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Diritti umani, informazione e comunicazione

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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 01/05/2012, 11:53

flaviomob ha scritto:Continui a fingere di non capire. La polizia non c'entra nulla con tutto questo. Ma è inutile ripeterlo...

Come non c'entra? ci si lamenta che è stata proprio la polizia ad intevenire (o i carabinieri, il che è lo stesso).
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 01/05/2012, 12:33

Appunto: la polizia non c'entra nulla con la richiesta spontanea di chi organizza una manifestazione. La polizia non ha alcun diritto di impedire a chi porta la propria bandiera di farlo, non ha alcun diritto di redigere un verbale perché non è stato commesso alcun reato.
Se c'è bisogno di spiegare queste cose siamo davvero messi male.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda franz il 01/05/2012, 12:55

flaviomob ha scritto:Appunto: la polizia non c'entra nulla con la richiesta spontanea di chi organizza una manifestazione. La polizia non ha alcun diritto di impedire a chi porta la propria bandiera di farlo, non ha alcun diritto di redigere un verbale perché non è stato commesso alcun reato.
Se c'è bisogno di spiegare queste cose siamo davvero messi male.

Probabilmente la polizia (lo stato in genere) ha un ruolo nelle manifestazioni istituzionali. E la cosa non mi sorprenderebbe.
Basta ricuperare questo citato art 18 di non si sa quale legge e poi si vede cosa è reato e cosa no.
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 01/05/2012, 17:33

La solita ipocrisia dell’occidente
01 maggio 2012

Il caso di Yulia Timoshenko ex pasionaria degli arancioni in Ucraina e oggi detenuta nelle carceri di quel Paese infiamma in misura crescente lo scenario politico delle cancellerie dell’Europa comunitaria, in particolare di quella tedesca. Merito della questione: violazione dei diritti umani nella persona dell’ex leader politica. La Timoshenko si trova in prigione per una condanna a sette anni con l’accusa di abuso d’ufficio. I sostenitori di Yulia e molti fra i ministri della Ue pensano che la condanna contro la Timoshenko sia stata pilotata del presidente panrusso Yanukovich per farla fuori politicamente. Lei accusa l’attuale regime al potere di essere autoritario e sostiene di essere stata sottoposta a torture nel carcere dove si trova. L’Ue a cominciare dalla Germania chiede la liberazione della leader arancione e il rispetto dei suoi diritti, minacciando in caso contrario di boicottare i prossimi campionati mondiali di calcio che si terranno proprio in Ucraina. Battersi per i diritti umani è un impegno nobile, giusto e necessario e quelli di ogni essere umano vanno garantiti non solo se innocente, ma anche se si fosse macchiato di un reato. La pratica della tortura è poi un vero crimine. Detto questo lascia perplessi il comportamento contraddittorio e ipocrita del civile Occidente riguardo a questa questione fondamentale per l’affermazione universale della democrazia. Le condanne retoriche a parole si sprecano. Per esempio non c’è presidente statunitense o ministro europeo che visitando la Cina per affari, prima di affrontare il core business del viaggio ovvero il commercio e la finanza, non faccia un fervorino moraleggiante ai dirigenti del partito comunista cinese sulla violazione dei diritti umani nel Celeste Impero. Ma dopo avere ricevuto dai cinesi la consueta risposta: «fatevi i fatti vostri!», i prodi rappresentanti dell’Occidente si accontentano e parlano di quattrini. Di boicottare il gigante economico, per esempio in occasione dei Giochi Olimpici non se n’è parlato nemmeno. Eppure la violazione dei diritti umani in Cina è sistematica, per non parlare della vergogna del Tibet. Con la fragile Ucraina in crisi economica è diverso si può fare la voce grossa.
Pro bono dei diritti umani? Davvero? E allora perché non si boicotta l’Ungheria per le persecuzioni dei rom e le violazioni della libertà di stampa, e la Slovacchia perché non la si espelle dall’Europa? La pantomima dei diritti umani serve in realtà a mascherare la sana realpolitik in vista delle elezioni e la meno nobile voglia di qualche vantaggio economico futuro.
(Moni Ovadia)

http://leparole-ipensieri.comunita.unit ... occidente/


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Ungheria, rom disoccupati ai lavori forzati

Messaggioda franz il 02/05/2012, 8:30

Sottopagati, sono obbligati ad andare nei campi per non perdere il sussidio

09:03 - Sgobbano per otto ore al giorno: zappando nei campi, pulendo le strade, estirpando le erbacce. Ma formalmente sono disoccupati: il loro lavoro è un progetto sociale del governo ungherese, che offre ai senza lavoro di etnia rom la possibilità di non perdere il sussidio di disoccupazione. Formalmente non è lavoro forzato, ma nella pratica gli si avvicina molto.

