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Diritti umani, informazione e comunicazione

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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 29/06/2015, 13:40

http://www.freedomflotilla.it/2015/06/2 ... sraeliane/

Marianne è stata abbordata e catturata dalle forze di occupazione israeliane.
Posted on 29 giugno 2015 by michele borgia
#SOSFreedomFlotilla
Marianne è stata abbordata e catturata dalle forze di occupazione israeliane.
Sosteniamo #FreedomFlotilla

Abbiamo perso il contatto con Marianne.
Ultima localizzazione dell’imbarcazione: 31º43′ N 32º33′ E
a circa 105 miglia nautiche (oltre 190 km) dal porto di destinazione, Gaza.
Le forze di occupazione israeliane affermano di aver intercettato e catturato Marianne.

Chiediamo a tutti di aiutarci a fare pressione sui governi e denunciare la palese violazione del diritto umanitario e marittimo da parte della Marina israeliana.

Firmiamo l’appello alle Nazioni Unite per garantire l’apertura del porto di Gaza, porto della Palestina.

Rilanciamo la notizia utilizzando l’hashtag #SOSFreedomFlotilla


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 01/07/2015, 10:52

Gaza, prigione a cielo aperto:

http://www.palestinarossa.it/?q=it%2Fco ... esto-libro
___

Il Ministro degli Esteri Svedese informa di aver presentato una protesta contro Israele per l’arrembaggio al peschereccio Marianne mentre era in acque internazionali diretto a Gaza.

“Secondo le informazioni che abbiamo ricevuto, l’intervento della marina militare israeliana è avvenuto in acque internazionali. Secondo la legge, solo lo stato di cui porta la bandiera, è autorizzato ad intervenire su un’imbarcazione in acque internazionali. La Svezia ha espresso a Israele la propria opinione sui fatti.” riporta Veronica Nordlund, ufficio stampa del Ministero degli Esteri, a Dagens Nyheter (Swedish Daily News). Aggiunge: ”Richiediamo che il console possa entrare in contatto diretto con i passeggeri dell’imbarcazione”.

Veronica Nordlund sottolinea l’importanza che Israele ponga fine al blocco di Gaza: ”La situazione è allarmante e la Svezia considera importante l’apertura dei valichi. ”

http://www.freedomflotilla.it/2015/06/3 ... ia-europa/


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 02/07/2015, 1:15

http://youmedia.fanpage.it/video/aa/VZRGEuSw9Py9_4CM

Vi racconto chi è George Winton, l'uomo che salvò 700 bambini dalle mani di Hitler


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 02/07/2015, 16:17

franz ha scritto:Soheil Arabi: la pena di morte tra diritto di parola e Facebook

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12 ... i/1248310/

Può esserci Facebook senza libertà di parola?

Soheil Arabi, un blogger e fotografo iraniano di 30 anni, è stato condannato a morte in Iran per aver insultato il “profeta dell’Islam” su Facebook. La condanna segue il suo arresto, avvenuto a Novembre 2013, insieme a sua moglie. Arabi gestiva 8 pagine Facebook sotto diverse identità, e su alcune di queste ha ammesso, attraverso il suo avvocato, di aver offeso il profeta “senza pensare e in un precario stato psicologico”.

La dichiarazione è chiaramente pesata legalmente sull’articolo 264 del codice penale Islamico, che “addolcisce” l’articolo 262 sulla pena di morte in caso di ingiurie religiose, affermando che, qualora venga comprovato che gli insulti siano stati detti sotto circostanze di rabbia o di errore, la pena di morte può essere convertita in 74 frustate.

