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Diritti umani, informazione e comunicazione

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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 26/05/2011, 18:36

Cari amici,



Fra pochi giorni un gruppo di potenti leader mondiali chiederà all'ONU di mettere fine alla guerra contro le droghe e intraprendere così la strada della regolamentazione. Ma i politici dicono che l'opinione pubblica sarebbe contraria alle politiche alternative in materia di droghe. Sfruttiamo questa opportunità dandole un supporto enorme e ottenere così un'azione immediata. Firma sotto e fai il passaparola!


Nel giro di pochi giorni potremmo finalmente assistere all'avvio della fine della "guerra alle droghe". Questa costosissima guerra contro la piaga della dipendenza dalle droghe ha fallito miseramente, mentre ha lasciato sul campo numerose vite umane, ha devastato intere comunità, e ha versato miliardi di euro nelle casse di violente organizzazioni criminali.

Gli esperti sono d'accordo nel sostenere che la politica più efficace sia la regolamentazione, ma i politici hanno paura di toccare l'argomento. Fra qualche giorno una commissione globale, cui parteciperanno fra gli altri i Capi di stato e i responsabili degli affari esteri di ONU, UE, USA, Brasile, Messico e molti altri, romperà il tabù e chiederà pubblicamente un nuovo approccio, che comprenda la depenalizzazione e la regolamentazione delle droghe.

Questo potrebbe essere un momento cruciale, di quelli che capitano rarissimamente; se però saremo in molti a chiedere la fine di tutta questa follia. I politici dicono di capire che la guerra alle droghe ha fallito, ma ritengono che l'opinione pubblica non sia preparata per l'alternativa. Dimostriamo loro che siamo pronti ad accettare solo una politica sana e umana: lo esigiamo. Clicca sotto per firmare la petizione e condividerla con tutti: se raggiungeremo 1 milione di voci, la consegneremo personalmente ai leader mondiali presenti alla commissione globale:

http://www.avaaz.org/it/end_the_war_on_drugs/?vl

E' da 50 anni che l'attuale politica sulle droghe ha fallito con chiunque e ovunque, ma il dibattito pubblico si è impantanato nella palude della paura e della disinformazione. Tutti, persino il dipartimento ONU sulle Droghe e il Crimine, che è responsabile dell'implementazione di questa politica, ritengono che l'utilizzo di militari e poliziotti per bruciare le fattorie della droga, la caccia ai trafficanti, e il carcere per gli spacciatori e i drogati, siano uno sbaglio che stiamo pagando molto caro. E con il costo enorme in termini di vite umane, dall'Afganistan al Messico agli USA, il traffico illegale di droga sta distruggendo paesi in tutto il mondo, mentre la dipendenza, le morti per overdose e le infezioni di AIDS/HIV continuano a crescere.

Nel frattempo i paesi che non usano il pugno duro, come la Svizzera, il Portogallo, l'Olanda e l'Australia, non hanno registrato l'esplosione nell'uso di droghe che i promotori della guerra alle stesse avevano predetto. Al contrario, hanno visto un declino significativo dei crimini legati alla droga, delle dipendenze e delle morti, e sono in grado di focalizzarsi esclusivamente sulla lotta contro gli imperi del crimine.

Lobby molto potenti stanno cercando di ostacolare la via del cambiamento, inclusi i militari, le forze dell'ordine, e i dipartimenti carcerari, i cui budget sono ora in pericolo. E i politici temono che gli elettori li mandino a casa se sosterranno politiche alternative, perché potrebbero apparire deboli nelle politiche sulla sicurezza. Ma molti ex Ministri sulle droghe e Capi di stato si sono espressi in favore della riforma non appena hanno lasciato il loro incarico, e i sondaggi dimostrano che i cittadini in tutto il mondo sanno che le politiche attuali sono un disastro. Sta arrivando l'ora delle nuove scelte, particolarmente nelle regioni devastate


