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Scrivere sotto ....dettatura

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Scrivere sotto ....dettatura

Messaggioda franz il 14/06/2010, 7:59

pianogrande ha scritto:Una volta che un documento fosse pubblicato su questo sito, un giornale italiano potrebbe darne notizia riportandolo per intero?

Non credo ma per essere sicuri (ammesso che in Italia si possa mai essere sicuri su questioni di diritto) bisognerà aspettare il testo definitivo, votato dalle due camere.
Per quanto ne so in un caso del genere il nostro sito verrebbe chiuso dalla polizia postale in pochi giorni.
Per fare queste cose occorre situare fisicamente il sito all'estero.
Franz
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Re: Scrivere sotto ....dettatura

Messaggioda franz il 15/06/2010, 12:01

http://www.italiadeivalori.be/

ITALIA DEI VALORI BELGIO

LE INTERCETTAZIONI PROIBITE - Un sito in Belgio contro la censura italiana


Quando il governo varerà il ddl intercettazioni, purtroppo, buona parte della libertà di stampa nel nostro Paese diventerà un ricordo. Per contrastare il più possibile questa deriva, pubblicheremo su questa pagina i testi delle intercettazioni che gli avvocati metteranno a disposizione, e che i giornalisti non potranno più diffondere. Non ci limiteremo a questo però. I deputati dell'Italia dei Valori leggeranno i testi delle intercettazioni di cui verremo in possesso (ovviamente quelle di interesse pubblico, senza violare nei fatti la privacy) nelle aule parlamentari. così facendo, dovranno essere messi agli atti, e diventeranno pubblicabili. Subito ne daremo anche notizia sulle pagine dei nostri siti internet.
Facciamo tutto questo per offrire, tramite le nostre pagine, un servizio di comunicazione che riteniamo fondamentale, sancito dalla nostra costituzione, che è quello di informare ed essere informati. Abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti i blogger, i liberi pensatori della rete, per diffondere il più possibile questa campagna di disobbedienza civile. Per questo vi chiediamo di pubblicare il banner che trovate qui sopra e il link a questa pagina.

Ringraziamo l'Italia dei Valori Belgio per la disponibilità.
Segui gli aggiornamenti sul blog, su twitter e su facebook
Guarda dove e perchè firmare i 3 referendum: www.3referendum.it


Per info: idvbeinfo@gmail.com
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Re: Scrivere sotto ....dettatura

Messaggioda pianogrande il 15/06/2010, 17:33

Per fortuna esiste anche l'evoluzione.
L'IDV si evolve.
Vediamo se anche al PD cominceranno a leggere e scrivere.
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Re: Scrivere sotto ....dettatura

Messaggioda franz il 16/06/2010, 10:02

Intercettazioni, l'Osce all'Italia: cambi
o ritiri il ddl. La Farnesina: inopportuno

Scontro nel Pdl. Bondi ai finiani: «Argomenti risibili». Bocchino: «Non vorrei che qualcuno pensasse di avviare uno scontro istituzionale». Il ministro: «Riprovevole»

MILANO - Il ddl intercettazioni diventa un caso internazionale: l'Osce, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, chiede all'Italia di rinunciare al disegno di legge o di modificarlo in sintonia con gli standard internazionali sulla libertà di espressione. «Sono preoccupata che il Senato abbia approvato una legge che potrebbe seriamente ostacolare il giornalismo investigativo in Italia - scrive Dunja Mijatovic, responsabile Osce per la libertà dei media -. I giornalisti devono essere liberi di riferire su tutti i casi di pubblico interesse e devono poter scegliere come condurre una indagine responsabile». Una presa di posizione giudicata «inopportuna» dalla Farnesina. «Da parte italiana, attraverso i canali diplomatici, è stata fatta notare con fermezza l'inopportunità di tale intervento - sottolinea il portavoce Maurizio Massari -. Un intervento su una misura legislativa, il cui iter non è completato, che rischia di interferire e turbare il dibattito democratico in Parlamento».

