La Comunità per L'Ulivo, per tutto L'Ulivo dal 1995
FAIL (the browser should render some flash content, not this).

Diritti umani, informazione e comunicazione

Informazioni aggiornate periodicamente da redattori e forumisti

Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 11/09/2010, 15:44

Negli USA, una donna con disabilità mentale rischia una condanna a morte per un omicidio di cui non è l'autrice: i responsabili hanno avuto l'ergastolo (e non la pena di morte).

http://www.amnesty.it/pena_di_morte_Usa ... resa_Lewis

In Israele, ad un cantante vengono comminate 39 frustate da un "tribunale rabbinico"

http://www.mattinonline.ch/2220/israele ... n-cantante
http://www.jpost.com/LandedPages/PrintA ... ?id=186154 (Jerusalem Post)

In Iran, Sakineh ha ottenuto una sospensione della condanna, che permetterà all'attenzione della stampa internazionale di scemare per poter comodamente, di nascosto, eseguire la macabra sentenza in silenzio, come già successo in passato.

http://www.amnesty.it/Sakineh-Mohammadi ... -non-basta

Quali di queste notizie non avete letto, sui media nazionali ed internazionali?


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 11/09/2010, 16:47

Mi chiederei anche quante notizie non sono state lette anche tra quelle da te non riportate.
In Cina le esecuzioni sono migliaia (forse piu' di quelle che si sanno).
Niente nomi e cognomi. Idem per Iran e centinaia di altri paesi.
Sono morti di cui nessuno parla, se non per dire che sono .... 5000 .... 7000 ....
Poi ci sono i milioni di morti per fame e sete. O malattie infettive facilmente evitabili.
Anche qui ci è dato a sapere solo che sono milioni. Nessun articolo ci dice che tizio, caio o sempronio sono morti di fame.

Non che i morti di cui si parla, che emergono come tali agli onori della cronaca abbiano maggiore dignità e muoiano piu' confortati.

Tuttavia tra le notizie riportate, quella del cantante israeliano è la piu' (posso?) buffa, dato che cercando in rete leggo che "L’artista ha dichiarato di accettare la punizione per i peccati commessi". Vera o non vera che sia questa accettazione di responsabilità, mi ricorda i tribunali delle dittature piu' truci o quelli dell'inquisizione. In realtà tuttavia il tribunale rabbinico non è un tribunale statale (nulla a che vedere con la sciaria islamica) ma puo' essere parificabile ai probiviri di una normale associazione. Un giudizio interno a cui si sottopongono i credenti di una religione, gli adepti di una setta, gli iscritti ad una associazione. Non possiamo sapere fino a che punto uno sia "libero" tanto da accettare una punizione corporale ma la cosa mi ricorda molto i gruppi sadomaso che sottopongono volontariamente a varie frustate, con tanto di corpetti neri lucidi attillati (lei con una maschera da bat-girl :lol: ) e cose del genere. Sono maggiorenni e vaccinati, forse un po' perversi, forse un po' afflitti da complessi di colpa, con qualche problema psicotico (e le manie religiose sono le peggiori) ma sostanzialmente sono cazzi loro. Se quel cantante non accettava il "verdetto" era semplicemente fuori dalla loro Chiesa e nessuno, in uno stato di diritto, lo frustava. E per me ci guadagnava parecchio ad andarsene, come chiunque faccia una scelta di libertà. Il dramma vero tra le notizie riportate (e quelle non riportate) riguarda non il giudizio interno di gruppi a cui uno si puo' sottrarre ma il giudizio "capitale" emanato dagli Stati.

Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 12/09/2010, 14:08

http://femminicidio.blogspot.com/2010/0 ... orire.html

...I numeri ufficiali sul “femminicidio” finora disponibili parlano chiaro: nel 2009 in Italia gli uomini hanno ucciso 119 donne. Le donne uccise, nel 70% dei casi sono italiane, e i loro assassini sono italiani per il 76%. Nell'83% dei casi l'assassino ha le chiavi di casa, è il partner o un famigliare. Gli omicidi avvengono dunque principalmente in famiglia e riguardano tutte le classi sociali, si concentrano (46%) nel ricco Nord Italia. Queste morti non sono fatti di cronaca isolati, e più o meno alla ribalta a seconda della stagione, spesso l'omicidio non è che l'apice di una storia di violenza agita da un uomo contro una donna, molte volte alle spalle ci sono anni di abusi e maltrattamenti.

