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Diritti umani, informazione e comunicazione

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Benedetta omofobia

Messaggioda flaviomob il 14/12/2012, 15:53

http://fulviobeltramiafrica.wordpress.c ... osessuali/

Giovedì 13 Dicembre 2012 una delegazione di giudici Ugandesi guidata dalla portaparola del Parlamento, Rebecca Kadaga é stata ricevuta dal Papa Benedetto XVI presso la Basilica di San Pietro, riporta il quotidiano ugandese Daily Monitor.

”Questo é un momento irripetibile. Ho letto molto sul papa, lo seguo su Twitter ma non l’ho mai incontrato di persona e non ho mai visitato la Basilica di San Pietro. É un avvenimento da ricordare e ringrazio Dio per avermi concesso questa opportunità.”, ha dichiarato Kadaga.

Durante l’incontro il Papa ha benedetto la delegazione ugandese e in special modo Rebecca Kadaga.

Immagine

La delegazione é a Roma per attendere alla Settima Assemblea dei Parlamentari della Corte Internazionale dei Crimini e alla Conferenza Mondiale dei Parlamentari per i Diritti Umani.
Il secondo appuntamento sarà molto difficile e delicato per la delegazione ugandese capitanata dalla promotrice (assieme al parlamentare David Bahati) della riforma dell’attuale legge contro i “comportamenti sessuali devianti”: omosessualità e bisessualità.

La proposta di legge, che sarà discussa in parlamento il 15 dicembre prossimo, intende introdurre i concetto di malattia mentale per l’omosessualità e la pena di morte o l’ergastolo per i gay recidivi.

É dal 2009 che questa proposta di legge é presentata a varie riprese al Parlamento e regolarmente bocciata su indicazione del Presidente Yoweri Museveni che, fino ad ora non intende rovinare l’immagine internazionale dell’Uganda con una legge omofobica così estrema, nonostante che la First Lady sia una accanita simpatizzante del provvedimento.

I promotori di questa palese violazione dei diritti umani si rifanno ai testi biblici e al vangelo per dimostrare che l’omosessualità é contro natura e contro il volere di Dio.
Sono appoggiati dalla Chiesa Anglicana Ugandese, della Chiesa Anglicana Americana e la neutralità della Chiesa Cattolica.

“Il gesto del Santo Padre é incomprensibile. Come si fa a benedire una figura politica criticata a livello internazionale per voler introdurre la pena di morte contro le minoranze sessuali in Uganda, a due giorni dal dibattito parlamentare sulla legge omofobica? Non si é valutato che questo gesto sarà utilizzato per rafforzare l’approvazione delle legge?”, si domanda un attivista gay dell’Università di Makerere che richiede l’anonimato per la sua salvaguardia fisica.

La riforma della legge peggiorerebbe il già grave clima delle violazioni dei diritti umani in Uganda nei confronti degli omosessuali.

Nel gennaio 2011 David Kato, attivista ugandese dei diritti umani e omosessuali fu trucidato in una stanza di hotel. Le autorità ugandesi archiviarono il caso facendolo passare come un incontro sessuale finito male tra Kato e un prostituto.

Il 07 dicembre 2012 un gruppo di prominenti leader delle Chiese Cristiane Americane ha reso pubblico la determinata opposizione alla legge definita discriminatoria, chiarendo che la criminalizzazione dell’omosessualità é incompatibile con a Fede Cristiana e le società democratiche.

“I Cristiani possono essere divisi a livello teologico ma sono uniti al richiamo di Cristo di prendere le difese delle minoranze perseguitate nella propria comunità e nel mondo. Sotto le festività del Santo Natale, noi invitiamo tutti i Cristiani del mondo ad unirsi a noi nel rigettare l’idea di questa legge che mira le minoranze vulnerabili e non é certo un modo appropriato di celebrare la nascita di Cristo.”, recita il comitato congiunto.