Tuttavia, nonostante questa possibilità, il giudice ha comunque emanato la sentenza di morte. Questa situazione riapre la questione sull’estrema urgenza di un confronto tra la società occidentale che offre i propri servizi tecnologici in tutto il mondo, con la società islamica. E’ infatti impensabile che Facebook o Twitter restino indifferenti rispetto a queste questioni, e vi spiego perché. [Segue sull'articolo del FQ, NdR]

Su change.org c'è una petizione che ha già superato le 200'000 firme.
Firmate e diffondete.

https://www.change.org/p/salviamosoheil ... d_donation

Ricevo adesso:

Condanna definitivamente cancellata!
Sabri Najafi
Welsberg, Italia

2 lug 2015 — Ho per voi una grande, bellissima notizia. La Corte Suprema iraniana ha definitivamente cancellato la condanna a morte per Soheil. Voglio ancora una volta ringraziare voi tutti per esservi preoccupati per la vita di quest'uomo e per aver creduto in questa battaglia. Insieme abbiamo salvato una vita. Spero che tra poco potremo festeggiare insieme anche la sua liberazione.
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 22/07/2015, 11:04

Piazza Alimonda: le verità nascoste

http://www.piazzacarlogiuliani.org/pill ... le&sid=110


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 31/07/2015, 11:52

http://www.repubblica.it/esteri/2015/07 ... ef=HRER1-1

...
NABLUS - Un bimbo palestinese di soli 18 mesi è morto tra le fiamme appiccate alla sua casa da coloni israeliani nel villaggio di Kfar Douma, vicino a Nablus, in Cisgiordania. Altre tre persone, i famigliari, sono rimaste gravemente ferite. E' quanto riferisce il sito del quotidiano Haaretz che cita Ghassam Douglas, il rappresentante dell'Anp nella zona, secondo il quale alcuni coloni, almeno quattro, hanno lanciato bombe molotov contro la causa per poi scrivere sui muri con delle bombolette spray frasi inneggianti alla "vendetta" e "lunga vita al Messia" prima di scappare.

Il piccolo si chiamava Ali Saad Daubasha. Il padre e la madre, Saad e Reham ed un altro figlio della coppia di 4 anni, Ahmad, sono stati ricoverati in ospedale a Nablus. Secondo i testimoni il padre è riuscito a salvare la moglie e l'altro bimbo ma non è riuscito ad individuare nel fumo e nel buio il più piccolo Ali.

Secondo un testimone palestinese, citato sempre da Haaretz, i coloni hanno rotto le finestre prima di gettare dentro le molotov per poter essere certi che gli ordigni incendiari sviluppassero le fiamme all'interno della casa e non si limitassero a danneggiare i muri della casa.

A confermare la notizia anche la polizia israeliana
[...]

http://www.amnesty.it/Gaza-venerdi-nero ... ni-a-Rafah

Gaza, "Venerdí nero": indagine innovativa indica crimini di guerra israeliani a Rafah
CS121-29/07/2015

Ricostruzione degli attacchi israeliani a Rafah tra il 1° e il 4 agosto 2014
Prove sussistenti di crimini di guerra e possibili crimini contro l'umanità richiedono indagine urgente
Forze israeliane hanno ucciso almeno 135 civili palestinesi, tra cui 75 bambini, a seguito della cattura di un soldato israeliano
Centinaia di video, foto e immagini satellitari analizzate da esperti, riferimenti incrociati con testimonianze oculari
Tecniche avanzate utilizzate per analizzare le prove, tra cui lo studio delle ombre dei pennacchi di fumo in molteplici video per determinare tempo e luogo di un attacco

Nuove prove che dimostrano come le forze israeliane abbiano compiuto crimini di guerra in rappresaglia alla cattura di un soldato israeliano sono state rese note in un rapporto congiunto di Amnesty International e Architettura legale. Le prove, che includono un'analisi dettagliata di grandi quantità di materiali multimediali, suggeriscono che il carattere sistematico e apparentemente deliberato dell'attacco aereo e di terra su Rafah che ha ucciso almeno 135 civili, può anche costituire crimini contro l'umanità.

