzo 2011Pubblicato in: Diritti&Democrazia, Storia

Non sono una grande fan dell’unità d’Italia, non mi ha mai convinta. Gli Italiani vedono lo Stato come qualcosa di estraneo, di imposto, non diverso dai dominatori stranieri che c’erano prima di lui. Un popolo che ha lottato per liberarsi non dovrebbe essere più orgoglioso e fiero? Non dovrebbe, un popolo così giovane, essere entusiasta dell’identità conquistata e pronto a difenderla con tutto se stesso?

E perché abbiamo sempre bisogno di ripassare la nostra storia, di rivederla, interpretarla, analizzarla, come se avessimo paura di dimenticare che siamo tutti Italiani? Perché queste spinte alla divisione sono sempre presenti?

Con queste perplessità, ho consultato Gramsci. Da sempre poco propensa al culto della personalità e alla celebrazione degli eroi, non posso che trovarmi d’accordo quando scrive che “il modo di rappresentare gli avvenimenti storici nelle interpretazioni ideologiche della formazione italiana si potrebbe chiamare «storia feticistica»: per essa infatti diventano protagonisti della storia «personaggi» astratti e mitologici.”

Ci si chiede a cosa vogliano sopperire questi feticci, cosa vogliano ispirare.

“Tutto il lavorio di interpretazione del passato italiano e la serie di costruzioni ideologiche e di romanzi storici che ne sono derivati è prevalentemente legato alla «pretesa» di trovare una unità nazionale, almeno di fatto, in tutto il periodo da Roma ad oggi […]. Come è nata questa pretesa, come si è mantenuta e perché persiste tuttora? È un segno di forza o di debolezza? È il riflesso di formazioni sociali nuove, sicure di sé e che cercano e si creano titoli di nobiltà nel passato, oppure è invece il riflesso di una torbida «volontà di credere», un elemento di fanatismo (e di fanatizzazione) ideologico, che deve appunto «risanare» le debolezze di struttura e impedire un temuto tracollo? Quest’ultima pare la giusta interpretazione, unita al fatto della eccessiva importanza (relativamente alle formazioni economiche) degli intellettuali, cioè dei piccoli borghesi in confronto delle classi economiche arretrate e politicamente incapaci. […]

La dittatura di ferro degli intellettuali e di alcuni gruppi urbani con la proprietà terriera mantiene la sua compattezza solo sovraeccitando i suoi elementi militanti con questo mito di fatalità storica, piú forte di ogni manchevolezza e di ogni inettitudine politica e militare. È su questo terreno che all’adesione organica delle masse popolari-nazionali allo Stato si sostituisce una selezione di «volontari» della «nazione» concepita astrattamente.”

Più avanti precisa che “il volontarismo è soluzione intermedia, equivoca, altrettanto pericolosa che il mercenarismo.”

E ancora: “Occorre notare che il volontariato, pur nel suo pregio storico, che non può essere diminuito, è stato un surrogato dell’intervento popolare, e in questo senso è una soluzione di compromesso con la passività delle grandi masse. Volontariato-passività vanno insieme piú di quanto si creda. La soluzione col volontariato è una soluzione di autorità, dall’alto, legittimata formalmente dal consenso, come suol dirsi, dei «migliori». Ma per costruire storia duratura non bastano i «migliori», occorrono le piú vaste e numerose energie nazionali-popolari.”

“Quegli uomini effettivamente non seppero guidare il popolo, non seppero destarne l’entusiasmo e la passione. […] Essi dicevano di proporsi la creazione dello Stato moderno in Italia e produssero un qualcosa di bastardo, si proponevano di suscitare una classe dirigente diffusa ed energica e non ci riuscirono, di inserire il popolo nel quadro statale e non ci riuscirono.”

Gramsci vedeva l’unità come una rivoluzione mancata; la popolazione non ne è stata parte attiva, non ne è stato il motore né tantomeno è stata coinvolta, forse perché coloro che erano alla guida temevano che prendesse troppo potere.

Avevamo l’occasione di prendere in mano le nostre sorti, e invece abbiamo lasciato fare, abbiamo subito. Il popolo italiano avrebbe potuto ribellarsi al dominio straniero e finalmente abbandonare l’arte di arrangiarsi per prendere in mano le redini e avanzare, perseguendo l’interesse di tutti e non di pochi. E invece abbiamo lasciato fare, e lasciamo sempre fare. La politica di oggi è erede degli staterelli di allora, ne segue la logica e i propositi: è una spartizione di poteri, è favoritismo, sfruttamento del territorio.

Sono passati 150 anni. L’Italia, volenti o nolenti, è una realtà; e rimane una grande opportunità, con le sue ricchezze, la sua varietà. Quand’è che ci renderemo conto, come popolo, che anche noi come altri popoli abbiamo il diritto di governarci? Quando avremo finalmente il coraggio di prenderci il potere che ci spetta, di esigere che venga fatto l’interesse di tutti?

Quand’è che faremo l’Italia e gli Italiani, per davvero? “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza.” diceva Gramsci, e credo che lo direbbe oggi più forte che mai.

http://www.enricoberlinguer.it/qualcosa ... ra/?p=2223


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51


Torna a Che fare? Discussioni di oggi per le prospettive di domani

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 37 ospiti