Rebecca Kadaga é confidente che la proposta di legge omofobica troverá la maggioranza necessaria al Palamento. “Sará il regalo di Natale al popolo ugandese”, ha promesso. La presenza di Kadaga alle due Conferenze Internazionali in Italia, non permetterá la partecipazione al voto prevista per domani, sabato 15 dicembre 2012.

Fulvio Beltrami

Kampala Uganda

Reporter dall’Africa per L’Indro.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 14/12/2012, 18:18

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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 15/12/2012, 11:34

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12 ... ay/446386/

Kill the gay!

di Matteo Winkler | 14 dicembre 2012

Come diversi quotidiani (tra i quali proprio il Fatto) hanno annunciato, oggi Papa Benedetto XVI, nell’anticipare il messaggio della Giornata per la Pace, ha affermato che i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono “un’offesa contro la verità della persona umana” e “una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace“. L’affermazione si accompagna alla benedizione di ieri ad una elegante signora proveniente dall’Uganda, laureata in diritto delle donne, tale Rebecca Kadaga, la quale è portavoce del Parlamento ugandese e prima promotrice del progetto di legge destinato ad introdurre nel Paese la pena di morte per omosessualità (inclusiva di pene severissime per chi non denuncia l’omosessualità altrui). Proprio per tale suo contenuto, il progetto di legge è denominato Kill the gay bill.

Entrambe le vicende rivelano senz’ombra di dubbio chela barbarie è tornata tra noiin due versioni differenti, ma con la stessa radice.

La radice è quella del cattolicesimo, trasformato in messaggio rivolto non solo ai cattolici ma … a tutti! Già, proprio così.

Papa Benedetto XVI aggiunge infatti che “l’azione della Chiesa nel promuover[e il matrimonio tra uomo e donna] non ha carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa“. Capite? Non parla solo ai cattolici, ma a tutte le religioni, offrendo una visione del mondo che è definita naturale, universale, intrinsecamente umana. D’altra parte, la signora Kadaga aveva a suo tempo dichiarato pubblicamente che il Kill the gay bill è un “regalo cristiano” alla popolazione dell’Uganda, che lo chiede con forza. Entrambi si scagliano direttamente e senza esitazione contro le persone omosessuali: l’uno incita a discriminarle in materia matrimoniale, proprio il giorno dopo rispetto alla risoluzione del Parlamento europeo che raccomandava agli Stati membri di introdurre il matrimonio o le unioni civili per le coppie gay e lesbiche; l’altra li vuole uccidere.

Non vi è alcuna differenza tra un messaggio che incita alla discriminazione e uno che si augura la morte di un’intera categoria di cittadini. La morte sociale è anche fisica, come ben sapeva Hannah Arendt quando affermava che “la società ha inventato la discriminazione come arma idonea ad uccidere le persone senza spargimento di sangue”.

La vera domanda, però, a questo punto non è se il Papa debba tacere su precetti della Bibbia o limitare espressamente il proprio messaggio ai credenti, né se la signora Kadaga debba astenersi dal proporre una legge che introduce la pena di morte per le persone omosessuali. La vera domanda è fino a quando saremo disposti a sopportare tutto questo. Fino a quando i cattolici e i cittadini comuni – che sanno benissimo distinguere la pace dalla guerra, la libertà dal totalitarismo, il rispetto dell’altro dall’ipocrisia di chi usa il crocifisso e la Bibbia come delle spade contro il prossimo – saranno disposti ad accettare col silenzio, la tolleranza e l’acquiescenza l’incitamento all’odio, l’irrazionale giustificazione della violenza e la negazione dell’evidenza, e cioè che maggiori libertà e diritti per tutti non sono una minaccia alla pace, bensì il suo presupposto, sulla base della fonte dalla quale tali affermazioni provengono?

