Sondaggio Ipsos-Sole 24Ore: il nuovo centro balza al 21%, quasi un italiano su due sceglie l'astensione
di Emilia Patta 3 novembre 2010
Il «nuovo centro» raddoppia. Questo il dato politico più forte che emerge dal sondaggio Ipsos per Il Sole 24 Ore effettuato tra il 10 e il 28 ottobre: confrontando le dichiarazioni di voto tra lo scenario attuale e quello con la formazione di una coalizione del grande centro (Udc, Api di Rutelli, Mpa di Lombardo e nuovo partito di Fini) si nota un balzo dovuto proprio all'appeal di questa area politica: se i quattro partiti da soli raggiungono complessivamente il 12,6% (5,1% Futuro e libertà a fronte del 6% dell'Udc), uniti in una coalizione arriverebbero al 21,1% (7,5% Fli a fronte del 9,5% dell'Udc).
Non solo i singoli partiti moderati vengono ritenuti più affidabili se si uniscono, ma hanno una capacità attrattiva considerevole anche nei confronti di altre aree politiche: un «grande centro» prenderebbe il 3,3% di voti dal Pdl, l'1,9% dal Pd e financo l'1,6% dell'Idv. Segno che nel partito di Di Pietro ci sono molti elettori moderati che potrebbero essere attratti dall'«antiberlusconismo legalitario» del nuovo Fini. E l'effetto del «grande centro» sarebbe importante anche con l'attuale legge elettorale, il Porcellum.
Non tanto alla Camera, dove la maggioranza andrebbe sempre al centrodestra (Pdl più Lega) e il «grande centro» eroderebbe una parte cospicua dei seggi del centrosinistra (almeno una sessantina), quanto al Senato: anche con il sistema elettorale attuale il «grande centro» diverrebbe l'ago della bilancia della competizione dal momento che a Palazzo Madama né il centrodestra né il centrosinistra avrebbero la maggioranza assoluta dei seggi (140 a polo con 30 decisivi seggi al centro). Se invece si dovesse andare al voto con una nuova legge elettorale di tipo tedesco, ossia proporzionale con sbarramento al 5% senza premio di maggioranza, lo scenario sarebbe più favorevole agli anti-berlusconiani anche a Montecitorio, con una situazione altamente competitiva senza una maggioranza stabile definita dalle urne.
Altro dato significativo del sondaggio è il lievitare dell'astensione, tra il 41 e il 42% (indecisi e non voto). La delusione nei confronti del governo Berlusconi e più in generale della politica stenta dunque a tradursi in un vantaggio per l'opposizione: se l'Idv è più o meno stabile all'8,2%, il Pd – con un Pdl fermo al 29,5% – perde addirittura due punti rispetto a metà settembre, passando dal 26,1% a un più modesto 24 per cento. Parte di questi voti perduti per i democratici sono comunque un travaso "interno" alla coalizione di centrosinistra: ne beneficia infatti soprattutto Sinistra e libertà di Nichi Vendola, che passa nello stesso periodo dal 3,5% circa a un notevole 6 per cento.
E il rifugio nell'astensione si conferma sempre più scelta politica. Se in passato chi si asteneva o si dichiarava indeciso apparteneva alle cosiddette fasce deboli della popolazione (donne, soprattutto anziane, con livelli di scolarità medio-bassa), oggi il disamore nei confronti della politica pare uniformare l'intero paese. Rispetto al 2008 cresce dunque l'astensione tra i laureati (+4%), tra gli impiegati (+5%) e i livelli professionali alti (+3%), tra gli occupati in generale (+7%), tra le fasce giovani o centrali del ciclo di vita (+2%), tra i maschi (+2%) e infine nelle aree geografiche più dinamiche del paese (centro-nord +3%).
Quanto alla composizione elettorale e sociale del nuovo partito di Fini, alcune conferme e alcune sorprese. La maggior parte degli elettori di Fli proviene dal centro-destra, il 44% dell'attuale elettorato finiano, ma ci sono quote significative provenienti dal centrosinistra (il 31% del totale dell'elettorato) e dall'area del non voto o da altre liste minori (il restante 25%). Rispetto all'elettorato del partito berlusconiano, formato da uno zoccolo duro di donne anziane con basso titolo di studio, il partito di Fini sembra avere maggiore appeal tra i 25-44enni, diplomati, che svolgono professioni elevate. I laureati restano principalmente appannaggio della sinistra e del Pd, che tuttavia si conferma soprattutto come il partito degli anziani e dei pensionati radicato essenzialmente nei grandi centri urbani. Interessante infine il dato socio-economico della Lega Nord, che si caratterizza sempre più come un partito del lavoro (operai e molti autonomi), giovane (34-44 anni la fascia di età più rappresentata) e radicato nei piccoli centri fino a 10mila abitanti.
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