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Grazie a wikileaks: la vera storia del gas di Mosca

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Grazie a wikileaks: la vera storia del gas di Mosca

Messaggioda franz il 08/12/2010, 9:53

Come è noto, un leak è una buco, una fessura che causa ua perdita, una fuoriuscita.
In questo caso la perdita (gas) è abbastanza pericolosa.

Franz


I DOCUMENTI DI WIKILEAKS
Berlusconi, Putin e quel biglietto
la vera storia del gas di Mosca

Chi è Valentino Valentini: nelle rivelazioni del sito di Assange sarebbe lui l'uomo ombra indicato dall'ambasciatore Spogli come internediario d'afferi del presidente del Consiglio in Russia. Le altre figure dei "fedelissimi" del premier e il loro ruolo nel grande affare
da Roma GIUSEPPE D'AVANZO
da Milano ANDREA GRECO
da New York FEDERICO RAMPINI

"VALENTINO Valentini, fino a qualche anno fa, non parlava il russo: diciamo che lo balbettava...", ricorda chi glielo ha sentito parlare a Villa Abamelek, la residenza dell'ambasciata russa a Roma. "Era il russo di un bambino ai primi anni della scuola elementare". Eppure, nelle rivelazioni di WikiLeaks, sarebbe lui la shadowy figure, l'uomo ombra indicato dall'ambasciatore Spogli come intermediario d'affari di Silvio Berlusconi in Russia. Allevato da Publitalia, assistente del Cavaliere al parlamento europeo, deputato dal 2001, oggi segretario particolare del premier, Valentini si autodefinisce "consigliere speciale per le relazioni estere e tutor delle imprese italiane in Russia". Ci hanno detto, appunto: "Per la conoscenza di quella lingua". Che però - almeno fino al 2005 - non conosce.

Infatti, a palazzo Chigi ha lavorato in pianta stabile (in attesa che le performance di Valentini migliorassero) un interprete, l'armeno Ivan Melkumian, sempre presente negli incontri pubblici e privati del Cavaliere. C'è un primo arcano da sbrogliare, allora: perché, con una noiosa cerimonia a Villa Abamelek, Valentini è stato insignito proprio nel 2005 del prestigiosissimo ordine di Lomonosov con motivazioni che non sono mai state rese note? Quali sono i meriti che egli ha raccolto per la Russia di Putin? La domanda è intrigante anche perché è difficile trovare un capitano d'impresa attivo in Russia che abbia incontrato per motivi concretamente professionali Valentini o abbia soltanto avuto eco delle sue attività a vantaggio delle imprese italiane. Alcuni italiani a Mosca - per dimostrare l'assoluta estraneità del segretario particolare del premier agli interessi della comunità italiana - raccontano come si svolgono le sue visite nella città degli zar. "Valentini sbarca in uno degli aeroporti di Mosca. Lo attende un'auto messa a disposizione da Antonio Fallico. E' il presidente di Zao Banca Intesa (sussidiaria del gruppo Intesa San Paolo) e cugino di Marcello Dell'Utri o almeno così va dicendo da decenni. Valentini raggiunge l'albergo - il Metropol di fronte al Bolshoi in Teatralny Proiezd - o, in alternativa, direttamente il Cremlino da dove riemerge qualche ora o qualche giorno dopo per ripartire verso l'Italia. Nessuno lo vede. Nessuno lo incontra. Nessuno sa che cosa sia venuto a fare". Tra quanti non lo sanno, ci sono anche gli americani. L'ambasciatore a Roma, Ronald Spogli, il 26 gennaio 2009, si chiede chi fosse davvero "l'uomo chiave di Berlusconi in Russia, che viaggia senza staff né segreteria diverse volte al mese. Non è chiaro cosa vada a fare a Mosca, ma ci sono pesanti indiscrezioni sul fatto che presidi gli interessi di Berlusconi in Russia". Bisogna dunque seguire il filo dei soggiorni moscoviti di Valentini per saperne di più. E' utile perché s'incontra un altro personaggio chiave degli imperscrutabili rapporti tra l'Italia di Berlusconi e la Russia di Putin: Antonio Fallico, una volta comunista, dal 1974 a Mosca dove lo chiamano "il professore" (titolo non usurpato, ha insegnato Letteratura barocca all'Università di Verona), anch'egli onorato il 21 aprile del 2008 da Putin con l'"Ordine dell'Amicizia dei Popoli", la più alta decorazione statale russa riservata ai cittadini stranieri.

Fallico può essere raccontato in modo speculare a Valentini. Se Valentini è l'uomo di Berlusconi a Mosca, Fallico è l'uomo di Putin in Italia. Cura gli interessi economici della Russia e quindi soprattutto gli affari energetici che rappresentano il 70% delle esportazioni verso l'Italia. La Zao Banca Intesa, che presiede, ha il mandato di advisory della Gazprom, il colosso energetico controllato direttamente dallo Stato, per tutta l'attività italiana, dalla vendita di gas al progetto di metanodotto South Stream. "Il professore" ha rapporti diretti con il Cremlino, con il premierato di Putin, con la presidenza di Dmitri Medvedev. E' console onorario della Russia a Verona (gli è stata concessa anche la possibilità di rilasciare visti). A Verona ha voluto che fosse inaugurata presto la sede della rappresentanza italiana della Gazprom. E' l'italiano più potente di Mosca.