I Paesi e le istituzioni internazionali che chiedono a gran voce una maggiore inclusione delle coppie dello stesso sesso nel godimento dei diritti fondamentali non lo fanno perché sono impazzite, per puro autolesionismo o perché hanno perso la retta via. Lo fanno, al contrario, perché hanno capito benissimo che le loro società saranno migliori se gli stessi diritti sono riconosciuti a tutti senza distinzione di orientamento sessuale, e se le giovani generazioni di gay, lesbiche e bisessuali possono sperare in un futuro di relazione, affetto ed amore con la persona di loro scelta e non con quella che il governo o il legislatore qualificano come tale.

Due secoli fa, Edmund Burke diceva: “Affinché il male trionfi è sufficiente che le persone buone non facciano nulla“. E aggiungeva che “Nessuno commette errore più grande di chi si rifiuta di fare qualcosa perché ritiene di poter fare poco“. Aveva ragione.


PS I "liberali" del forum devono dormire di un sonno profondo... buonanotte... :|


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Vattene! Tornatene da dove sei venuto.

Messaggioda flaviomob il 15/12/2012, 11:40

La pace del papa comincia dall’omofobia

paolo bonetti

Sono parole gravi quelle che Benedetto XVI ha pronunciato nel suo messaggio per la giornata della pace. Parole gravi, anche se non nuove nelle loro motivazioni dottrinali, perché il papa è giunto ad affermare che le unioni omosessuali giuridicamente riconosciute sono “una ferita grave alla giustizia e alla pace”. Nemici della pace non sono, dunque, i persecutori delle persone omosessuali, coloro che usano la violenza morale e fisica contro costoro; nemici della pace sono le vittime della violenza, coloro che hanno l’inammissibile pretesa di rivendicare il pubblico rispetto della loro dignità e dei loro sentimenti. Costoro, per il papa, costituiscono “un’offesa contro la verità della persona umana”, che è come dire che non sono persone umane, ma creature moralmente inferiori verso le quali è doverose mantenere precise discriminazioni giuridiche. Il papa ribadisce che quello che lui afferma non discende da premesse di tipo confessionale, ma è fondato su “principi inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi comuni a tutta l’umanità”. Non staremo, in questa sede, a contestare ancora una volta l’antropologia arcaica di Ratzinger e i suo concetto di ragione e di natura che fa il paio con quello aristotelico che escludeva gli schiavi dalla piena umanità. Ma quello che in Aristotele è storicamente comprensibile, diventa nel papa tedesco, che si proclama erede e custode del messaggio evangelico, semplicemente regressivo e barbarico. E’ poi strano che Ratzinger, che giustamente vuole sottrarre il lavoro al dominio delle presunte leggi naturali dell’economia, difenda una fantomatica legge di natura che emargina milioni di individui che hanno il solo torto di avere un orientamento sessuale non conforme a quello della maggioranza. Che cosa dire? Ci auguriamo solo che lo Stato laico prenda le distanze dal cristianesimo feroce del presunto vicario di Cristo.


{ Pubblicato il: 15.12.2012 }

http://www.criticaliberale.it/news/89878


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda Iafran il 15/12/2012, 12:14

flaviomob ha scritto:Ci auguriamo solo che lo Stato laico prenda le distanze dal cristianesimo feroce del presunto vicario di Cristo.


La vignetta di Vauro (Gesù Cristo, primo profugo dal Vaticano) potevi inserirla in questo argomento.
Iafran
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 15/12/2012, 12:28



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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 15/12/2012, 12:29

http://www.amnesty.it/uganda_legge_antiomosessualita

Presentato ancora una volta il disegno di legge anti-omosessualità in Uganda!
Data di pubblicazione dell'appello: 29.11.2012 Status dell'appello: aperto

David Kato, attivista dei diritti LGBT, ucciso in Uganda © Third Party
David Kato, attivista dei diritti LGBT, ucciso in Uganda © Third Party

UA: 338/12 Index: AFR 59/008/2012

Il parlamento ugandese si sta preparando a discutere un disegno di legge che consolida la discriminazione e l'odio contro le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Il disegno di legge, noto come disegno di legge anti-omosessualità, è stato inserito all'ordine del giorno del parlamento il 21 novembre e potrebbe essere calendarizzato per il dibattito in ogni momento. Si teme che il disegno di legge possa essere approvato entro pochi giorni di dibattito.