Il rapporto "Venerdì nero': carneficina a Rafah nel conflitto Israele/Gaza 2014" presenta tecniche investigative all'avanguardia e un'analisi introdotta da Architettura legale, un gruppo di ricerca con sede a Goldsmiths, presso l'Università di Londra.

"Ci sono prove convincenti che le forze israeliane hanno commesso crimini di guerra nel loro bombardamento implacabile e massiccio delle zone residenziali di Rafah, al fine di sventare la cattura del tenente Hadar Goldin, mostrando scioccante disprezzo per la vita dei civili. Hanno effettuato una serie di attacchi sproporzionati o altrimenti indiscriminati, che si è completamente fallito di indagare in modo indipendente", ha dichiarato Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

[...]


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 31/07/2015, 14:01

E' quanto riferisce il sito del quotidiano Haaretz che cita Ghassam Douglas, il rappresentante dell'Anp nella zona, secondo il quale alcuni coloni, almeno quattro, hanno lanciato bombe molotov contro la causa per poi scrivere sui muri con delle bombolette spray frasi inneggianti alla "vendetta" e "lunga vita al Messia" prima di scappare.

La riprova che i disturbi comportamentali (leggi pazzie) indotti dalle religioni sono i peggiori di tutti e che la madre degli imbecilli e degli stupidi è sempre incinta. Tra l'altro mi ha incuriosito il riferimento al Messia. Il messianisimo è una caratterisitica dell'ebraismo ortodosso ma si tratta di qualcuno che verrà. Qui il riferimento "lunga vita" implica che ci si riferisca a qualcuno di vivente e quindi che il Messia sia già arrivato (per chi ci crede). L'antico testamento pero' è chiaro. Quando arriverà il Messia succederanno diverse cose:
« Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra. » (Isaia 2:4 [1])
« Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l'orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare. » (Isaia 11:6-9 [2])

Abbinare un messaggio che parla del Messia con uno che parla di vendetta mi pare quindi assolutamente contraddittorio: un caso di estrema confusione mentale indotto da profonde distorsioni ideologiche oppure un caso di depistaggio. Non escludo ne' l'uno ne' l'altro. Sicuramente giova a chi soffia sul fuoco della vendetta, tanto da organizzare giorni particolari ad essa dedicata. Darei atto al governo Israeliano di aver immediatamente condannato l'atroce episodio terroristico e che invece quando furono rapiti ed uccisi i tre ragazzi israeliani, Hamas non disse nulla. Anzi non nego' che ogni attacco contro i coloni era moralmente giustificato e dichiaro' che ogni reazione israeliana avrebbe aperto le porte dell'inferno.

Naturalmente viste le atrocità congiunte degli estremismi, solo apparentemente opposti, si potrebbe anche dare ragione a Papa Francesco: Corano e Bibbia sono la stessa cosa.
http://www.ilgiomale.it/wordpress/papa- ... essa-cosa/
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 01/08/2015, 9:07

Dopo Ali, uccisi due 17enni palestinesi: la violenza di Israele è strutturale
01 ago 2015

Dopo il brutale omicidio del piccolo Ali, le forze militari israeliane hanno ucciso due ragazzi a Gaza e in Cisgiordania. Il mondo finge di non vedere che la violenza nei Territori non è civile e estemporanea, ma di Stato e radicata.

di Chiara Cruciati

Gerusalemme, 1 agosto 2015, Nena News – Altre due vittime del fuoco israeliano: stavolta non quello appiccato da un gruppo di coloni, ma quello aperto da soldati dell’esercito israeliano. Perché sta qua la gravità del conflitto ancora in corso a cui il mondo guarda solo in casi speciali: nei Territori Occupati la violenza è strutturale.

