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Fichi

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Fichi

Messaggioda flaviomob il 02/03/2011, 15:59

A proposito:

Perdonate l’intrusione, ma abbiamo bisogno dell’aiuto e della solidarietà del maggior numero di persone.

Sono ormai oltre 18 mesi che 1500 lavoratrici e lavoratori di Agile ex Eutelia (tutti informatici provenienti da Olivetti, Bull ed EdisonTel) sono impegnati in una difficile battaglia per conservare lavoro, professionalità e competenze.

Abbiamo combattuto contro quelli che abbiamo definito “imprenditori diversamente onesti”, coloro che in modo truffaldino gestivano Eutelia e il gruppo Omega, e che ora sono sotto processo per bancarotta fraudolenta.

In poche righe la storia
Nel 2006 Eutelia acquisiva per 1 euro oltre 2000 lavoratori di Getronics e Bull altamente qualificati nel settore ICT, in realtà era interessata esclusivamente agli oltre 100 milioni di Euro che Getronics e Bull portavano in dote.

Infatti dopo 18 mesi e dopo aver distratto milioni di euro dai bilanci aziendali, Eutelia dichiarava crisi e, immediatamente dopo, nel giugno 2009, cedeva ad Agile (Gruppo Omega) 1800 lavoratrici e lavoratori ma, principalmente, si liberava di tutti i suoi debiti trasferendoli ad Agile che infatti pochi mesi dopo sarebbe stata dichiarata insolvente.

Così facendo ad Eutelia restavano tutti gli asset, principalmente 13.000 km di fibra ottica, ed Agile restava una scatola vuota ed indebitata. Nella falsa cessione fra Eutelia e Omega scomparivano anche 55 milioni di euro delle liquidazioni delle lavoratrici e dei lavoratori.

A partire da ottobre 2009 abbiamo utilizzato tutti gli strumenti a nostra disposizione, occupazione delle sedi, scioperi, manifestazioni e denunce alla magistratura per non accettare questo esito e contrastare il disegno criminale.

Nel frattempo la magistratura, riconoscendo la illegalità di quanto avvenuto, ha arrestato e iniziato a condannare i responsabili di questa operazione, i padroni e i manager di Eutelia e del Gruppo Omega.

Ora, le due aziende, Eutelia ed Agile, grazie al nostro impegno ed alla nostra determinazione, sono state sottratte dalle mani di questi falsi imprenditori e sono in Amministrazione straordinaria in attesa di essere cedute separatamente.

Oggi in tanti sono interessati alla acquisizione di Eutelia (ripulita di tutti i debiti) e dei suoi 13.000 km di fibra ottica. Nessuno è interessato ad acquisire Agile con poche commesse e tanti professionisti.

Noi chiediamo che si faccia giustizia permettendo a tutti noi, lavoratori e lavoratrici di Agile, di RIENTRARE IN EUTELIA, cercando, con l’intervento del Governo Nazionale e dei Governi Regionali, una soluzione complessiva per tutti.

Questa soluzione, l’unica giusta ed industrialmente valida, è esclusivamente nelle mani del Ministero dello Sviluppo Economico e dei Commissari di Eutelia ed Agile.

Chiediamo, inoltre, una AUDIZIONE PARLAMENTARE, perché pensiamo sia necessario e utile illustrare alle nostre istituzioni un progetto industriale di soluzione che, secondo noi, permetterebbe di conservare posti di lavoro e non disperdere conoscenze e competenze utili al paese.

Per sostenere le nostre richieste, vi chiediamo di inviare questo messaggio a questi indirizzi:

- Ministero dello Sviluppo Economico: paolo.romani@sviluppoeconomico.gov.it
- Commissario Straordinario di Eutelia: francesca.pace@studiosabelli.it
- Commissario Straordinario di Agile: commissari_agile@prof.it
- e per conoscenza a noi lavoratori: corteoagile@gmail.com

Con la preghiera di diffondere il più possibile questo nostro messaggio, vi ringraziamo per il supporto che ci state offrendo e vi invitiamo a leggere il nostro progetto su

http://www.eulav.net/Agile_Eutelia_Il_n ... ogetto.pdf

Le lavoratrici e i lavoratori di Agile ex Eutelia

http://www.controlacrisi.org/joomla/ind ... &Itemid=68


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Re: Fichi

Messaggioda pierodm il 02/03/2011, 19:26

Certo, limitarsi a scrivere su un forum nel paese in cui viviamo significa affrontare sempre la frustrazione di sentirsi inattivi, impotenti, la necessità di un'azione che forse con questo strumento è molto limitata