Il codice penale ugandese già proibisce i rapporti sessuali consensuali fra persone dello stesso sesso. Nonostante ciò, il disegno di legge anti-omosessualità va molto oltre, prevedendo, nelle sue prime bozze, la pena di morte per il reato di "omosessualità aggravata". Non è chiaro se la pena di morte rimanga nel disegno di legge, ma Amnesty International ha appreso che alcune norme potrebbero essere state modificate: nella sua attuale formulazione, potrebbero essere imposti ergastoli per le relazioni sessuali consensuali fra persone dello stesso sesso. In ogni caso, il disegno di legge continuerebbe a considerare reato la "promozione" dell'omosessualità, attaccando la libertà di espressione dei difensori dei diritti umani. Nonostante qualunque modifica, il disegno di legge avrebbe effetti deleteri e duraturi su ogni cittadino ugandese che venisse accusato di violare le sue ampie disposizioni e ostacolerebbe significativamente il lavoro dei difensori dei diritti umani e dei professionisti che si occupano di salute pubblica.

Se il disegno di legge dovesse essere approvato, violerebbe il principio di non discriminazione e porterebbe alla violazione di alcuni diritti umani quali: la libertà di espressione; la libertà di pensiero, di coscienza e la libertà religiosa; la libertà di manifestare pacificamente; la libertà di associazione; la libertà e la sicurezza della persona, il diritto alla privacy; il diritto al più alto standard di salute e vita. Tutti questi diritti sono garantiti dalla costituzione ugandese e dai trattati internazionali e regionali di cui l'Uganda è stato parte, inclusi il Patto internazionale dei diritti civili e politici, il Patto internazionale dei diritti economici sociali, la Carta africana sui diritti dell'uomo e dei popoli.

INFORMAZIONI AGGIUNTIVE
Il disegno di legge anti-omosessualità era stato presentato per la prima volta nell'ottobre del 2009. Era stato calendarizzato per il dibattito parlamentare nel maggio del 2011, ma il parlamento era stato sciolto ufficialmente prima che potesse essere discusso. Nell'ottobre del 2011, il disegno di legge era stato reintrodotto, in seguito ad una mozione parlamentare per ripresentare 17 disegni di legge, fra cui il disegno di legge anti-omosessualità, che erano rimasti pendenti dalla precedente legislatura parlamentare.

La ripresentazione del disegno di legge avviene in un periodo in cui, in Uganda, è estremamente ridotto lo spazio concesso al diritto alla libertà di espressione e di associazione. Ad alcuni gruppi di opposizione al governo è stato proibito di organizzare manifestazioni e numerosi attivisti dissidenti per questioni di gestione petrolifera, corruzione e diritti umani hanno subito intimidazioni, persecuzioni e sorveglianza continue.

Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti umani hanno documentato casi di discriminazioni, arresti arbitrari, detenzione, tortura e altri maltrattamenti nei confronti di gay, lesbiche, bisessuali e transgender in Uganda. E tutte queste violazioni dei diritti umani sono state motivate con il pretesto di far rispettare le vigenti disposizioni del codice penale.
La comunità lgbt è stata, inoltre, esclusa dai programmi governativi per la prevenzione dell'Hiv/Aids e dalla fornitura di altri servizi sanitari. Questo disegno di legge potrebbe istituzionalizzare questa discriminazione. Inoltre, la proposta, se convertita in legge, manderebbe un chiaro segnale di impunità a tutti coloro che volessero prendere di mira le persone lgbt a causa del reale o presunto orientamento sessuale o della identità di genere.

[Firma subito l'appello]

Prime Minister and Leader of
Government Business in the Parliament of Uganda
Rt. Hon. Amama Mbabazi
Office of the Prime Minister
P.O. Box 341, Kampala, Uganda

Onorevole primo ministro,

siamo sostenitori di Amnesty International, l'organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque essi siano violati.