PDL E TENSIONI - Intanto il ddl continua ad agitare il Pdl. La frase di Gianfranco Fini sul ddl intercettazioni («non c'è fretta, meglio cercare un testo condiviso»), e le indiscrezioni sul pensiero di Silvio Berlusconi («adesso basta ricatti»), riaccendono il dibattito nella maggioranza sul provvedimento. Il ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, avverte: «Se non rispettiamo un punto saliente del programma come la legge sulle intercettazioni, facciamo prima ad andare a casa che a proseguire la legislatura». Posizione tutt'altro che solitaria, visto che anche Gaetano Quagliariello osserva che «saremmo di fronte all'atto di nascita di un partito all'interno di un altro partito, se si volesse cambiare la decisione assunta all'unanimità dall'ufficio di presidenza del Pdl». Il vicepresidente dei senatori Pdl teme che «si voglia scaricare su altri la necessità di rivedere il testo: il Parlamento, la Corte costituzionale e perfino il Capo dello Stato». «Meglio mantenere il cantiere aperto», esorta invece il finiano Carmelo Briguglio. «Il Pdl - osserva - è a un bivio: trovare alla Camera le soluzioni ai problemi innegabili che il testo licenziato dal Senato ancora presenta, prevenendo le obiezioni che potrebbero essere manifestate dal Capo dello Stato al momento della firma. Oppure, come sentiamo dire dai grandi strateghi della soluzione finale, prepararsi a uno scontro istituzionale col Capo dello Stato, il che passerebbe per una riapprovazione del medesimo testo eventualmente non promulgato da Napolitano». «Uno scenario di guerra», avverte il vicepresidente dei deputati Pdl che «nelle intenzioni degli strateghi che l'hanno pensato, porterebbe al redde rationem delle elezioni anticipate. Non ci vogliamo credere, ma è bene parlarne, sia pure per scongiurarlo». Scenario evocato anche da Italo Bocchino: «Non vorrei che qualche falco berlusconiano volesse lo scontro istituzionale e accarezzasse l'idea di farsi respingere la legge dal Capo dello Stato per riapprovarla nello stesso testo e avviare uno scontro costituzionale».

IL MINISTRO BONDI - Parole censurate dal coordinatore Pdl Sandro Bondi: « «In un partito si può esprimere liberamente e senza alcuna censura il proprio pensiero, salvo rispettare nel voto le decisioni assunte democraticamente negli organismi dirigenti. È riprovevole ricorrere, come fa l'onorevole Bocchino, ad argomenti risibili e inappropriati sia quando chiamano in causa il Pdl che ancor più le libere e insindacabili decisioni del Capo dello Stato». Per entrare in vigore, la legge deve ancora essere approvata dalla Camera e firmata dal capo dello Stato.

Redazione online
15 giugno 2010 www.corriere.it
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Re: Scrivere sotto ....dettatura

Messaggioda pianogrande il 16/06/2010, 23:26

"Risibile".
"Inopportuno".
I nostri ministri e/o coordinatori non sanno più cosa inventare per non entrare nel merito.
Non parlano neanche "sotto dettatura".
Non parlano e basta.
Il picco oratorio di Bondi è il mitico 3vergogna.
Quello di Frattini non ho il piacere di conoscerlo.
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Le "Balle" di Berlusconi ulle inercettazioni

Messaggioda franz il 17/06/2010, 8:53

IL DOSSIER
Ecco l'Italia delle intercettazioni
sotto ascolto solo 26mila persone

Il premier: "Siamo tutti spiati". E calcola 7,5 milioni di persone nella rete degli ascolti. Ma i numeri raccontano una verità diversa. Gli addetti ai lavori in rivolta: "Dal governo cifre sballate, più facile vincere al lotto che finire ascoltati"
di PIERO COLAPRICO

MILANO - "Il tandem Berlusconi-Alfano sta raccontando del mondo delle intercettazioni un cumulo di menzogne. Purtroppo non possiamo dire esattamente quello che pensiamo con nome e cognome, perché con questi ci dobbiamo lavorare. Aiutateci". La protesta sale ovunque. Ma è soprattutto al Nord, dove hanno sede le principali società specializzate in telefoni e microspie, che si trasecola. Ieri c'è chi è andato su Youtube, chi ha cercato le agenzie stampa, molti sono di centrodestra e non credevano alle loro orecchie nel sentire il premier che, tra gli applausi della Confcommercio, raccontava che 1 "In Italia siamo tutti spiati. vengono fuori sette milioni e mezzo di persone che possono essere ascoltate. Questa non è vera democrazia.".