Se si riuscisse a rendere trasparenti - di Fallico - le attività e - di Valentini - le missioni al Cremlino si potrebbe comprendere presto quanto siano legittimi o scorretti i sospetti di Hillary Clinton sulla natura affaristica delle convergenze politiche tra Berlusconi e Putin. Non è l'unico enigma di questa storia, protetta quasi in ogni angolo e increspatura dal segreto. Segreto di Stato sono in Russia gli affari energetici (per chi sgarra c'è la pena di morte). Misteriosi sono gli effettivi proprietari della Centrex Group, società che vende in Europa occidentale il gas russo, la cui catena azionaria finisce in una palazzina di tre piani al 199 di via Arcivescovo Makarios III a Limassol, Cipro, senza una targa né una buca delle lettere. Commercial secret è il prezzo del metano che Eni corrisponde a Gazprom. Segreti i documenti dei giacimenti di Karachaganakh e Kashagan che Eni si rifiuta di esibire anche quando è chiamata a risponderne in tribunale. Impenetrabile è il segreto che protegge gli incontri di Berlusconi e Putin lungo il lago tra le colline di Valdai in Novgorod Oblast o a Punta Lada a Porto Rotondo, in Sardegna.

Se si vuole quindi verificare quanto "le scelte economiche e politiche dei due premier siano il frutto di comuni investimenti personali", come chiede il segretario di Stato americano ai suoi ambasciatori, bisogna esaminare se le decisioni politiche siano state deformate da privatissimi interessi economici. C'è troppa gente in giro - nelle cancellerie, nei quartieri generali della finanza, nella comunità economica - che avverte nelle scelte di politica energetica dell'Italia un'alterazione equivoca. Eni era autonoma dal governo nazionale quasi fino all'arroganza. Oggi appare sottomessa al presidente del Consiglio. Agiva con aggressività e libertà sui mercati internazionali. Oggi mostra di subire vincoli a favore di Putin. E' la prima deformazione. Ce n'è una seconda: Berlusconi trascura le relazioni europee e la tradizionale alleanza con Washington per rinchiudersi nell'eccentrica associazione con la Mosca di Vladimir Putin e la Tripoli di Mu'ammar Gheddafi. I "cable" del dipartimento di Stato sostengono che questo riposizionamento non abbia nulla di politico, ma sia soltanto business. "L'ambasciatore della Georgia a Roma - scrive Spogli - ci ha riferito che il suo governo ritiene che Putin abbia promesso a Berlusconi una percentuale su ogni pipeline sviluppata da Gazprom in coordinamento con l'Eni". E ancora: "In Italia i partiti di opposizione e alcuni esponenti dello stesso Pdl credono che Berlusconi e i suoi intimi stiano approfittando personalmente e a mani basse dei molti accordi sull'energia con la Russia".

Dunque Washington non crede a un'alternativa trasparente che innova la tradizionale politica estera del nostro paese. Dubita che, al fondo della storia, ci siano soltanto gli affari personali di Silvio Berlusconi. L'accusa è gravissima e non è stata provata. E' un fatto che lo stato delle cose è custodito in un labirinto di segreti. Con l'aiuto di qualche persona informata dei fatti e alcuni testimoni diretti degli eventi, si può documentare però qualche coincidenza e più di un'incoerenza che dovrebbero convincere Berlusconi ed Eni a rompere il silenzio e a dare luce alle zone d'ombra. Ci sono perlomeno tre "casi" in cui si intravede, tra le opacità, una metamorfosi degli interessi nazionali.

1. Il biglietto del Cavaliere, dove si capisce a vantaggio di chi Berlusconi chiede un favore a Putin.

2. La "spartizione della refurtiva", dove questa volta è Putin a chiedere un "aiutino" a Berlusconi che non rimarrà a mani vuote.

3. I misteri di Karachaganakh, dove si scopre che Eni rinuncia a una parte dei suoi profitti, non si sa a vantaggio di chi.