Caro Flavio, forse ricordi che, poco tempo fa, avevo scritto che trascuriamo di parlare di ciò che facciamo nella nostra vita professionale o comunque "materiale".
So - credo di sapere - che il mio accenno è stato poco considerato e preso per il verso sbagliato, come se si trattasse di un appello alla buona condotta, ovvero poco più di un buon proposito da letterina di natale.
In realtà mi riferivo al fatto che la gran parte della nostra azione "politica" passa proprio per le nostre scelte di vita e professionali, laddove invece spesso c'illudiamo che la nostra "moralità politica", il nostro contributo, la nostra partecipazione consista elettivamente nella militanza di sezione o (adesso) nelle discussioni via web.
Da qui - da questa illusione - nasce la frustrazione di cui tu parli: chiediamo a questo mezzo ciò che non può darci, e siamo in una situazione in cui è minimizzata l'inmportanza di ciò che invece può dare ottimamente.

Il web è comunicazione. La comunicazione è fondamentalmente due cose: informazione e interscambio d'idee.
Tu hai giustamente già accennato all'informazione: nella nostra situazione è un di più, dato che i mezzi per informarci non mancano. Se fossimo nelle condizioni della Cina, della Tunisia o della LIbia, la possibilità della pura e semplice informazione, di collegamento, sarbbero di enorme importanza, tale da oscurare ogni altro uso della telematica.
Per questo motivo, io da tempo vedo nel web, nella telematica un'occasione unica di circolazione di idee, di approfondimento, che unisce - prima volta nella storia - potenza e valore, ossia rapidità e facoltà di unire realtà lontanissime nello spazio con la massima tranquillità di pensare e di rispettare ciascuno i propri tempi e il proprio habitat.

Ciò detto, dovremmo però tornare al tema al quale accennavo: la vera "nostra" politica è ciò che facciamo (o non facciamo) nella nostra vita personale e professionale.
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Re: Fichi

Messaggioda cardif il 03/03/2011, 1:39

E' vero che il web è il nuovo mezzo per la circolazione delle idee e per la diffusione della conoscenza. E soprattutto è fantastico per la rapidità con cui opera.
Direi che, proprio per questo, è anche qualcosa di più che un semplice mezzo. "Potenza che si fa valore"; non fine che giustifica i mezzi, ma "mezzo che si fa fine".
Per un millennio di medioevo non c'è stata evoluzione significativa. Con internet l'ultima generazione, maggioranza della popolazione del nord Africa cresciuta col web, in pochi anni ha preso coscienza e abbattuto regimi decennali.
Ultima modifica di cardif il 03/03/2011, 16:35, modificato 1 volta in totale.
Ma mo' mi so' capito bene?
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La rivoluzione dei gelsomini e il terrore del regime cinese

Messaggioda flaviomob il 03/03/2011, 13:44

La rivoluzione arriverà alle porte della Cina: busserà o entrerà senza chiedere il permesso..?

****
http://www.repubblica.it/esteri/2011/03 ... ef=HREC1-9

Io, giornalista "a lezione" dalla polizia
così la Cina lotta contro la rivoluzione

Il vento della protesta terrorizza Pechino. Stretta sui cronisti stranieri.
Regole surreali: per parlare con chiunque, ad esempio, serve un'autorizzazione
dal nostro corrispondente GIAMPAOLO VISETTI


PECHINO - Da oggi, se desidero rivolgere la parola ad un cinese, devo chiedere il permesso alla polizia. Nove moduli da compilare, in orario d'ufficio. Scomodo, nel caso di un'urgente necessità, ma accettabile, dai tecnocrati della seconda potenza del secolo che all'improvviso si destano, misteriosamente assediati da un nemico invisibile.

Più difficile fare richiesta di parlare con qualcuno, casualmente, per strada, con tre giorni di anticipo su un incontro determinato dalla sorte. Che in Cina si debba presentire chi si incrocerà, prevedere la curiosità del momento e presentare al governo una domanda sulla fiducia? E se si fosse colti dall'improcrastinabile desiderio di salutare uno sconosciuto? Il funzionario dell'ufficio stranieri di Pechino è colto da una sete fastidiosa, mentre cerca di spiegare le nuove misure per la mia sicurezza. Il suo tavolo, nel seminterrato della caserma di quartiere, due piani sotto lo sportello che rilascia i permessi di soggiorno, è sgombro da qualsiasi oggetto di lavoro e invaso da bottiglie d'acqua lasciate a metà. Due agenti, ai suoi fianchi, sorridono e scrutano il muro. Un terzo aziona una telecamera e ci tiene a mostrare lo zelo con cui riprende le "lezioni di comportamento agli amici giornalisti occidentali". Non ce l'hanno con me. Sono uno qualsiasi tra i centinaia di convocati "per comunicazioni urgenti" nelle ultime ore. Il funzionario legge le istruzioni su un gobbo. Premette: "Quella che voi chiamate rivoluzione dei gelsomini in Cina non c'entra e non è oggetto di questo amabile colloquio. E poiché non sappiamo cosa sia, non sono autorizzato a parlarne". I poteri autoritari, quando smarriscono la certezza della loro onnipotenza, optano per l'assurdo.

