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Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

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Messaggioda pierodm il 04/01/2011, 15:37

Un recente post di Myosotis, basato su sentimenti, situazioni ed aspettative sue personali, propone una riflessione su noi stessi e sul modo che abbiamo di dialogare e di metterci in relazione gli uni con gli altri.

A dirla in breve, a me sembra che sia sopravvenuta una notevole discrasia con abitudini che un tempo ci caratterizzavano – o forse no, non caratterizzavano esattamente noi italiani, ma erano comuni a gente di ogni paese che era capace di non confondere l’intellettualità con l’assenza, con la cura perfino ad evitare ogni “odore di umanità”.
Noi italiani forse, in certe occasioni, esageravamo, quando usavamo buttare tutto sul sentimentale, così certa letteratura appare ridicola nel suo esasperato biografismo,alla pari con una visione politica e civile che si esaurisce nella percezione esclusiva di ciò che avviene nel ristretto raggio d’azione del proprio orizzonte e dei propri interessi.
Del resto una forma degenerata, di questa tendenza a puntare tutto sul sentimentalismo e sullo psicologismo, persiste e dilaga tuttora nel giornalismo mediocre e nella pornografia televisiva dei reality, che proprio per questo appaiono più che mai contraddittori con ciò che pretendono di essere, ossia appaiono grottescamente irrealistici e portatori di una umanità artificiosa.

Quello che distingue tali forme degenerative di “personalizzazione”, di “realismo”, è l’assenza, anzi la rinuncia dichiarata e sistematica non solo alla riflessione critica, ma a mettere in relazione la propria sfera personale con l’insieme dei rapporti sociali, con la cultura diffusa, con idee più generali.
Ebbene, io credo che in una sede di dialogo con fini politici e culturali – com’è un forum di questo genere – dovrebbe essere benvenuta la testimonianza dialettica che cerca di mettere in relazione l’esperienza personale con i temi di carattere generale: non solo “tollerata” ma accolta con piacere, con semplicità, come si fa con le cose buone, giuste e normali.
Anzi, secondo me un atteggiamento di questo genere distingue la buona politica, la buona letteratura, la buona filosofia da quelle “cattive”, dai simulacri, e anche dalle innocenti illusioni di chi pensa che depurare il proprio discorso (e il proprio pensiero) da ciò che è “personale” sia una forma superiore di intelligenza e di cultura.

Naturalmente non intendo dire che questo tipo di valutazioni debba diventare una regola, o peggio, una discriminante ottusa e dogmatica.
Io parlo di spontaneità, di libertà interiore e di libertà di pensiero, e quindi risulta ugualmente libero e spontaneo anche chi, in tutta coscienza, sente di non voler esternare i propri sentimenti, di non voler raccontare le proprie aspettative o descrivere la propria situazione, e di essere portato invece a sublimare tutto in una forma di pensiero ideologizzato, più teorico.
Ma non credo che questa possa essere considerata la cifra prevalente in una discussione politica e culturale, o peggio ancora la cifra preferibile, o peggio che fosse una qualità per così dire “obbligatoria”, quasi che i nostri interventi fossero delle tesi di laurea in miniatura, e che insomma ogni spiffero di “umanità personalizzata” fosse un’irruzione di sapore troppo forte, inopportuna, imbarazzante, in qualche modo dequalificante: ciò che in molti casi viene definito, con squallida supponenza, uno “sfogo”, da chiudere e dimenticare al più presto.

Io vedo, percepisco in molti, anzi nella quasi totalità dei partecipanti al forum la buona disposizione alla conversazione vivace e intelligente, che spazia con naturalezza tra il personale e il generale.
Ma vedo anche una sorta di freno, una timidezza, che non è dovuta soltanto all’indirizzo che i gestori del forum vogliono dare alla discussione: c’è una sorta di cedimento all’idea che “teorico è meglio”, nel senso che il teorico, l’astratto, il politicante sono la migliore o l’unica alternativa al demagogico, al volgare, al populistico, allo sbracato.
Io credo invece che ciò non sia vero, e che la migliore alternativa al demagogico e allo sbracato sia l’intelligenza, sia che si manifesti con un buon approfondimento teorico, sia che prenda la forma di un racconto personale, di un sentimento.
Solo una vecchia mentalità, che sopravvive appunto solo in una vulgata demagogica, fa distinzione tra filosofia e vita, tra cultura “alta” e cultura “bassa”: una mentalità non solo vecchia, ma assolutamente antitetica al concetto stesso di “politica”, che è invece la sede elettiva dell’incontro e la fusione tra esistenziale e intellettuale, tra teoria e pratica, tra filosofia e cronaca.