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 02/06/2011, 13:53

Petizione contro il riciclaggio e le narcomafie in Europa: la legislazione comunitaria è gravemente insufficiente

http://www.petitiononline.com/eurorici/petition.html

Se mi aiutate, possiamo tradurre la petizione in altre lingue e farla girare anche in altri paesi
grazie
F


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 02/06/2011, 15:31

Ecco il testo della petizione

In seguito al Patriot Act introdotto negli USA dopo l'11 settembre 2001, i flussi finanziari derivanti dalle attività criminali internazionali si sono spostati verso l'area dell'Euro, sfruttando la rete europea e mondiale di contatti gestiti dalla ndrangheta e dai narcos colombiani.
Questo sistema di riciclaggio sfrutta i proventi del narcotraffico per acquistare proprietà immobiliari in Europa (Belgio, Olanda, Spagna, Grecia, Italia).
L'Europa non può rimanere inerte di fronte a un fenomeno di tale portata, deve dotarsi di istituzioni efficaci atte a contrastare queste azioni criminali, deve riconoscere l'esistenza di una rete legata alla ndrangheta non più limitata al territorio italiano ma ormai diffusa capillarmente in tutto il continente, con i pericoli gravissimi che ne derivano; deve infine dotarsi di registri immobiliari comunitari che permettano di determinare l'acquisto di proprietà in diverse giurisdizioni da parte di soggetti in contatto con la criminalità organizzata. Attualmente, infatti, i registri immobiliari locali non permettono la comunicazione di dati sensibili oltre confine, tra gli stati comunitari.
L'Europa deve soprattutto battersi per l'abolizione dei paradisi fiscali, elemento essenziale al riciclaggio internazionale.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 04/06/2011, 0:42

Penalisti aderiscono a sciopero della fame di Pannella. Dall'1 giugno a staffetta digiunano componenti della giunta
02/06/2011


L'Unione delle Camere Penali Italiane aderisce allo sciopero della fame intrapreso da Marco Pannella da oltre un mese, per denunciare "le incivili condizioni delle carceri". La decisione è stata presa dalla Giunta Ucpi, che fa così propria l'iniziativa del leader radicale.
Lo sciopero della fame iniziato il 1° giugno, dal presidente Valerio Spigarelli, a staffetta, coinvolgerà ogni giorno tutti i componenti di Giunta.
Secondo i penalisti, che denunciano da tempo la "drammatica situazione delle carceri italiane", il sovraffollamento "cresce senza che ancora alcun serio provvedimento venga avviato per fronteggiare quella che non è più una emergenza ma una cronica condizione". E "come conseguenza del sovraffollamento", si fa notare, "cresce anche il numero dei suicidi, segnale drammatico delle condizioni di disagio fisico e psichico in cui vivono i detenuti".

L'Unione ha più volte ribadito, anche negli ultimi anni, la necessità di "predisporre iniziative legislative idonee a tutelare i diritti dei detenuti nelle carceri italiane", contenendo appunto il sovraffollamento, ma il Governo e gran parte della politica "sono sordi a queste richieste". Con modalità analoghe a quelle della giunta il coordinatore Alessandro De Federicis e gli altri componenti dell'Osservatorio Carcere dell'Unione delle Camere Penali Italiane "hanno aderito all'iniziativa e intraprenderanno questa stessa forma di protesta". (ANSA)


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 06/06/2011, 22:01

http://www.amnesty.it/myanmar_prigionie ... ici_gabbie

Myanmar: prigionieri politici rinchiusi in gabbie per cani
Data di pubblicazione dell'appello: 02.05.2011
Status dell'appello: aperto
UA 95/11 Index: MDE 13/048/2011


Alcuni prigionieri politici che hanno dato vita a proteste pacifiche, tra cui lo sciopero della fame, in tre diverse prigioni del Myanmar, sono a rischio tortura e altri maltrattamenti. Amnesty International ha ricevuto informazioni attendibili secondo cui tra il 24 e il 26 maggio sette prigionieri, che stavano facendo lo sciopero della fame, sono stati messi in isolamento in cellette normalmente destinate ai cani dell'esercito.