Chi si rifiuta di prendere in mano la zappa, infatti, rischia di perdere il sussidio. E chi invece va a lavorare nei campi per la burocrazia resta un disoccupato, ma nella realtà diventa un operaio sottopagato, che riceve il sussidio invece del salario. Per ora l'impiego dei disoccupati nei cantieri pubblici è un "esperimento" limitato, ma secondo le intenzioni del governo dovrebbe essere esteso a tutto il Paese, arrivando a coinvolgere circa 300mila persone.

Il primo annuncio del progetto, rivolto ai disoccupati rom di Gyongyospata, era stato diffuso in estate, dopo la visita a Budapest del primo ministro cinese, Wen Jiabao; ma ora, grazie a un servizio trasmesso dalla televisione belga, si scopre che l'idea è già diventata realtà in un Paese dove l'odio razziale nei confronti dei rom sta salendo alle stelle. I militanti di Jobbik, il partito di estrema destra che regge il Municipio, spesso organizzano fiaccolate scandendo slogan come "zingari assassini". E anche questi lavori "forzati" per i rom sembrano, secondo l'opposizione socialista, un'iniziativa razzista, perché prende di mira quasi esclusivamente i rom.

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/ar ... zati.shtml


Da notare che per l'opposizione l'idea in se' (disoccupati costretti a lavorare, rimenendo lo stesso disoccupati) non è sbagliata.
Lo è solo perché "prende di mira quasi esclusivamente i rom".
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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 04/05/2012, 0:58

dal Corriere:

WASHINGTON - Colpo di scena nell'affaire del dissidente cinese Chen Guangcheng. L'uomo è riuscito a chiamare al telefono Washington durante un'udienza del Congresso chiedendo personalmente asilo agli Stati Uniti ai parlamentari presenti spiegando di temere per se e la sua famiglia 1 se fosse costretto a restare in Cina.

La notizia è destinata a mettere ancora di più in difficoltà l'amministrazione Obama per la gestione del caso, dopo che ieri aveva sostenuto che Chen, per una settimana ospitato dall'ambasciata a Pechino 2, si era consegnato alle autorità cinesi sua sponte.

Chen, che chiamava dalla sua stanza di ospedale a Pechino, ha chiesto di "voler incontrare Hillary Clinton", che si trova in missione a Pechino, "perchè spero di ottenere più aiuto da lei". Il collegamento telefonico in diretta con la Camera dei Rappresentanti Usa è stato possibile grazie al deputato Chris Smith che ha fatto ascoltare ai colleghi la voce di Chen durante una riunione di un commissione sulla Cina.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 05/05/2012, 14:20

da Repubblica

Omosessualità, scout divisi sulle linee guida
e il mondo gay chiede un confronto pubblico

Per l'Agesci - ha rivelato un articolo di Repubblica.it - i capi non devono fare 'coming out' ed è opportuno rivolgersi a uno psicologo. Arcigay: "Siamo a un passo dal disprezzo". Gay Center: "No a discriminazioni, lavoriamo insieme". Equality: "Comunque positivo affrontare il tema". Nell'associazione cattolica c'è chi difende il documento, ma sono molte le prese di distanza
di MARCO PASQUA

Chiedono una presa di distanza decisa dal documento contenente le linee-guida sull'omosessualità e, soprattutto, lanciano la proposta di un confronto pubblico, con i leader dell'Agesci. Il giorno dopo l'articolo di Repubblica.it 1sulla sintesi del seminario sull'omosessualità - organizzato dalla principale associazione di scout cattolici e tenuto da un prete e due psicoterapeuti - l'associazionismo Glbt punta al superamento delle conclusioni di quel documento. E questo soprattutto a tutela degli scout omosessuali che verrebbero inequivocabilmente danneggiati dalle indicazioni fornite dagli esperti-consulenti Agesci. A cominciare da quel divieto al coming-out per i capi ("turberebbe i giovani") e dal consiglio di indirizzare i ragazzi e le ragazze omosessuali verso uno psicologo. Posizioni che, sui social network hanno diviso gli scout, tra quanti minacciano addirittura di abbandonare l'associazione e quanti, invece, cercano di difenderla - pur criticando, in parte, le conclusioni oscurantiste contenute nel documento.

