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Quante sono le divisioni del capo dello Stato

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Quante sono le divisioni del capo dello Stato

Messaggioda ranvit il 30/01/2011, 12:23

http://www.repubblica.it/politica/2011/ ... ef=HRER2-1


Quante sono le divisioni del capo dello Stato
di EUGENIO SCALFARI
Siate buoni! Lo dice un uomo anziano che fabbrica ciambelle col buco e ne diffonde il consumo e poi - non so perché - chiude con questa esortazione il suo messaggio pubblicitario. Ma le sue ciambelle sono fatte con ottima farina. Qui, nella ciambella Italia, è l'ottima farina che manca, la nostra è una farina piena di vermi e di impurità ed è la materia prima che fa difetto. Perciò l'esortazione ad esser buoni, che la più alta autorità dello Stato non cessa di lanciare alle forze politiche e alle istituzioni imbarbarite, cade in un vuoto dove s'incrociano grida, insulti, delegittimazioni e malcostume diffuso in tutti i livelli.

Si accumulano indizi e prove di gravi reati, ma non è neppure questo l'aspetto che desta maggiore sgomento: i reati, veri o presunti, hanno i loro luoghi per essere accertati ed eventualmente puniti; ma è l'indecente spettacolo dei comportamenti viziosi e della paralisi istituzionale che ne consegue a gettare il Paese nello sgomento. L'articolo 54 della nostra Costituzione esorta ed anzi impone al titolare di quella istituzione di comportarsi con decoro, ma non era mai accaduto nella nostra storia di centocinquanta anni che l'onore e il decoro istituzionale fossero violati fino a tal punto. C'è un solo luogo pubblico, un solo Palazzo, che non è stato lambito da quest'ondata di disistima ed è il Quirinale, la presidenza della Repubblica.

Si dice che il Capo dello Stato, al di là delle esortazioni, dell'esempio e dei pressanti consigli, non abbia altri strumenti per intervenire e ci si domanda sconfortati: di quante divisioni dispone Giorgio Napolitano? E' un potere armato o disarmato? E' soltanto una voce che grida nel deserto e altro non può fare?

In realtà il Presidente non è soltanto una voce e una presenza vigilante ma non operativa. A parte il potere di promulgare le leggi o di rinviarle al Parlamento, che non può essere reiterato, il Presidente dispone di altri due strumenti previsti dalla Costituzione. Il primo riguarda la formazione del governo, il secondo lo scioglimento anticipato delle Camere. Si tratta di strumenti estremamente incisivi, che vanno dunque usati con la massima ponderazione, ma che costituiscono una riserva preziosa quando le strutture istituzionali rischiano di decomporsi in un generale marasma. Questo rischio sta incombendo sulla nostra democrazia, sicché i due strumenti che abbiamo sopra indicati vanno esaminati con attenzione e se del caso utilizzati dal Capo dello Stato che ne ha la titolarità.

* * *

La formazione del governo. La Costituzione stabilisce che "il presidente della Repubblica, sentiti i presidenti delle Camere e i rappresentanti dei gruppi parlamentari, nomina il presidente del Consiglio e, su sua proposta, i ministri". L'articolo successivo prescrive che "il governo entro quindici giorni dal suo insediamento si presenta in Parlamento per ottenere la fiducia".

Questa procedura è chiarissima né si presta ad equivoci. Il Capo dello Stato "nomina" il presidente del Consiglio e le opinioni espresse dai presidenti delle Camere e dei gruppi parlamentari non vincolano il Capo dello Stato ma contribuiscono a renderlo compiutamente informato sugli orientamenti del Parlamento.

Su questa procedura costituzionale si è sovrapposta la prassi dell'incarico esplorativo. Sulla base di questa prassi il Capo dello Stato anziché nominare, incarica una personalità da lui scelta per accertare preliminarmente l'esistenza di una maggioranza parlamentare disposta a dare la fiducia all'incaricato. Se l'accertamento dà esito positivo, l'incaricato scioglie la riserva e il Capo dello Stato lo nomina; se l'accertamento è negativo al Capo dello Stato non resta altra soluzione che lo scioglimento delle Camere.

Questa prassi tuttavia non è affatto vincolante poiché non prevista in Costituzione. Il governo Pella per esempio fu "nominato" da Luigi Einaudi senza l'accordo della Dc di cui Pella era peraltro autorevole membro. Quando si presentò alle Camere la fiducia comunque la ottenne senza averne avuto la certezza preliminare. Le cose andarono in modo non identico ma analogo quando Gronchi nominò Tambroni a capo del governo.