Meno di 30 mila gli intercettati. I numeri reali smentiscono (pesantemente) la versione di Berlusconi. Il dato ufficiale diffuso dal ministero di Grazia e giustizia indica in 132.384 i "bersagli intercettati". Ma - attenzione - non sono persone e non sono case. Ogni "bersaglio", nel gergo usato da chi le intercettazioni le fa, corrisponde ad un numero di telefono. Dunque, spiega Elio Cattaneo della Sios, una delle società d'intercettazioni più attive, "se si conta che un italiano medio dispone di un telefono cellulare personale, più uno aziendale, più uno fisso a casa,
più parenti stretti eccetera, noi calcoliamo che intercettare una persona vuol dire mettere sotto controllo un numero di 5,3 telefoni/bersaglio. Inoltre, se si intercetta uno straniero o un mafioso che delinque utilizzando anche telefoni esteri, la media bersagli che riguardano uno stesso soggetto sale a dieci, dodici".

Quindi, se si fanno come alle elementari i conti
che Silvio Berlusconi e il centrodestra, decisi ad affossare questo strumento d'indagine, non hanno fatto, il risultato è all'opposto dei milioni di "ascoltati". Prendiamo le persone che abitano in Italia: circa 60 milioni. Le dividiamo per i 132.384 bersagli, divisi a loro volta per una media di circa 5 telefoni a bersaglio: il risultato porta (siamo larghi) a circa 27 mila persone intercettate, vale a dire, lo 0,045%, una persona ogni 2.200 abitanti. Secondo l'avvocato e senatore Luigi Li Gotti, gli intercettati sono ancora meno, tra i 20 e i 23mila. "E' più facile vincere al lotto che essere ascoltati", continua l'imprenditore brianzolo Cattaneo.

Dodici euro al giorno. "I costi delle intercettazioni sono altissimi, non ce li possiamo permettere", tuonano sempre dal centrodestra. Invece, tenere sotto controllo oggi il telefono di un narcotrafficante "costa circa 12 euro al giorno di media per telefono, mentre pedinarlo - spiegano gli esperti - significa impiegare almeno sei uomini, mandarli in trasferta, spendere in benzina e alberghi". E dunque, secondo un esperto dell'antimafia, il costo sarebbe di circa 2.500 euro al giorno.

L'intercettatore senza divisa. Un bandito entra nella sua auto, posteggiata nel box blindato.

Esce, incontra un socio e comincia a parlare dei suoi traffici, ma viene intercettato e, prima o poi, sarà catturato. Chi è riuscito a eludere i sistemi d'allarme, aprire l'auto e piazzare la microspia? Un carabiniere, un poliziotto, un finanziere, direbbero molti, "vittime" delle fiction tv. E sarebbe uno sbaglio: a installare la cimice elettronica è quasi sempre un consulente esterno (della Procura e dei detective). E' un ingegnere, un elettricista, un perito, o anche un ex-detective che ha mollato la divisa: è quest'uomo "senza volto" che fa il lavoro difficile, dalla strage di Capaci a quella di via D'Amelio, dal terrorista islamico al faccendiere di partito.