A poche ore dalla notizia che ha sconvolto la comunità internazionale, la Palestina è scesa in piazza per protestare. Un bambino di soli 18 mesi, Ali Dawabsha, era morto carbonizzato, bruciato vivo, ieri mattina a Kufr Douma, villaggio vicino Nablus, dopo che dei coloni avevano lanciato nella sua casa delle molotov, riducendola in cenere. Il resto della famiglia è in ospedale, in condizioni gravi: la madre ha ustioni gravi sul 90% del corpo, il padre sull’80%.


I palestinesi, a Gerusalemme, Nablus, Ramallah, Hebron, hanno protestato perché – a differenza della comunità internazionale che ieri chiedeva giustizia e puntava il dito sulle mele marce dei movimenti estremisti israealiani – sanno che non si tratta di un episodio estemporaneo, ma di quotidianità, su cui le autorità politiche e militari israeliani chiudono un occhio. Perchè la violenza dei coloni è uno degli strumenti indirettamenti usati per espandere le colonie e allontanare la popolazione palestinese ancora residente in Area C, il 60% della Cisgiordania sotto il totale controllo militare e civile israeliano.

Il premier Netanyahu ieri ha parlato di “atto di terrorismo” e promesso di trovare i colpevoli della morte di Ali. Poche ore dopo, però, a morire sotto i colpi di arma da fuoco dell’esercito israeliano era il 17enne Laith al-Khaldi. Laith, residente nel campo profughi di Jalazon, è morto stamattina all’alba per le ferite riportate ieri al checkpoint di Atara, vicino Ramallah, dove ieri sera sono scoppiati scontri tra soldati e manifestanti. È stato centrato al petto da una pallottola ed è morto poco dopo in ospedale.

Secondo l’esercito la colpa è stata dei manifestanti: “Un sospetto palestinese ha lanciato una molotov ai soldai che hanno risposto al pericolo immediato”.

Poche ore prima, venerdì mattina, un altro 17enne è stato ucciso. Stavolta a Gaza, stavolta lungo la zona cuscinetto unilateralmente dichiarata da Israele intorno la Striscia. Si tratta di Mohammad al-Masri, colpito nei pressi di Beit Lahiya. Secondo testimoni Mohammad e un altro giovane stavano camminando lungo la rete di divisione quando sono stati raggiunti dal fuoco israeliano, senza preavviso. L’esercito dice di aver sparato in aria e poi in direzione dei due. Che in ogni caso non rappresentavano un pericolo: nella buffer zone di Gaza, a est della Striscia, si trovano i terreni agricoli. Per questo i palestinesi ci vanno: per tentare di lavorare la terra.

Violenza strutturale, che non è solo civile e casuale, ma è di Stato e radicata. E’ strumento politico. Ieri ogni manifestazione è stata dispersa dall’esercito israeliano con la forza, con proiettili veri e di gomma, con gas lacrimogeni e granate stordenti. Molti palestinesi sono rimasti feriti (uno gravemente nel campo profughi di Shuafat), chi al petto, chi alla testa, chi alla schiena. Scontri in tutta Gerusalemme, da al-Issawiyah a Beit Hanina, da Silwan ad Al-Tur. Nena News

- See more at: http://nena-news.it/dopo-ali-uccisi-due ... rl4wo.dpuf


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 01/08/2015, 10:35

Bambini palestinesi detenuti - l’86 percento ha subito almeno una qualche forma di violenza


Nei primi sei mesi del 2015 vi è stato un incremento del 10% nelle violenze psicologiche contro i bambini palestinesi detenuti dalle forze israeliane





Nei primi sei mesi del 2015 vi è stato un incremento del 10% nelle violenze psicologiche contro i bambini palestinesi detenuti dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata, come ha affermato sabato 25 luglio un gruppo internazionale per i diritti dei bambini.

Defense for Children International Palestine (DCIP) ha affermato in una relazione che “l’86 percento dei bambini palestinesi ha subito almeno una qualche forma di violenza psicologica durante l’arresto o l’interrogatorio, un aumento del 10% rispetto al 2014”.

