CUBA, MORIRE PER NON CEDERE AI SOPRUSI
Wilmar Villar, un prigioniero politico cubano di 31 anni, è morto in un ospedale di Santiago di Cuba dopo 50 giorni di sciopero della fame. Lo ha annunciato l'esponente dell'opposizione Elizardo Sanchez, spiegando che Wilmar Villar aveva smesso di alimentarsi per protestare contro una condanna di quattro anni di prigione inflittagli il 24 novembre scorso da un tribunale, come punizione per la sua partecipazione a una manifestazione di protesta dello scorso 14 novembre.
Solo dieci giorni dal momento dell'arresto a quello del giudizio, ma a Cuba la rapidità del sistema giudiziario più che all'efficienza è dovuta al modo sommario con cui vengono celebrati i processi ai cosiddetti «traditori della patria». Cuba, sotto la guida di Raúl Castro, si sta lentamente trasformando. Una serie di riforme sta cercando di ridare ossigeno alla barcollante economia di quest'isola caraibica e briciole di libertà alla popolazione. Ma sul fronte dei diritti umani il regime cubano si mostra ancora intransigente. Soprattutto per quel che concerne il diritto di manifestare il proprio dissenso nei confronti del potere.
Nella copertina del sito online di «Granma», l'organo ufficiale del Partito comunista cubano, vi è in bella evidenza un rimando alla vicenda dei cinque cubani arrestati negli Stati Uniti nel 1998 per spionaggio, e di cui il regime castrista chiede da tempo la liberazione. La loro incarcerazione viene ritenuta ingiusta dall'Avana e per questo i cinque cubani vengono definiti degli eroi. Neanche una riga invece per ricordare la morte di Wilmar Villar. Il regime castrista non si è mai mostrato tenero con i dissidenti. Eppure da un certo punto di vista sono anche loro degli eroi che si battono, col solo uso della parola, per la democratizzazione del proprio Paese, ben sapendo come verranno recepite le loro rivendicazioni.
Come si diceva, il regime castrista ha mostrato negli ultimi anni di saper guardare in faccia alla realtà, adottando alcune riforme economiche che accolgono in parte i principi del libero mercato. Timide aperture si sono viste anche sul fronte sociale, come l'apertura nei confronti degli omosessuali. C'è da chiedersi quanti dissidenti dovranno ancora morire prima che il regime capisca l'inutilità della repressione praticata nei confronti dei propri compatrioti. Quale coerenza mostrano i vertici politici cubani che chiedono a Washington di liberare cinque cittadini cubani incarcerati, a loro parere ingiustamente, mentre a loro volta mettono in manette chi in patria osa contestare la gestione del potere? Le riforme messe in atto a Cuba sono la conferma del fallimento delle politiche passate. Perché non ascoltare chi ha nuove idee su come gestire il Paese?
www.cdt.ch