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Diritti umani, informazione e comunicazione

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Gaza, Hamas e quel giro di ”false” fotografie delle vittime

Messaggioda franz il 14/07/2014, 14:40

Gaza, Hamas e quel giro di ”false” fotografie delle vittime
Sul web e sui social impazzano immagini di massacri, ma si riferiscono a conflitti passati, in contesti spesso ben diversi
Gaza, Hamas e quel giro di ”false” fotografie delle vittime

Giovanni Giacalone

Giovanni Giacalone
12 luglio 2014

L’utilizzo dei media per fini di propaganda è, oggi più che mai, di importanza fondamentale e in particolare internet, attraverso cui il proprio messaggio può essere recapitato a milioni di utenti in tutto il mondo. Lo abbiamo recentemente visto con lo Stato Islamico di Iraq e il Levante, forse primo gruppo nella storia del jihadismo a sfruttare così ampiamente la rete.

Il problema è quando la propaganda diventa disinformazione, nella speranza di ottenere solidarietà internazionale e generare “reazioni di pancia” da parte di un popolo di internet estremamente propenso a “condividere” ma che raramente si preoccupa di verificare la veridicità delle fonti.

Mettiamo dunque per un attimo da parte le solite retoriche sul drammatico contesto dei missili di Hamas e dei bombardamenti israeliani per mettere in evidenza un episodio, sicuramente non nuovo, ma che è stato messo in risalto anche dalla BBC e da Liberation, due quotidiani sicuramente non noti per essere sionisti.

Secondo il quotidiano francese Liberation, in una settimana sono stati pubblicati in rete più di 400mila tweet per denunciare l’attacco israeliano a Gaza, molti dei quali accompagnati da foto di case distrutte, foto di bambini feriti in modo raccapricciante o morti; peccato che buona parte di quelle foto non hanno proprio nulla a che fare con gli attuali bombardamenti su Gaza, ma sono piuttosto vecchie foto prese da attacchi in Siria, in Iraq e da vecchi bombardamenti su Gaza.

La BBC ha citato diversi casi, tra cui quello di immagini multiple pubblicate su Twitter con descrizione: “This is not a matter of religion. This is a matter of Humanity”, ma le foto, spacciate per attuali a Gaza, erano invece del mese scorso in Siria e dell’Iraq nel 2007.

Amdirahim Saeed della BBC in arabo ha affermato che il cattivo utilizzo di queste foto non sono una novità, erano già state segnalate in passato; Saeed ha inoltre messo in evidenza l’importanza di verificare le fonti.

Due anni fa Diritto di Critica trattò un caso simile, quando sul web comparve una foto che generò non poche diatribe e scambi di accuse tra sostenitori della causa palestinese e difensori di Israele. Nell’immagine, pubblicata su diversi siti quali “Australians for Palestine”, “Palestinian Libra”, “BDS” e che secondo alcune fonti sarebbe stata inizialmente messa in rete da un utente di Facebook con il nominativo di Wesley Muhammad, mostrava la parte inferiore di un soldato, dalla vita in giù, che calpestava con l’anfibio una bambina sdraiata a terra mentre nel contempo le puntava la canna di un fucile in viso. In molti sui social networks spiegarono che si trattava di un soldato israeliano che calpestava una bambina palestinese, salvo poi essere pesantemente smentiti quando comparve la foto nella sua versione integrale che, non soltanto metteva in evidenza il tipo di equipaggiamento del militare, decisamente non in dotazione all’IDF, ma il fatto che si trattava di una dimostrazione tendente al teatrale, con tanto di bambini sullo sfondo che sorridevano e adulti che scattavano foto.

Insomma, senza mettere in discussione il dramma dei bombardamenti e del lancio di razzi che colpiscono sia i civili palestinesi che quelli israeliani, è più che legittimo chiedersi se la popolazione di Gaza ha veramente bisogno della disinformazione e della strumentalizzazione di foto per esprimere il proprio disagio e far valere le proprie ragioni.

Decontestualizzare un’immagine e cadere nella disinformazione, che come conseguenza porta ad attribuire al relativo elemento in questione una falsa realtà, non ha alcuna utilità dal punto di vista informativo e rischia di creare violente reazioni senza apportare beneficio alla causa della popolazione di Gaza; popolazione che rischia di esserne piuttosto danneggiata. L’utilizzo strumentale di foto di vittime, tra cui molti bambini, è oltretutto inappropriato da un punto di vista etico.