Ci sono situazioni nelle quali la maggioranza esistente è soltanto formale e posticcia e può modificarsi di fronte all'iniziativa del Capo dello Stato il quale, se si rende conto di questa possibilità, può tenerne conto operando di conseguenza. Non si tratta di una forzatura interpretativa ma dello scrupoloso rispetto di quanto stabilisce la Costituzione.

Noi pensiamo che la situazione attuale potrebbe esser risolta, nel caso in cui l'attuale governo fosse sfiduciato o decidesse di dimettersi, direttamente con la nomina d'un nuovo presidente del Consiglio e senza bisogno d'un incarico preliminare.

* * *

Il secondo strumento riguarda lo scioglimento delle Camere in anticipo con la loro naturale scadenza. Esso può essere deciso dal Capo dello Stato senza bisogno che il governo in carica glielo chieda. La Costituzione infatti non prevede questa richiesta.

Naturalmente il Capo dello Stato deve avere una valida ragione per metter fine anticipatamente alla legislatura. Quando per esempio una Camera sia guidata da una maggioranza diversa da quella esistente nell'altra Camera, oppure quando il governo in carica non sia più in grado di governare; oppure per altre ragioni ancora, come accadde quando il Senato fu sciolto anticipatamente per due volte con l'obiettivo di far coincidere nella stessa data la scadenza delle due Camere, che all'epoca avevano una durata diversa.

Il marasma attuale e le reciproche delegittimazioni che si lanciano le più alte cariche istituzionali potrebbe ampiamente giustificare uno scioglimento delle Camere ancorché in presenza di un governo non sfiduciato.
Siamo arrivati al punto che il partito di maggioranza chiede le dimissioni del presidente della Camera, il quale a sua volta chiede le dimissioni del presidente del Consiglio; quest'ultimo insulta quasi quotidianamente la Corte costituzionale e - da quando ha ricevuto mandato di comparizione per essere interrogato per gravi reati - estende l'insulto alla Procura di Milano definendola (anche qui quotidianamente e pubblicamente) sovversiva ed eversiva e rifiutando di presentarsi al suo cospetto per essere interrogato. Come tutto ciò non bastasse, il partito finiano denuncia al Tribunale dei ministri il ministro degli Esteri per abuso d'ufficio, il Pd e l'Udc deplorano il presidente del Senato, i rappresentanti della Lega e del Pdl disertano le riunioni del Copasir (Comitato di controllo parlamentare dei servizi di sicurezza) che ha chiamato a deporre il presidente del Consiglio o in sua vece il sottosegretario Gianni Letta.

Infine si fa strada una singolarissima prassi da parte di Berlusconi d'intervenire telefonicamente nelle trasmissioni televisive per insultare i conduttori e gli ospiti delle medesime, imitato dal direttore generale della Rai, Masi, che interrompe in diretta Annozero dando vita ad una rissa verbale con Santoro davanti a sette milioni di telespettatori.

Se in queste condizioni Giorgio Napolitano decidesse di sciogliere il Parlamento e rimettere il giudizio su quanto avviene al popolo sovrano, credo che nessuno potrebbe formulare nei suoi confronti la menoma critica: farebbe il suo dovere rispettando in pieno la lettera e lo spirito della Carta costituzionale.


(30 gennaio 2011)
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Re: Quante sono le divisioni del capo dello Stato

Messaggioda ranvit il 30/01/2011, 12:25

http://www.ilfoglio.it/soloqui/7557


29 gennaio 2011
Quirinale, iniziativa istituzionale straordinaria

Napolitano pensa di convocare martedì Schifani e Fini. “Così non si va avanti”. Il contatto con Bossi


“Così non si può andare avanti”. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha in programma una straordinaria iniziativa istituzionale. Già martedì prossimo i presidenti dei due rami del Parlamento – la base del triangolo istituzionale – potrebbero essere convocati al Quirinale. A quel punto Napolitano porrebbe loro un quesito sostanziale: “Il Parlamento funziona ancora, o no?”. Si prepara così un clamoroso “basta” che, contrariamente agli auspici berlusconiani, potrebbe imprimere una considerevole accelerazione verso il voto anticipato o verso scenari finora soltanto fantasticati. Silvio Berlusconi è stato informato con qualche reticenza degli intendimenti presidenziali, eppure il Quirinale stesso ha già inviato agli ambasciatori del Cavaliere dei segnali inequivocabili.