In Italia non c'è attenzione istituzionale all'analisi e al contrasto del femminicidio, ne sia esempio il Rapporto sulla criminalità in Italia del 2007 (l'ultimo disponibile) del ministero degli interni che non riporta un’analisi di genere sugli omicidi, per cui i dati degli ultimi anni sono derivati dalle agenzie di stampa.

Solo il 2,8% delle vittime (fonte Istat) ha accesso ai programmi di protezione e siamo fanalino di coda per il numero di posti in case rifugio per vittime di violenza: 90% in meno rispetto alla media europea...


http://www.voceditalia.it/articolo.asp?id=31657

...
Chantelle Henneberry era l’unica donna in un plotone formato da 60 uomini, e la piu’ giovane anche, solo 17 anni. ‘’Uno dei miei compagni – racconta – uno che consideravo un amico ha tentato di violentarmi’’ e due sergenti la perseguitavano a tal punto, da spingerla a denunciarli. Ma la denuncia si e’ ritorta contro di lei: i due sono stati promossi e lei trasferita.

In Iraq sono morte piu’ donne che in tutte le guerre americane messe insieme. Dall’inizio del conflitto, nel 2003, sono piu’ di 206 mila le soldatesse che hanno servito in Medio Oriente. Piu’ di 600 di loro sono state ferite e 104 sono state uccise. Ma la loro situazione e’ di estrema solitudine. Sono 40 le donne che hanno raccontato la loro esperienza alla reporter Hellen Benedict: di queste 28 hanno sono state stuprate, e non certo dagli iracheni, mai dai loro compagni d’arme.

E non si tratta di eccezioni: secondo diversi studi del dipartimento dei veterani il 30% delle donne soldato sono state violentate dai propri compagni mentre servivano nell’esercito del proprio paese. Il dipartimento della difesa e’ a conoscenza della situazione e, nella relazione annuale 2008-09, ammette che nel 90% le violenze non vengono denunciate, e quando lo sono, vengono spesso insabbiate. ...


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 14/09/2010, 0:31

"Nuovo ordine, stesse violazioni". Migliaia di detenuti a rischio dopo il passaggio di consegne dagli Usa all'Iraq
CS080: 13/09/2010

Interno di una prigione nel Kurdistan iracheno, giugno 2010 © Amnesty International
Interno di una prigione nel Kurdistan iracheno, giugno 2010 © Amnesty International

In un nuovo rapporto diffuso oggi, dal titolo "Nuovo ordine, stesse violazioni: detenzioni illegali e torture in Iraq", Amnesty International ha denunciato che decine di migliaia di persone, molte delle quali trasferite recentemente dalla custodia statunitense a quella irachena, rimangono in stato di detenzione senza processo e a rischio di subire torture e altri maltrattamenti.

Il rapporto documenta migliaia di casi di detenzioni arbitrarie senza accusa né processo, talvolta in corso da diversi anni, duri pestaggi, eseguiti spesso in carceri segrete per estorcere confessioni, e sparizioni forzate.

"Le forze di sicurezza irachene si sono rese responsabili della sistematica violazione dei diritti dei detenuti ed è stato loro concesso di farlo con impunità" - ha dichiarato Malcolm Smart, direttore di Amnesty International per il Medio Oriente e l'Africa del Nord. "Ciò nonostante gli Usa, che a loro volta hanno così poco rispettato quei diritti, hanno trasferito migliaia di persone facendo loro affrontare il rischio di illegalità, violenza e abusi, venendo così meno alla propria responsabilità in materia di diritti umani".

Sebbene le autorità di Baghdad non forniscano cifre precise, Amnesty International stima che le persone detenute senza processo in Iraq siano 30.000. Di queste, 10.000 sono state trasferite dalle carceri statunitensi, dopo la fine di alcune attività delle truppe da combattimento.

Parecchi detenuti sono morti in carcere, apparentemente a seguito di torture e altri maltrattamenti da parte del personale iracheno addetto agli interrogatori e delle guardie penitenziarie, che rifiutano regolarmente di fornire informazioni ai parenti dei detenuti.

Riyadh Mohammad Saleh al-'Uqaibi, 54 anni, sposato con figli, è morto in carcere il 12 o il 13 febbraio 2010 a seguito di un'emorragia interna causata dal pestaggio subito durante l'interrogatorio, così duro da provocargli la rottura delle costole e una lesione al fegato. Ex membro delle Forze speciali irachene, era stato arrestato alla fine del settembre 2009, posto in custodia in un centro di detenzione all'interno della Zona verde di Baghdad e poi trasferito in una prigione segreta situata nel vecchio aeroporto di Muthanna. La famiglia si è vista restituire il corpo diverse settimane dopo la morte, con un certificato che attribuiva il decesso a un attacco cardiaco.