Il 17 maggio tre prigioniere politiche, rinchiuse nel carcere di Insein, hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la decisione del governo di ridurre le pene detentive per i detenuti politici solo di un anno. Il 22 maggio si sono aggiunti alle proteste altri 22 prigionieri: 17 hanno intrapreso uno sciopero della fame, mentre 5 hanno scelto altre forme di protesta, presentando insieme una lista di richieste alle autorità carcerarie.

Il 24 maggio, Aung Kyaw Soe, Nyi Nyi Tun, Nyan Lin Tun, Soe Moe Tun, Zaw Tun Naing e due monaci buddisti, U Vithoddi (Wunna Htay) e U Yayvata (Ye Min Naung), tutti impegnati in uno sciopero della fame, sono stati rinchiusi in gabbie per cani. Il 26 maggio hanno fatto ritorno alle loro celle abituali. Il 27 maggio sono cominciati i colloqui con le autorità, ma non essendo stato raggiunto un accordo, i prigionieri che avevano deciso di continuare lo sciopero della fame sono stati rimessi in gabbia. Le gabbie sono di 2 metri per 3, senza finestre e insonorizzate, non hanno vere latrine né letti o materassi per terra.

Il prigioniero politico Ko Nay Soe Win ha, invece, iniziato uno sciopero della fame nel carcere di Hkmti, nella divisione di Sagaing nel Myanmar del Nord, per commemorare l'ottavo anniversario del massacro di Depeyin, dove almeno 70 tra attivisti e simpatizzanti della Lega nazionale per la democrazia furono uccisi il 30 maggio 2003. Chiede riforme politiche, riconciliazione nazionale e un'ampia amnistia per i prigionieri politici.

Alcuni prigionieri politici, fra cui U Gambira, detenuti nel carcere di Kale, nella divisione di Sagaing, hanno scritto una petizione per richiedere un miglioramento delle condizioni di detenzione dei prigionieri. Secondo quanto riportato, la petizione è stata inviata al presidente Thein Sein e in copia al Ministero dell'Interno, al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, all'Asean e a diverse ong presenti nella regione. Nella petizione i firmatari hanno dichiarato che qualora le loro richieste non fossero state accolte entro il 31 maggio avrebbero cominciato uno sciopero della fame.


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 25/06/2011, 11:11

Roma, 23 giugno 2011

Sono già moltissime le adesioni all'appello lanciato questa mattina a sostegno dell'iniziativa nonviolenta di Marco Pannella, in sciopero dalla fame dal 20 aprile scorso giunto oggi al 4° giorno di sciopero della sete. L'appello richiama l'attenzione sulla necessità e l'urgenza di affrontare la crisi della giustizia e l'emergenza carceraria nonché sulla necessità di porre fine al silenzio dell'informazione che impedisce un dibattito democratico su questi, come su altri, grandi temi.

Tra le decine e decine di adesioni pervenute in poche ore: Giuliano Amato, Adriano Sofri, Don Antonio Mazzi, Riccardo Pacifici; di deputati e senatori di tutti i gruppi tra cui Rosy Bindi, Giuliano Cazzola, Benedetto Della Vedova, Lamberto Dini, Ignazio Marino, Antonio Martino, Arturo Parisi, Gaetano Pecorella, Savino Pezzotta, Adriana Poli Bortone; di giuristi come Giuseppe Di Federico, Luigi Ferrajoli, Fulco Lanchester, Alexander Schulster, Mario Patrono, Valerio Spigarelli, Presidente dell'Unione Camere Penali; della società civile come Imma Battaglia, Presidente DiGayProject, Paolo Patanè, Presidente nazionale di Arcigay, Franco Battiato, artista; e rappresentati del mondo penitenziario, tra cui Enrico Sbriglia, del sindacato direttori e dirigenti penitenziari e Francesco Ceraudo, direttore del centro regionale per la salute in carcere della Toscana. Per ulteriori aggiornamenti e la lista completa dei sottoscrittori www.radicali.it