Sono "casi" che anticipano, come vedremo, un sorprendente finale e non riescono a nascondere una contraddizione: tutti gli affari che rendono sospettosa l'amministrazione di Washington sono stati approvati dal secondo governo Prodi. Tra il maggio 2006 e il maggio 2008, il governo di centrosinistra sottoscrive l'accordo che disciplina la fornitura di gas e le future collaborazioni nei giacimenti in Russia (14 novembre 2006); l'impegno per il gasdotto South Stream (23 giugno 2007); la disponibilità a "spogliare" la Yukos dei suoi asset (4 aprile 2007); i contratti per lo sfruttamento del giacimento di Karachaganakh (1 giugno 2007). Una stupefacente inabilità che oggi, col senno del poi, solleva qualche mugugno tra gli uomini del centrosinistra e la sensazione che alcuni risvolti si sarebbero dovuti curare in modo diverso. Meglio. Dice Pier Luigi Bersani, segretario del Pd e allora ministro dello Sviluppo Economico: "Premesso che dall'approvvigionamento del gas russo l'Italia non può prescindere, il governo Prodi adottò la strategia di spostare il quadro degli accordi energetici con la Russia in una dimensione europea. La differenza fondamentale tra il nostro approccio e quello di Berlusconi nei rapporti con Mosca è che noi operavamo sulla base di meccanismi trasparenti, non dei personalismi, delle relazioni particolari o della filosofia tipo ghe pensi mi".

Il biglietto del Cavaliere
(dove si apprende come e a vantaggio di chi Berlusconi chiede un favore a Putin)


Prima che questo signore, Bruno Mentasti Granelli, settantenne finanziere lombardo, apparisse in scena soltanto uomini vicini a Silvio Berlusconi si erano messi in testa di lucrare larghi utili dalla commercializzazione in Italia del metano russo. Se si esclude il tentativo del figlio di un mafioso (Ciancimino), un primo progetto era stato preparato da Ubaldo Livolsi, consulente del premier, nel 1991 direttore finanziario e nel 1996 amministratore delegato di Fininvest Spa, consigliere d'amministrazione di Mediaset, Mondadori, Medusa.... Per farla corta, un berlusconiano di stretta osservanza. Inutile dire quanto berlusconiano sia Marcello Dell'Utri l'uomo che gli commissiona il piano e trova il tempo per scaldare l'attesa presentando, alla Casa dell'Amicizia di Mosca, Effetto Berlusconi, un libro confezionato in esclusiva per il mercato russo.

Con l'Eni di Mincato ancora autonoma dal governo, l'iniziativa di Livolsi e Dell'Utri va per aria. Dopo il fallimento del primo approccio berlusconiano al problema, compare dal nulla Bruno Mentasti già socio di Berlusconi nella pay-tv Telepiù e in quell'anno, 2003, un rentier dopo aver venduto alla Nestlé la San Pellegrino per trecento miliardi di vecchie lire.

Il nome di Mentasti salta fuori nella sera del 30 ottobre del 2003. Al Westin Palace di Milano c'è una cena di lavoro. E' quasi un appuntamento di routine. Quattro persone intorno al tavolo: tre uomini di Eni e un alto dirigente di Gazprom. Si confrontano due ambizioni: Eni vuole prolungare di 25/30 anni i suoi contratti gas che scadono nel 2012; Gazprom aspira a fare utili non solo "a monte" producendo metano, ma anche "a valle" vendendolo e chiede di avere l'opportunità di commercializzarne in Italia attraverso una propria joint venture. L'Eni dovrebbe cedere 2-3 miliardi di metri cubi di metano all'anno dalle sue importazioni. "Abbiamo già un socio italiano, ecco il suo nome...", dice il russo. Dalla tasca, l'alto dirigente di Gazprom estrae un fogliettino come se fosse una santa icona che da sola avrebbe spazzato via ogni dubbio profano. Sopra c'è scritto: "Mentasti". Gli italiani cadono dalle nuvole. Quel nome non l'hanno mai sentito. Chi è? Il russo spiega: "Ma come non conoscete il patron della San Pellegrino?". Gli italiani sorridono: "Anche se gassata, l'acqua ha poco a che fare con il gas, bisogna che qualcuno glielo spieghi a questo Mentasti...". Il russo non ride, agita ancora il foglietto e dice: "Druzia, amici, ma davvero non riconoscete la grafia del vostro capo di governo?". Quelli di Eni fingono di non capire e chiedono: "... ma questo biglietto con questa grafia chi te l'ha dato?". Risposta: "Da dove volete che venga, dal Cremlino!". A conferma che la faccenda è molto seria perché molto voluta da Putin, gli uomini di Eni vengono invitati a stringere le sedie intorno al tavolo per far posto a un altro convitato che attende un cenno nell'albergo dall'altra parte di piazza della Repubblica, il Principe di Savoia. L'uomo si chiama Alexander Ivanovic Medvedev, è un amico d'affari del professor Fallico, è stato come Vladimir Putin un colonnello del Kgb, oggi è il numero due di Gazprom. Che bisogno c'è di un intermediario se non per creare comode rendite finanziarie a oscuri fortunati? Dietro questa volontà di lucrare gli utili di un'intermediazione superflua e molto favorevole (la Centrex di Mentasti e soci misteriosi avrebbe guadagnato una somma stimata in 280-320 milioni di dollari l'anno per 15-20 anni) si scorgono nell'ordine: un comando di Putin; la volontà di Berlusconi; l'obbedienza "militare" dei gasisti russi; gli amici di Berlusconi in sospetto di essere soltanto prestanomi come Bruno Mentasti o addirittura di essere la testa d'ariete di Berlusconi, se è vero che quel foglietto (che potrebbe essere attualmente nelle mani di un uomo dell'Eni) è stato scritto di suo pugno dal Cavaliere.