"Le autorità irachene non hanno svolto azioni efficaci per fermare la tortura e punire i torturatori, nonostante le strabordanti prove del suo uso. Il loro compito è di indagare, arrestare e processare i responsabili e fornire riparazione alle vittime. Non facendolo, fanno capire che la tortura è tollerata e può continuare" - ha commentato Smart.

Nel centro segreto di Muthanna, la cui esistenza è stata rivelata nell'aprile di quest'anno, sono state detenute oltre 400 persone. Diverse hanno dichiarato ad Amnesty International di essere state arrestate sulla base di prove false, fornite alle forze di sicurezza irachene da informatori segreti. Sono state detenute senza contatti col mondo esterno e, in alcuni casi, sottoposte a tortura per costringerle a confessare di aver preso parte ad attentati o ad altre azioni criminali che sono punite con la pena di morte.

La tortura in Iraq è usata in modo ampio per ottenere "confessioni". In molti casi queste vengono preparate dagli addetti agli interrogatori, che costringono i detenuti a firmarle con gli occhi bendati senza conoscerne il contenuto. Questi documenti sono usati spesso come unica prova a carico degli imputati, anche nel corso di processi che possono terminare con una condanna a morte.

Centinaia di prigionieri sono stati condannati alla pena capitale, e alcuni messi a morte, dopo essere stati giudicati colpevoli sulla base di "confessioni" false ed estorte sotto tortura o coercizione. Tra i metodi di tortura praticati, il rapporto di Amnesty International segnala i pestaggi con cavi e tubi di gomma, la sospensione degli arti per lunghi periodi di tempo, le scariche elettriche su zone sensibili del corpo, la frattura degli arti, lo strappo delle unghie delle mani e dei piedi, il soffocamento, la perforazione coi trapani e le minacce di stupro.

Migliaia di persone, inoltre, continuano a rimanere in cella nonostante ordinanze giudiziarie di rilascio e nonostante la Legge di amnistia del 2008 avesse disposto la scarcerazione dei detenuti non incriminati per un periodo compreso tra sei e 12 mesi.

Il 15 luglio 2010, le forze statunitensi hanno trasferito quasi tutti i detenuti sotto la loro custodia, salvo 200, alle forze irachene senza la minima garanzia contro la tortura e i maltrattamenti.

Il rapporto di Amnesty International denuncia anche detenzione per lunghi periodi di tempo nella regione del Kurdistan, ad opera degli Asayish, le forze di sicurezza curde.

Walid Yunis Ahmad, 52 anni, padre di tre figli, è detenuto senza accusa né processo da oltre 10 anni. Arrestato il 6 febbraio 2000 a Erbil, secondo Amnesty International è la persona da più lungo tempo in carcere senza processo in tutto l'Iraq. Solo nel 2003 i suoi familiari hanno appreso che era ancora vivo e hanno potuto visitarlo. Sottoposto a torture e a periodi di isolamento, nel 2008 ha intrapreso uno sciopero della fame durato 45 giorni.

"Le autorità irachene devono agire in modo fermo e deciso ora, nel momento in cui si è completato il trasferimento dei detenuti dalle forze statunitensi a quelle locali. Devono dimostrare di avere la volontà politica di rispettare i diritti umani di tutti gli iracheni, secondo gli obblighi internazionali che hanno assunto, e di porre fine alla tortura e alle altre violazioni dei diritti dei detenuti, così dominanti attualmente" - ha sottolineato Smart.

"Chi è detenuto da lungo tempo senza che sia stato incriminato per un reato di accertata natura penale e non è stato sottoposto a processo, dev'essere rilasciato o giudicato in modo rapido e in linea con gli standard internazionali sul processo equo, senza ricorso alla pena di morte" - ha concluso Smart.
(1006.43 KB)

http://www.amnesty.it/Iraq-migliaia-di- ... nsegne-Usa

°°°°°°°°°°

Non c'è due senza tre. È la terza auto che Ulderico Pesce, attore di teatro civile e nostra fedele firma con la rubrica "Giro d'Italia", si vede distrutta da qualcuno che vuole intimidirlo. L'ultima volta è successo il 25 agosto 2010 a Rivello, dove abita. "Ho trovato tutte le quattro ruote bucate e la carrozzeria completamente rovinata", racconta. La prima volta è successo a Scansano Ionico e la seconda a Roma.
"Mi è difficile capire chi voglia spaventarmi, perché con le mie denunce do fastidio a tanti gruppi di potere". Basta scorrere i temi degli spettacoli di Ulderico per rendersene conto: dal traffico dei rifiuti (compresi quelli radioattivi) al lavoro nero, alla lotta degli operai Fiat di Melfi. Inoltre è stato promotore di campagne contro lo sversamento di rifiuti pericolosi in Basilicata.

