Scusami per la risposta tardiva, Gabriele.
Tu dici
personalmene non mi preoccupano i licenziamenti. Di più mi preoccupa la disoccupazione e il lavoro parasubordinato.
Riuscire ad avere uno stato sociale che riimmette il lavoratore nel mercato del lavoro in tempi brevi sostenendolo nel durante il periodo di disoccupazione, penso sia la strada giusta da seguire.
E' tutto in relazione, Gabriele. La prospettiva del licenziamento diventa un'arma di ricatto potentissima laddove non esiste la garanzia legale di un sussidio di disoccupazione adeguato a mantenere il proprio tenore di vita e prolungato fino al reingresso nel mondo del lavoro. Sono d'accordo con te: è la strada giusta da seguire. Tra parentesi, se Marchionne avesse perso il referendum e cassintegrato centinaia di operai (perché le conseguenze del suo ricatto sarebbero state queste, con la prospettiva poi di un licenziamento di massa), avrebbe pagato ancora una volta la collettività (quindi tutti noi) il prezzo di queste scelte.
Fino ad ora è stato creato un sistema nel quale è più importante la conoscenza e la affiliazione piuttosto che il merito. E allora se si è amico del politico di turno si può avere l'appalto...se si è appoggiati da un sindacato potente, si possono avere diritti...e via così
Questo non è del tutto vero. Spesso succede che i sindacalisti vengono licenziati, la Fiat ha una lunga e documentata tradizione a riguardo, con tanto di vessazioni e persecuzioni. Laddove i sindacati conquistano diritti, li conquistano per intere categorie e attraverso i contratti nazionali essi vengono estesi anche nelle aziende dove il sindacato è più debole. Ora dopo Marchionne, ciò non sarà più vero... lavoratori sempre più ricattabili.
Questa non è né libertà né democrazia, tanto meno meritocrazia.
Senza meritocrazia non può esserci competitività e senza competitività non può esserci redditività e quindi benessere.
Ma competitività e alti redditi per i proprietari non sono assolutamente, da sole, garanzie di benessere collettivo. Basta vedere il sistema USA. Inoltre la libertà non è solo garanzia di diritti inviolabili ma anche libertà dai bisogni e possibilità di conquistare una vita dignitosa e non asservita.
In Italia un terzo dei lavoratori è stato assunto con contratti "atipici" o con partita IVA, per così dire "obbligatoria". Ciò accade perché in Italia non c'è lavoro. Il lavoro non c'è perché le aziende italiane non riescono a produrne a sufficienza. Ciò accade perché in Italia il mercato è limitato da un insieme di fattori. I principali sono: la mancanza di competitività fra le aziende a causa della commistione fra pubblico e privato e dei monopoli finanziari che da essa si generano; la mancanza di flessibilità nel mondo del lavoro a causa della mancanza di un solido stato sociale.
Questo è il prodotto di vent'anni di esaltazione retorica del liberismo, di smantellamento dei diritti, di crisi economiche ricorrenti determinate dall'esaltazione della guerra (e dell'economia di guerra come rilancio) e della finanziarizzazione che ha sputtanato il sistema globale. L'unico grande paese che se ne è difeso adeguatamente, la Cina, non è certo una liberaldemocrazia ma mantiene le leve del controllo nel potere politico centrale.
Modernizzare il Paese vuol dire liberare risorse. Per far ciò occorre seguire un percorso basato innanzi tutto sul dialogo fra le parti e sull'eliminazione dei privilegi che certi imprenditori e certi lavoratori hanno acquisito nel tempo.
I privilegi di alcuni imprenditori (vedi Bunga Bunga SB) non li ha mai toccati nessuno ('risorsa per il paese', secondo Dalemone), e hanno sempre evaso allegramente, mentre altri imprenditori onesti vedevano le loro aziende fallire sotto il peso della crisi. A parte raccomandati e parassiti, non vedo dove siano i 'privilegi' che i lavoratori avrebbero acquisito: certo per chi non gode di tanti diritti, oggi un lavoratore dipendente con un CCNL valido appare come un privilegiato. Spogliamolo dei suoi diritti, così aggiungeremo un nuovo anello alla catena della neoschiavitù, distruggeremo la fiducia e la speranza di questo paese, bloccheremo definitivamente i consumi e l'economia e ci avviteremo nella spirale della crisi e del declino. Forse sarebbe un bene: un grande esplosivo e sonoro crack italiano potrebbe essere di monito per tanti altri paesi, che forse si avvinghierebbero alla propria democrazia e al proprio stato sociale utilizzandoci come esempio negativo da aborrire!
Lottare!