Di seguito il testo integrale dell’appello

APPELLO

Marco Pannella è dovuto arrivare, dopo due mesi di sciopero della fame, al digiuno totale della fame e della sete, per richiamare l’attenzione delle istituzioni su due questioni: la necessità e l’urgenza di una amnistia quale primo passo per affrontare la crisi della giustizia e l’emergenza del sovraffollamento delle carceri; il silenzio dell’informazione e l’assenza di ogni confronto democratico su questa come su ogni altra questione che interroghi la coscienza dei cittadini e richieda importanti decisioni politiche e gravi scelte legislative. Le proposte di Marco Pannella si possono condividere e non condividere, si può ritenere sproporzionato mettere a rischio la propria vita su tali questioni ma non si può negare che esse corrispondano ad urgenze obiettive della Repubblica e dell’intera società. La crisi della giustizia e la situazione inumana delle carceri pongono in grave pericolo l’esistenza stessa dello Stato di diritto, come ci ammonisce da tempo il Consiglio d’Europa e con le sue sentenze la Corte europea dei diritti dell’uomo. La disinformazione e l’assenza di confronto e dibattito paritario non riguardano soltanto le prerogative negate di questa o quella forza politica, e in questo caso del Partito Radicale, ma colpiscono alla radice uno dei fondamenti stessi del corretto funzionamento di ogni democrazia. E’ urgente dunque interrompere questa inerzia e questa censura, questa cortina di indifferenza e di silenzio. E’ urgente che le massime istituzioni della Repubblica facciano sentire la propria voce, che il Governo e il Parlamento aprano un dibattito, per accogliere o respingere le proposte di Pannella o per trovare altre soluzioni che siano tuttavia in grado di risolvere i problemi e non di rinviarli e aggravarli. E’ urgente che la stampa e in particolare il servizio pubblico radio televisivo interrompano un comportamento fortemente lesivo dei diritti dei cittadini e consentano finalmente di conoscere e giudicare questa proposta, così come il confronto sulle altre grandi questioni centrali del nostro tempo.

Pannella, amnistia: solidarietà da parte di 26 deputati cambogiani e di altri militanti internazionali per i diritti umani

24/06/11

Dichiarazioni di solidarietà con Marco Pannella, per lo sciopero della fame e della sete condotto per l’amnistia, stanno giungendo in queste ore da varie parti del mondo. Un gruppo di 26 deputati cambogiani, iscritti al Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, ha inviato a Pannella il seguente testo:

“Cari amici del Partito Radicale Nonviolento, tutti i 26 parlamentari cambogiani iscritti anche al Partito Radicale Nonviolento, sono molto preoccupati per lo stato di salute del nostro caro amico e leader Marco Pannella, che è stato in sciopero della fame negli ultimi due mesi e ora ha proclamato lo sciopero della fame e della sete richiedendo l’Amnistia, affinché la Repubblica Italiana ritorni a essere una matura democrazia. Sin da quando noi iniziammo la nostra battaglia in Cambogia, al fine di costituire un sistema democratico, Marco Pannella e gli amici del Nonviolent Radical Party sono stati di grande supporto. Negli anni passati, Marco Pannella stesso è stato con noi tante volte in Cambogia, per promuovere elezioni libere e corrette, per proteggere i diritti democratici dei partiti d’opposizione, così come i diritti dei rifugiati e delle donne. Noi siamo tutti con Marco Pannella in questa lotta ed è necessario che il Governo italiano e tutte le istituzioni connesse affrontino immediatamente il problema, senza ritardi, in modo che il nostro amico possa porre termine al suo sciopero”.

Questa dichiarazione è firmata da Son Chhay, deputato al Parlamento cambogiano, anche a nome di altri 25 parlamentari.