“Il maltrattamento dei bambini palestinesi resta ampiamente diffuso e sistematico nel sistema detentivo militare israeliano dato che i bambini arrestati dalle forze israeliane arrivano presso i centri per gli interrogatori bendati, legati e privati del sonno”, afferma la relazione.

Quasi tutti i bambini intervistati dal DCIP sono stati bendati con le mani legate, mentre quasi il 55 percento ha subito perquisizioni durante la custodia.

“Diversamente dai loro coetanei israeliani, i bambini palestinesi non hanno diritto ad essere accompagnati da uno dei loro genitori e, nella maggior parte dei casi, non hanno accesso alla consulenza legale durante il loro interrogatorio”, ha riportato il DCIP.

Casi come questi vengono spesso documentati dai media locali ed internazionali.

All’inizio di questa settimana, le forze israeliane hanno arrestato ed interrogato per circa un’ora e mezza un bambino palestinese di otto anni. A sua madre è stato impedito di accompagnarlo nell’auto della polizia o nella stanza per l’interrogatorio.

E’ stato rilasciato a sua madre solo dopo che lei ha firmato dei documenti che dichiarano che il bambino non è stato aggredito e che è stato interrogato soltanto per dieci minuti.

Il DCIP ha dichiarato che spesso i bambini firmano documenti scritti in ebraico, una lingua che loro non conoscono, mentre quattro bambini hanno dichiarato di essere stati messi in isolamento per essere interrogati, “pratica che corrisponde alla tortura secondo il diritto internazionale”.

“Da oltre una decina di anni i maltrattamenti dei bambini palestinesi nel sistema detentivo militare israeliano sono ampiamente diffusi e sistematici”, ha detto Ayed Abu Eqtaish, uno dei dirigenti del DCIP.

“I recenti cambiamenti alle leggi militari israeliane servono soltanto per migliorare esternamente il sistema detentivo militare, mentre hanno fallito nell’affrontare concretamente gli abusi sui bambini palestinesi”.

Fin dal 2013, le autorità israeliane dicono di aver preso accorgimenti per rafforzare le procedure operative esistenti, tra i militari e la polizia, riguardanti la detenzione dei bambini palestinesi.

Tuttavia, nel mese di marzo l’UNICEF ha pubblicato un rapporto che dimostra che i bambini palestinesi incarcerati dalle forze israeliane continuano a subire maltrattamenti.

Parlamentari, sia negli USA che nel Regno Unito, hanno chiesto recentemente ai loro governi di ritenere responsabile Israele per il trattamento riservato ai bambini palestinesi detenuti.

Negli USA, 19 membri del Congresso hanno inviato una lettera al Segretario di Stato John Kerry, il 18 giugno scorso, chiedendogli di mettere tra le priorità il problema dei bambini palestinesi detenuti nelle prigioni militari israeliane, sottolineando che “il sistema militare detentivo di Israele che colpisce i bambini è una anomalia in tutto il mondo”.

Secondo il DCIP, tra i 500 ed i 700 bambini palestinesi, alcuni dei quali più piccoli di 12 anni, vengono arrestati, incarcerati e perseguiti ogni anno dal sistema militare di detenzione israeliano.

La maggioranza dei bambini detenuti palestinesi è accusata di lancio di pietre, un crimine che è punibile fino a 20 anni di carcere, secondo la legge israeliana.

“Gli standard della giustizia minorile internazionale, che Israele si è impegnata a rispettare firmando la Convenzione dell’ONU sui Diritti dei Bambini del 1991, chiede che i bambini vengano privati della loro libertà solo come ultima misura possibile”, ha aggiunto il DCIP.

“Israele è l’unico paese al mondo che persegue automaticamente i bambini nelle corti militari, le quali hanno scarse garanzie, basilari e fondamentali, per un processo equo”.