"La natura, l'identità e la dignità delle persone viene piegata da Agesci ad un approccio parziale e inevitabilmente ideologico, che a mio avviso intacca profondamente quella stessa cultura del rispetto, della solidarietà e della giustizia di cui il movimento scout dovrebbe essere portatore", dice Paolo Patané, presidente nazionale di Arcigay, per il quale il passo "che separa la mancanza di conoscenza e comprensione della natura delle persone omosessuali dal disprezzo verso le persone in ragione della loro omosessualità è davvero molto breve". Da qui la proposta di un "franco e aperto confronto pubblico su questi temi". Delle conseguenze del documento, si preoccupa Gay Center, tramite il portavoce, Fabrizio Marrazzo, da tempo impegnato in un'azione di sensibilizzazione contro l'omofobia tra i giovani: "Siamo attivi in molte scuole dove portiamo avanti progetti educativi con gli studenti, alcuni dei quali probabilmente sono anche scout. I giovani sono una risorsa di soggettività aperta a un futuro libero e progredito non oggetti da educare al pregiudizio. Per questo, proponiamo all'Agesci di aprirsi a queste realtà e non di dettare linee guida che sono a dir poco integraliste: quel documento è dettato dal pregiudizio e dalla mancanza di conoscenza vera dell'omosessualità che solleva i sentimenti più discriminatori". Anche Imma Battaglia, presidente di Dìgayproject, mette in guardia dai rischi della repressione dell'orientamento sessuale dei giovani gay: "In un ruolo fondamentale come quello dell'educatore si trasmettono ai giovani valori importanti. Tra questi c'è anche la libertà di poter essere se stessi e di vivere le mille sfumature della propria diversità. I tabù, la repressione, l'ipocrisia hanno generato spesso fenomeni aberranti come la violenza e gli abusi".

E' preoccupato per le conseguenze di alcune affermazioni Franco Grillini, responsabile diritti civili dell'Italia dei Valori: "Purtroppo questi documenti finiscono per avere un effetto nefasto perché rivolti a persone a contatto con gli adolescenti, cioè un'età molto delicata per la formazione dell'identità. Per questo crediamo che si debba respingere quell'ipocrita invito al silenzio e all'omertà sull'omosessualità perché proprio chi si dice cristiano dovrebbe sempre aver a cuore la trasparenza di una vita alla luce del sole". "L'Agesci fa dichiarazioni assurde e fa danni prima a se stessa", scrive su Facebook Giuseppina La Delfa, presidente delle Famiglie Arcobaleno, lanciando un appello agli scout cattolici: "Uscite allo scoperto ragazze e ragazzi. Siete migliaia con la divisa degli scout e tanti e tante dei nostre e nostri militanti più agguerriti sono proprio passati da lì. Se volete vivere liberi, liberatevi adesso dall'ipocrisia e dai veli che vi soffocano".

Pur condannando il documento, Aurelio Mancuso, presidente di Equality, definisce "positivo il fatto che l'associazione scoutistica si confronti con il tema dell'omosessualità e le relative discriminazioni. Il nostro augurio è che si apra però un confronto con tutte le opinioni in campo e soprattutto si comprenda che l'omosessualità è una variante naturale della sessualità, come ha dimostrato la scienza mondiale". Anche Cristiana Alicata, militante Glbt, della direzione regionale del Pd Lazio, sottolinea la necessità di organizzare un dibattito più aperto sul tema. "Mi rifiuto di pensare che gli scout siano riconducibili solo a questo intervento oscurantista e razzista. E' gravissimo e chiedo con rispetto e fermezza a tutti gli scout di dissociarsi. Sarebbe molto bello organizzare un incontro ufficiale tra la comunità glbt e gli scout. Forse visto che tutti abbiamo a cuore la serenità e il sano sviluppo degli adolescenti possiamo lavorare insieme per evitare i tanti suicidi tra adolescenti che nascono proprio dalle parole come quelle di questo intervento che per me è istigazione pura al suicidio".

