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Diritti umani, informazione e comunicazione

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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 18/05/2012, 12:39

da l'Unità:

Napolitano sprona politici
«Situazione carceri insostenibile»


«L'attenzione che parlamento e governo pongono ai problemi del carcere induce a confidare che il punto critico insostenibile cui essi sono giunti possa essere superato anche attraverso l'adozione di nuove e coraggiose soluzioni strutturali e gestionali che coinvolgano tutti gli operatori del settore e in particolare la Polizia Penitenziaria». È uno dei passaggi del messaggio che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato al Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Tamburino in occasione del 195esimo anniversario della fondazione del corpo.

«In occasione del 195° anniversario della fondazione del Corpo della Polizia Penitenziaria - si legge nel messaggio di Napolitano - sono lieto di esprimere, a nome di tutta la nazione e mio personale, viva gratitudine e apprezzamento agli uomini e alle donne della Polizia Penitenziaria per l'opera che quotidianamente svolgono al servizio dello Stato garantendo la sicurezza negli istituti e concorrendo all'attuazione del principio costituzionale della funzione rieducativa della pena». «L'attenzione che parlamento e governo pongono ai problemi del carcere - prosegue - induce a confidare che il punto critico insostenibile cui essi sono giunti possa essere superato anche attraverso l'adozione di nuove e coraggiose soluzioni strutturali e gestionali che coinvolgano tutti gli operatori del settore e in particolare la Polizia Penitenziaria. Anche nelle difficili condizioni attuali e in vista di soluzioni innovative il Corpo saprà dimostrare professionalità, dedizione e spirito di sacrificio come sempre nell'affrontare le più gravi situazioni di disagio e tensione». «In questo giorno di solenne celebrazione - che è simbolicamente dedicato anche al ricordo di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo e degli uomini addetti alla loro tutela, attraverso il recupero dell'autovettura in cui essi persero la vita - rendo omaggio - conclude Napolitano - ai caduti nell'assolvimento dei loro compiti e rinnovo a tutti voi - in servizio o in congedo - e alle vostre famiglie fervidi voti augurali».

---

Articolo 27 della Costituzione:

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda Iafran il 22/05/2012, 11:18

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05 ... ia/237630/

Farah è scomparsa in Siria
di Shady Hamadi | 22 maggio 2012

30 anni, una laurea in Scienze Ambientali all’università di Damasco e un master in “Gestione Ambientale del Mediterraneo” conseguito in Italia. E’ Farah Hwijeh, nata il 10 febbraio del 1982 a Salamiyya in Siria e arrestata dai servizi di sicurezza, senza motivo alcuno, il 5 maggio scorso. Da allora la sua famiglia non ha avuto più notizie di lei.

Sua cugina, Eva Zidan, archeologa all’università di Udine, nonché mia cara amica, mi ha detto: “Non abbiamo saputo né in che prigione è rinchiusa né quando e se verrà processata. Di mia cugina se ne sta occupando suo padre, avvocato, che da anni assiste i prigionieri di coscienza. Siamo davvero preoccupati”.

Di seguito potrete leggere l’appello disperato che la famiglia ha scritto e rivolto a tutti.

“Farah è una volontaria attiva. Ha partecipato a molti progetti con l’Associazione siriana per l’ambiente tra cui la realizzazione del giardino botanico, una mostra sui fiori, il rinfoltimento della flora del monte Qasiun che svetta su Damasco.

Ha preso parte anche a molte attività per i bambini malati di cancro.

Nel luglio 2006, durante la guerra di Israele contro il Libano era lì, sul confine siro-libanese, ad aiutare le famiglie libanesi in fuga verso la Siria.

Farah è stata l’ideatrice del progetto “coperchi di plastica”: ha avuto l’idea di raccogliere i coperchi in plastica delle bottiglie, di rivenderli a industrie di riciclaggio della plastica a Damasco e utilizzare i soldi ricavati per comprare sedie a rotelle per i bambini che ne hanno bisogno.

