L'articolo di Giorgio Bocca su l'Espresso (ecco il link) può anche essere opinabile.
Sono nato e cresciuto in un quartiere popolare di Napoli, dove il contrabbando (all'epoca, tempo felice, si limitava a quello delle sigarette), lo sfruttamento della prostituzione, il controllo del territorio da parte di famiglie camorristiche facevano parte di un contesto ritenuto normale. E le "tacite regole di coesistenza" di cui parla Bocca, tra criminalità organizzata e forze dell'ordine, erano parte integrante e necessaria al "pacifico" mantenimento di quel contesto.
Non mi scandalizza, tuttavia, che ciò che afferma Bocca possa essere considerata da alcuni una bestemmia contro il "nostro virtuoso sistema sociale".
Ciò che mi lascia basito è la reazione di tutte le forze politiche, vera e propria aggressione contro chi si permette di far sentire una "voce fuori dal coro".
La Russa parla di "accuse farneticanti da parte di chi, come Giorgio Bocca, non ha esitazioni ad infangare una delle principali, se non la principale, eccellenza italiana riconosciuta come tale nel mondo".
Maurizio Gasparri, e ti pareva, promette un'azione legale contro il giornalista per le "deliranti accuse di collusione in Sicilia tra Carabinieri e mafia".
Marco Minniti avverte che "la consapevolezza che l'Arma dei Carabinieri costituisca e abbia costituito nel passato un pilastro fondamentale nell'azione di contrasto contro le mafie non può essere messa in discussione".
Per Casini "L'articolo di Giorgio Bocca è infame e ogni altro commento è superfluo".
Nell'epoca in cui è normale definire Mangano un eroe, tempi duri per le (rare) voci fuori dal coro.