Chi trae dunque vantaggio da tutto ciò? Ovviamente Hamas che, è importante sottolinearlo, non è assolutamente sinonimo né di “Islam” e tanto meno di “popolo palestinese”. Hamas non è altro che il braccio palestinese dell’organizzazione islamista radicale dei Fratelli Musulmani, messa al bando in numerosi paesi tra cui l’Egitto, l’Arabia Saudita, la Russia, sotto inchiesta in Gran Bretagna e con numerosi suoi membri arrestati negli Emirati Arabi.

La stessa Hamas è recentemente stata messa al bando in Egitto perché accusata di spalleggiare gruppi di estremisti islamici che hanno preso di mira militari, politici e persino turisti. Non è un caso che il gruppo terrorista egiziano Ansar al-Maqdis è stato segnalato proprio a Gaza.

Hamas, isolata a livello internazionale dai suoi stessi ex alleati arabi e persino dall’Iran, che sembra sempre meno incline a continuare a fornire il suo appoggio all’organizzazione di Gaza, schieratasi con i jihadisti anti-Assad, aveva disperato bisogno di un’escalation per recuperare un po’ di solidarietà internazionale e magari anche qualche appoggio che però probabilmente non arriverà, come non è arrivato ai Fratelli Musulmani egiziani. [4]

Non è un caso che i missili di Hizbullah stavolta tacciono; ne è stato sparato soltanto uno e si è trattato di un caso isolato non collegato al Partito di Dio libanese, molto più preoccupato per la deriva jihadista sunnita in Siria e Iraq.

Hamas sta inoltre perdendo il controllo di Gaza; non gestisce più nemmeno le brigate Izzidin al-Qassam. La popolazione della Striscia sembra non tollerare più l’organizzazione radicale che domina il territorio con estrema violenza e che non concede elezioni dal 2006, quando andò al potere.

I segnali per una disfatta di Hamas ci sono tutti, dalla creazione del movimento Tamarrod Gaza, sulla scia di quello egiziano anti-Fratelli Musulmani, fino al Manifesto pubblicato dalla “Gioventù di Gaza” che critica aspramente sia l’operato di Hamas che Israele, come documentato dal Guardian.

Insomma, l’escalation è l’ultimo disperato tentativo di un Hamas isolata e ai minimi storici in quanto a popolarità nella Striscia di Gaza. Solo un intervento ad ampio raggio israeliano potrebbe parzialmente aiutare l’organizzazione jihadista, ma verosimilmente ormai neanche quello.

Un’ultima osservazione che merita di essere fatta è: per quale motivo tutto questo sdegno non è stato espresso sulla rete quando i jihadisti sunniti dello Stato Islamico di Iraq e il Levante massacravano inermi civili sciiti e sufi in Iraq? Forse perché anche nel mondo islamico esistono “musulmani di serie A e musulmani di serie B?”

http://www.dirittodicritica.com/2014/07 ... ael-53296/
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 14/07/2014, 15:49

Israele – Gaza, l’Onu avvii un’indagine sui crimini di guerra
14 LUGLIO 2014 | di Riccardo Noury


Lo schema è, purtroppo da tempo, il solito. Accade qualcosa (stavolta, il tragico ritrovamento, il 30 giugno, dei cadaveri dei tre ragazzi rapiti 18 giorni prima in Cisgiordania, di cui è stata accusata Hamas – ma le prove ancora non sono state fornite. E verrebbe da chiedersi: è così che si cerca la giustizia?) che dà il là a un’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza. I gruppi armati palestinesi prendono di mira le città israeliane. Dopo una settimana di silenzio, il mondo chiede alle parti di fermarsi.

Nel frattempo, anche questo secondo lo schema, il conto delle vittime si fa elevato e squilibrato.

Da un lato, ondate di attacchi aerei israeliani a volte mirati ma non poche volte indiscriminati hanno causato numerosi morti (oltre 170, tra cui una trentina di minorenni e bambini, e un migliaio di feriti); dall’altro, centinaia di razzi palestinesi – che di per sé non possono che essere imprecisi e deliberatamente diretti contro obiettivi civili israeliani – hanno provocato almeno 20 feriti e danni a molte abitazioni.

Nessuno che dica “ci siamo sbagliati”: per Hamas tutti gli israeliani sono obiettivi legittimi, mentre per Israele se dei civili palestinesi diventano “danni collaterali” di un attacco contro l’abitazione di un capo di Hamas, la colpa è sua.

Dentro lo schema sono finiti nove palestinesi morti mercoledì notte quando l’aviazione israeliana ha colpito un bar lungo la spiaggia nei pressi di Khan Younis dove decine di persone stavano assistendo alla semifinale dei mondiali di calcio tra Brasile e Germania.