Mai come in questi casi è necessario stare vicino alla persona minacciata, non farla sentire sola nelle sue battaglie. Scrivete a Ulderico su facebook oppure dal suo sito uldericopesce.it.

la redazione di Terre di Mezzo

http://magazine.terre.it/notizie/rubric ... -senza-tre


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 17/09/2010, 13:15

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09 ... lia/61593/

Mafia e chiesa: le ambiguità delle gerarchie cattoliche in Sicilia


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 18/09/2010, 12:53

http://www.iopretendodignita.it/node/750

..."Noi non risparmieremo i nostri sforzi per liberare i nostri simili, uomini, donne e bambini, dall'abietta e disumanizzante condizione della povertà estrema...Decidiamo pertanto di batterci per la piena protezione e promozione dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali per tutti e in tutte le nostre nazioni."

Con queste parole, riconosciute nella Dichiarazione del millennio del 2000, e con la successiva formulazione degli otto Obiettivi di sviluppo del millennio, i leader mondiali si sono impegnati a combattere la povertà, la fame, le disuguaglianze di genere, il degrado ambientale, l'Hiv/Aids e ad assicurare l'accesso all'istruzione, nonché ai servizi sanitari, entro il 2015.

A 10 anni di distanza, però, la povertà continua a essere una gabbia per milioni di persone, mentre gli Obiettivi di sviluppo del millennio non tengono pienamente conto dei diritti umani e i governi ignorano le persone che vivono in povertà e violano i loro diritti....


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 19/09/2010, 14:01

http://www.corriere.it/esteri/10_settem ... aabe.shtml

Militari americani: come uccidere civili "per sport" in Afghanistan


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 20/09/2010, 8:44

A che punto sono
i nostri sogni per il millennio

di BONO

Ho notato che i newyorchesi - e spesso di questi tempi cerco di passare per uno di loro - hanno la tendenza ad accogliere la parola "summit" con una irritata alzata al cielo degli occhi. A Manhattan, un "vertice" non ha nulla a che vedere con ramponi e piccozza, ma si riferisce a una vasta adunata di importanti personaggi, capi di stato e loro codazzi di celebrità, nelle vicinanze dell'edificio delle Nazioni Unite, un evento che crea pertanto una paralisi pressoché totale dell'East Side. La pace del mondo potrà mai valere una cosa del genere? Mai, assolutamente. Eleanor Roosevelt, guarda che cosa hai combinato...

In tutta sincerità, i recenti summit globali - da Copenhagen a Toronto - sono stati un fallimento totale, così che la comunità internazionale (che potrebbe anche non esserne ancora consapevole) di fatto è in forte ritardo per un proficuo incontro multilaterale che non si incentri sul parlare a vanvera ma sul fare. Il tema di cui si dibatterà al vertice delle Nazioni Unite di questa settimana è di quelli la cui enorme importanza è pari soltanto allo scarso riconoscimento per la breve denominazione che lo contrassegna: mi riferisco alla sigla degli Obiettivi di sviluppo del millennio, quel "Mdg" che sta per Millennium Development Goals (e Dio ci scampi da questa sciocca mania degli acronimi). Gli Mdg, per quanto possibile, sono l'accordo più visionario di cui la maggior parte dei popoli abbia mai sentito parlare. Poco prima che iniziasse il XXI secolo, in una serie di summit mondiali fu negoziato un patto globale di grande portata, poi ratificato nel 2000. La "Dichiarazione del Millennio" dell'Onu impegnava i firmatari a "garantire che la globalizzazione diventasse una forza positiva per tutti i popoli della Terra", in particolar modo i più emarginati dei Paesi in via di sviluppo. Non era una promessa delle nazioni ricche verso quelle povere. Era un patto, una partnership nella quale ciascuna delle parti si impegnava a rispettare le promesse fatte alla propria popolazione e agli altri partner.