Per adesso, l'Agesci non prende le distanze dalle conclusioni del seminario. In una nota, diffusa dopo la pubblicazione della notizia, l'associazione ha fatto sapere che "con il seminario si è voluta avviare una riflessione sul tema dell'omosessualità e per farlo è stato chiesto il contributo di esperti di varie discipline, le cui opinioni sono quelle riportate negli atti, che vanno letti nell'insieme per comprenderne la portata. Gli scout cattolici si interrogano incessantemente su temi importanti come questo. L'Agesci non ritiene di avere nessuna risposta preconfezionata ed è impegnata a riflettere su tutti i temi che interpellano il mondo dell'educazione".

(05 maggio 2012)

===

Ci mandassero qualche prete pedofilo, "dallo psicologo"... magari eviterebbero crimini tanto odiosi e beceri!


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 08/05/2012, 21:15

Lo schiavismo è purtroppo una realtà ancora presente, nei Paesi in via di sviluppo e non solo, come pratica abitudinaria da parte di numerose multinazionali al fine di ottenere il massimo guadagno e rendimento produttivo, a costo zero per i loro bilanci economici, ma a costo della vita per centinaia di adulti e bambini in tutto il mondo, costretti a lavorare in condizioni disumane per soddisfare ogni bisogno consumistico dei Paesi industrializzati.

Spesso anche noi ci ritroviamo ad essere complici, a nostra insaputa o per carenza di informazione, di una realtà che dovrebbe essere scomparsa da decenni, ma che continua a persistere e a condannare coloro che ne cadono vittima giorno dopo giorno, senza sosta. Lo schiavismo non è purtroppo assente nemmeno nel nostro Paese, come nel caso della multinazionale delle bevande Coca Cola.

1) Coca Cola


L’eclatante caso di Rosarno, in Calabria, è stato messo in luce da un’inchiesta effettuata da parte di The Ecologist ed in seguito ripresa da The Independent, che ha reso noto come nel mezzogiorno la raccolta delle arance destinata alla produzione delle bibite del noto marchio avvenisse in condizioni di schiavitù per mano di migranti provenienti dall’Africa, spesso dopo aver raggiunto le coste italiane a seguito di una squallida traversata vista come unica speranza di sopravvivenza. Coca cola avrebbe reagito semplicemente tagliando i ponti e gli accordi precedentemente stipulati con le aziende calabresi produttrici di arance, a difesa della propria immagine di multinazionale “pulita”.

2) Philip Morris
Nel 2010 la multinazionale del tabacco Philip Morris ammise la presenza nelle proprie piantagioni di almeno 72 bambini dell’età di 10 anni, coinvolti nella raccolta del tabacco e a rischio di subire un avvelenamento da nicotina. Non solo: pare che l’azienda costringa lavoratori migranti ad operare in condizioni di schiavitù, dopo aver sequestrato loro i documenti e costringendoli ad una operatività continua, senza alcun compenso. Nonostante le promesse avanzate da parte della multinazionale, relativamente alla volontà di porre fine a simili situazioni, pare che, in base a quanto riportato da The Independent, il problema non sia ancora del tutto risolto e che vi siano attualmente intere famiglie e bambini costretti a lavorare in condizioni disumane nelle piantagioni.

I marchi da evitare: Marlboro, Basic, Benson & Hedges, Cambridge, Chesterfield, Commander, Dave’s, English Ovals, Lark, L&M, Merit, Parliament, Players, Saratoga and Virginia Slims.

3) Victoria’s Secret


Il marchio Victoria’s Secret dichiara di utilizzare esclusivamente cotone di provenienza “fair trade” e ciò dovrebbe costituire una garanzia contro lo sfruttamento lavorativo all’interno delle piantagioni. Purtroppo però sembra essere concreto il rischio che alcuni produttori di cotone biologico e fair trade non riescano a fare a meno di sfruttare il lavoro minorile per il raggiungimento dei propri obiettivi produttivi, come nel caso della tredicenne Clarissa, che nel Burkina Faso sarebbe stata costretta a seminare e raccogliere cotone subendo maltrattamenti fisici. Dall’accaduto, nel 2008, pare che Victoria’s Secret non abbia fatto altro che rimuovere la dicitura “fair trade” dalle etichette dei propri prodotti provenienti dal Burkina Faso. Situazioni di sfruttamento potrebbero dunque essere ancora presenti nelle piantagioni di cotone di tale località.