Lo schema prevede, come corollario, la completa mancanza di volontà da parte d’Israele e di Hamas di indagare sulle violazioni del diritto internazionale umanitario: gli attacchi contro obiettivi civili, il danneggiamento o la distruzione di abitazioni private (340 a Gaza; nella foto Reuters, gli esiti di un bombardamento), di centri sanitari o infrastrutture, per non parlare di quella che è la violazione permanente che accompagna da anni le popolazioni civili palestinesi e israeliane: la paura.

Mentre Israele minaccia una massiccia invasione da terra e Hamas di tirare fuori dai suoi sotterranei missili ad ancora più alta gittata, Amnesty International ha chiesto alle Nazioni Unite di disporre un’indagine internazionale sui crimini commessi dall’avvio dell’operazione “Confine protetto”.

Le potenze del mondo non possono più stare a guardare, limitandosi ad appelli alla “moderazione”, mentre giorno dopo giorno si susseguono crimini di guerra. Qualsiasi richiesta di cessate il fuoco rischierà di essere inutile se, anche questa volta, non si perseguiranno gli autori di questi crimini.

http://lepersoneeladignita.corriere.it/ ... #more-6634


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 14/07/2014, 22:16

Iraq, Amnesty International denuncia spirale di omicidi e rapimenti settari
CS102-14/07/2014

Un nuovo documento diffuso oggi da Amnesty International fa luce sulla spirale di omicidi e rapimenti settari ad opera dell'Isis (Stato islamico dell'Iraq e del Levante) da quando il gruppo armato ha preso possesso di Mosul e di altre zone del nordovest dell'Iraq.
Il documento di Amnesty International contiene agghiaccianti resoconti di civili che hanno lasciato le zone conquistate dall'Isis temendo di fare la stessa fine dei loro parenti rapiti e uccisi e a causa del crescente pericolo derivante dagli attacchi aerei dell'esercito iracheno.
"Ancora una volta, una disperata popolazione civile finisce intrappolata in una spirale di violenza settaria. Centinaia di migliaia di persone sono fuggite temendo di essere rapite e uccise dall'Isis o di essere colpite dagli attacchi aerei delle forze governative. Entrambe le parti stanno mostrando un totale disprezzo per il diritto internazionale umanitario" - ha dichiarato Donatella Rovera, alta consulente per le crisi di Amnesty International, appena rientrata dall'Iraq settentrionale.
Rapimenti e uccisioni sono avvenuti in ogni città e villaggio finiti sotto il controllo dell'Isis. Molte delle persone rapite risultano ancora scomparse, altre sono state ritrovate morte.
Amnesty International ha intervistato i familiari di un ragazzo di 18 anni di Gogjali, un villaggio a est di Mosul e di un suo zio 44enne, rapiti il 20 giugno a un posto di blocco dell'Isis e ritrovati morti due giorni dopo. La madre del ragazzo ha mostrato ad Amnesty International le fotografie dei due cadaveri: il cranio tumefatto, colpito da oggetti pesanti, le mani legate dietro la schiena e uno di loro con la gola tagliata e il corpo parzialmente bruciato. La famiglia, appartenenti alla comunità sciita shabak, ha lasciato immediatamente il villaggio.
"Queste atroci aggressioni ai civili sono un segnale chiaro destinato ai non sunniti: nessuno di loro può essere al sicuro nelle zone controllate dall'Isis" - ha commentato Rovera. "I rapimenti e gli omicidi paiono essere lo strumento principale usato da questo gruppo per eliminare gli oppositori e intimidire la popolazione civile".
Amnesty International ha inoltre raccolto informazioni su numerose persone uccise deliberatamente dall'Isis dopo essere state catturate.

In un caso, tre poliziotti sciiti sono stati uccisi in modo sommario dall'Isis dopo essere stati catturati all'interno di una stazione di polizia di Mosul. Il 27 giugno altri tre sciiti shabak del villaggio di Tobgha Ziyara sono stati uccisi e i loro corpi ritrovati nel letto asciutto di un fiume. Gli abitanti hanno denunciato di essere rimasti privi di protezione all'indomani del 10 giugno, dopo il ritiro delle forze governative.

"L'Isis continua a prendere il controllo dei villaggi del nord dell'Iraq abbandonati dall'esercito iracheno un mese fa e a terrorizzare la popolazione non sunnita, con la conseguente fuga di massa di persone che temono per la loro vita"- ha proseguito Rovera.

L'attuale conflitto è stato preceduto da prolungate tensioni e violenze tra iracheni sunniti e sciiti.

L'Isis non è l'unica parte ad aver commesso crimini di guerra. Amnesty International ha raccolto prove sull'uccisione a sangue freddo di oltre 100 detenuti sunniti commessa come atto di rappresaglia dalle forze governative e dalle milizie sciite prima di abbandonate le città di Tal'Afar, Mosul e Ba'quba che stavano per cadere nelle mani dell'Isis.

