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Meloni

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Re: Meloni

Messaggioda pinopic1 il 27/03/2009, 12:16

"Tornando a noi, alla scuola e ai suoi esiti, io non voglio entrare nel merito di programmi e sistemi: vedo i risultati, e sono sconfortanti."

Questo ci permette di tornare alla Meloni o meglio a ciò che lei rappresenta, ovvero la politica del governo verso i giovani. I risultati sono sconfortanti perché i risultati confortanti non interessano a nessuno. Se tu, Piero, conoscevi i sette re di Roma in ordine cronologico, la suddivisione della Alpi e degli Appennini, gli affluenti di destra e sinistra del Po anche se vivevi a Caltanissetta, e recitavi a memoria "Silvia rimembri ancora", ne avevi anche una gratificazione, diciamo così sociale, e questa era già una risposta alla domanda "a che serve...". Gratificazione che ti spingeva ad approfondire e approfondendo magari ad appassionarti a questo o a quel settore della conoscenza.
Detto questo non credo che i risultati siano così sconfortanti se guardiamo alle capacità; occorrerebbero dei test più scientifici della semplice verifica delle conoscenze.
La Meloni è lì invece per indicare ai più la retta via del nulla, tanto il sistema è in grado di selezionare quella minoranza che serve al suo funzionamento; lo stretto necessario. Lo stretto necessario perché la cultura troppo diffusa diventa un fattore di disturbo. A che ti serve tanta cultura se devi lavorare da precario in un call center? Solo a darti un senso di frustrazione che abbassa il tuo rendimento.
"Un governo così grande da darti tutto quello che vuoi è anche abbastanza grande da toglierti tutto quello che hai" (Chiunque l'abbia detto per primo)
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Re: Meloni

Messaggioda mauri il 27/03/2009, 12:57

occorrono insegnati aperti e disponibili ad apprendere
oggi ancora spiegano leggendo direttamente i libri in classe, rifiutano i computer e beh siamo anche tutti o quasi ultracinquantenni...
a scuola si deve imparare a vivere civilmente come prima cosa, a sviluppare il senso critico e poi
si dovrebbe imparare a sintetizzare, cosa che manca in questo forum a volte di prolissi scrittori,
a fare i collegamenti per poi essere in grado di analizzare e risolvere i problemi
e conoscere la storia oltre le scienze
ciao mauri
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Re: Meloni

Messaggioda pierodm il 27/03/2009, 13:33

Caro Pino, sei giustamente saltato al secondo gradino del problema.
E' una questione antica, ma sempre attuale. Più che mai attuale: la cultura come sapere e la cultura come saper fare - tra parentesi, una dannazione per chi affronta la compilazione dei questionari europei dei quali si compone la progettistica soggetta a finanziamento del FSE, in materia di formazione professionale.
Un'alternativa che secondo me è impropria, in quanto la cultura è sapere, mentre il saper fare rientra nella sfera delle "competenze".
Nei secoli passati - fino a non troppi decenni fa, tempo dei nonni o poco più - esisteva una vastissima area di popolazione che "sapeva fare", forse meglio di ciascuno di noi oggi, ma era analfabeta e quasi totalmente ignorante su tutto ciò che non rientrva nella sfera dell'esperienza diretta e della propria specializzazione.
Sono state epoche nelle quali "saper fare" doveva significare saper fare davvero: il soldato se eri soldato, il contadino se eri contadino, il marinaio se eri marinaio, altrimenti kaputt, eri estromesso dalla comunità per manifesta inettitudine, o ci lasciavi la pelle direttamente e subito.
In fondo, era una situazione perfettamente funzionale al sistema economico, che implicava però una rigida gerarchia di classe e una limitatissima mobilità sociale.
Nella prima società industriale la condizione è cambiata, ma non di molto: per far funzionare il sistema bastava una classe borghese "colta" - cioè in grado di avere conoscenze ampie e flessibili, creativa e dirigenziale - mentre nel ventre profondo della "macchina" produttiva sussisteva il saper fare specialistico e manuale, o tutt'al più artigianale.
Con il mutare progressivo della società politica e dei sistemi produttivi è emersa una differente definizione dell'efficienza, e quindi della "cultura" necessaria ad un cittadino non più legato ad un "destino" specialistico e ad una condizione esclusivamente "funzionale".
Nella società moderna e complessa, in definitiva, c'è stata una sovrapposizione tra la cultura diciamo così "borghese" - nel senso che è stata prerogativa della classe dirigente borghese o aristocratica per lungo tempo - e quella del "saper fare" di tipo strumentale, o "di mestiere" - che aveva interessato anche le classi superiori, ma che era stata tipica di quelle inferiori, che ne erano caratterizzate in forma tassativa. Una sovrapposizione non semplice, e non facile, piena di contraddizioni e di equivoci, tanto quanto la democrazia stessa, che ha il problema di dilatare le prerogative e le aspettative un tempo limitate ad una classe ristretta all'intera popolazione nazionale.

Le implicazioni di questo percorso storico e dei suoi esiti attuali sono estremamente complesse e ricche di aspetti contrastanti, e non è certo il caso di affrontarle qui. Veniamo al caso che tu proponi.
Un ragazzo che lavora ad un call center non ha bisogno di avere una cultura che abbiamo definito "borghese": basta che sappia fare quello che viene richiesto ad un telefonista che ha un menu di risposte preconfezionato, e che sappia inserire i dati in un Pc tramite l'uso di software in genere "globalizzati".
Moltiplichiamo questo caso per milioni di casi assimilabili.
Il sistema che ne viene fuori ci riporta indietro alla società proto o pre industriale, ossia ad un sistema socio-economico e politico pre-democratico?
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