Questa la realtà oggettiva che viene "omissata"
dai dibattiti parlamentari e televisivi. In Italia la magistratura e le forze dell'ordine "non" possiedono la tecnologia delle microspie (e nemmeno gli strumenti minimi). E più i software dei computer, dei telefonini, delle trasmissioni radio e delle "memorie" elettroniche diventavano complessi, più la nostra polizia giudiziaria si è affidata ai tecnici esterni: era ritenuto l'unico modo per stare all'avanguardia e fronteggiare un crimine sempre più internazionale e inafferrabile. Ogni Procura, in assenza di leggi, s'è data dei criteri di trasparenza più o meno efficienti e i vari ministri della Giustizia hanno lasciato fare.

Centocinquanta società strutturate. Oggi in Italia, nel settore delle "cimici" elettroniche e delle deviazioni dei flussi telefonici e informatici, esistono quasi 150 società ben strutturate. Le più solide aziende del settore sono "nascoste" tra Milano, Lecco e Como (come Area, Rcs, Sio e Radiotrevisan), più c'è la Innova di Trieste: da sole hanno assunto a tempo indeterminato circa 400 dipendenti e avevano fatturati che superano i 30 milioni. Una cinquantina di società, da due anni, si sono riunite nell'Iliia, con sede a Milano. Se si contano però anche gli ex marescialli che entrano nel settore quando vanno in pensione, o tantissimi sub-appaltatori, si arriva a circa 400 partite Iva. I dipendenti assunti regolarmente in Italia da queste ditte superano quota mille. Se si fermano loro, si fermano le intercettazioni.

E il ministro Alfano non paga il conto. Nel 2006, con l'idea di tenere maggiormente sotto controllo i conti dello Stato, il centrosinistra toglie alle Poste il compito di "fare da banca" allo Stato. Da allora, per farsi pagare le fatture dei lavori svolti, le varie società d'intercettazione devono presentare il conto non più agli uffici postali, ma direttamente a Roma, al ministero di Grazia e giustizia: dov'è nel frattempo arrivato dalla Sicilia Angiolino Alfano, ex segretario di Silvio Berlusconi.

E il ministero che fa? "Fa né più né meno come quei clienti che fuggono dal ristorante dopo aver mangiato: non paga il conto", spiegano dall'interno di queste società. Nell'autunno 2008, ormai strangolati, le aziende d'intercettazione mandano i loro amministratori a Roma: "Non arriviamo alla fine del mese, se non ci pagate chiudiamo, licenziamo, buttiamo a mare indagini delicatissime".

Preso in contropiede, il ministro di un governo che ha basato la sua campagna elettorale perenne sulla sicurezza pubblica, prova a metterci una toppa. E con aria trionfante, (tra lo sconcerto muto e preoccupato di chi lavora nelle intercettazioni) fa un annuncio all'inaugurazione di quest'anno giudiziario: "L'immediata azione del mio dicastero (...) ha fatto sì che i debiti pregressi fossero onorati".

Il conti del ministero i conti della realtà. Onorati è una parola fuori luogo. I debiti nel 2008 erano circa 450 milioni. Nel 2009 - anno in cui Alfano comincia a parlare del tema, dopo aver lasciato incancrenire la situazione - queste società hanno continuato a lavorare, fatturando altri 250 milioni circa di euro, Iva compresa. Sempre nel 2009 le varie procure, con i fondi del ministero, hanno pagato agli intercettatori un acconto sul debito post 2006 di circa 120 milioni. Dopo di che, sempre nel 2009, e sempre con la transazione del ministero di Alfano (che ha imposto uno sconto del dieci per cento e ha semplicemente azzerato gli interessi), sono arrivati alle società altri 100 milioni.

Quindi, ricapitoliamo i conti: 450 milioni di debito sino al 2008, più 250 di debito nel 2009, meno 120, meno ancora 100, porta a un totale di 480 milioni: è ancora questo, al 31 dicembre 2009, il debito Iva compresa che lo Stato ha nei confronti di queste società. Come può dunque il ministro vantarsi di aver "onorato" il debito? Dalla Sios di Cantù, il titolare ieri protestava, amareggiato: "Uno lavora una vita e poi vede la sua inventiva e le sue energie buttate a mare solo perché la politica ha deciso di fare la guerra ai magistrati e così, per colpire loro, calpesta noi e i nostri diritti. Al ministero sanno che se non ci fossero le risorse personali di noi imprenditori, e le banche che ancora ci sostengono, saremmo già chiusi. E così ci sarebbero zero intercettazioni, senza nemmeno il bisogno della legge-bavaglio".