Una donna ha raccontato ad Amnesty International come ha ritrovato il corpo di un parente, uno dei detenuti uccisi nella prigione di Tal'Afar: "Gli avevano sparato più volte alla testa e al petto, il corpo era coperto di sangue ma non si capiva di chi fosse quel sangue, poiché i corpi erano impilati uno sopra l'altro".

Attacchi indiscriminati con l'artiglieria e l'aviazione - in aumento nelle ultime settimane - compiuti dalle forze governative contro le zone controllate dall'Isis hanno causato decine di morti e feriti e la fuga di numerose persone.

"In questo crescente circolo vizioso di violenza, tutte le parti hanno commesso crimini di guerra e altre gravi violazioni dei diritti umani. La salvezza dei civili è la cosa più importante. Per questo, tutte le parti devono porre fine alle uccisioni delle persone catturate, trattare umanamente i detenuti e astenersi dal portare a termine attacchi indiscriminati" - ha concluso Rovera.

http://www.amnesty.it/Iraq-spirale-omic ... ti-settari


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda annalu il 15/07/2014, 11:25

Da Huffingtonpost:

Gaza Israele, Hamas rigetta la proposta di tregua: "La nostra battaglia contro il nemico si intensificherà" (DIRETTA)
Pubblicato: 15/07/2014 07:54 CEST Aggiornato: 2 ore fa

Il braccio armato del movimento islamista palestinese Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam, hanno rifiutato la proposta egiziana di cessate il fuoco, minacciando di "inasprire" ulteriormente il conflitto con Israele. "Se il contenuto di questa proposta è quel che sembra, si tratterebbe di una resa e noi la rigettiamo senza appello", affermano le Brigate in un comunicato. "La nostra battaglia contro il nemico si intensificherà", aggiungono.

BLOG IN DIRETTA: meno recenti - più recenti

Today 4:23 AM EDT
Esercito #Israele, "abbiamo sospeso il fuoco"
"In accordo con le direttive ricevute dal governo, le forze armate israeliane sospendono adesso il fuoco": lo rende noto un portavoce militare. "Restiamo comunque in stato di allerta, e di massima preparazione sia difensiva che offensiva - ha aggiunto il portavoce. - Se l'organizzazione terroristica di Hamas sparerà contro Israele, reagiremo".

Today 4:19 AM EDT
#Hamas, missile contro Israele dopo il cessate il fuoco
Il braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam, ha dichiarato di aver sparato due colpi di mortaio contro la comunità di Nir Oz nel sud d'Israele poco dopo le nove del mattino locali, l'ora in cui sarebbe dovuta entrare in vigore la tregua proposta dall'Egitto.

[continua]

Trovo davvero angosciante la situazione di continua belligeranza tra Israele e Palestina, ma non riesco a giustificare chi si schiera per l'una o l'altra parte, mentre la ragione ed il torto mi sembrano presenti da entrambe le parti.

Per esempio, è indubbio che Netanyahu rappresenta la destra israeliana più aggressiva, ma in Israele esistono anche posizioni politiche molto diverse e molto più ragionevoli, come dimostrano anche gli articoli di alcuni esponenti israeliani in favore della pace e contro l'attuale politica di Netanyahu postati qui anche da Flavio. Stranamente però questi articoli vengono riportati come rivolti contro Israele in quanto stato, mentre dimostrano la presenza all'interno di Israele di un forte dissenso verso la politica di Netanyahu ed in favore della pace.

Oggi, l'articolo che riporto qui sopra dimostra come sia Israele che che Abu Mazen si siano dimostrati favorevoli ad una tregua, mentre solo Hamas la rifiuta.
Netanyahu, pur essendo estremista, è pur sempre a capo di uno stato democratico e quindi sensibile alle pressioni interne a favore della pace, come del resto lo è Abu Mazen. Solo Hamas, gruppo di terroristi del tutto insensibili a ciò che il popolo palestinese desidererebbe - cioè una pace duratura tra due popoli che possono convivere in pace in due stati - continua a insistere nella belligeranza continuando a lanciare razzi sulle città israeliane.

Ed a proposito di "sensibilità" verso la popolazione: Hamas notoriamente usa la popolazione civile come scudi umani, e del resto la densità di popolazione nella striscia di Gaza lo facilita in questo. Israele però avvisa per telefono ed altri mezzi la popolazione che abita nelle vicinanze dei bersagli una decina di minuti prima di bombardare; dieci mnuti possono essere pochi, ma sono sempre più del minuto scarso di tempo per mettersi al riparo che hanno i cittadini delle città israeliane, che certo Hamas non avvisa dei razzi dato che, da buon terrorista, lui vuole seminare il terrore.