In questo senso voglio proporre un’ulteriore angolazione del problema.
In due post, che immetto nel forum contemporaneamente a questo, cito per esteso due articoli, comparsi rispettivamente sull’Unità e sul web magazine di Farefuturo, non solo perché interessanti in sé, ma soprattutto in quanto sono esempi di qualcosa che in questo forum – come ormai in tutta l’area di centro-sinistra – sembra non solo assente, ma volutamente, scientemente escluso. Mi verrebbe da dire, più che escluso, ormai “perduto”: perduta la voglia, perduta la sensazione dell’importanza, della ”necessità” di certi discorsi, di certe riflessioni.
Io non credo che la maggior parte di noi – noi qui - abbia perduto, come persone, la voglia e la capacità di fare certe riflessioni: credo che sia la faccia con la quale si presenta la politica, il partito, e la forma che si è voluta dare al forum che scoraggiano tali riflessioni. Certo, non le vietano espressamente – non siamo ancora arrivati a questo livello di autolesionismo – ma certamente le scoraggiano.
Basta guardare a come è organizzato il forum stesso: puntigliose suddivisioni che offrono e suggeriscono una griglia di lettura della realtà sociale e politica già chiaramente caratterizzata da una visuale molto “politicante” , alla quale segue e si affianca una “costituzione di fatto” che accoglie malvolentieri, spesso con un rimbrotto esplicito da parte della moderazione e di alcuni che sembrano molto in sintonia con la moderazione stessa, qualunque escursione in ciò che appare e che viene definito “intellettualistico”, sociologico, letterario, e peggio che mai filosofico o “poetico” – tutto ciò, in poche parole, che sembra cadere fuori da ciò che è politica politicante, ossia una discussione sulle cifre dell’economia, sul sistema delle candidature, sulle riforme e sui risultati elettorali.
Come per le “confessioni” di Myos di cui all’inizio, ciò che cade fuori dalla politica politicante è accolta con indifferenza o con fastidio, la stessa mescolanza di fastidio ed “educata” indifferenza che può esserci in un salotto verso la cacca di cane o la puzza di sudore – la stessa, per altro, che mi è capitato di sperimentare nella partecipazione politica da parte di certi assessori o parlamentari, quando intervenivano in una sezione del partito ad espletare i cinque minuti di obbligatorio “bagno democratico” a contatto con le persone in carne ed ossa.

Nel leggere specialmente l’articolo di Farefuturo mi sono tornate alla mente le tante volte che ho cercato - fin dai tempi della vecchia ML, e ancora prima negli anni ’80 in altre sedi di comunicazione – di puntare l’attenzione sulle ragioni di una crisi della sinistra che si prospettava come disaffezione e come afasia, come incapacità di saper articolare un discorso attrattivo che coinvolgesse l’intera sfera culturale ed emozionale di un insieme che era fatto di “persone” prima ancora di essere un “elettorato”.
Nella mia rivista pubblicammo un numero speciale su John Lennon, che si chiudeva – guarda caso – proprio con una tavola di Corto Maltese.