Questo caso sollecita qualche domanda: Berlusconi ha discusso con Putin - e concesso a Mosca - l'ingresso di Gazprom nel mercato italiano? In cambio di che cosa? Perché Berlusconi individua Mentasti come uomo adatto per la nascente partnership? Qual era l'interesse nazionale che, in questo caso, il capo del governo ha rappresentato al Cremlino?

(1. continua)
(08 dicembre 2010) www.repubblica.it
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Re: Grazie a wikileaks: la vera storia del gas di Mosca

Messaggioda pianogrande il 08/12/2010, 13:37

Berlusconi, dopo essersi paragonato a De Gasperi, si è fatto assimilare, dai suoi vari megafoni, a Mattei che (anche lui) faceva la sua politica energetica e non si sottometteva alle "sette sorelle".
Ma il nostro ha solo scelto autonomamente a chi sottomettersi?
Possiamo immaginare le sette matrioske e le sette odalische?
Poveri Mattei e De Gasperi.
Quanto lavoro e sacrificio buttato al vento.
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Re: Grazie a wikileaks: la vera storia del gas di Mosca

Messaggioda franz il 08/12/2010, 15:21

pianogrande ha scritto:Berlusconi, dopo essersi paragonato a De Gasperi, si è fatto assimilare, dai suoi vari megafoni, a Mattei che (anche lui) faceva la sua politica energetica e non si sottometteva alle "sette sorelle".
Ma il nostro ha solo scelto autonomamente a chi sottomettersi?
Possiamo immaginare le sette matrioske e le sette odalische?
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Mattei? Anche il suo aereo cadde per una guarnizione che perdeva, ....
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Re: Grazie a wikileaks: la vera storia del gas di Mosca

Messaggioda trilogy il 08/12/2010, 15:25

I bond della società moscovita «coperti» dalla Spa italiana - Central Energy Italia punta a un business tra i 4 e i 6 miliardi di euro
fonte: http://www.intesasanpaolo24.com/NR/exer ... F52A2B.htm

Nella partita del business del metano russo è entrata anche la Sace, la Spa che assicura le aziende italiane all’estero. Una partita importante, con il potenziamento programmato per il gasdotto che dalla Siberia fa arrivare il metano fino al confine italiano del Tarvisio.

In luglio la Sace ha controgarantito un bond della Gazprom per 1,2 miliardi di dollari. È stata la prima operazione di questo tipo condotta dalla società assicuratrice pubblica. Lo ha fatto per un’azienda non italiana dalla quale l’Italia importa circa 21 miliardi di metri cubi di metano l’anno. Perché? La spiegazione ufficiale è una: per i lavori italiani nel gasdotto Blue Stream fra Russia e Turchia e nel progetto Tragaz di potenziamento dei metanodotti russi. Ma il Blue Stream è stato inaugurato nel 2003 e i lavori al Tragaz erano già finiti nel remoto anno 2000. La risposta che danno tutti gli operatori internazionali del metano, ed è la risposta che la Sace non può dare, è diversa.
Si tratterebbe di una garanzia data dallo Stato italiano per conto di un nuovo operatore sul mercato italiano del gas in vista dell’arrivo di nuovo profittevole metano: la chiacchieratissima Central Energy Italia, controllata dalla Gazprom e (pare) dall’imprenditore Bruno Mentasti Granelli.

La partita è appetitosa. Si tratta per ora di 2 miliardi di metri cubi di gas siberiano l’anno per una durata di vent’anni e un valore stimato in 4-6 miliardi di euro in tutto. Questo gas era dell’Eni, il quale ha rinunciato e reso (obtorto collo) alla Gazprom due miliardi di metri cubi che le spettavano. In cambio, l’Eni ha ottenuto di poter allungare di dieci anni i contratti già in vigore. Probabilmente, quei due miliardi di metri cubi resi dall’Eni saranno destinati dalla Gazprom alla Central Energy Italia. L’operazione non è stata indolore: sembra che proprio le resistenze all’operazione fossero costate a Vittorio Mincato il ruolo di amministratore delegato dell’Eni, passato in maggio alle Poste e subito sostituito nell’incarico da Paolo Scaroni. Altri 3,2 miliardi di metri cubi arriveranno quando sarà potenziato il gasdotto russo, fra almeno cinque o sei anni.

Nel frattempo ai primi di maggio la Gazprom ha acquisito il 75% di una piccola società che aveva costituito in quote paritetiche con l’Eni una decina d’anni fa, la Promgas di Milano, sede in zona Corvetto. È la società per la quale sarebbe destinato il gas che arriverà in più quando saranno potenziate le condutture. I patti prevedrebbero la cessione del controllo completo della Promgas alla Gazprom, sebbene l’Eni assicuri che difenderà la sua quota residua.