Insomma, se il nostro mondo civilizzato vuole aiutare quella regione a trovare una pace duratura, deve concentrare tutti i possibili sforzi verso le trattative perché possano formarsi due stati in pace tra loro. Chi si schiera - senza se e senza ma - dalla parte di uno dei due contendenti accusando solo l'altro di tutte le nefandezze possibili, non fa altro che ritardare il processo di pace.

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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 15/07/2014, 13:34

Lo scatenarsi dei bombardamenti su Gaza non è stato motivato dai razzi di Hamas ma dal triplice omicidio degli adolescenti israeliani, ha quindi un sapore di vendetta più che di un'azione bellica preventiva per depotenziare gli attacchi provenienti da Gaza. Bisogna anche aggiungere, senza giustificare nessun attacco verso obiettivi civili, sia chiaro, che l'appropriazione della terra (e dell'acqua) palestinese da parte di Israele, con continui insediamenti di nuove colonie, è la causa della belligeranza delle organizzazioni più estremiste di Gaza. Ciò oltre alla sproporzione dei mezzi in campo (Israele può difendersi dai missili di Hamas con sistemi di scudi e rifugi blindati, Gaza no) e di morti e feriti non permette di mantenersi "equidistanti". Se Israele vuol essere una democrazia responsabile deve farsi carico di un percorso di restituzione di terra, risorse, sicurezza e diritti a favore dei palestinesi che fino ad ora non si è intravisto. Se necessario, un percorso anche inizialmente unilaterale.
Sono certo che sempre più giovani, in Israele, lo comprenderanno.

Immagine


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 15/07/2014, 14:07

Bella mappa,
mi ricorda quanto pubblicato qui (propaganda per propaganda, mi pare doveroso usar ela parcondicio)

http://www.israele.net/la-false-mappe-d ... israeliana


La false mappe della propaganda anti-israeliana
Come in certi spot pubblicitari, un concetto falso viene veicolato e avvalorato grazie a una comunicazione sapientemente ingannevole

Di Marco Paganoni

Circola da molto tempo quella che vorrebbe essere una sintetica e definitiva narrazione della “questione palestinese” costruita accostando quattro mappe storiche in ordine cronologico (Fig. 1). Scopo dichiarato del documento sarebbe quello di mostrare in modo grafico e incontrovertibile l’inesorabile espansionismo israeliano a danno dei palestinesi. La sequenza ha avuto uno straordinario successo, tanto che la si trova riprodotta e riproposta in una enorme quantità di versioni molto simili fra loro: per sincerarsene basta lanciare in Google-immagini le parole “palestinian lost of land” e vedere cosa ne esce. Non c’è da meravigliarsi. In effetti, gli autori della cronistoria hanno fabbricato un documento estremamente semplice ed efficace.

Peccato che si tratti di un’impostura. Un’impostura tanto più deleteria proprio perché di lettura così immediata ed apparentemente inoppugnabile. Come in certi spot pubblicitari, un concetto falso – l’inarrestabile espansionismo di Israele a scapito dei palestinesi – viene veicolato e avvalorato grazie a una comunicazione sapientemente ingannevole.

La prima impostura è insita nell’idea stessa di raccontare in modo esauriente una vicenda storico-politica complessa mediante la semplice giustapposizione di mappe che “parlano da sé”. Le mappe non solo non parlano affatto, ma anzi tacciono molto e dunque mentono. Ognuna di esse necessiterebbe infatti d’una adeguata spiegazione. Basti considerare, ad esempio, la seconda mappa della sequenza, che rappresenta il piano di spartizione approvato dalle Nazioni Unite il 29 novembre 1947. Chi la guarda non può sapere né immaginare che quella spartizione – che raccomandava la creazione di due stati, uno ebraico e uno arabo – venne accettata dalla parte sionista e respinta dai palestinesi e dai paesi arabi, i quali dichiararono esplicitamente all’Onu che si sarebbero opposti con la forza alla sua applicazione. Cosa che fecero, scatenando quella prima guerra arabo-israeliana che è lo snodo centrale del conflitto e che sta all’origine di gran parte dei problemi successivi, a cominciare da quello dei profughi arabi ed ebrei. Lasciar intendere che il passaggio dalla seconda alla terza mappa sia dovuto all’istinto espansionista degli ebrei sionisti, quando fu invece la conseguenza del (fallito) tentativo del pan-arabismo imperialista di schiacciare sul nascere l’indipendenza ebraica su un territorio riconosciutogli dall’Onu, significa propinare una menzogna che capovolge la realtà storica dei fatti e delle responsabilità.

