Giuliano Poletti nella sua vita è stato molte cose e sempre quella. È stato assessore e poi segretario del Pci di Imola (dove è nato), responsabile delle coop in Emilia-Romagna, da dove è partita la scalata a Legacoop di cui è presidente dal 2002. Oggi ha deciso di dare un altro taglio al cordone ombelicale che da ottant’anni lega le cooperative rosse al mondo della sinistra. Giovedì, insieme con i rappresentanti di Confcooperative e Agci, darà origine a un coordinamento unico del mondo mutualistico sul modello dei Piccoli di Rete imprese Italia. Da tempo “rosse” e “bianche” governano insieme un colosso dell’alimentare come Granarolo mentre Sigma, Coop e Conad già a fine 2005 hanno dato vita a una supercentrale acquisti per la grande distribuzione, per sbarrare la strada a tedeschi e francesi.
Nel dicembre 2009 è nato il consorzio nazionale di garanzia fidi promosso dalle tre principali centrali cooperative. In fondo il nuovo coordinamento è un ritorno alle origini: la Federazione delle società cooperative italiane nacque nel 1886, molto prima di Pci e Dc.
Nell’intervista al Corriere della Sera di sabato Poletti non fa abiure ma prende atto che il mondo è cambiato. «Oggi siamo prima di tutto imprese: ci sentiamo cugini di Confindustria e controparti della Cgil». Uno strappo che era già nell’aria dallo scorso giugno, quando all’assemblea della Lega a Firenze si parlò soprattutto di corpi sociali e autonomia dalla politica. Lo consigliano anche ragioni pratiche. Legacoop è un gigante di 7 milioni di soci e 15mila coop associate: non può permettersi di chiamare amici solo alcuni governi e non altri.
In realtà l’autonomia di Legacoop parte da lontano, dalla firma del Patto per l’Italia nel 2002 e del nuovo modello contrattuale a inizio 2009, con la rottura dalla Cgil. Chi ha nostalgia del rosso antico è bene che si arrenda. Anche in quell’Emilia dove il vecchio partitone rosso è stato un modello di amministrazione e di sviluppo, così come nella testa di Giuliano Poletti, quel mondo non esiste più. Si spera che anche l’universo sindacale, Cgil in testa, impari la lezione.
Giovanni Cocconi