“LO STATO CANAGLIA”
OVVEROSSIA COME LA CATTIVA POLITICA CONTINUA A SOFFOCARE L’ITALIA
Un Paese paralizzato da un numero spropositato di leggi e regolamenti; soffocato da una cultura burocratica invasiva e ottusa; gestito da una pubblica amministrazione pletorica, costosa e inefficiente e, non di rado, corrotta; vessato da un sistema fiscale punitivo per chi paga le tasse e distratto nei confronti di chi non le paga; prigioniero di corporazioni e interessi clientelari; nelle mani, da Roma in giù, della criminalità organizzata. Un Paese in inarrestabile declino culturale, politico, economico, che non è ancora precipitato agli ultimi gradini tra i Paesi industrializzati dell' Occidente solo grazie allo spirito di iniziativa e alla proiezione internazionale della media e piccola imprenditoria. Questa è l' Italia oggi. […]
Non è l' elogio dell' antipolitica, oggi tanto di moda. Anzi. Ci mancherebbe, soprattutto da parte di un liberale. È, piuttosto, la denuncia dell' invasività della sfera pubblica nella sfera privata. La descrizione di come la nostra politica non sia più, e da tempo, ammesso lo sia mai stata, al servizio dei cittadini, ma li abbia posti al proprio servizio. Dello «Stato canaglia». L' eccessiva estensione della sfera pubblica - che la cultura statalista e dirigista tende a spacciare come veicolo di equità sociale - è, infatti, più accrescimento del potere degli uomini a essa preposti sulle libertà e sulle risorse dell' individuo, che criterio di governo. La leva fiscale, per alimentare una spesa pubblica riserva di caccia di interessi estranei a quelli generali, ne è lo strumento, anche se non il solo, di oppressione. Non occorre essere marxisti per sapere che lo Stato non è neutrale, ma è il braccio armato degli interessi di chi ne detiene il controllo, se non è controbilanciato da principi e interessi alternativi, fra loro in competizione. È sufficiente essere liberali. Del resto, in questo continuo confronto fra differenti concezioni del mondo, senza che nessuna abbia la pretesa di essere la Verità e di imporla agli altri, è dalla pluralità di interessi in conflitto - mitigato solo da regole del gioco che non consentano a nessuno di impedirne la libera manifestazione e la corretta realizzazione - che si sostanzia la società aperta. Il liberalismo non è una dottrina chiusa - che dice agli individui quale è il loro interesse e ne prescrive i comportamenti - ma la dottrina dei limiti del potere e della società aperta, all' interno della quale ciascuno si presume sappia quale è il proprio interesse e, di conseguenza, lo persegue in autonomia. Il guaio è che di liberalismo, nella vita pubblica degli italiani, non c' è traccia. E ci vorranno, forse, generazioni perché vi si affacci.”
(di Piero Ostellino, dall’introduzione a “Lo Stato Canaglia” Rizzoli, Milano 2009, pagg. 7-10)