È il genere di cose fuori dalla realtà che la gente che partecipa ai vertici tende a dire, cavandosela così perché nessun altro vi presta la dovuta attenzione. Nondimeno, l'assemblea del 2000 fu diversa. I firmatari approvarono specificatamente che si sarebbero impegnati a raggiungere obiettivi specifici in un arco di tempo specifico: dimezzare la fame e la povertà nel mondo, offrire a tutti i bambini e le bambine un'istruzione di base, ridurre la mortalità infantile e delle neomadri (rispettivamente di due terzi e di tre quarti) e invertire una volta per tutte la diffusione di Aids, tubercolosi e malaria. Il tutto entro il 2015. Obiettivi che dal punto di vista dell'ambizione si meritano sicuramente un bel "10".

E allora: a che punto siamo, dopo dieci anni, mentre alcune delle economie del "primo mondo" paiono quasi prossime a esplodere, e le economie del secondo e del terzo sembrano sul punto di sorreggerci tutti? Beh, per una risposta dettagliata vi rimando al vertice. Se però questa settimana siete impegnati, potrei anticiparvi che, dal mio punto di vista personale, in molte zone le cose vanno meglio di quanto si pensi. Anzi, molto meglio. Grazie alla cancellazione del debito, decine di milioni di bambini in più frequentano la scuola. Milioni di vite sono state salvate grazie alle battaglie contro le malattie prevenibili, e grazie soprattutto al Fondo Globale per la lotta all'Aids, la tubercolosi e la malaria. Se si eccettuano le ricadute negative della crisi dei mercati, la crescita economica in Africa ha preso un ritmo sostenuto, pari al 5% annuo per il decennio 1999-2009. Dal 1999 al 2005 si è registrato inoltre un calo della povertà dell'1% annuo. Gli utili registrati da alcuni Paesi come il Ghana sono la prova evidente del progresso che gli Obiettivi del Millennio hanno contribuito a determinare. Al tempo stesso, però, venti contrari soffiano in altri Paesi come il Congo e ci rammentano la distanza che bisogna ancora coprire. Le avversità sono molteplici: a causa della crisi finanziaria circa 64 milioni di persone sono ricadute in stato di indigenza, e per colpa della crisi alimentare 150 milioni di esseri umani sono afflitti dalla fame. E all'orizzonte si prevedono tempeste: i poveri saranno colpiti per primi e più gravemente di altri dal cambiamento del clima.

Perciò al summit di quest'anno non sarà opportuno brindare a champagne. Il decimo compleanno del nuovo millennio è - o dovrebbe essere - una ricorrenza piena di significato, e dovremo raddoppiare i nostri sforzi. Dopo tutto, infatti, al 2015 mancano soltanto cinque anni. Restano dunque soltanto cinque anni per far sì che quel gigantesco ingorgo a New York sia valso la pena.

Alla luce di quanto detto vorrei proporre tre accertamenti a breve scadenza per controllare l'efficacia del nostro impegno nei confronti dei Mdg. Primo: scopriamo che cosa funziona e poi dilatiamolo. Valido, efficiente ed efficace: il Global Fund ogni giorno salva l'incredibile cifra di quattromila vite umane. Perfino un esperto di Wall Street dovrebbe ammettere che l'investimento assicura eccellenti profitti. Pochi, però, sono consapevoli di ciò. Così se alcuni Paesi chiave - dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, dalla Francia alla Germania - diminuissero il loro impegno passerebbe inosservato. Bisognerebbe quindi sbandierare, far sentire e celebrare ciò che non si sbandiera, non si parla e non si celebra - i buoni risultati del fondo - e dopo questo nuovo vertice si dovrebbe finanziarlo interamente.

Secondo: la governance ha un effetto moltiplicatore. La primavera scorsa ho parlato di alcuni africani che ho conosciuto e che considerano la corruzione la più letale delle malattie letali, un cancro che corrode le fondamenta stesse della buona governance nel momento in cui sono erette. E non sto parlando soltanto della "loro" corruzione, ma anche della nostra. Per esempio: le società petrolifere multinazionali vogliono il petrolio, e le leadership dei Paesi poveri, ricchi soltanto di oro nero, vogliono venderglielo. Tutto bene, dunque? No, troppo spesso queste grandi multinazionali intenzionalmente alimentano e prendono parte a un sistema di tangenti e mazzette che finisce col truffare la nazione in questione e nel trasformare quella che dovrebbe essere una risorsa benedetta in una specie di maledizione. Ma da adesso in poi le società energetiche quotate alle Borsa americana dovranno rendere noti tutti i versamenti di capitali effettuati a funzionari del governo. Se i soldi cambieranno di mano, pertanto, ciò dovrà avvenire alla luce del giorno. Ed è proprio la luce del giorno a far dileguare in tutta fretta gli scarafaggi. Il governo britannico dovrebbe approvare i medesimi requisiti per le aziende che fanno affari in Gran Bretagna, come dovrebbero anche fare l'Unione Europea e infine tutti i Paesi del G-20. Secondo l'imprenditore africano Mo Ibrahim - una delle voci più autorevoli di quel continente - la trasparenza potrebbe fare per la trasformazione dell'Africa molto di più di quanto abbia fatto la cancellazione del debito. Questo provvedimento, per di più, non costa nulla, nada. È una sorta di libero pensiero in pieno ingorgo stradale.

