La morte dei nostri alpini ripropone all'attenzione una guerra dimenticata: prodioriamente, dolosamente, vigliaccamente dimenticata.
Dimenticata da tutti, ben altrimenti affaccendati - politici di governo e d'opposizione, editorialisti, saggisti e cittadini vari.
Specialmente quei politici, qugli editorialisti e quei cittadini che circa dieci anni fa hanno rumoreggiato in preda all'orgasmo interventista, sputando veleno contro chiunque si permettava di avanzare obiezioni, di sottolineare l'assurdità e la pretestuosità dell'intervento, i rischi e le probabilità di un ennesimo Vietnam, l'avverarsi di malefatte e di eccidi nel caos umanitario e politico di una guarra d'invasione in uno scenario complicatssimo come quello afghano e irakeno.
Quei politici, quegli editorialisti e quei cittadini sono stati sputtanati più e più volte, ma si tratat in maggioranza di gente abituata agli sputtanamenti, e che ha dunque sviluppato una semplice ed efficace strategia per cavarsela: il silenzio, la faccia tosta, il fare finta di niente.
In questa stategia questi soggetti sono spesso aiutati da una maledetta buona educazione di coloro che da loro dissentivano, oltre che ovviamente dal succedersi degli eventi: come si usa dire, la vita continua e c'è altro da fare che stare dietro oltre un certo limite a queste miserie.
Ma nel caso delle guerre "dimenticate" ci sono i morti, militari e civili, gli eccidi, gli affari sporchissimi nelle retrovie, che non consentono un oblio totale, per così dire "a prova di faccia tosta".
Io non lo ricordo con precisione, ma ho il sospetto che anche qui - o meglio nella vecchia ML che ha preceduto questo forum - ci sia stato più di qualcuno che si è agitato e ha starnazzato smaniosamente per fare come il prode Anselmo, che mise l'elmo sulla testa per non farsi troppo mal e partì la lancia in resta a cavallo d'un caval.
Se da qualche parte esitse una raccolta dei vecchi messaggi (eh sì, vecchi, la guerra lampo dura da anni) potremmo sapere chi sono questi prodi Anselmi, questi strateghi sapienti: scommetto che tra questi ci sono alcuni che, indifefrenti allo sputtanamento, contiuano a dare lezioni al colto pubblico e all'inclita platea.
Sarebbe interessante, per altro, collegare una tale nomenklatura di Anselmi con il tema del "merito", per porci in silenziosa coscienza una domanda: il merito e il demerito valgono solo per il lavoro aziendale, o anche per le scioccehzze partorite o propagandate in altri campi, e poi furbescamente nascoste sotto il tappeto come fanno le servette lavative?