Scriviamo per esprimere la nostra profonda preoccupazione per il disegno di legge, noto come disegno di legge anti-omosessualità, che è stato inserito all'ordine del giorno del parlamento il 21 novembre e che potrebbe essere calendarizzato per il dibattito in ogni momento.

Nonostante qualunque modifica, il disegno di legge avrebbe effetti deleteri e duraturi su ogni cittadino ugandese che venisse accusato di violare le sue ampie disposizioni e ostacolerebbe significativamente il lavoro dei difensori dei diritti umani e dei professionisti che si occupano di salute pubblica. Per questo motivo sollecitiamo il parlamento ugandese a non approvare il disegno di legge nella sua formulazione attuale o emendata.

Inoltre, ricordiamo al parlamento ugandese che, se venisse approvato il disegno di legge, sarebbero violati numerosi diritti umani garantiti dalla Costituzione ugandese e da trattati internazionali e regionali ratificati dall'Uganda.

La ringraziamo dell'attenzione.


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I consulenti

Messaggioda flaviomob il 17/12/2012, 2:24

L’ex dittatore argentino, Jorge Videla, rivela le pesanti complicità delle gerarchie ecclesiastiche con il regime militare. Intervistato in carcere, ha fatto presente come l’allora nunzio apostolico Pio Laghi e l’ex presidente della Conferenza episcopale di Argentina Raul Primatesta, assieme ad altri vescovi, abbiano concretamente dato al governo dei golpisti consigli su come gestire l’uccisione dei desaparecidos.

...

http://www.reset-italia.net/2012/12/16/ ... parecidos/


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 18/12/2012, 10:07

dal Corriere:

Chini nei campi, i lavoratori migranti senza diritti nell’agricoltura italiana

di Riccardo Noury


Venti, quando va bene 30 euro per una giornata di lavoro: paga oraria media, 3.75 euro che, nel caso di turni di lavoro superiori alle dieci ore, scende sotto i tre euro all’ora.

Sempre che i soldi te li diano tutti. A “Sunny”, un lavoratore migrante dell’India, non è andata così:

“Lavoro 9 -10 ore al giorno dal lunedì al sabato, poi cinque ore la domenica mattina, per 3 euro l’ora. Il datore di lavoro mi dovrebbe pagare 600-700 euro al mese. Negli ultimi sette mesi, però, mi ha dato solo 100 euro al mese per le spese. Non ho un contratto con il datore di lavoro, quindi non posso andare via perché perderei il denaro. Non posso andare alla polizia perché non ho documenti. La mia sola opzione è aspettare di essere pagato”.

E a un certo punto, i datori di lavoro scompaiono, come nel caso di “Baba”, un lavoratore migrante del Ghana:

“A volte ci si mette d’accordo per 25-30 euro, ma alla fine della giornata ti danno 15-20 euro. A me è successo tre o quattro volte. Due volte mi è successo che il datore di lavoro mi ha detto di tornare il giorno dopo per essere pagato a lavoro finito; ma il giorno dopo non era più sul posto di lavoro e non è tornato. Non sono stato pagato per niente”.

A questo punto, qualcuno di voi starà pensando: “Non gli sta bene? Tornassero a casa loro”, “Il lavoro agli italiani!”, “Qui c’è la crisi, che venite a fare!”.

Il punto è che l’agricoltura italiana dipende fortemente dalla manodopera straniera migrante. Secondo il Dossier statistico Immigrazione 2011 della Caritas/Migrantes, nel 2010 i migranti regolari hanno svolto il 23.6 per cento delle giornate lavorative totali in agricoltura nel nostro paese. Le statistiche ufficiali, tuttavia, non tengono conto del lavoro dei migranti irregolari e dei migranti “lavoratori non dichiarati”, cioè i braccianti regolari il cui datore di lavoro non ha dichiarato il rapporto di lavoro alle autorità, per evitare di pagare tasse e contributi previdenziali.