Napolitano, che certamente non lavora per “golpe istituzionali” alla Scalfaro, non fa mistero di adorare Giulio Tremonti e ha sviluppato un rapporto di cordiale empatia anche con Umberto Bossi. Si dice che il leader della Lega in queste ore sia stato sondato dal Colle e che anche per questo – mentre si approssima la data del 2 febbraio, indicata da Roberto Maroni come possibile deadline per la legislatura – il capo padano ieri abbia frenato pubblicamente sulla richiesta di dimissioni scagliata dal centrodestra contro Gianfranco Fini. “Su questa storia di Montecarlo bisognerebbe fare meno casino”, ha detto Bossi indietreggiando vistosamente dal precedente “ora Fini deve dimettersi”.

Il presidente Napolitano ha consegnato a interlocutori amici alcune decise valutazioni sull’impasse istituzionale che vede Fini assediato dalla maggioranza, Renato Schifani contestato dall’opposizione, il ministro degli Esteri accusato d’abuso d’ufficio e il presidente del Consiglio nella bufera mediatico-giudiziaria. “Sappiate che prima o poi dovrò dire e fare qualcosa”, è stato il messaggio consegnato giovedì in modo esplicito al Pdl attraverso i soliti canali di comunicazione. “La situazione descrive un’assoluta impossibilità per le istituzioni di funzionare. I due presidenti delle Camere, sia Fini sia Schifani, sono entrambi oggetto di delegittimazione, l’uno da parte del centrodestra l’altro da parte del centrosinistra. Così non funziona e non può andare avanti”, dice al Foglio Emanuele Macaluso, un più che amico di Napolitano.

D’altra parte, neanche l’editoriale dal tono autorevole di Sergio Romano, ieri sul Corriere della Sera, è un prodotto casuale. “Mai come ora l’Italia ha avuto bisogno di persone che non siano protagoniste di un duro scontro politico e reggano con forza il timone delle regole e delle procedure”, ha scritto il professor Romano. Fuori di metafora: “Queste persone sono soprattutto il presidente della Repubblica e i presidenti delle Camere. Un terzetto che deve poter richiamare i contendenti alle regole del gioco. Fini dovrebbe chiedersi se le circostanze gli consentano di esercitare questa funzione nel migliore modo possibile”. L’editorialista del Corriere della Sera, esponente di rilievo del terzismo borghese, individua nel presidente della Camera il “terzo incongruo”. Ma in uno scenario, in sé, complessivamente incongruo: dall’interpellanza al ministro Frattini sull’affare immobiliare di Montecarlo, sino alle anomale richieste di dimissioni piovute dal terzo polo sul presidente del Senato.

“Si profila il rischio di una paralisi delle istituzioni”. L’unico dubbio di Napolitano riguarda il metodo: come intervenire? Il presidente, che si sta consultando febbrilmente, sa di non avere a propria disposizione forti strumenti di manovra, d’altra parte lo scioglimento delle Camere è un meccanismo complesso che prevede prima l’avvio di una crisi di governo. Per questo si sta orientando verso un clamoroso messaggio pubblico da veicolare attraverso una convocazione formale dei presidenti dei due rami del Parlamento. Un’operazione che può contare sulla forza di Bossi, un leader della maggioranza che non vuole “imbrogliare” né tradire il Cavaliere, ma pensa – e molto – alle elezioni.

E’ forse per questa ragione che la data favorita, nelle ipotesi che si fanno al Quirinale, è martedì primo febbraio. Il giorno successivo, il 2, la Bicamerale dovrà esprimersi sul federalismo municipale. “Sarà quello il momento della verità”, aveva scritto al CorriereRoberto Maroni; la verità sul gioco delle opposizioni, che a quel punto dovranno uscire allo scoperto e prendersi la responsabilità di riportare al voto gli italiani. Ma anche la verità, forse – ha sostenuto Maroni – sulla maggioranza. Preceduto dall’iniziativa del presidente della Repubblica, il voto sul federalismo appare l’anticamera delle urne o di nuove formule parlamentari o, chissà, di una resa contrattata del Cav.