4) KYE


Nel 2010 il National Labor Committee mise sotto accusa per schiavismo la manifattura cinese KYE per aver reclutato 1000 studenti lavoratori di età nominalmente compresa tra i 16 ed i 17 anni, ma spesso inferiore ai 15 anni, costretti a lavorare per 15 ore al giorno e per 7 giorni su 7. Non sarebbero mancate inoltre numerose donne di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, a cui venivano imposte condizioni simili e con una paga di 65 centesimi all’ora. Anche di fronte a dati ufficiali, KYE avrebbe proseguito a sostenere le perfette condizioni di lavoro all’interno delle proprie sedi. KYE è responsabile per la produzione di prodotti per aziende e marchi come Microsoft, XBox e HP. Altre aziende hanno recentemente ammesso di sfruttare i lavoratori cinesi per la loro produzione. Tra di esse non farebbero eccezione Apple e Nokia. (Leggi anche La Apple in Cina sfrutta i lavoratori e inquina l’ambiente)

5) Forever 21
Relativamente all’acquisto di cotone proveniente da piantagioni in cui lo schiavismo prosegue ad imperare, come nel caso dell’Uzbekistan, Forever 21 avrebbe rilasciato dichiarazioni piuttosto subdole, lasciando intendere che vi siano accordi stipulati con i produttori affinché garantiscano che il lavoro venga svolto legalmente e da persone qualificate. La questione ha dato origine ad una petizione che tiene conto di come in Uzbekistan il governo costringa ogni anno milioni di studenti ad abbandonare la scuola nel periodo della raccolta del cotone, per dedicarsi ad essa in condizioni di schiavismo ed in piena violazione dei diritti umani. Forever 21 non è l’unica azienda di abbigliamento a rifornirsi di cotone proveniente dall’Uzbekistan, uno dei maggiori produttori mondiali. Tra di esse vi sarebbero anche Aeropostale, Toys ‘R’ Us, e Urban Outfitters.

6) Hershey’s


Hershey’s ha recentemente reso noto il lancio sul mercato americano di una nuova linea di cioccolato, denominata “Bliss Chocolate“, che utilizza esclusivamente cacao certificato dalla Rainforest Alliance. Una sola linea di prodotti non potrà di certo risollevare il marchio dalle accuse di schiavismo provenienti dall’International Labor Rights Forum. Sebbene l’azienda abbia siglato un rapporto contro il lavoro minorile già dieci anni fa, migliaia di bambini raccolgono ancora cacao in Africa per la multinazionale del cioccolato, che purtroppo proseguirà ancora ad avere un retrogusto amaro dal sapore di schiavitù, come nel caso delle rivali Nestlé e M&M.

http://www.greenme.it/vivere/lavoro-e-u ... o-minorile



Tratto da: 6 multinazionali coinvolte nello schiavismo e nello sfruttamento del lavoro minorile | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/ ... z1uJ6z9QDp
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 12/05/2012, 17:07

Quel silenzio dei Grandi sui detenuti palestinesi

Prof. Henry Siegman, ordinato rabbino ortodosso dalla Yeshiva Torah Vadaath e cappellano militare nella guerra di Corea, è stato Executive Director dell’American Jewish Congress (dal 1978 al 1994) e del Synagogue Council, Senior Fellow al Council on Foreign Relations. I suoi scritti sono pubblicati dai maggiori quotidiani Usa e dalla New York Review of Books. Il prof Siegman ha scritto: «I fondatori del sionismo furono fra i leader più illuminati e progressisti del mondo ebraico…loro non erano razzisti… Ma il governo Nethanyahu ha provato che, benché il sionismo non sia razzismo, ci sono dei sionisti che sono razzisti. Nel 1980 molti nell’establishment ebraico americano parteciparono alle dimostrazioni contro il regime dell’apartheid in Sud Africa. La battaglia contro l’apartheid era considerata – non solo dai liberals – una causa ebraica. Oggi in Israele l’apartheid, non è una possibilità futura come molti non hanno smesso di ammonire, ma è una realtà attuale. Nethanyahu e il suo governo si sono impegnati a travestire il loro regime di apartheid de facto fingendo che lo status quo nei territori occupati sia temporaneo… ».
In questo regime di apartheid creato progressivamente dal governo Nethanyahu vedono la luce tutte le vessazioni tipiche di tali regimi. Oggi, detenuti palestinesi in sciopero della fame per protestare contro le illegali detenzioni amministrative e le brutali condizioni di detenzione, subiscono ogni sorta di violenza punitiva fisica e psicologica, due di essi Bilal Thaer e di Diab Halahleh, in sciopero da 67 giorni rischiano la vita. Il silenzio dei grandi della terra è assordante.