Io non mi aspetto dai politici che si occupino di arte e letteratura, anche se sarebbe molto bello e giusto, e utile, che lo facessero.
Mi aspetto però che se ne occupino, ognuno nei confini delle proprie inclinazioni e del proprio stile, coloro che politici non sono, e che ce ne possiamo occupare noi, in una sede come questa, che non è chiamata ad amministrare un ministero o un assessorato, e nemmeno l’ufficio elettorale di un partito. Che ce ne possiamo occupare senza avere la sensazione di essere cacca di cane nel salotto buono, intendo dire, e senza dover combattere e polemizzare sistematicamente con chi considera il “culturame” un retaggio puzzolente del laicismo e del comunismo sovietizzante.
Quando, per esempio, si parla delle ragioni di una crisi, di una disaffezione, di un’afasia, si tiene in poco o nessun conto il peso di quei valori, di quelle dimensioni che sono accennate – solo accennate, ma chiaramente – nell’articolo di Farefuturo, e che personalmente io riconosco fin dai tempi nei quali la destra era prevalentemente costituita da manipoli di picchiatori o di eversori collusi con frange devianti (?) dei Servizi. Non tutti quei ragazzi erano picchiatori, e molti avevano una sincera ansia di “idealità”, uguale sebbene nutrita di visioni, idee e sentimenti diversi da quella che muoveva il popolo giovane e meno giovane di sinistra.
Da quindici, venti anni la sinistra – il centro-sinistra, se si vuole – non solo non è più capace di sostenere ed offrire questa “apertura”, questa dimensione, ma anzi cerca di spegnerla e di esiliarla, in nome di una folle ed autodistruttiva pretesa di “concretezza”, e di una riduzione della politica al “buon governo”, come se questo si realizzasse con la pubblicazione di un “documento congressuale” e con l’innalzamento alla leadership di un burocrate o un economista capace di parlare solo agli “interessi” di un “target” elettorale.
Una politica, insomma, fatta su misura per gente vecchia, ed irrimediabilmente – sebbene educatamente – egoista e felice di essere approdata all’età in cui la debolezza della vista la libera dal faticoso piacere di guardare lontano, di immaginare ciò che non c’è, ma anche di guardare con amore e con rabbia ciò che gli sta vicino. L’amore e la rabbia, non solo l’interesse e le statistiche muovono il mondo e danno sostanza alla politica.

La destra ha sempre avuto questa capacità di parlare con le parole dell’amore e della rabbia – intendo quelle davvero sentite, non la loro parodia mal recitata del marketing berlusconiano – e ha fatto di questa vocazione il suo punto di forza.
Ora più che mai, in un contesto inaridito e pragmatico, la destra è alla ricerca di nuove parole d’amore e di rabbia, di desiderio e di “avventura”, nuove prospettive per l’eterna necessità del “viaggio”, e lo fa a tutto campo, senza reticenze, rivisitando, riappropriandosi di valori, di figure, di mitologie un tempo caratteristici della sinistra, e più in generale della cultura progressista.
Lo stesso avviene sul piano pratico, con la forma-partito, con una Lega della quale ci si sbraccia ad indicare la vitalità trionfante e si trascura il fatto che riproduce in fotocopia il centralismo democratico del vecchio PCI e la struttura capillare e territoriale del medesimo.
In poche parole, da questa parte ci sentiamo tanto furbi perché ci sforziamo di rottamare il vecchio, senza renderci conto che questo che chiamiamo vecchio è lo stesso che celebriamo sotto un altro aspetto come il “nuovo che avanza”, e anzi come “il nuovo che vince”.

Farefuturo parla di anima, la vecchia Unità parla del senso delle parole, e noi qui – che ci sentiamo furbissimi e salvi dal pericolo di essere “infantili e velleitari” – stiamo a discutere all’infinito sulle primarie, sull’alleanza con Casini e sull’accorciamento della pausa-cesso proposta da Marchionne, pensando che questo sia l’hoc signo vinces che fulminerà i cuori degli “elettori”, paternamente vigilati affinché nessuno di noi si allontani dal pascolo segnato e prenda le sembianze di una pecora mannara.
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Re: A3 - My

Messaggioda flaviomob il 05/01/2011, 3:27

"A Piccoli Passi verso il Regime" - Umberto Eco

Le norme sulle intercettazioni. Il controllo dei tg della tv pubblica. E prima il lodo Alfano, i tagli alla scuola... Berlusconi trasforma le istituzioni un passo dopo l'altro, con lentezza. Perché i cittadini assorbano i cambiamenti come naturali. Così al colpo di Stato si è sostituito lo struscio di Stato

È nota la definizione della democrazia come sistema pieno di difetti ma di cui non si è ancora trovato nulla di meglio. Da questa ragionevole assunzione discende, per la maggior parte della gente, la convinzione errata che la democrazia (il migliore o il meno peggio dei sistemi di governo) sia quello per cui la maggioranza ha sempre ragione. Nulla di più falso. La democrazia è il sistema per cui, visto che è difficile definire in termini qualitativi chi abbia più ragione degli altri, si ricorre a un sistema bassamente quantitativo, ma oggettivamente controllabile: in democrazia governa chi prende più consensi. E se qualcuno ritiene che la maggioranza abbia torto, peggio per lui: se ha accettato i principi democratici deve accettare che governi una maggioranza che si sbaglia.