(17 giugno 2010) www.repubblica.it
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Re: Scrivere sotto ....dettatura

Messaggioda pianogrande il 17/06/2010, 11:56

"...e non credevano alle loro orecchie nel sentire il premier che, tra gli applausi della Confcommercio, raccontava che...."

Che squallore questi nostri "imprenditori".
La vendita della propria coscienza e della propria dignità è una inondazione inarrestabile.
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Re: Scrivere sotto ....dettatura

Messaggioda franz il 17/06/2010, 17:20

pianogrande ha scritto:"...e non credevano alle loro orecchie nel sentire il premier che, tra gli applausi della Confcommercio, raccontava che...."

Che squallore questi nostri "imprenditori".
La vendita della propria coscienza e della propria dignità è una inondazione inarrestabile.

Eppure anche loro sanno sorprendere ....



Vendola alla scoperta del Nordest
Il Nordest alla scoperta di Vendola

Se non l’avessi visto con i miei occhi, ne avrei dubitato. Ma lunedì scorso, all’assemblea annuale dell’Associazione Industriali di Vicenza, c’ero anch’io. Nella Sala della Fiera, stracolma di associati. Gli imprenditori vicentini – è noto - non sono un pubblico facile. Soprattutto per chi sentono “lontano”.. Per chi ritengono troppo “romano”, statalista, torinese, comunista (una somma dei “vizi” precedenti). Negli anni Novanta, in questa stessa sala, fischiarono Pietro Marzotto. Reo di aver dichiarato il suo voto alla sinistra. Ma, soprattutto, di essere – e di agire come - un “grande” imprenditore in un mondo di “piccoli”. Era il tempo della ribellione del Nordest. Non importa che Marzotto, la sua famiglia e la sua azienda fossero, anzi, siano: venete, vicentine, di Valdagno. Retroterra dell’impresa del Nordest. Agli occhi dei “piccoli” era la “Fiat che si annida tra di noi”. Il capitalismo alleato con lo Stato romano. Dieci anni dopo, sempre a Vicenza, sempre alla Fiera, si svolgeva il convegno del Centro Studi Nazionale di Confindustria, dedicato alla competitività. Era il 18 marzo 2006, vigilia delle elezioni politiche, il cui esito pareva segnato dal trionfo di Prodi e dell’Ulivo. Ma, in quell’occasione, Silvio Berlusconi riuscì a risvegliare gli “animal spirits” degli imprenditori. Inveì contro i profeti della spesa pubblica, il partito delle tasse. In
una parola: i comunisti. E contro gli imprenditori alleati della sinistra. Dunque, traditori. (Della Valle, in prima fila, si agitava, in modo plateale. Ma neppure Montezemolo pareva contento). Berlusconi: galvanizzò la “sua” gente in mondovisione. Da lì la rimonta, che lo condusse quasi a ribaltare una competizione già perduta. Secondo tutti.