Farah si è molto impegnata anche per la salvaguardia dell’Ibis testanera – Abu Manjal – un uccello che vive in Siria, in una zona semi-desertica, e che è a rischio di estinzione.

Farah ora è in carcere. È in prigione nel paese che ama… Qual è il crimine che ha commesso? Addebitiamo la responsabilità di qualunque danno arrecato a Farah Hwijeh alle forze di sicurezza siriane e chiediamo il suo rilascio immediato.

http://www.facebook.com/#!/Freedom.for.Farah.Hwijeh
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 22/05/2012, 18:39

"I vescovi sono esonerati dall'obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto o detenuto per ragioni del proprio ministero''. E' quanto si legge nelle ''Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici'' presentate oggi in Vaticano dal segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata.

"E' chiaro a tutti noi vescovi - ha affermato Crociata - che bisogna collaborare con le autorità civili, ciò non vuol dire che noi si possa operare in modo difforme da quanto prevede la legislazione".
Secondo il pensiero della Cei, però "i vescovi sono esonerati dall'obbligo di deporre o di esibire documenti in merito a quanto conosciuto o detenuto per ragioni del proprio ministero". Questo perché "nell'ordinamento italiano - è scritto - il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l'obbligo giuridico di denunciare all'autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti" di abuso sessuale da parte del clero.

Parole che scatenano sconcerto e polemiche.

http://www.globalist.it/Detail_News_Dis ... i-pedofili


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 24/05/2012, 13:58

Nigeria: la Shell ammetta, pulisca e paghi!
Data di pubblicazione dell'appello: 18.11.2011
Status dell'appello: aperto


Decenni di estrazione di petrolio nel Delta del Niger hanno provocato povertà, conflitti e violazioni dei diritti umani. L'inquinamento causato dalle attività estrattive ha devastato la vita della popolazione del Delta del Niger; ha contaminando la terra, l'acqua e l'aria, contribuendo alla violazione del diritto alla salute e a un ambiente sano, del diritto a condizioni di vita dignitose, inclusi il diritto al cibo e all'acqua, nonché del diritto a guadagnarsi da vivere attraverso il lavoro. Centinaia di migliaia di persone ne sono state colpite, in particolar modo quelle più povere e quelle che dipendono da fonti di sostentamento tradizionali, come la pesca e l'agricoltura.

Molte zone del Delta del Niger sono ancora inquinate perché le aziende petrolifere non hanno effettuato bonifiche né ripristinato le condizioni iniziali del suolo e dell'acqua. Tra queste anche Bodo, nell'Ogoniland, una città di 69.000 abitanti che da tre anni aspettano giustizia.

Nell'agosto 2008 una falla nell'oleodotto Trans-Niger ha provocato una grande fuoriuscita di petrolio nella zona di Bodo. Il petrolio si riversò per quattro settimane. La Shell ha denunciato la fuoriuscita di 1640 barili di petrolio, ma secondo una stima indipendente, fuoriuscì l'equivalente di 4000 barili al giorno. La fuoriuscita venne fermata il 7 novembre. Un mese dopo c'è stata una seconda fuoriuscita, sempre a causa delle cattive condizioni dell'oleodotto, che la Shell ha fermato solo dopo 10 settimane.

Da allora, non c'è stata alcuna bonifica. I danni alla pesca e all'allevamento hanno causato scarsità di cibo e un aumento dei prezzi. Gli abitanti di Bodo hanno inoltre denunciato gravi problemi di salute, collegati all'inquinamento del suolo e dell'acqua. Dopo aver cercato a lungo di ottenere la bonifica e un risarcimento, nel 2010 la comunità di Bodo si è rivolta a un tribunale del Regno Unito. Il caso contro la Shell è tuttora in corso.

Tre anni dopo, nell'agosto 2011, un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep), basato su una propria valutazione dell'inquinamento petrolifero nell'Ogoniland, ha messo in evidenza il fallimento della Shell, da molti anni, nel bonificare efficacemente l'area. Sebbene il governo della Nigeria sia il principale responsabile delle violazioni dei diritti umani in corso nel Delta del Niger, dal rapporto dell'Unep emergono chiaramente anche le notevoli responsabilità della Shell.