Ma il meccanismo è assai più grande. Fra qualche anno l’Europa sarà in affanno con gli approvvigionamenti di gas e petrolio, e la Russia si prepara a essere il primo fornitore. Il Cremlino sta accorpando sotto il suo controllo diretto tutte le maggiori compagnie. Fonti russe aggiungono che il flusso di denaro che arriva da Italia e Germania (i Paesi più legati ai gasdotti russi) servirebbe anche a finanziare la prossima campagna elettorale del presidente Vladimir Putin. E c’è chi aggiunge in confidenza che Putin si stia preparando una pensione dorata come azionista della Gazprom.
La garanzia. A metà luglio la Sace ha garantito un bond di durata di otto anni per 1,2 miliardi di dollari emesso dalla Gazprom, con una cedola del 4,5%. L’emissione permette alla Gazprom di ottenere condizioni di indebitamento decisamente favorevoli.

La Sace è una Spa pubblica che assicura - obiettivo primario - il credito all’esportazione, ma lo statuto (articolo 4) consente anche questo tipo di operazione: questa è per la Sace la prima garanzia di emissioni obbligazionarie, «un’operazione - affermava in luglio la Sace - che ha segnato un passo avanti nell’evoluzione dei suoi strumenti assicurativi».

La nuova società. Sul mercato internazionale ogni grande contratto vincolato a lungo termine ("take-or-pay") per la fornitura di metano è accompagnato dalle garanzie versate dall’acquirente. Che garanzie potrebbe offrire la società neonata Central Energy Italia con un capitale versato di 120mila euro? Se alle spalle di Mentasti (così si dice) ci sarebbe il presidente del Consiglio, ecco spiegata la garanzia arrivata direttamente dallo Stato tramite Sace.
La Central Energy Italia, fondata nell’aprile 2004 a Milano in via Larga, è guidata dall’inglese John Skinner. Socio unico è la Central Energy Italien Gas Holding Ag, con sede a Vienna in Wiedner Hauptstrasse. La società austriaca avrebbe fra i soci la Centrex, Mentasti, alcune "persone fisiche" russe e un imprenditore italiano.
Si stima che il gas venga consegnato al confine tra Slovacchia e Austria, a Baumgarten, al prezzo di 80-100 dollari per mille metri cubi; a questi vanno aggiunti 10-12 dollari per il servizio di trasporto in Austria; i due miliardi di metri cubi sono consegnati al confine del Tarvisio al valore di mercato di 210-220 euro, al netto delle tasse. Il doppio.
Potrebbero comparire nuovi intermediari, oltre alla Central Energy Italia o alla Promgas. Si parla per esempio di un’attenzione verso la piccola Exergia di Varese, società regolarmente iscritta come operatore della Borsa elettrica e autorizzata alla vendita di gas.

Soci a Soci. Soci è la principale città climatica russa. Si affaccia sul mar Nero, ha un orto botanico spettacolare ("Dendrarium") e decine di alberghi di lusso ("Sanatori") dove d’estate s’affollano i ricchi russi. Il suo lungomare ricorda più Bordighera che Rimini. C’è pure la dacia di Putin, perennemente controllata da due navi da guerra ormeggiate in rada. A fine agosto, nella dacia di Soci Putin ebbe come ospite Berlusconi. E all’amico italiano Putin ha chiesto che venisse consentito alla Gazprom di investire più intensamente in Italia, «comprese - riporta l’agenzia Novosti - le reti di distribuzione del gas».

E il giornale Vremia il 30 agosto ha aggiunto: «La Gazprom è interessata alla possibilità di nuovi investimenti nel settore energetico, compresa la rete di gasdotti». Da cui l’ipotesi di acquistare il 30% della Snam rete Gas.
Così la società moscovita potrà commercializzare indipendentemente più del 10% del suo export verso l’Italia, dove le vendite della Gazprom sono in aumento del 9% con 21,5 miliardi di metri cubi (11,5 miliardi nei primi sei mesi del 2005).
La Gazprom vuole entrare direttamente sui mercati finali, scavalcando gli intermediari e cioè le aziende nazionali dei singoli Paesi.