Allo sfruttamento del lavoro dei migranti nel settore dell’agricoltura in Italia, molto diffuso nel centro-sud, è dedicato un rapporto pubblicato oggi da Amnesty International in occasione della Giornata internazionale dei migranti.

I lavoratori migranti ricevono paghe inferiori di circa il 40 per cento rispetto al salario minimo. Le vittime dello sfruttamento del lavoro sono migranti africani e asiatici e, in alcuni casi, cittadini dell’Unione europea (soprattutto bulgari e rumeni) e cittadini di paesi dell’Europa orientale che non fanno parte dell’Unione europea (tra cui gli albanesi).

La ricerca di Amnesty International si è concentrata in particolare nella provincia di Latina e nel Casertano.

Secondo il contratto provinciale concluso tra sindacati e organizzazioni di imprenditori agricoli, i lavoratori agricoli dell’area di Latina dovrebbero lavorare 6.5 ore al giorno, sei giorni alla settimana, per un salario orario lordo di 8.26 euro (tra 5.60 e 6.60 euro al netto delle tasse). Quando Amnesty International ha visitato l’area di Latina, nel giugno 2012, molti lavoratori agricoli indiani lavoravano 9-10 ore al giorno dal lunedì al sabato, poi mezza giornata la domenica mattina, per circa 3-3.50 l’ora. Alcuni lavoratori, tutti con permessi di soggiorno validi, hanno dichiarato di lavorare sei giorni alla settimana per 4-5 euro l’ora. Solo uno dei 25 lavoratori migranti intervistati da Amnesty International ha affermato di essere pagato 8 euro l’ora.

L’area di Caserta ospita ufficialmente circa 23.000 cittadini stranieri (compresi cittadini dell’Unione europea), il 2.5 per cento della popolazione. La percentuale reale, compresi i migranti irregolari, è probabilmente molto più alta. Ad esempio, la popolazione straniera di Castel Volturno è ufficialmente di 2900 persone su un totale di 23.000 abitanti; in realtà, le stime raggiungono le 7000 persone.

La paga minima per un lavoratore agricolo nell’area di Caserta, contrattata fra le parti sociali, è di 39.91 euro lordi per 6.5 ore di lavoro (5.70 euro l’ora). Tuttavia all’alba sulle rotonde, ossia in quegli uffici di collocamento illegali dove il caporalato la fa da padrone il potere contrattuale dei lavoratori migranti è praticamente inesistente, la paga standard per una giornata di lavoro (dalle 8 alle 10 ore) è di 20-30 euro, cioè non più di 3.75 euro l’ora.

Il rapporto di Amnesty International descrive i principi della politica migratoria italiana, fissati dal Testo unico sull’immigrazione del 1998 e dalla legge Bossi-Fini del 2002. Il primo è il controllo dei flussi d’ingresso. Il numero di lavoratori migranti ammessi nel paese ogni anno è fisso e definito in un decreto governativo (il cosiddetto “decreto flussi”), che stabilisce quote per tipi diversi di lavoratori.

Il secondo principio è la subordinazione del rilascio del permesso di soggiorno all’esistenza di un “contratto di soggiorno” scritto, depositato dal datore di lavoro allo Sportello unico per l’immigrazione, col quale egli s’impegna a garantire un alloggio adeguato e a pagare le spese del viaggio di ritorno al lavoratore migrante che intende assumere. Una volta verificato che nessun lavoratore italiano o comunitario è interessato al lavoro, lo Sportello unico per l’immigrazione rilascia il “nulla osta al lavoro”, sulla base del quale i nostri Consolati rilasciano il visto d’ingresso che, in Italia, dev’essere convertito in permesso di soggiorno.

Nella pratica, il sistema non funziona. Intanto, le quote d’ingresso stabilite dal governo italiano rimangono regolarmente al di sotto la domanda reale di lavoro migrante. Nel 2011 i datori di lavoro hanno presentato circa 400.000 domande per lavoro subordinato, quasi quattro volte il numero di posti disponibili secondo la quota stabilita per quell’anno (98.080).