Analoghe dichiarazione di sostegno giungono a Pannella in queste ore da parte di Tolekan Ismailova, della “Civil Society Against Corruption” del Kyrghizistan; e da Mourissanda Kouyaté, Direttore esecutivo del Comitato Inter-Africano (IAC).

Il PRNTT ha intanto reso noto che il prossimo Consiglio generale del partito si terrà a Tunisi dal 22 al 24 luglio. Oggi Marco Pannella si trova appunto in Tunisia per incontare i responsabili del governo provvisorio locale e per organizzare l’appuntamento. E’ accompagnato da Marco Perduca, senatore radicale eletto nelle liste del Pd, e da Matteo Angioli, del Comitato nazionale di Radicali Italiani.

http://www.radioradicale.it/100-parlame ... i-pannella


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 08/07/2011, 10:59

Messico: Lydia Cacho, giornalista e attivista dei diritti umani, in pericolo
Data di pubblicazione dell'appello: 05.07.2011
Status dell'appello: aperto
UA: 207/11 Index: AMR 41/045/2011

Lydia Cacho © Archivio Privato
Lydia Cacho, giornalista e attivista dei diritti umani che vive a Cancún, stato del Quintana Roo, nel sud est del Messico, è stata nuovamente minacciata di morte via email e per telefono. Si teme per la sua incolumità.

Il 14 giugno Lydia Cacho ha ricevuto minacce di morte in un'email indirizzata alla Fondazione Lydia Cacho, che ha sede in Spagna. Tre giorni dopo, ha ricevuto un'altra minaccia, questa volta al telefono, da uno sconosciuto. In entrambi i casi è stato fatto riferimento al suo lavoro come giornalista; le è stato chiesto di non parlare altrimenti sarebbe stata uccisa e chi l'ha minacciata ha sottolineato che quello era l'ultimo avvertimento. Le minacce sono state denunciate sia in Messico (presso la Dirección General de la Policía) sia in Spagna (presso la Guardia Civil).

Lydia Cacho ha iniziato a subire minacce e intimidazioni dopo la pubblicazione di un libro nel 2005, nel quale denunciava un circuito di pedopornografia, che operava nonostante politici e uomini d'affari dello stato di Quintana Roo e di Puebla ne fossero a conoscenza e, anzi, con la loro protezione.

Dopo essere stata accusata di diffamazione e a seguito di procedimenti giudiziari irregolari, Lydia Cacho è stata arrestata, nel dicembre 2006, stata minacciata e maltrattata. Conversazioni telefoniche registrate, e successivamente pubblicate da alcuni organi di stampa, hanno dimostrato il coinvolgimento di ex funzionari governativi di alto livello dello stato di Puebla nell'arresto e nei maltrattamenti della donna. Negli anni successivi ha continuato a ricevere minacce, spesso come ritorsione al suo lavoro di giornalista e attivista dei diritti umani delle donne in una struttura di Cancún.

Nel 2009 la Commissione interamericana dei diritti umani ha chiesto al governo messicano di fornirle misure di protezione. Nel 2010, Lydia Cacho ha pubblicato un altro libro, portando alla luce ancora una volta la tratta di donne e ragazze e facendo i nomi delle persone presumibilmente legate a queste reti criminali.

Lydia Cacho è stato nominata per il premio Martin Ennals 2007, che viene assegnato ai difensori dei diritti umani.

In Messico giornalisti e operatori dell'informazione rischiano spesso di essere aggrediti o uccisi a causa del loro lavoro. Secondo la Commissione nazionale per i diritti umani, dal 2000 sono stati uccisi almeno 70 giornalisti mentre non è nota la sorte di altri 13, che sono stati rapiti. Chi indaga o diffonde informazioni su criminalità e corruzione è particolarmente vulnerabile ad attacchi o intimidazioni. Nella stragrande maggioranza dei casi, i responsabili non vengono portati di fronte alla giustizia, creando un clima di impunità.

http://www.amnesty.it/messico_Lydia_Cacho_in_pericolo

Altri appelli:

http://www.amnesty.it/elenco-appelli-fi ... /2011/MM/7


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 14/07/2011, 18:52

Cari amici,



Il Presidente del Sudan al-Bashir, da anni in stato d'accusa per genocidio e omicidio di massa, ha appena lanciato un altro attacco sanguinario contra la sua gente, bombardando interi villaggi e andando porta a porta a massacrare famiglie. Ora è arrivato il momento di dire basta: chiediamo ai nostri leader di arrestare Bashir, di imporre forti sanzioni contro il suo regime e di proteggere il popolo soggiogato del Sudan.