Questa spinta verso i mercati nazionali è dovuta anche all’alto margine fra il costo del metano all’origine e il costo finale di vendita, tre volte tanto. E finora i russi controllavano soltanto la parte iniziale - e meno lucrosa - della catena del valore.
Fra le sue partecipazioni, ecco l’Interconnector con il gasdotto tra Belgio e Inghilterra (10%), le italiane Volta (49%) e Promgas (75%). I suoi bracci operativi sui mercati esteri sono la Gazprom Bank e soprattutto la Centrex, che ha partecipazioni per esempio nella Repubblica ceca e in Svizzera.
Avvicinarsi al mercato. Per avvicinarsi al cliente finale, la Gazprom punta su Germania (con la Wingas) e l’Italia. E qui, a Milano, c’è la Promgas, nata nel ‘93 come joint venture paritetica fra Eni e Gazprom mirata agli scambi non monetari fra Italia e Russia. Alla Promgas di Milano da Mosca arrivavano i giovani manager russi per farsi le ossa e godersi i lussi della città della moda.
Nei fatti, oggi la Promgas acquista dalla Gazeksport (Gazprom) due miliardi di metri cubi di gas nel punto in cui gadsotto russo entra in Austria, a Baumgarten; al Tarvisio la Promgas rivende il metano alla Edison.
Sei addetti, ricavi per 490 milioni e un Roe del 24,6%, la Promgas vede al vertice anche Aleksandr Medveded, già ufficiale dell’Fsb (il servizio segreto russo), direttore generale della Gazeksport e grande negoziatore dei grandi contratti internazionali.
Dinamiche russe. Da anni è in corso a Mosca una politica di accentramento sotto il Cremlino di tutte le risorse energetiche. La Gazprom - abituata per anni a personalità forti come Viktor Cernomyrdin - oggi appare acefala. In realtà, acefala non è. Il capo c’è, ma il suo ufficio è al Cremlino: Dimitri Medveded è al vertice del consiglio dei direttori della Gazprom e al tempo stesso è capo dell’amministrazione Putin. Nelle scorse settimane, Roman Abramovic è stato convinto a cedere la sua compagnia petrolifera Sibneft alla Gazprom. La Yukos, che era di Michail Khodorkovski, ora appartiene a una finanziaria dietro la quale sembra che ci siano investimenti cinesi. La maggiore compagnia petrolifera russa, la Lukoil, è riconducibile alla più ortodossa "area putiniana".
Tutte queste aziende stanno mostrando un disegno comune: l’espansione verso i giacimenti dell’Asia Centrale e verso i consumatori europei. E così la Gazprom si interessa all’italiana Snam Rete Gas, ma anche alla Germania e alla Francia, dove ha appena firmato un contratto con la Gaz de France. La Lukoil nel frattempo si configura come futuro azionista di riferimento per la privatizzazione della compagnia petrolifera serba Nis.
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Re: Grazie a wikileaks: la vera storia del gas di Mosca

Messaggioda flaviomob il 08/12/2010, 20:08

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/12 ... one/80722/

Archivio | di Redazione Il Fatto Quotidiano

7 dicembre 2010

Salviamo il soldato Assange!
Firma la petizione


Julian Assange è stato arrestato il 7 dicembre, per accuse scandalose oltre che incredibili: un rapporto sessuale consenziente, un preservativo che non ha funzionato. La verità è un'altra: Assange è stato catturato come un micidiale terrorista (un «uomo che vuol distruggere il mondo», dixit il ministro Frattini) perché nella sua qualità di direttore di WikiLeaks ha fatto luce su politiche, misfatti, crimini che dovevano restare segreti, custoditi nelle segrete di cancellerie e ambasciate, inaccessibili all´opinione pubblica mondiale che sta prendendo forma nel web. Chiediamo che sia immediatamente liberato. Allo stesso modo chiediamo chiarezza sul caso di Bradley Manning, il soldato che rischia 52 anni di carcere per aver rivelato a WikiLeaks i crimini contro i civili commessi dall´esercito Usa in Iraq. I soldati che appaiono nei video da lui trasmessi a Wikileaks, colpevoli di massacri di civili, sono stati elogiati dal comando militare Usa per il loro «giudizio sensato».

--

Saving private Assange

Julian Assange was arrested on December 7th, on the basis of absurd and unbelievable accuses: a consensual sexual relationship and a broken condom. We believe the truth is different: Assange has been captured as a dangerous terrorist (a "man who wants to destroy the world", says Italian Minister for Foreign Affairs Franco Frattini) because the founder and director of Wikileaks has brought to light all sorts of crimes, misdeeds and political acts that had to remain secret, protected into diplomatic offices and embassies, inaccessible to the world's public opinion that is taking shape on the web. We ask for his immediate release. In the same manner we ask for the truth for Bradley Manning, the young soldier who is risking 52 years of jail for disclosing to Wikileaks a video showing crimes against civilians committed by the American army in Iraq. The soldiers appearing in the video, guilty of the indiscriminate slaying of over a dozen civilians, were praised by US military for their "reasonable judgment".

I primi firmatari della petizione:

Peter Gomez
Antonio Padellaro
Barbara Spinelli
Marco Travaglio


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
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Re: Grazie a wikileaks: la vera storia del gas di Mosca

Messaggioda flaviomob il 10/12/2010, 1:22

Che piacere rileggere Orioles su un grande quotidiano!