Una delle funzioni delle opposizioni è quella di dimostrare alla maggioranza che si era sbagliata. E se non ce la fa? Allora abbiamo, oltre a una cattiva maggioranza, anche una cattiva opposizione. Quante volte la maggioranza può sbagliarsi? Per millenni la maggioranza degli uomini ha creduto che il sole girasse intorno alla terra (e, considerando le vaste aree poco alfabetizzate del mondo, e il fatto che sondaggi fatti nei paesi più avanzati hanno dimostrato che moltissimi occidentali ancora credono che il sole giri) ecco un bel caso in cui la maggioranza non solo si è sbagliata ma si sbaglia ancora. Le maggioranze si sono sbagliate a ritenere Beethoven inascoltabile o Picasso inguardabile, la maggioranza a Gerusalemme si è sbagliata a preferire Barabba a Gesù, la maggioranza degli americani sbaglia a credere che due uova con pancetta tutte le mattine e una bella bistecca a pasto siano garanzie di buona salute, la maggioranza si sbagliava a preferire gli orsi a Terenzio e (forse) si sbaglia ancora a preferire "La pupa e il secchione" a Sofocle. Per secoli la maggioranza della gente ha ritenuto che esistessero le streghe e che fosse giusto bruciarle, nel Seicento la maggioranza dei milanesi credeva che la peste fosse provocata dagli untori, l'enorme maggioranza degli occidentali, compreso Voltaire, riteneva legittima e naturale la schiavitù, la maggioranza degli europei credeva che fosse nobile e sacrosanto colonizzare l'Africa.





In politica Hitler non è andato al potere per un colpo di Stato ma è stato eletto dalla maggioranza, Mussolini ha instaurato la dittatura dopo l'assassinio di Matteotti ma prima godeva di una maggioranza parlamentare, anche se disprezzava quell'aula «sorda e grigia». Sarebbe ingiusto giocare di paradossi e dire dunque che la maggioranza è quella che sbaglia sempre, ma è certo che non sempre ha ragione. In politica l'appello alla volontà popolare ha soltanto valore legale ("Ho diritto a governare perché ho ricevuto più voti") ma non permette che da questo dato quantitativo si traggano conseguenze teoriche ed etiche ("Ho la maggioranza dei consensi e dunque sono il migliore").



In certe aree della Sicilia e della Campania i mafiosi e i camorristi hanno la maggioranza dei consensi ma sarebbe difficile concluderne che siano pertanto i migliori rappresentati di quelle nobilissime popolazioni. Recentemente leggevo un giornalista governativo (ma non era il solo ad usare quell'argomento) che, nell'ironizzare sul caso Santoro (bersaglio ormai felicemente bipartisan), diceva che costui aveva la curiosa persuasione che la maggioranza degli italiani si fosse piegata di buon grado a essere sodomizzata da Berlusconi. Ora non credo che Berlusconi abbia mai sodomizzato qualcuno, ma è certo che una consistente quantità di italiani consente con lui senza accorgersi che il loro beniamino sta lentamente erodendo le loro libertà. Erodere le libertà di un paese significa di solito mettere in atto un colpo di Stato e instaurare violentemente una dittatura. Se questo avviene, gli elettori se ne accorgono e, se pure non hanno la forza di zione di colpo di Stato che è con lui cambiata. Al colpo di Stato si è sostituito lo struscio di Stato. All'idea di una trasformazione delle strutture dello Stato attraverso l'azione violenta il genio di Berlusconi è stato ed è quello di attuarle con estrema lentezza, passettino per passettino, in modo estremamente lubrificato.



Pensate alla inutile violenza con cui il fascismo, per fare tacere la voce scomoda di Matteotti, ha dovuto farlo ammazzare. Cose da medioevo. Non sarebbe bastato pagargli una buona uscita megagalattica (e tra l'altro non con i soldi del governo ma con quelli dei cittadini che pagano il canone)? Mussolini era davvero uomo rozzissimo. Quando una trasformazione delle istituzioni del Paese avviene passo per passo, e cioè per dosi omeopatiche, è difficile dire che ciascuna, presa di per sé, prefiguri una dittatura - e infatti quando qualche cassandra lo fa viene sbertucciata. Il fatto è che per un nuovo populismo mediatico la stessa dittatura è un sistema antiquato che non serve a nulla. Si possono modificare le strutture dello Stato a proprio piacere e secondo il proprio interesse senza instaurare alcuna dittatura.