La seconda impostura consiste nel fatto che la sequenza delle mappe assai opportunamente omette diverse cruciali tappe intermedie che ne smentirebbero l’assunto. Ed ecco così che, come per magia, scompaiono completamente tutti i ritiri effettuati da Israele. Nel corso delle varie vicende belliche, cioè nel corso delle varie guerre che ha dovuto combattere per contrastare i tentativi di annientarlo, Israele ha sì conquistato territori, ma ne ha anche spesso ceduti. Si è ritirato dal Libano nel 1949, nel 1978 e nel 2000; da porzioni di territorio siriano nel 1974; dal Sinai nel 1949, nel 1957 e nel 1982; dalle città palestinesi nel 1995; dalla striscia di Gaza nel 2005. Dove sono finite le mappe di questi ritiri? Negli anni ’70 una sequenza di mappe che voleva denunciare l’espansionismo di Israele mostrava in bella evidenza l’occupazione del Sinai (Fig. 2). Dov’è finita oggi quella mappa? È davvero irrilevante, ai fini della tesi che si vuole sostenere, il fatto che Israele abbia restituito due volte (la prima in cambio di promesse poi non mantenute, la seconda in cambio di un trattato di pace) un territorio come il Sinai che è tre volte più esteso dello stesso stato d’Israele? Che razza di espansionismo è mai quello di una potenza che, senza essere militarmente sconfitta, cede a più riprese enormi e preziosi territori conquistati? È chiaro che le mappe dei ritiri israeliani non possono comparire in questa sequenza perché mostrerebbero quante volte Israele ha già accettato di cedere territori in cambio d’una speranza di pace. Solo facendole scomparire si può falsamente rappresentare Israele come una macchia d’olio che si allarga in modo implacabile.

La terza impostura si nasconde nella legenda. Cosa rappresenta la parte di terra colorata in verde? Nella versione della Fig. 1 (le altre sono tutte molto simili) si legge: “terra palestinese”. Ma cosa significa? Consideriamo la prima mappa. Certamente la parte in verde non indica la terra “abitata da arabi palestinesi”, giacché sappiamo che in gran parte non era affatto abitata, come ad esempio tutta la regione meridionale (il Negev) che ancora oggi è l’area meno densamente popolata del paese. Né può intendersi come terra di “proprietà palestinese”: si trattava in gran parte di terre demaniali o possedute da latifondisti assenteisti che vivevano a Damasco o a Beirut, certamente non palestinesi. E sicuramente non può intendersi come terre “di sovranità palestinese” giacché né prima di allora, né dopo, vi è mai stata una sovranità statale arabo-palestinese. Dunque, la dicitura “terra palestinese” nella prima mappa è priva di significato: è un falso. Nella seconda mappa l’area in verde indica lo “stato arabo” proposto dall’Onu che non si poté realizzare a causa del violento rifiuto arabo. Questa mappa non fotografa una situazione reale sul terreno: è la mappa di una proposta rimasta sulla carta (oltretutto contraffatta nella parte riguardante Gerusalemme, una città che l’Onu non considerava affatto “terra palestinese”): giustapporla alle altre è in sé un ulteriore inganno. La terza mappa indica la situazione dopo da guerra del ‘48 e gli armistizi del ‘49. Qui la parte in verde indica i territori occupati dalla Giordania e dall’Egitto, cosa che viene accortamente taciuta lasciando credere che vi fosse una qualche indipendenza palestinese.

La quarta mappa (sempre della Fig. 1) è l’unica dove l’area verde può essere legittimamente definita, con qualche approssimazione, “terra palestinese”. Essa infatti rappresenta le aree che Israele ha trasferito al controllo dell’Autorità Palestinese con gli accordi del 1995. Dunque “terre palestinesi” in seguito a un ritiro di Israele, non a una sua ulteriore avanzata come la sequenza delle mappe vorrebbe far credere: un altro inganno. Infatti va ricordato che la prima forma embrionale di sovranità nella storia dei palestinesi non è nata grazie ai turchi, agli inglesi, ai giordani o agli egiziani: è nata grazie agli israeliani e al loro accordo coi palestinesi. Ma questo la mappa non lo dice. Oltretutto un accordo ad interim, cioè provvisorio: il che significa che l’area palestinese colorata in verde, e non quella israeliana, è destinata ad allargarsi con l’accordo definitivo: un allargamento già previsto dalle proposte di accordo avanzate da Israele nel 2000 (con Ehud Barak) e nel 2008 (con Ehud Olmert), ma respinte dai palestinesi: altro dettaglio che la mappa non spiega.