Il Presidente del Sudan al-Bashir è il più feroce assassino al mondo. Messo in stato d'accusa dalla Corte penale internazionale per genocidio, è da 20 anni che massacra tutte le comunità che si oppongono al suo regime. E ora sta succedendo di nuovo: a meno che non riusciremo a fermarlo una volta per tutte.

In questo momento sta bombardando donne e bambini delle montagne di Nuba, mentre le sue milizie stanno andando porta a porta a sgozzare intere famiglie. Per decenni, i leader di tutto il mondo hanno vergognosamente permesso ad al-Bashir di portare avanti la sua inenarrabile brutalità, così da garantirsi l'accesso ai vasti giacimenti di petrolio del regime. Ma questa settimana le cose stanno cambiando: il Sudan si sta dividendo, l'inflazione e i prezzi alimentari sono alle stelle, e il potere di Bashir è ai minimi storici.

Mandiamo un messaggio enorme ai nostri leader che è arrivato il momento di dire basta e che chiediamo di mettere fine ora alla loro vergognosa inerzia: devono arrestare questo mostro, imporre sanzioni significative al suo regime e proteggere il popolo del Sudan contro il genocidio. Clicca sotto per firmare e dillo a tutti - consegneremo la petizione ai membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU non appena avremo raggiunto le 300.000 firme:

http://www.avaaz.org/it/sudan_enough_is_enough/?vl

Le montagne di Nuba sono sotto assedio. Nel 1990 al-Bashir ha sterminato un'intera generazione di uomini, donne e bambini della zona, e ora vuole sferzare un nuovo attacco contro i sopravvissuti. Ma fra qualche giorno il martoriato Sud Sudan otterrà finalmente l'indipendenza, insieme a gran parte del petrolio che al-Bashir utilizza per comprare l'accondiscendenza internazionale ai suoi efferati crimini. Bashir sta anche fronteggiando le manifestazioni pro-democrazia, un'economia a terra, e relazioni tese con il protettore di sempre, la Cina. Questo è il momento migliore che abbiamo da decenni per organizzare l'azione internazionale necessaria per mettere fine al sanguinario regime di Bashir.

Forti sanzioni internazionali, un piano globale concertato per arrestare al-Bashir e gli altri condannati dalla Corte penale internazionale e un impegno stringente per proteggere il popolo sudanese da ulteriori crimini contro l'umanità, manderebbero un segnale inequivocabile ad al-Bashir che la partita è chiusa, indebolirebbero la sua posizione all'interno del regime e mostrerebbero alla popolazione sudanese che l'impunità per i suoi crimini è finita. I Sudanesi - nel Sud, nel Darfur, a Nuba, e in molti altri posti - hanno aspettato fin troppo a lungo perché il mondo si mettesse dalla parte dell'umanità e della giustizia. Mettiamoci ora dalla loro parte:

http://www.avaaz.org/it/sudan_enough_is_enough/?vl

La disperazione e il terrore delle donne e dei bambini di Nuba per noi è quasi impossibile da immaginare, come il dramma del Darfur prima di loro. E' un'enorme macchia sulla coscienza del mondo intero che non abbiamo fatto il necessario per fermare il regno del terrore di al-Bashir. Mettiamo fine a quel regno ora, con un grido enorme ai governi per agire.