C’è poi, immancabile, la “burocrazia”: poiché per il rilascio del “nulla osta” possono occorrere anche nove mesi, l’idea che i datori di lavoro in Italia reclutino lavoratori migranti quando essi si trovano ancora nel paese d’origine – quando possono reclutare migranti che si trovano già in Italia, sebbene in posizione irregolare – è semplicemente irrealistica, specialmenteper i lavori poco qualificati, come quelli tipicamente svolti da lavoratori migranti, stagionali e non, in agricoltura e nel turismo. Ma, in questo caso, anche laddove il datore di lavoro fosse disponibile a concludere un “contratto di soggiorno”, la legge impedisce il rilascio di permessi di soggiorno per lavoro subordinato o stagionale a lavoratori migranti che si trovino già in Italia irregolarmente.

In sintesi, i datori di lavoro tendono a, perché non possono fare altrimenti o, soprattutto, lo trovano conveniente, impiegare migranti irregolari. Questi non hanno altra scelta se non lavorare nell’economia informale.

Ecco aperta, allora, la strada al mercato parallelo dei permessi, allo sfruttamento e all’invisibilità. La condizione di migrante irregolare, come noto, in Italia è un reato dal luglio 2009. Ciò significa che i migranti irregolari che vogliano denunciare abusi, compreso lo sfruttamento lavorativo, rischiano non solo di perdere il lavoro ma di essere accusati del reato di “ingresso e soggiorno illegale” (su cui oggi il Segretario generale dell’Onu prende una posizione molto netta), detenuti ed espulsi.

Si chiede “Jean-Baptiste”, un lavoratore migrante del Burkina Faso:

“Quando il datore di lavoro non paga, che cosa puoi fare per avere il denaro? Senza documenti, come puoi andare alla polizia? Senza documenti, sei espulso. Ma non hai fatto niente di male…”.

Le autorità italiane possono dare una risposta?

PS: i nomi delle persone intervistate da Amnesty International sono stati alterati per ragioni di sicurezza.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 18/12/2012, 22:31

Il presidente del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, Jean Zermatten, ha espresso il suo sgomento per l’esecuzione di una ragazza, Hind Al-Barti, che ha avuto luogo a Sana’a, Yemen, il 3 dicembre 2012.

«Secondo le informazioni che abbiamo ricevuto, Hind Al-Barti aveva circa 15 anni al momento del reato», ha detto il presidente del comitato. «La sua esecuzione è avvenuta in violazione dell’articolo 6 della Convenzione sui diritti del fanciullo che proclama il diritto naturale di ogni bambino alla vita, e dell’articolo 37 (a), che prevede che né la pena capitale né l’imprigionamento a vita senza possibilità di rilascio devono essere decretati per reati commessi da minori».«E’ deplorevole che questa esecuzione abbia avuto luogo nonostante le rassicurazioni che lo Yemen ha dato al Comitato nel giugno 2005, che la pena di morte, la tortura e altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti verso persone che hanno commesso reato quando erano minori di 18 anni , fossero stati aboliti dal codice penale,” ha detto il presidente.
Secondo varie fonti, 14 giovani sono stati giustiziati tra il 2006 e il 2010. Il 18 gennaio 2012, un altro giovane che aveva commesso reato è stato condannato a morte. Queste esecuzioni sono anche una grave violazione dell’impegno assunto nel 2009 dal governo dello Yemen, nel quadro della procedura del Consiglio dei diritti umani conosciuta come Universal Periodic Review (UPR), per garantire la conformità agli obblighi dell’articolo 37 (a) della Convenzione sui diritti dell’infanzia. Lo Yemen si era impegnato a non imporre la pena capitale per reati commessi dai minori di 18 anni di età, a garantire che la pena di morte non venisse applicata ai minori, di rivedere la condanna alla pena di morte di minori e di persone disabili mentali e ad adottare misure immediate per rimuovere i detenuti minorenni dal braccio della morte.

...

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