Attualmente vi sono 164 bambini palestinesi detenuti da Israele, secondo il gruppo per i diritti dei prigionieri palestinesi Addameer.

http://it.awdnews.com/society/bambini-p ... i-violenza


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 01/08/2015, 22:06

Il boicottaggio diventa sempre più incisivo e spaventa Israele

“Stiamo iniziando adesso, dopo dieci anni, a raccogliere i frutti di una campagna basata su una chiara strategia e su principi morali coerenti e innegabilmente efficaci,” dichiara Omar Barghouti, co-fondatore del gruppo. “Il BDS sta conquistando le menti e i cuori delle persone in tutto il mondo”.


di Tia Goldenberg – Associated Press

(traduzione di Romana Rubeo)


Gerusalemme, 9 luglio 2015, Nena News – Dieci anni fa, un piccolo gruppo di Palestinesi ha avuto un’idea innovativa: ispirandosi al movimento anti-apartheid, ha deciso di promuovere un movimento di boicottaggio globale ai danni di Israele, una pratica non violenta per sostenere la lotta dei Palestinesi per l’indipendenza.

A lungo rimasto ai margini della scena, il movimento BDS oggi sembra sempre più incisivo, al punto che Israele lo ha definito una minaccia strategica, alla stregua dei gruppi militanti palestinesi e del programma nucleare iraniano. Israele taccia il movimento di antisemitismo, ma grazie alla sua struttura decentralizzata e a un lessico imperniato sul riconoscimento dei diritti umani universali, il BDS ha riportato di recente numerose vittorie, che hanno allarmato la classe dirigente di Israele.

“Stiamo iniziando adesso, dopo dieci anni, a raccogliere i frutti di una campagna basata su una chiara strategia e su principi morali coerenti e innegabilmente efficaci,” dichiara Omar Barghouti, co-fondatore del gruppo. “Il BDS sta conquistando le menti e i cuori delle persone in tutto il mondo, nonostante l’influenza egemonica che Israele conserva ancora presso i governi europei e degli Stati Uniti.”

Il movimento BDS, acronimo che sta per “boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele”, è nato nel 2005, da un’idea di 170 organizzazioni della società civile palestinese, con sede in tutto il mondo. È cresciuto fino a diventare un network internazionale, che riunisce migliaia di associazioni di volontari, artisti e istituzioni accademiche, che si ripropongono di interrompere i rapporti con Israele.

Tra i suoi membri, annovera attivisti del mondo accademico, gruppi ecclesiastici e persino Ebrei Americani delusi dalle politiche israeliane.

Il dato più allarmante per Israele è che alcune istanze portate avanti dal movimento, contro i beni prodotti nelle colonie della Cisgiordania, iniziano a essere recepite dai governi europei. Sebbene l’UE si dichiari ufficialmente contraria al boicottaggio contro Israele, sono all’esame delle linee guida per etichettare i prodotti delle colonie; in Israele, molti temono che questa misura possa preludere a un divieto assoluto di importazione. I beni prodotti negli insediamenti coloniali, che costituiscono una minima percentuale delle esportazioni Israeliane, includono vini, datteri e cosmetici. Ora che il processo di pace è in una fase di stallo e non sembra poter riprendere, a causa della linea dura perseguita dal governo, gli Israeliani temono che questo sentimento si diffonda ulteriormente.

“C’è il timore che il fenomeno si espanda fino a diventare una tendenza egemonica, che potrebbe compromettere il sostegno verso Israele,” ha spiegato Emmanuel Nahshon, del Ministero degli Esteri Israeliano.

Il BDS persegue tre obiettivi: porre fine all’occupazione israeliana dei territori conquistati durante la Guerra dei sei giorni del 1967; contrastare la discriminazione subita dai cittadini arabi di Israele e promuovere il diritto al ritorno dei profughi palestinesi, consentendo loro di tornare in possesso delle proprietà perse durante il conflitto che ha seguito la creazione di Israele, nel 1948.