di Moni Ovadia

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Intolleranze... Cina e Italia

Messaggioda flaviomob il 14/05/2012, 23:52

da Amnesty:

Espulsa giornalista di Al-Jazeera, nuovo giro di vite contro la stampa estera in Cina
(9 maggio 2012)

Al-Jazeera English si è vista costretta a chiudere il suo ufficio di Pechino dopo che la sua reporter, Melissa Chan, è stata espulsa dalla Cina. Il ministero degli Esteri non ha fornito alcuna spiegazione per la decisione. Amnesty International ha sollecitato le autorità cinesi a rinnovare immediatamente il suo visto e il suo accredito stampa.

Melissa Chan risulta essere la prima giornalista straniera cui sono stati ritirati visto e accredito dal 1998, quando vennero espulsi. Yukihisa Nakatsu del giapponese Yomiuiri Shimbun e Juergen Kremb del tedesco Spiegel

"L'espulsione di Melissa Chan dev'essere collocata in un più ampio contesto di tentativi di intimidazione nei confronti della stampa estera, cui le autorità cercano d'impedire di occuparsi di questioni 'sensibili' dal punto di vista politico" - ha dichiarato Corinna-Barbara Francis, ricercatrice di Amnesty International sulla Cina. "Sono anni che la stampa estera si autocensura per rimanere in Cina. Obbligare Al-Jazeera English a chiudere il suo ufficio di Pechino è un pericoloso salto di qualità, che non promette niente di buono per il futuro".

Diversi giornalisti che si sono occupati del caso di Chen Guangcheng, l'attivista rimasto per sei giorni nell'ambasciata degli Usa a Pechino, sono stati minacciati di vedersi revocato il visto quando hanno cercato di entrare nel parcheggio dell'ospedale dove Chen è ricoverato.

***

Amnesty International chiede alle autorità italiane di proteggere i rom dalla violenza
CS56: 10/05/2012

Amnesty International si è dichiarata preoccupata per le notizie relative ai tentativi di compiere attacchi razzisti nella città di Pescara e nei suoi dintorni negli ultimi giorni. Secondo il questore di Pescara, famiglie rom stanno lasciando la zona o si stanno riparando dentro le abitazioni nel timore di possibili attacchi.

Per questa ragione, Amnesty International ha sollecitato le autorità italiane a prendere tutte le misure necessarie per proteggere le comunità rom da intimidazioni e attacchi, a condannare pubblicamente la violenza razzista e l'incitamento alla violenza razzista e all'odio razziale, ad avviare immediate e approfondite indagini su atti di intimidazione e di violenza di stampo razzista e a garantire che gli autori di tali azioni saranno sottoposti a procedimenti sulla base di leggi contemplanti pene commisurate alla gravità dei crimini commessi.

Dopo l'uccisione di Domenico Rigante, un tifoso della locale squadra di calcio di 24 anni, avvenuta il 1° maggio, della quale è sospettato un cittadino italiano di etnia rom, gruppi di tifosi e di amici della vittima hanno manifestato contro la presenza delle comunità rom a Pescara. Non sono stati commessi atti di violenza, ma nel corso delle proteste si sono levati in modo massiccio cori discriminatori e sono state minacciate azioni violente contro i rom.

Secondo quanto appreso da Amnesty International, nei giorni successivi persone non identificate si sono presentate nei luoghi generalmente frequentati dalla comunità rom, con l'intento apparente di minacciarli o di aggredirli. Un rom intervistato da Amnesty International ha riferito che donne rom sono state insultate, allontanate dai negozi e dagli ingressi delle scuole dove erano andate a prendere i loro figli. Nella notte tra il 7 e l'8 maggio, sono stati esplosi colpi in aria nel quartiere Rancitelli, dove vivono molti rom, all'apparente scopo di spaventare i residenti.