Terzo: esigete trasparenza. Misurate le entrate e la produttività. Per sapere quanto ci resta da camminare è indispensabile sapere dove si è arrivati. Al momento è pressoché impossibile averne un'idea precisa. Se ne avete il coraggio, azzardatevi a inoltrarvi nel mondo degli Mdg, e incontrerete una sfilza sbalorditiva di vaghi impegni su questioni di somma importanza, dalla mortalità delle neomadri allo sviluppo dell'agricoltura. Vi imbatterete in una quantità infinita di scartoffie troppo spesso utilizzate per nascondere una doppia contabilità, o il ricorso al sistema due pesi-due misure. Quel che ci serve è un ente indipendente, formato da rappresentati dei governi, del settore privato e della società civile, che tenga traccia degli impegni sottoscritti e dei risultati, non soltanto in relazione agli aiuti umanitari, ma anche al commercio, alla governance e agli investimenti. La promessa che abbiamo fatto all'inizio di questo secolo non consisteva nel rinnovare i vecchi rapporti tra donatori e beneficiari, bensì nel crearne di nuovi, con partner autentici, pronti a rispondere del loro operato reciprocamente e a tutti gli esseri umani. Questa promessa mi sembra il tipo di accordo giusto per un'epoca di austerità e di interdipendenza qual è la nostra (l'era della ricchezza bruscamente interrotta dovrebbe di fatto acuire la nostra attenzione ai mercati futuri, per il nostro bene tanto quanto per il loro).

Nessuno dei leader che prenderà la parola al summit è più angosciosamente consapevole di questo contesto del presidente Obama, che un anno fa promise di portare avanti un piano globale mirante ad assicurare che gli obiettivi del Millennio andassero a buon fine. Se al centro di tale strategia vi sarà la promozione della trasparenza, se si investirà in ciò che funziona, allora Obama potrà assicurare agli americani che i loro dollari servono veramente a sostenere i valori nei quali credono. Perché queste promesse e queste vuote statistiche "cantino" serve passare all'azione. Forse non diverranno brani pop, ma in ogni caso vi entrerà ugualmente in testa come un tormentone l'idea pratica e raggiungibile che il mondo se lo vorrà sarà perfettamente in grado di trovare un equilibrio e offrire a tutti, non solo ad alcuni, l'occasione giusta per uscire da quella povertà incommensurabile che rende necessario e indispensabile stringere simili convenzioni globali.
Nel mio cuore e nella mia mente riecheggia il pensiero (costante e mai scalfito) che Nelson Mandela esternò nella sua tenace lotta volta a contrastare la povertà più assoluta: "Talvolta a una generazione tocca essere grande". Dobbiamo fare ancora molto per dimostrarlo.

(The New York Times-La Repubblica - Traduzione di Anna Bissanti)
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 20/09/2010, 11:44

la trasparenza potrebbe fare per la trasformazione dell'Africa molto di più di quanto abbia fatto la cancellazione del debito


E anche per l'Italia....!


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 20/09/2010, 13:32

flaviomob ha scritto:
la trasparenza potrebbe fare per la trasformazione dell'Africa molto di più di quanto abbia fatto la cancellazione del debito


E anche per l'Italia....!

Certo. Inoltre sentivo ancbe che piu' che cancellare il debito, bisognerebbe cancellare i sussidi agricoli europei ed americani, che sono il maggiore ostacolo al commercio africano (che altrimenti si riduce a oro, diamanti ed altre mateire prime).
Cancellare i susssidi, i protezionismi. Anche qui concorderei con chi dicesse "anche per l'Italia".

Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Prossimo

Torna a Rubriche fisse

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 9 ospiti

cron