L’ultimo proposito è visto da Israele come un appello alla sua distruzione. Le autorità israeliane si oppongono al “diritto al ritorno” dei Palestinesi, perché un massiccio afflusso di profughi comporterebbe, a loro avviso, l’inevitabile fine dello Stato Ebraico inteso come nazione. La comunità internazionale è favorevole alla cosiddetta soluzione “due popoli, due Stati”, che prevede la creazione di uno Stato Palestinese accanto a quello Israeliano; anche il Presidente Mahmoud Abbas si è detto disposto a mettere in discussione la questione dei profughi in nome di un accordo di pace.

Barghouti, ingegnere formatosi negli Stati Uniti, che vanta anche una laurea conseguita nell’Università Israeliana di Tel Aviv, ha sempre sostenuto l’assoluta “neutralità” del BDS rispetto alla soluzione politica del conflitto. Ma ha anche dichiarato che il movimento si fa portavoce dell’“opinione pubblica” Palestinese e che ogni trattato che “compromettesse i diritti basilari sanciti dal diritto coloniale e che perpetuasse l’occupazione coloniale” sarebbe inaccettabile.

Il governo israeliano considera il movimento come una delle tante minacce che la popolazione ebraica ha subito nel corso della storia.

“È in corso un’imponente battaglia contro lo Stato di Israele, una campagna internazionale tesa a diffamarlo,” ha dichiarato di recente il Primo Ministro Benjamin Netanyahu. “Ad essere in discussione non sono le nostre azioni, ma la nostra stessa esistenza.”

Il movimento BDS è guidato da un comitato nazionale con sede in Cisgiordania, con rappresentanti di tutto il mondo, che stabiliscono le linee guida, ma consentono alle organizzazioni locali di decidere la loro strategia, di volta in volta. Si concentra su battaglie che hanno una discreta possibilità di successo, quindi non prende di mira le principali multinazionali attive in Israele, come la Microsoft e la Intel.

Sono state condotte battaglie nelle cooperative e nei consigli comunali statunitensi. Il movimento ha contribuito all’organizzazione di campagne di boicottaggio condotte dalle unioni studentesche statunitensi e britanniche e si sta facendo strada negli ambienti accademici americani. Circa dieci di consigli studenteschi ha approvato in via ufficiale le proposte di disinvestimento.

Molti artisti, come Roger Waters, Elvis Costello e Lauryn Hill, si sono rifiutati di esibirsi in Israele. Inoltre, il BDS ha esercitato pressioni su grandi imprese come la SodaStream, che produce acqua gassata, la Veolia, azienda di costruzioni francese, o la G4S, società internazionale attiva nel settore della sicurezza.

Il mese scorso, l’Unione Studentesca Nazionale Britannica ha aderito al movimento. La scorsa settimana, il supremo organo legislativo della Chiesa Unita di Cristo ha votato per il disinvestimento delle aziende che operano nei territori occupati da Israele, similmente a quanto aveva fatto la Chiesa Presbiteriana statunitense lo scorso anno. Di recente, anche la Chiesa Episcopale e la Chiesa Mennotita statunitensi hanno messo ai voti delle proposte di disinvestimento: sono state respinte nel primo caso, mentre, nel secondo caso, la decisione è stata rimandata e la votazione si ripeterà tra due anni.

Forse il colpo più importante è stato messo a segno il mese scorso, con l’annuncio da parte dell’Amministratore Delegato del gigante francese della telefonia, Orange, di voler interrompere la partnership con l’omonima israeliana, con l’intenzione di migliorare i rapporti commerciali con il mondo arabo. Sebbene il numero uno di Orange, Stephane Richard, si sia poi recato personalmente in Israele per scusarsi, il piano che prevede l’interruzione delle operazioni commerciali è ancora in piedi.bds

Il concetto di boicottaggio è particolarmente inviso ad Israele. Netanyahu l’ha paragonato al boicottaggio delle imprese e degli artisti ebrei da parte dei Nazisti, nella Germania degli anni ’30, subito prima dell’Olocausto; ma quella campagna fu avviata quando il partito nazista era al potere e fu accompagnata da atti di violenza e brutali slogan antisemiti.