La mattina del 6 maggio, alla fine di un'iniziativa per ricordare Domenico Rigante, almeno un centinaio di manifestanti ha cercato di dirigersi verso Rancitelli. Queste persone sono state bloccate dal rapido intervento della polizia. La notte successiva, un gruppo di 40-50 persone col volto coperto da sciarpe e cappelli, è entrato in una sala bingo di Pescara e in un'altra di Montesilvano, con l'intenzione di aggredire i rom che spesso frequentano quei luoghi. Non vi è stato trovato alcun rom e nessuna persona ha subito violenza.
Il presunto assassino di Domenico Rigante e quattro presunti complici sono stati arrestati dalla polizia pochi giorni dopo il reato mentre altri presunti complici sono ricercati dagli investigatori. Riconoscendo gli sforzi fatti dalla polizia per portare di fronte alla giustizia i responsabili dell'omicidio e per proteggere le comunità rom della zona, Amnesty International sottolinea che le autorità italiane, a tutti i livelli, devono prendere misure proattive per prevenire attacchi e intimidazioni nei confronti dei rom e garantire che venga sottolineato, nelle dichiarazioni pubbliche, che mai una comunità dev'essere posta sotto accusa per gli atti compiuti da singole persone, che la responsabilità penale è individuale e che le comunità rom hanno diritto alla piena protezione da parte della legge.
Nel dicembre 2011, un insediamento rom di Torino venne incendiato dopo che si era diffusa la notizia che una ragazza era stata stuprata da uomini rom. La notizia si era rivelata falsa quando la presunta vittima aveva ritirato le accuse.

Da diversi anni, fa notare Amnesty International, rappresentanti delle istituzioni a livello locale e nazionale, attraverso dichiarazioni pubbliche, alimentano un clima d'intolleranza nei confronti delle comunità rom, collegando in modo infondato la mera presenza dei rom all'aumento della criminalità e dell'insicurezza. In nome della sicurezza, negli ultimi anni, le autorità italiane hanno adottato misure che hanno aggravato la discriminazione contro i rom, come lo stato d'emergenza dichiarato nel 2008 (la cosiddetta "emergenza nomadi").
Amnesty International si è detta preoccupata per le recenti dichiarazioni fatte dal sindaco di Pescara, Luigi Albore Mascia, in riferimento all'attuale situazione nella città, riportate dai mezzi d'informazione, secondo le quali leggi e procedure sull'accesso e sull'espulsione dal sistema di edilizia popolare dovrebbero essere modificate per permettere un uso più flessibile degli sgomberi.

Amnesty International ricorda a tutte le autorità che accedere a un alloggio adeguato e beneficiarvi è un diritto umano che non dipende in alcun modo da indagini e procedimenti giudiziari su reati.

L'organizzazione per i diritti umani guarda con preoccupazione anche alla dichiarazione pubblicata l'8 maggio sul sito Internet ufficiale della polizia di Pescara, in cui "la massiccia presenza" dei rom nella provincia viene descritta come "un fattore critico di primaria importanza".

Amnesty International ha ulteriormente appreso con preoccupazione le dichiarazioni attribuite al questore di Pescara, secondo le quali egli avrebbe esplicitamente collegato sequestri e altre operazioni di polizia nei confronti dei rom, compiute nei giorni scorsi e nell'ambito di indagini non relative all'omicidio di Domenico Rigante, alla necessità di rispondere alla generale aspettativa del pubblico di stroncare la criminalità dei rom.

Amnesty International ritiene che la decisione di svolgere operazioni di polizia dovrebbe essere presa solo sulla base della necessità di prevenire e punire reati, a prescindere dall'etnia delle persone sospettate. Pur riconoscendo la necessità di combattere il crimine e rafforzare il rispetto della legge e gli sforzi fatti per proteggere le comunità rom di Pescara, l'organizzazione per i diritti umani chiede a tutte le autorità di astenersi dal fare dichiarazioni che potrebbero rafforzare l'idea di un legame tra i rom e la criminalità.
FINE DEL COMUNICATO Roma, 10 maggio 2012


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