© - FOGLIO QUOTIDIANO
di Salvatore Merlo
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Re: Quante sono le divisioni del capo dello Stato

Messaggioda ranvit il 31/01/2011, 12:40

http://www.ilfattoquotidiano.it/


POLITICA & PALAZZO 31 Gennaio 2011 Prove di Cln per liberarsi da Berlusconi
D'Alema rilancia l'idea di una grande coalizione, da Fini a Vendola, per liberarsi del Caimano
Udc e Sel sono d'accordo, Idv e Fli prendono tempo. B, travolto dagli scandali, tenta la contromossa
"Piano bipartisan per l'economia". Ma la Lega lo gela. Maroni: "Condivido i timori di Napolitano"

Berlusconi “ha capito che è cambiato qualcosa e si è barricato nel Palazzo”. Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, esprime chiaramente quella che ormai è opinione condivisa da tutti. Compresi gli uomini del Pdl, che per la prima volta hanno stoppato il premier sulla manifestazione contro la magistratura (leggi l'articolo). Quelle che fino a pochi giorni fa erano indiscrezioni delle stanze politiche, oggi sono dichiarazioni pubbliche: l’obiettivo condiviso è liberarsi del Cavaliere. Come? O accetta di farsi da parte e lascia il passo a un esecutivo tecnico o, se decide di resistere a ogni costo, presentarsi a elezioni anticipate uniti in una grande alleanza. La proposta la riformula Massimo D'Alema, che incassa subito la disponibilità di Casini e di Sel. Idv e Fli prendono tempo ma non bocciano l'idea lanciata dal presidente del Copasir per ridare al Paese un governo, anche ricorrendo alle urne (leggi l'articolo). Ipotesi che B. non invoca più: i sondaggi che lo danno in forte calo. Persino quelli di Renato Mannheimer: 28 italiani su 100 hanno fiducia nel presidente del Consiglio, 70 ne hanno poca o pochissima. Lo stesso sondaggio rivela che gli italiani sono pronti a un gesto forte del Colle, tanto che ben l’84% dice di avere “molta o moltissima fiducia” in Giorgio Napolitano. Il Quirinale è deciso a sbloccare la situazione. Anche sciogliendo le Camere (leggi l'articolo di Sara Nicoli)
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Re: Quante sono le divisioni del capo dello Stato

Messaggioda ranvit il 31/01/2011, 12:41

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01 ... isi/89298/

POLITICA & PALAZZO | di Sara Nicoli 30 gennaio 2011


Paralisi istituzionale, Napolitano pronto
a pilotare la crisi Il capo dello Stato sta seriamente pensando di convocare i presidenti delle Camere per imprimere una svolta significativa alla situazione: se possibile non verso le urne, ma se non se ne può fare a meno allora anche quelleAlta preoccupazione istituzionale. Il Quirinale s’interroga su come uscire da uno scontro in atto che promette di raggiungere livelli sempre più alti e dalle conseguenze difficilmente prevedibili. Pressato anche a livello internazionale e da un’immagine dell’Italia in crescente declino, Giorgio Napolitano da giorni ha attivato i suoi “ambasciatori” per sollecitare il governo, via Gianni Letta, a prendere iniziative che scongiurino le elezioni anticipate e mettano mano con forza alla soluzione dei problemi del Paese. Messaggi rimasti, al momento, per lo più inascoltati, al punto che ieri dopo l’ultima sfuriata berlusconiana a sole 48 ore dall’annuncio del ricorso alla piazza “contro i giudici politicizzati”, Napolitano ha seriamente pensato di prendere un’iniziativa istituzionale straordinaria, ovvero di convocare al più presto (ma non martedì prossimo come scriveva ieri mattina il “Foglio”, smentito nella data direttamente dal Colle) i presidenti delle Camere per imprimere un svolta significativa alla crisi; se possibile non verso le urne, ma se proprio non se ne può più fare a meno allora anche quelle.