“Ogni aggressione ai danni degli Ebrei è stata preceduta da una campagna di diffamazione,” ha aggiunto poi Netanyahu.

Negli anni ’70 e ’80, i Paesi Arabi incoraggiavano le aziende a fare affari con loro, per escludere Israele. Attualmente, Israele è impegnato a respingere i tentativi di paragonare le politiche israeliane in Cisgiordania all’apartheid sudafricana.

Gli attivisti del BDS negano ogni pulsione antisemita, sostenendo che la loro è una battaglia contro Israele, non contro gli ebrei. Contano anche su un ridotto, ma sempre più numeroso, gruppo di sostenitori di religione ebraica, come i “Jewish Voice for Peace,” negli Stati Uniti, i cui 9.000 soci paganti aderiscono al boicottaggio contro Israele.

Naomi Dann, portavoce del movimento, ha dichiarato che questa presa di posizione è frutto della delusione in seguito al fallimento del processo di pace sostenuto dagli Stati Uniti. Pur comprendendo l’affetto che lega gli Ebrei a Israele, ha ribadito che non possono essere i Palestinesi a pagarne le conseguenze.

“Non vogliamo distruggere Israele,” ha spiegato, “Ma il riconoscimento di pari diritti e la costruzione di una società democratica sono fattori più importanti della preservazione del carattere ebraico dello Stato.”

Non è semplice quantificare gli effettivi traguardi del BDS.

Le principali multinazionali, tra cui Microsoft, Google, Apple e Intel, sono tuttora operative in Israele. Artisti di fama internazionale, come Paul McCartney, Lady Gaga, Madonna e Rihanna, si sono esibiti in Israele negli ultimi anni.

Secondo un rapporto diramato a febbraio dal Ministero delle Finanze Israeliano, il BDS ha avuto un impatto trascurabile sull’economia del Paese. Ma la relazione profila un possibile peggioramento del quadro generale, nel caso in cui i governi dell’Unione Europea dovessero aderire al boicottaggio o annullare gli accordi di libero scambio. Allo stesso modo, un recente studio condotto dalla Rand Corporation ha evidenziato che, sebbene il movimento BDS “non abbia ancora avuto ricadute particolarmente negative” su Israele, risulta essere in crescita, e il governo israeliano teme “effetti deleteri” per il quadro economico.

Manifestazione contro il BDS negli Stati Uniti - foto di Yotav Eliach
Manifestazione contro il BDS negli Stati Uniti – foto di Yotav Eliach

Il mese scorso, i miliardari di religione ebraica Sheldon Adelson e Haim Saban hanno avviato una campagna fondi a Las Vegas per contrastare l’attività del BDS nelle università americane. Il Ministro della Giustizia Israeliano, Ayeled Shaked, ha dato incarico al suo dipartimento di studiare “misure legali” per ostacolarlo. In settimana, anche Hillary Rodham Clinton, candidata alle primarie democratiche per le Presidenziali Americane, ha espresso la sua opposizione al BDS.

David Makovsky, membro anziano del Washington Institute for Near East Policy ed ex membro del team di negoziatori del Segretario di Stato John Kerry, ha dichiarato che Israele dovrebbe dimostrare chiaramente di essere intenzionato alla creazione di uno Stato Palestinese, se vuole arrestare questo processo.

“Per ridurne la portata e l’impatto, basterebbe che il Primo Ministro si dichiarasse apertamente a favore della soluzione ‘due popoli, due Stati’, assicurando che Israele non costruirà altri insediamenti nei confini del futuro Stato Palestinese,” ha dichiarato. Nena News

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