Si può dire che il lodo Alfano prefiguri una tirannia? Sciocchezze. E calmierare le intercettazioni attenta davvero alla libertà d'informazione? Ma suvvia, se qualcuno ha delitto lo sapranno tutti a giudizio avvenuto, e l'evitare di parlare in anticipo di delitti solo presunti rispetta se mai la privatezza di ciascuno di noi. Vi piacerebbe che andasse sui giornali la vostra conversazione con l'amante, così che lo venisse a sapere la vostra signora? No, certo. E se il prezzo da pagare è che non venga intercettata la conversazione di un potente corrotto o di un mafioso in servizio permanente effettivo, ebbene, la nostra privatezza avrà bene un prezzo. Vi pare nazifascismo ridurre i fondi per la scuola pubblica? Ma dobbiamo risparmiare tutti, e bisogna pur dare l'esempio a cominciare dalle spese collettive. E se questo consegna il paese alle scuole private? Non sarà la fine del mondo, ce ne sono delle buonissime. È stalinismo rendere inguardabili i telegiornali delle reti pubbliche? No, se mai le vecchie dittature facevano di tutto per rendere la radio affettuosissima. Ma se questo va a favore delle reti private? Beh, vi risulta che Stalin abbia mai favorito le televisioni private?



Ecco, la funzione dei colpi di Stato striscianti è che le modificazioni costituzionali non vengono quasi percepite, o sono avvertite come irrilevanti. E quando la loro somma avrà prodotto non la seconda ma la terza Repubblica, sarà troppo tardi. Non perché non si potrebbe tornare indietro, ma perché la maggioranza avrà assorbito i cambiamenti come naturali e si sarà, per così dire, mitridatizzata. Un nuovo Malaparte potrebbe scrivere un trattato superbo su questa nuova tecnica dello struscio di Stato. Anche perché di fronte a essa ogni protesta e ogni denuncia perde valore provocatorio e sembra che chi si lamenta dia corpo alle ombre.



Pessimismo globale, dunque? No, fiducia nell'azione benigna del tempo e della sua erosione continua. Una trasformazione delle istituzioni che procede a piccoli passi può non avere tempo per compiersi del tutto, a metà strada possono avvenire smandrappamenti, stanchezze, cadute di tensione, incidenti di percorso. È un poco come la barzelletta sulla differenza tra inferno tedesco e inferno italiano. In entrambi bagno nella benzina bollente al mattino, sedia elettrica a mezzogiorno, squartamento a sera. Salvo che nell'inferno italiano un giorno la benzina non arriva, un altro la centrale elettrica è in sciopero, un altro ancora il boia si è dato malato… Tagliare la testa al re o occupare il Palazzo d'Inverno è cosa che si fa in cinque minuti. Avvelenare qualcuno con piccole dosi d'arsenico nella minestra prende molto tempo, e nel frattempo chissà, vedrà chi vivrà. Per il momento, resistere, resistere, resistere.



http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... ge/2127975


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Re: A3 - My

Messaggioda ranvit il 05/01/2011, 12:21

Una delle funzioni delle opposizioni è quella di dimostrare alla maggioranza che si era sbagliata. E se non ce la fa? Allora abbiamo, oltre a una cattiva maggioranza, anche una cattiva opposizione.



Non originale ma corretta l'analisi di Eco.

Ma le democrazie funzionano abbastanza bene solo quando l'opposizione fa il suo mestiere, viceversa siamo nel caso indicato.
Che purtroppo è anche il nostro!
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: A3 - My

Messaggioda pianogrande il 05/01/2011, 12:40

Tra i concetti paralizzanti dell'opposizione c'è il termine "antiberlusconismo".
Chi l'ha inventato è un genio.
Chi si lascia condizionare .......

Ce ne sono mille altri: catastrofismo, invidia sociale etc. etc.

Di lubrificanti e digestivi è pieno il berlusconismo.
La sinistra (popolo compreso) ci casca fino al punto che dichiararsi liberale è diventato un must.
Fino alla aberrazione di definire i diritti sacrosanti come privilegi e le altrettanto sacrosante lotte per mantenerli un residuato del secolo scorso.
Saremo sempre più moderni e sempre più rincojoniti.

La difesa dei diritti è come la democrazia.
Ha i suoi difetti ma, finora, non si è trovato niente di meglio.
Fotti il sistema. Studia.
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