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/12 ... ema/81061/

(di Riccardo Orioles)

Wikileaks e il panico del sistema La vera notizia è la reazione alle “rivelazioni”. Non è che poi Wikileaks abbia fatto ‘ste gran rivelazioni. Le cose che sono uscite più o meno si sapevano già prima: certo, a vederle tutte insieme il panorama è molto più desolante che a leggerle una per una: politici bestie, bombardamenti casuali, governi semimafiosi, guerre fatte per soldi e compìti diplomatici che ruttano fragorosamente ai pranzi ufficiali. E allora? Perché s’incazzano tanto?

Perché il senso di panico, a sentirsi sbattere le cose in faccia senza poterci far niente, ha fatto letteralmente impazzire tutti quanti. “L’ha detto la televisione”, diceva una volta la gente, e quella la puoi controllare. Ma ora: “L’ha detto internet!”. E qua, con tutto il potere, non ci puoi far niente. La vera notizia allora è questa: il panico da ancient régime che ha travolto selvaggiamente tutti, dal non-occidentale Putin all’occidentalissima Clinton.

“Arrestatelo!”, “Minaccia il mondo!”, “Pena di morte!”, “Fatelo fuori alla svelta!”. Non sono i talebani a gridarlo o i mandarini cinesi, ma proprio i nostri civilissimi e acculturati parlamentari e ministri. La Svizzera, a un certo punto, ha addirittura sospeso i conti del povero Assange: non l’aveva fatto con Hitler, non lo fa coi mafiosi – lo fa con Wikileaks, cioè con internet, che evidentemente gli fa molta più paura. Con il che, è detto tutto: se i banchieri svizzeri, cioè il cuore del cuore del – chiamiamolo così – Sistema hanno rinnegato se stessi, figuriamoci gli altri.

Il diritto di cronaca ufficialmente non esiste più e il giornalismo è fuorilegge. Non solo in Iran o in Cina ma proprio qui da noi, in America e Europa. E la libertà? E il liberismo? E chi se ne fotte.

Zoom sulla Sicilia, a Catania e Palermo, dove era già così da trent’anni (le inchieste su Ciancio indicano solo la cattiva coscienza in tempi complicati del Palazzo, non certo una qualunque voglia di cambiare): c’è democrazia in Sicilia? Si può fare cronaca? Si può parlare liberamente? Va bene, non si può, rispondevamo fino a poco tempo fa: ma a Milano, ma a Roma, ma a Washington… Ecco: la novità è che si vanno catanesizzando Roma Milano e Washington, vanno abolendo l’informazione.

O almeno, questa sarebbe l’intenzione. Ma in realtà la gente è molto meno malleabile di prima, non perché più colta o più civile (anzi) ma perché ha a disposizione tecnologie che prima non aveva. Puoi impiccare Assange, ma internet chi lo impicca? Tanti piccoli Assange (ma no, non personalizziamo: nell’internet non si usa) spunteranno, e in effetti già spuntano, dappertutto. E’ la stessa tecnologia che li produce: dopo Gutenberg era solo questione di tempo perché venissero fuori tanti Luteri.

Va bene, lavoriamo per questo. Tranquillamente perché tanto il trend è questo e non c’è nessuna ragione di eccitarsi. Stampa batte amanuense, borghese batte vescovo, Rete batte Sistema: prima o poi.

Pensare globalmente, agire localmente: a Catania è tornata ad uscire la Periferica (mensile gratuito di informazione e cultura) e questa, nel nostro piccolo, è una delle tipiche buone notizie. Sta funzionando male la connessione Sicilia-Bologna e la Catania-Ragusa: questi, nel nostro piccolo, sono i nostri guai. E lavoriamo da gnomi, da formichine, senza una lira ma cantando allegramente come i Sette Nani, perché sappiamo benissimo che sono guai risolvibili mentre le buone notizie sono semi di alberi grandi, il cui frusciare, se tendete le orecchie, lo sentite già.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
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Re: Grazie a wikileaks: la vera storia del gas di Mosca

Messaggioda flaviomob il 11/12/2010, 11:24

WikiLeaks cables: Pope wanted Muslim Turkey kept out of EU

Vatican diplomats also lobbied against Venezuela's Hugo Chávez and wanted 'Christian roots' enshrined in EU constitution

Pope Benedict XVI received by Turkish prime minister in Ankara in 2006 A WikiLeaks cable reports that Pope Benedict XVI, seen here being received by Turkish prime minister Recep Tayyip Erdogan in Ankara in 2006, 'might prefer to see Turkey develop a special relationship short of EU membership'. Photograph: Dylan Martinez/AFP/Getty Images

The pope is responsible for the Vatican's growing hostility towards Turkey joining the EU, previously secret cables sent from the US embassy to the Holy See in Rome claim.

In 2004 Cardinal Ratzinger, the future pope, spoke out against letting a Muslim state join, although at the time the Vatican was formally neutral on the question.

The Vatican's acting foreign minister, Monsignor Pietro Parolin, responded by telling US diplomats that Ratzinger's comments were his own rather than the official Vatican position.