Non sarà martedì, si diceva, questo incontro tra le più alte cariche dello Stato, ma potrebbe avvenire, invece, nella cornice di un prossimo evento di caratura internazionale con tutte e tre le alte cariche presenti. La data, dunque, non c’è, ma di sicuro Napolitano è deciso a farsi parte attiva al più presto per imprimere una svolta politica che porti il Paese fuori dal pantano della bufera hard che ha travolto il Cavaliere. Già più di dieci giorni fa il capo dello Stato si era detto “ben consapevole del turbamento dell’opinione pubblica” auspicando “che nelle previste sedi giudiziarie si proceda al più presto a una compiuta verifica delle risultanze investigative”. Appelli caduti nel vuoto. E quello che oggi il Colle fotografa con nitidezza è una situazione d’empasse istituzionale che renderebbe il Parlamento, già da ora, incapace di svolgere le sue funzioni prioritarie. E questo perché, come sotto gli occhi di tutti, Fini è assediato dall’aggressione della maggioranza che vuole le sue dimissioni per vendetta del tradimento subito, Renato Schifani è contestato pesantemente dall’opposizione per i suoi presunti rapporto con la mafia, il ministro degli Esteri Franco Frattini è accusato di abuso d’ufficio per la questione dei documenti sulla casa di Montecarlo ex di An e Berlusconi, nelle prossime settimane, potrebbe ricevere nuove e ben peggiori notizie da parte della Procura di Milano. “Sappiate che, in questa situazione, prima o poi dovrò fare qualcosa…” avrebbe commentato qualche sera fa il Presidente della Repubblica con alcuni collaboratori. Non stupisce, dunque, che l’altro giorno abbia mandato messaggi chiari ai ministri chiedendo al più presto visibili segnali di cambiamento. Anche perché – e questa sarebbe l’effettiva preoccupazione del Capo dello Stato – senza un robusto cambio di passo, la paralisi istituzionale è nelle cose, ma visto che Berlusconi non farà mai un passo indietro, perché conscio di finire immediatamente sotto la tutela della magistratura, l’unico modo di non far affondare il Paese insieme alla sua attuale classe politica di maggioranza sembrerebbe quella di “pilotare” in qualche modo la crisi. Già, ma come?

Ieri Berlusconi, avvisato dell’attivismo del Colle, ha voluto alzare ancora di più il tiro, sottolineando che “chi vuole le elezioni oggi lo fa solo per interessi personali” e che “c’è un’opposizione che sa dire solo di no, che alza muri mentre noi siamo sereni, continuiamo a governare, abbiamo vinto 7 a 0 e non c’è alternativa al nostro governo”. Parole che hanno creato ulteriore inquietudine al Quirinale; la degenerazione dei toni, l’invocazione alla piazza per il 13 febbraio (che, comunque, i più stretti collaboratori di Berlusconi hanno cancellato ufficialmente) e il cul de sac rappresentato dal voto sul federalismo in commissione (previsto per il 2 febbraio) ha convinto, nei giorni scorsi, Napolitano ad un avvicinamento con Umberto Bossi che avrebbe prodotto un’immediata retromarcia del Senatùr riguardo la questione Montecarlo e le dimissioni di Gianfranco Fini, prima richieste a gran voce: “Su questa storia – ha infatti commentato il leader del Carroccio – bisogna fare meno casini”. Un segnale che anche in futuro Napolitano potrà contare, in qualche modo, sulla sponda della Lega. Ma in futuro. Ora non c’è nulla che da solo possa far pensare ad una soluzione non solo momentanea dei gravi problemi sul tappeto.

Così si attende, da un giorno all’altro, un passo deciso della più alta carica dello Stato, probabilmente dopo che la questione del federalismo comunale si sarà chiarita con il voto della commissione Bicamerale sul Fedralismo; sotto la lente d’ingrandimento del Colle il comportamento delle opposizioni e il loro, possibile, uscire allo scoperto per prendersi la responsabilità politica di riportare il Paese alle elezioni. Se questo non dovesse avvenire, diventerebbe sempre più urgente un suo intervento diretto per sbloccare uno status a quel punto davvero cristallizzato. “Il Paese vuole risposte – ha detto chiaro il Capo dello Stato a Gianni Letta – abbiamo bisogno di persone che invece dello scontro politico reggano con forza le regole e le procedure”. Così non è, tanto che al Quirinale si è rispolverata l’interpretazione autentica dell’articolo 88 della Costituzione (il Presidente della Repubblica, sentiti i presidenti dei due rami del Parlamento, può sciogliere le Camere o solo una di essere) solo per far capire che, se proprio non ci saranno altre strade, se proprio si continueranno ad alzare i toni oltre l’accettabile, si potrà fare anche a meno di una crisi formale per mandare a casa in governo. E non pare proprio che si tratti solo di una semplice minaccia.
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