Amnesty International chiede alla Shell di rendere conto del proprio operato a Bodo, di ripulire le fuoriuscite di petrolio e di risarcire adeguatamente la comunità locale per tutte le perdite e i danni subiti. La Shell deve inoltre contribuire con una quota iniziale di un miliardo di dollari a un fondo indipendente per la bonifica di tutta la regione dell'Ogoniland.

http://www.amnesty.it/nigeria_shell_paghi_bonifica


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 27/05/2012, 12:26

dal Fatto:

Khaled Khalifa, il regime siriano spezza una mano allo scrittore
di Shady Hamadi | 27 maggio 2012

Tirato per i capelli, picchiato violentemente e sequestrato dagli uomini della sicurezza siriana, mentre partecipava al funerale di Rabi‘ Ghazzi. E’ Khaled Khalifa, scrittore, amico, siriano e umano. Glielo avevano promesso e prima o poi sarebbe accaduto.

Khaled Khalifa, famoso per il suo libro Elogio dell’odio (edizioni Bombiani), l’ho conosciuto nel giugno dell’anno scorso , ospite con me al programma di Gad Lerner “L’Infedele”. Ricordo ancora l’istante in cui lo vidi arrivare dietro le quinte e sorridermi. Era sudato, indossava delle ciabatte e il suo aspetto paffuto mi aveva fatto stringere amicizia con lui ancor prima che ci salutassimo. Khaled quella indimenticabile sera, riuscì a incantare tutti con il suo coraggio.

Sapeva che gli uomini del regime lo avrebbero ascoltato, mentre parlava del genocidio, come l’ha sempre chiamato lui, che accadeva in Siria. In molti quella sera gli chiesero “perchè torni in Siria?” e lui rispose “perchè devo stare con il mio popolo”. Qualcuno disse che nel mondo arabo non esistono scrittori non impegnati politicamente. Khaled Khalifa nè è la prova.

Mesi dopo Khaled mi mandò un messaggio dicendomi che, se le autorità siriane glielo avessero permesso, sarebbe venuto a Roma a tenere una conferenza e ci saremmo reincontrati. Ieri, uomini che vogliono umiliare un intero popolo, hanno rotto una mano a Khaled, a simboleggiare il volere che lui non scriva più. In un intervista telefonica, nelle ore successive in cui è stato liberato, scaraventato fuori da una macchina, Khaled ha detto “con una mano mi sarà difficile battere a macchina”.

Il mio augurio, caro amico, è di poter leggere altri, tanti, tuoi libri.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 27/05/2012, 16:48

http://video.corriere.it/arabia-saudita ... ac10a9ea60

Una donna filma la polizia religiosa che vorrebbe cacciarla da un centro commerciale perché ha lo smalto sulle unghie. Mentre il filmato fa il giro del mondo, la donna rischia la prigione.

Nessuno ha niente da dire su questo regime, tanto amico dell'Occidente?


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 27/05/2012, 20:56

flaviomob ha scritto:Nessuno ha niente da dire su questo regime, tanto amico dell'Occidente?

Ma chi se ne frega se quel regime è amico o nemico dell'occidente!
Non mi sembra questo il problema.
Il dissidio tra autorità religiosa e laica esiste un po' ovunque nei paei sislamici ma ritengo sia ancora preferibile l'arabia saudita occidentale alle stragi del "laico" Assad in siria.
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 28/05/2012, 12:19

Inoltre mi preoccuperei un po' di tutto, doverosamente, ma prima ancora di quello che succede in casa nostra
http://www.corriere.it/cronache/12_magg ... 7404.shtml
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 28/05/2012, 23:32

Stop alle esecuzioni in Arabia Saudita!
Data di pubblicazione dell'appello: 23.03.2012
Status dell'appello: aperto

Siti Zainab Binti Duhri Rupa © Documentation of CIMW
Molte persone in Arabia Saudita vengono condannate a morte sulla base di "confessioni" estorte con tortura, costrizione o inganno. Spesso le condanne a morte vengono emesse a conclusione di processi perlopiù segreti e particolarmente iniqui.