The cable released by WikiLeaks shows that Ratzinger was the leading voice behind the Holy See's unsuccessful drive to secure a reference to Europe's "Christian roots" in the EU constitution. The US diplomat noted that Ratzinger "clearly understands that allowing a Muslim country into the EU would further weaken his case for Europe's Christian foundations".

But by 2006 Parolin was working for Ratzinger, now Pope Benedict XVI, and his tone had distinctly chilled. "Neither the pope nor the Vatican have endorsed Turkey's EU membership per se," he told the American charge d'affaires, "rather, the Holy See has been consistently open to accession, emphasising only that Turkey needs to fulfil the EU's Copenhagen criteria to take its place in Europe."

But he did not expect the demands on religious freedom to be fulfilled: "One great fear is that Turkey could enter the EU without having made the necessary advances in religious freedom. [Parolin] insisted that EU members – and the US – continue to press the [Turkish government] on these issues … He said that short of 'open persecution', it couldn't get much worse for the Christian community in Turkey."

The cables reveal the American government lobbying within Rome and Ankara for Turkish EU membership. "We hope a senior department official can visit the Holy See and encourage them to do more to push a positive message on Turkey and integration," concluded the 2006 cable.

But by 2009, the American ambassador was briefing in advance of President Barack Obama's visit, that "the Holy See's position now is that as a non-EU member the Vatican has no role in promoting or vetoing Turkey's membership. The Vatican might prefer to see Turkey develop a special relationship short of membership with the EU."

Roman Catholicism is the only religion in the world with the status of a sovereign state, allowing the pope's most senior clerics to sit at the top table with world leaders. The cables reveal the Vatican routinely wielding influence through diplomatic channels while sometimes denying it is doing so. The Vatican has diplomatic relations with 177 countries and has used its diplomatic status to lobby the US, United Nations and European Union in a concerted bid to impose its moral agenda through national and international parliaments.

The US charge d'affaires D Brent Hardt told Parolin, his diplomatic counterpart in Rome, of "the Holy See's potential to influence Catholic countries to support a ban on human cloning" to which Parolin emphasised his agreement with the US position and promised to support fully UN efforts for such a ban.

On other global issues such as climate change, the Vatican sought to use its moral authority as leverage, while refusing itself to sign formal treaties, such as the Copenhagen accord, that require reporting commitments.

At a meeting in January this year Dr Paolo Conversi, the pope's representative on climate change at the Vatican's secretariat of state, told an American diplomat that the Vatican would "encourage other countries discreetly to associate themselves with the accord as opportunities arise".

The Americans noted that Conversi's offer to support the US, even if discreetly, was significant because the Vatican was often reluctant to appear to compromise its independence and moral authority by associating itself with particular lobbying efforts.

"Even more important than the Vatican's lobbying assistance, however, is the influence the pope's guidance can have on public opinion in countries with large Catholic majorities and beyond."

The cables also reveal that the Vatican planned to use Poland as a trojan horse to spread Catholic family values through the structures of the European Union in Brussels.

The then US ambassador to the Holy See, Francis Rooney, briefed Washington in 2006, shortly after the election of Pope Benedict XVI, that "the Holy See hopes that Poland will hold the line at the EU on 'life and family' issues that arise" and would serve as a counterweight to western European secularism once the country had integrated into the EU.

The cable notes that Pope Benedict is preoccupied with Europe's increasing psychological distance from its Christian roots.

"He has continued to focus on Poland's potential in combating this trend. This was one of the themes of the visit of several groups of Polish bishops to the Vatican at the end of last year [2005]. 'It's a topic that always comes up,' explained Monsignor Michael Banach, the Holy See minister of foreign affairs country director for Poland. He told us that the two sides recognised that the Polish bishops needed to exert leadership in the face of western European secularism."

Across the Atlantic, the Vatican has told the Americans it wants to undermine the Venezuelan president, Hugo Chávez, in Latin America because of worries about the deterioration of Catholic power there. It fears Chávez is seriously damaging relations between the Catholic church and the state by identifying the church hierarchy as part of the privileged class.

Monsignor Angelo Accattino, in charge of Caribbean and Andean matters for the Vatican, said Obama should reach out to Cuba "in order to reduce the influence of Chávez and break up his cabal in Latin America".In December last year, America's adviser for western Europe at the UN, Robert Smolik, said the Vatican observer was "as always active and influential behind the scenes" and "lobbied actively and influentially in the corridors and in informal consultations, particularly on social issues".

In 2001 another American diplomat to the Vatican stated: "The Holy See will continue to seek to play a role in the Middle East peace process while denying this intention." (1792)


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Re: Grazie a wikileaks: la vera storia del gas di Mosca

Messaggioda flaviomob il 11/12/2010, 12:06



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Re: Grazie a wikileaks: la vera storia del gas di Mosca

Messaggioda flaviomob il 11/12/2010, 12:58



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