Cosa sono dunque queste terre colorate in verde, per gli autori della mendace cronistoria per mappe? Qual è il comun denominatore che, nella loro testa, le rende un concetto omogeneo da contrapporre alle “terre ebraiche” o israeliane? Temo che la risposta si possa trovare in una delle tante versioni della cronistoria (Fig. 3), quella in cui gli autori si sono lasciati sfuggire il vero sotto-testo. Qui, nella prima mappa, la locuzione vaga e fuorviante “terra palestinese” viene sostituita senza eufemismi dalla dicitura: “terra della umma islamica”. Ora è chiaro. Scordiamoci pure lo scontro fra due diritti all’autodeterminazione; scordiamoci il contenzioso territoriale fra due popoli e due stati. Il nodo è un altro: è il “diritto” eterno della “comunità dei fedeli” al controllo totale su tutta la terra; è l’imperdonabile affronto inferto da una minoranza di non-musulmani – gli ebrei – che ha osato rendersi indipendente su un pezzo di terra che “spetta” alla comunità dei fedeli. Questa, temo, è l’unica mappa “onesta” della serie: quella che spiega come mai le prospettive di pace e coesistenza restano remote, a dispetto delle buone intenzioni di tanti, seppure spesso in buona fede.

(Da: informazionecorretta.com, 7.6.14)
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda Robyn il 15/07/2014, 15:52

La terza mappa è quella della giusta ripartizione dei confini fra Palestina e Israele"1949 1957"
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 16/07/2014, 0:32

Israele ha vinto la guerra contro i paesi arabi, il resto conta poco.
Così come gli USA hanno combattuto e vinto gli Indiani, prendendo la loro terra. Così come l'Italia governa molti comuni a maggioranza di popolazione austriaca in Alto Adige, un pezzo di Germania è passato alla Polonia e un pezzo di questa a Bielorussa e Ucraina. Non perché è "giusto", perché ci sono state delle guerre di mezzo.

Tuttavia Israele ha continuato negli insediamenti delle colonie (anche contro il parere di USA ONU UE), così oltre alla vittoria ha ricercato l'umiliazione dell'avversario. Io penso che ciò sia legato alle vecchie generazioni della classe dirigente, che hanno ancora memoria della sanguinosa guerra e vivono un profondo rancore (anche comprensibile). Spero che le nuove generazioni (di entrambe le parti) capiscano che è ora di cambiare e di puntare alla non violenza, in ogni forma.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 16/07/2014, 1:04

dal Fatto Q:

Gaza: se le bombe israeliane ‘bussano sul tetto’ di un ospedale. E dell’Arca
di Roberta Zunini | 15 luglio 2014


“Hanno bussato anche sul tetto dell’Arca e su quello del centro di riabilitazione di Wafa dove ci sono solo malati con più di 60 anni di età bisognosi di cure 24 ore su 24”. Charlie Andreasson è un attivista svedese dell’International Solidarity Movement – di cui faceva parte anche Vittorio Arrigoni – che dall’altra notte, quando una bomba dell’aviazione israeliana ha “bussato sul tetto” del Wafa rehab center, fa da scudo umano per difendere i pazienti ricoverati. “Le forze di difesa israeliane (Idf) israeliane hanno definito eufemisticamente e ironicamente questi bombardamenti ‘knocking on the roof’, ma se non fosse l’ennesima tragedia verrebbe voglia di definire questa operazione una farsa perché i militari guidati da un governo inetto e interessato solo a proteggere i coloni, non risolveranno nulla uccidendo bambini e vecchi. Questa reazione sproporzionata porterà solo ad altro odio. Ciò che serve a Netanyahu e ai suoi per evitare i negoziati e mantenere invariata la sua macabra politica che non prevede la fine dell’assedio della Striscia”.
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Andreason ne sa qualcosa, dato che vive da 9 mesi a Gaza. Oggi qui nessuno è più al sicuro fisicamente, in nessun luogo della Striscia, ma dal 2006, quando Hamas ha vinto regolarmente le elezioni, la vita dei gazawi è un incubo sotto tutti gli aspetti. “L’assedio di tutte le frontiere, il blocco di tutti gli spazi compresi quelli aerei e navali, ha distrutto quel minimo di economia di sussistenza che si stava sviluppando. La gente vive degli aiuti internazionali, ma anche in questo caso Israele crea in continuazione ostacoli, trovando dei cavilli burocratici per farli entrare con il contagocce. Inoltre i permessi per uscire dalla Striscia sono sempre più rari”.