Sit Zainab Binti Duhri Rupa, di nazionalità indonesiana e madre di due figli, è rinchiusa nel carcere di Medina dal 1999. La donna soffrirebbe di disturbi mentali e sarebbe stata costretta a "confessare" l'omicidio del suo datore di lavoro nel 1999 durante l'interrogatorio della polizia. Dopo l'arresto, Sit Zainab Binti Duhri Rupa non ha avuto accesso all'ambasciata indonesiana per almeno 11 mesi, né a un avvocato e né alla sua famiglia. Amnesty International ha espresso le sue preoccupazioni alle autorità circa le modalità della confessione di Sit Zainab Binti Duhri Rupa, tenuto conto anche del suo stato di salute mentale, e ha riportato la loro attenzione su una risoluzione della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite che chiede agli stati che ancora prevedono la pena di morte di "non imporla su individui che soffrono di qualsiasi forma di disturbo mentale e di non metterli a morte".

Scrivi al Re Abdullah bin Abdul Aziz Al Saud per chiedere la commutazione della condanna a morte di Siti Zainab Binti Duhri Rupa.

http://www.amnesty.it/Arabia_Saudita_pena_di_morte

NdR in Arabia Saudita sono state eseguite almeno 82 sentenze di morte nel 2011


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Così Roma ha accolto Fakhra, ma non è riuscita a salvarla

Messaggioda franz il 01/06/2012, 12:24

Così Roma ha accolto Fakhra,
giovane pachistana sfregiata con l’acido
Ma non è riuscita a salvarla

di Elena Doni

Fakhra Younas era una danzatrice pachistana del quartiere a luci rosse di Karachi. Nel 2000 fu sfigurata con l’acido: denunciò l’ex marito, che si è sempre detto innocente ed è stato assolto. Fakhra ha ottenuto l’asilo politico in Italia e ha scritto un libro, Il volto cancellato, con la giornalista Elena Doni, ma il 17 marzo 2012, a 33 anni, si è buttata dal sesto piano del suo appartamento di Roma. Abbiamo chiesto a Elena Doni di ricordare chi era Fakhra, un racconto che viene pubblicato contemporaneamente in tre Paesi: in Italia sul blog La 27esima Ora del Corriere della Sera, in Pakistan sul quotidiano Dawn e in una versione più breve in America, sulla rivista Women Writers, Women Books.

Quando Fakhra era capricciosa, incostante, pigra o prepotente, per non arrabbiarmi dovevo pensare alle “divine” del primo Novecento europeo: cantanti o attrici celebrate dai poeti e adorate dal pubblico come mai più è accaduto in seguito in Italia. Perché invece, in Pakistan, Fakhra è stata una vera diva e il suo successo ha fatto sognare milioni di ragazze povere.

Poverissima è stata anche lei, da bambina: con i suoi fratellini affamati aspettava ogni sera con ansia il ritorno della madre (l’ho conosciuta, era una donna di grande dignità) che allora guadagnava qualche soldo vendendo il proprio corpo. Quando Fakhra, poco più che adolescente, cominciò a danzare, la vita cambiò per tutta la famiglia: gli uomini buttavano banconote ai suoi piedi e non aveva ancora vent’anni quando girò il primo film da protagonista. Ebbe ovviamente diversi amanti, un bambino bellissimo (Noman, che ora vive in Italia) e, come in tutte le favole, sposò poi un “principe”, in realtà, il figlio del governatore del Punjab, il quale immediatamente lo diseredò. Di conseguenza Fakhra e Bilal precipitarono nella povertà, lui anche nell’alcol e nella violenza. Fakhra fuggì nella casa della sorella, qui la raggiunse il marito, le versò in faccia l’acido che cancellò per sempre la sua bellezza e, appena fu dimessa dall’ospedale, la segregò per molti mesi in una lontana sua proprietà di campagna. Liberò Fakhra da questa prigionia Tehmina Durrani, che era stata in precedenza moglie del governatore, e la portò a Roma dove aveva amici influenti.