Vicenza è, dunque, una piazza esemplare. Un laboratorio del “nuovo imprenditore” e dell’Italia nuova. Utile a testare “nuovi prodotti” del mercato politico. Soprattutto per la sinistra, mai troppo amata da queste parti. Per queste ragioni, ciò che è successo lunedì scorso all’Assemblea degli industriali di Vicenza ha sorpreso. A dir poco. Sul palco, al centro della scena, moderati da Ario Gervasutti, direttore del Giornale di Vicenza, si confrontavano Luca Zaia e Nichi Vendola. Il governatore del Veneto, eletto con un plebiscito di voti, due mesi e mezzo fa. Accanto al governatore della Puglia. Comunista, omosessuale, cattolico (perfino praticante). Terrone. Politico di lungo corso. Rieletto dopo una campagna elettorale lunga e contrastata. Insomma, quanto di più vicino (Zaia) e distante (Vendola) dalla sensibilità e dall’ideologia degli imprenditori del Nordest. Facile attendersi una riedizione del passato. Se non i fischi a Vendola, almeno il trionfo di Zaia. Eppure, nello stesso ambiente in cui Marzotto era stato fischiato, Prodi snobbato e Berlusconi osannato, una platea di oltre 1000 imprenditori ha riservato a Vendola un’accoglienza prima rispettosa, poi cordiale e infine apertamente calorosa. Riprendiamo, dal Giornale di Vicenza, l’opinione di due industriali (Stefano Dolcetta e Massimo Carboniero, intervistati da Marino Smiderle): “Zaia lo conoscevamo e ha confermato le sue qualità, ma Vendola è stato una vera sorpresa. Magari nel Sud tutti gli amministratori pubblici fossero come lui”. In quella sede, peraltro, il governatore della Puglia non ha fatto l’accomodante. Ha difeso le ragioni del suo governo regionale, del Sud e della sua parte politica. Ha attaccato i tagli di Tremonti, che “uccidono le Regioni” e riducono i governatori a “curatori fallimentari”, impediscono alla sanità di curare i malati e di fare ricerca. Quanto alla Lega, ne ha riconosciuto la base popolare. Ma ha sostenuto che, sul territorio più industrializzato d’Italia, essa ha deposto “uova di serpente”. Perché ha offerto risposte sbagliate a problemi reali. Aggiungendo che non la demonizza, perché lui le persone le rispetta. Anche le più lontane dal suo pensiero e dalle sue convinzioni.

Vendola ha detto cose molto di sinistra e molto distanti dalla mente degli industriali vicentini e di Zaia. In modo appassionato e competente.

Per la precisione: non avevo mai ascoltato –né incontrato - Vendola, fino ad allora. E non ho mai votato per i partiti in cui egli ha militato. Ma la sua performance mi è sembrata degna di nota. E - quel che più conta – lo stesso hanno pensato gli oltre mille imprenditori - piccoli e medi - accalcati a Vicenza. Il che mi pare ancor più degno di nota. Un segno che i piccoli e medi imprenditori vicentini, quelli che votano per Zaia e osannano Berlusconi, possono ascoltare con attenzione, interesse – e, perfino, condivisione – uno come Vendola. Di sinistra, omosessuale, cattolico (praticante) e terrone. La prova, parallelamente, che uno di sinistra ecc…. può suscitare attenzione, interesse – e perfino condivisione - anche presso un pubblico considerato ostile. Senza interpretare la parte di quello di sinistra che dice cose di destra.

Non voglio tirare conclusioni “universali”, da questo episodio. In particolare, riguardo alla leadership della sinistra. Semmai, mi serve a ribadire un concetto, a cui tengo particolarmente - anche se, da qualche tempo, non è di moda.

La storia non è mai scritta una volta per tutte. In qualche misura, almeno, la scrivono le persone. Per cui: non è scritto, una volta per tutte, che i piccoli imprenditori del Nordest reagiscano malamente – per un’allergia genetica - ogni volta che, di fronte a loro, si presenti un leader di sinistra. Né che la sinistra – o il centrosinistra: chiamatelo come volete – sia destinata a perdere, sempre e comunque, in Italia e nel Nordest. Perché “gli italiani e quelli del Nordest sono fatti così”. Naturaliter di destra, oppure leghisti. Dipende – almeno in parte – dalle persone, dalle idee. Dal modo in cui le persone esprimono e testimoniano le idee.

Se uno come Vendola - senza televisioni, aziende e grandi partiti alle spalle - può vincere e rivincere nel profondo Sudest. Se uno come lui riesce farsi apprezzare e applaudire nel profondo Nordest. (Anche se il presidente degli industriali vicentini, Zuccato, ha definito la Puglia “il Nordest del Sud”).
Se questo avviene: nulla è impossibile.

Ilvo Diamanti
(17 giugno 2010) www.repubblica.it
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