Esibiscono un'efficienza ignota alle democrazie, ma incapace di respingere l'urto della semplicità, che inesorabile abbandona i loro atti. Sono due settimane che il Paese più stabile e controllato del pianeta lotta contro l'anonimo annuncio informatico di una rivoluzione priva di insorti. Può apparire strano: ma più la leadership si accerta che non uno si oppone, nemmeno in Internet, e più si convince che non può essere così.

Per rispondere di tale inaccettabile evidenza, in quanto soggetto a forze ostili, trascorro con la polizia di Pechino questa mattina che forse anticipa, anche in Asia, una casuale primavera. Nessuno osa pensare all'ipotesi che le "passeggiate per la democrazia", ogni domenica alle 14 nel cuore delle più importanti città, possano con le settimane raccogliere un numero crescente di appassionati dell'andare a zonzo in silenzio. Per il funzionario che mi ha svegliato alle sei e trenta il problema è questo: non deve succedere che domenica prossima, mentre sono annualmente riunite l'Assemblea Nazionale del Popolo e la Conferenza Consultiva del Popolo Cinese, migliaia di persone si mettano a bighellonare insieme nello stesso luogo di cento città della Cina.

O meglio. Spiega che se camminare equivale a protestare, allora anche Wen Jiabao si oppone a se stesso. Il suo compito è che, qualsiasi cosa accada, nessuno ne parli. Gli viene il dubbio di aver esagerato e si corregge: l'autorizzazione di tre giorni per interpellare, filmare o fotografare un cinese sarà obbligatoria solo in una serie di "luoghi sensibili". Inizia a leggere un elenco di molti fogli: piazza Tienanmen e Wang Fujing a Pechino, piazza Renmin e il Bund a Shanghai, e qui si ferma certo che il resto della Cina in Occidente risulti ignoto. Sta dicendo che, come nel 1989 e mentre al posto dei carri armati per le strade circolano Audi blu, il motore economico del mondo riprecipita, senza una ragione, nel coprifuoco. Potrò guardare le vetrine su Jianguomennei Dajie, ma non quelle un passo più in là. Dovrò fingere di non conoscere un vicino di casa davanti al mausoleo di Mao, ma sarà lecito cenare insieme a lui attorno al lago di Houhai.

La domanda su come regolarsi nel caso sia un cinese a rivolgere la parola ad uno straniero, interrompe la lezione. "Lo vede - dice il funzionario - sono i giornalisti succubi dell'America che vogliono trasformarsi nella notizia e diventare una rivoluzione, per farsi pagare immagini che essi stessi animano". La tesi è che la "rivoluzione dei gelsomini", che dovrebbe infettare la Cina con il virus libertario che ammorba il Mediterraneo, sia l'accademico show del club dei corrispondenti in crisi d'astinenza. Dunque: no giornalisti no insurrezione. Non che abbia solo torto: ma basta un cameraman per espugnare la Città Proibita? "Voi che vivete qui - legge il funzionario - dovreste invece collaborare con le autorità a mantenere l'ordine".

Un'obiezione lo ferma. Perché, se i cinesi non desiderano diritti, libertà e giustizia, ma solo soldi, Internet da giorni è diventato inaccessibile, centinaia di persone sono state arrestate, il Paese è occupato dai soldati ed è stato censurato perfino il video in cui il presidente Hu Jintao intona la canzone popolare "Ma che bel fiore di gelsomino"? E perché io adesso sono qui? Entra nell'ufficio un uomo gonfio, in tuta da ginnastica nera, con gli occhi al pavimento e una borraccia rossa in man. È lo stesso che domenica scorsa mi ha pedinato per tre ore a Wang Fujing, che da giorni si addormenta ubriaco fuori di casa mia. "Per un po' di tempo - sorride il funzionario mentre mi congeda - sarà il suo assistente. Se ha problemi, si rivolga a lui". La Cina pensa che la stabilità della sua contemporanea dinastia possa essere minata solo da una forza estranea, scatenata lontano. E se lo pensa, significa che lo sa.

(03 marzo 2011)


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