Fu così che Fakhra fu presentata all’allora sindaco Walter Veltroni, che la ricevette in Campidoglio, l’accompagnò nel suo studio, aprì il balcone che affaccia sul Foro Romano e, indicando la Roma moderna in lontananza, le disse: “Questa città non ti abbandonerà”.

Ha mantenuto Roma la sua promessa? Per parecchi anni avremmo potuto rispondere: sì, Roma non ha tradito Fakhra. Non solo attraverso strutture pubbliche, come la Sanità, la Onlus Smileagain, che aiuta le vittime di attacchi con l’acido e l’ha ospitata per diversi anni, il Comune che le ha permesso, quando Noman è cresciuto, di vivere insieme in un appartamentino, la Casa delle Donne, dove abitò all’arrivo dal Pakistan e, più di recente, la Onlus CO2 che qualche giorno fa l’ha ricordata in musica.

Quando Fakhra arrivò a Roma, la cosa più urgente fu trovare un chirurgo che la curasse. La prima persona contattata rinunciò dopo averla vista, la seconda fu il professor Valerio Cervelli, il quale decise che bisognava innanzitutto restituire a Fakhra la possibilità di alzare la testa: non aveva più il mento e le sue labbra erano attaccate al petto. Una missione impossibile, secondo altri dottori (com’era possibile anestetizzarla se non si poteva inserirle la cannula nella gola?), ma Cervelli ci riuscì (con l’intubazione endoscopica) e, dopo alcuni giorni, Fakhra fu in grado di sollevare la testa e guardare di nuovo al bel viso di suo figlio. Dopo ci sono state altre 38 operazioni, tutte fatte da Cervelli a Roma: non le hanno restituito la bellezza, ma il suo volto, sebbene sfregiato, era un volto “normale”.

Tutte queste persone che le hanno voluto bene hanno per anni scongiurato inutilmente Fakhra di imparare a leggere e scrivere, anche in vista di un possibile lavoro. Ma non ci fu verso. Accadde così che nel 2004 la Mondadori mi propose di scrivere per lei un libro sulla sua vita. Nacque così “Il volto cancellato”: Fakhra parlava e io scrivevo, integrando la sua narrazione con racconti sulle consuetudini pachistane, tanto diverse dalle nostre. Lei ricordava e io prendevo nota: così ho imparato a conoscere questa “diva” generosa e spendacciona, spiritosa e pigra, socievole e legatissima alle tradizioni del suo Paese.

Giorno dopo giorno ho imparato a conoscerla e a capire quanto era difficile per lei accettare le nostre regole e le nostre abitudini. Un giorno eravamo insieme in automobile sul Grande Raccordo Anulare che circonda Roma. Improvvisamente lei disse “Voglio prendere la patente e comprarmi una macchina”. Mi fermai e le indicai il grande cartellone verde che indicava le direzioni, con ROMA scritto in grande. “Cosa c’è scritto?” chiesi. E lei, imbronciata: “Sai bene che non voglio imparare a leggere”. Quel giorno abbiamo riso insieme: ma credo che la sua incapacità di fare del nostro anche il “suo” Paese sia stata una delle cause della disperazione di Fakhra. L’ultima volta che l’ho vista, un anno e mezzo fa, non era più la ragazza che avevo conosciuto. Era molto ingrassata, fumava erba in continuazione, si accompagnava a un pachistano che davvero non avrebbe potuto integrarsi nel piccolo mondo che era stato il suo negli ultimi sette anni.

Mi rimane di lei una graziosa collana di strani sassi lisci che mi regalò quando lavoravamo al libro. Non la porto più ma spesso la riguardo con malinconia mista a rabbia per non essere, in tanti, riusciti a salvarla, e mi chiedo: “Perché?”

http://27esimaora.corriere.it/articolo/ ... -salvarla/
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