Arca-GazaLe attività del milione e settecentomila abitanti della Striscia sono strette da anni nella morsa del blocco e il progetto dell’Arca avrebbe dovuto, non solo simbolicamente, allentare la tenaglia. “L’altra notte una serie di bombe ha bussato sul tetto dell’Arca numerose volte e alla fine ne è rimasto lo scafo carbonizzato. Saremmo dovuti già salpare a maggio ma una bomba l’aveva danneggiata e ora è distrutta. Il problema è che anche sei piccoli pescherecci ormeggiati accanto sono andati distrutti. Erano di proprietà di pescatori locali e rappresentavano la loro unica fonte di sopravvivenza”.

Il progetto dell’Arca, una piccola nave costruita nel porto di Gaza, era nato per trovare rimedio al blocco della Flottilla da parte della marina israeliana. “Il nostro scopo era caricarla di prodotti agricoli e tessili locali per portarli a coloro che li avevano acquistati per solidarietà. Era già virtualmente stipata di spezie e tessuti. Molti cittadini europei avevano aderito e a settembre avremmo provato a rompere il blocco e portarli a destinazione. Ma ora è impossibile, anche perché non abbiamo i soldi per comprarne un’altra”.

Per quanto riguarda la tregua proposta dall’Egitto e subito accettata da Israele, l’attivista svedese ricorda una sola cosa, dirimente: “Il presidente Al Sisi fa gli interessi di Israele dato che ha represso nel sangue la Fratellanza musulmana di cui il deposto presidente Morsi era uno dei leader. Siccome Hamas è una costola della Fratellanza, forse hanno ragione gli esponenti di Hamas nel dire che le condizioni della tregua hanno in realtà lo scopo di distruggerla attraverso una resa, de facto, incondizionata”. Resta il fatto che la gente muore, e non solo per le bombe. Ma per mancanza di futuro.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 16/07/2014, 8:12

flaviomob ha scritto:Per quanto riguarda la tregua proposta dall’Egitto e subito accettata da Israele, l’attivista svedese ricorda una sola cosa, dirimente: “Il presidente Al Sisi fa gli interessi di Israele dato che ha represso nel sangue la Fratellanza musulmana di cui il deposto presidente Morsi era uno dei leader. Siccome Hamas è una costola della Fratellanza, forse hanno ragione gli esponenti di Hamas nel dire che le condizioni della tregua hanno in realtà lo scopo di distruggerla attraverso una resa, de facto, incondizionata”. Resta il fatto che la gente muore, e non solo per le bombe. Ma per mancanza di futuro.

Sono andato a cercarmelo, questo testo cosi' inaccettabile, il cui unico scopo sarebbe di distruggere Hamas attraverso una trgua. Vediamolo.
Ho trovato un riassunto in italiano e l'originale in inglese.

Il riassunto in Italiano è questo:
Israele deve bloccare ogni ostilità verso la Striscia di Gaza (che sia via terra, mare o aria) e, allo stesso tempo, bloccare qualunque iniziativa militare che possa colpire dei civili;
Tutte le fazioni palestinesi della Striscia devono bloccare ogni ostilità e fermare il lancio di razzi e gli attacchi al confine che possano colpire i civili;
I posti di blocco devono essere aperti per permettere il passaggio di persone e beni che possano facilitare la sicurezza e la stabilità sul territorio;
Tutte le altre questioni, comprese quelle sulla sicurezza, devono essere discusse tra le due parti;
L'accordo prevede inoltre che un'alta delegazione composta da rappresentati del Governo Israeliano e delegzioni dalle diverse fazioni palestinesi si incontrino al Cairo nelle 48 ore che seguono l'inizio del cessate il fuoco, per stabilizzare la situazione. I colloqui saranno tenuti tra l'Egitto e i rappresentanti delle due parti, separatamente;
Entrambe le parti devono dimostrare di non voler avviare nessuna azione che possa minare gli accordi. L'Egitto, inoltre, deve ricevere garanzie da entrambe le parti che dimostrino l'impegno a portare avanti l'accordo.

La fonte è http://www.agoravox.it/Cessate-il-fuoco ... -dice.html

Il testo originale e completo in Inglese è stato pubblicato da un giornale israeliano http://www.haaretz.com/news/diplomacy-defense/1.605165 e mi sembra dica le stesse cose con frasi un po' piu' lunghe e nel linguaggio diplomatico.

In effetti per i movimenti che hanno statutariamente lo scopo di distruggere il nemico, una tregua con esso è inaccettabile. Sarebbe una resa. Meglio il martirio che la resa, anche se si tratta del martirio della propria popolazione.

Ora che questo lo pensino i fanatici di Hamas mi sta bene, fa parte dlela loro visione tunnel, ma che altri occidentali sostengano questo punto di vista è paradossale e frutto forse di qualche sindrome, tipo Stoccolma.
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