Con speranza,

Ricken, Stephanie, Nicola, Alice, Morgan, Rewan e il resto del team di Avaaz


FONTI

Sudan, genocidio contro il popolo dei Nuba. Decine di esecuzioni e raid sui villaggi
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06 ... gi/118346/

Sud Sudan, Onu: 2.300 morti per violenze tribali e ribellione
http://it.reuters.com/article/topNews/i ... 6I20110707

Ex ribelli accusano il Sudan di Bashir di aver bloccato l'accordo per il cessate il fuoco (in inglese)
http://avaaz.org/afp_sudan

Il 9 luglio (dopo oltre due milioni di morti) nasce il Sud Sudan. Viaggio nella nuova capitale Juba
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AaKiaFlD

Sudan, Bashir a Bbc: Abyei può essere motivo di conflitto
http://it.reuters.com/article/topNews/i ... 3820110711


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 20/07/2011, 13:12

http://www.amnesty.it/flex/cm/pages/Ser ... 2011Genova

A 10 ANNI DAL G8 DI GENOVA

Il 17 luglio 2001, due giorni prima che oltre 200.000 persone si ritrovassero a Genova per protestare contro il vertice del G8, Amnesty International chiedeva alle autorità italiane di proteggere i manifestanti, garantendo un uso legittimo della forza da parte di agenti della polizia.

Tra il 19 e il 22 luglio, Genova divenne teatro di aggressioni indiscriminate da parte di agenti di polizia verso manifestanti pacifici e giornalisti durante i cortei, violenze ingiustificate nel raid alla scuola Diaz, arresti arbitrari e maltrattamenti nel carcere provvisorio di Bolzaneto, tra cui minacce di stupro e di morte, schiaffi, calci, pugni, privazione del cibo, dell'acqua, del sonno e posizioni forzate per tempi prolungati.
La responsabilità delle forze di polizia è emersa in vari processi, ma le vittime degli abusi commessi a Genova non hanno ottenuto una piena giustizia. I processi sulla Diaz e Bolzaneto hanno riconosciuto in appello diversi funzionari dello stato (medici, carabinieri, agenti di polizia di stato e penitenziaria) responsabili di violenze, calunnie e falsi ma questi non hanno ricevuto punizioni adeguate, perché nel codice penale italiano manca il reato di tortura e per la prescrizione di reati minori. Molti pubblici ufficiali coinvolti nelle violenze non hanno potuto essere identificati perché avevano il volto coperto e sulle loro divise non erano presenti nomi o numeri identificativi.
In questi 10 anni, inoltre, altri episodi hanno chiamato in causa le responsabilità dei corpi di polizia per l'uso delle armi e della forza, dalla morte di Federico Aldrovandi durante un fermo (2005) a quella di Gabriele Sandri, raggiunto da un colpo di pistola sparato da un agente di polizia stradale (2007), alla morte in custodia di Aldo Bianzino (2007), Giuseppe Uva (2008) e Stefano Cucchi (2009), assieme all'aggressione e agli insulti razzisti denunciati da Emmanuel Bonsu, fermato da agenti della polizia municipale (2008).
Amnesty International chiede all'Italia di cogliere questo anniversario come un'occasione per impegnarsi seriamente a combattere l'impunità e a fare in modo che l'operato delle forze di polizia sia trasparente.
Le forze di polizia sono attori chiave nella protezione dei diritti umani. Perché questo ruolo sia riconosciuto nella sua importanza e svolto nella piena fiducia di tutti, sono essenziali il rispetto dei diritti umani, la prevenzione degli abusi, il riconoscimento delle responsabilità e una complessiva trasparenza.
L'Italia deve, pertanto, introdurre il reato di tortura nel codice penale, prevedere misure che permettano di identificare gli agenti durante le operazioni di ordine pubblico e istituire un meccanismo di monitoraggio sui diritti umani.

Amnesty Italia


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Re: Diritti umani, informazione e comunicazione

Messaggioda flaviomob il 24/07/2011, 20:50

Firenze, 23 luglio 2011. “È di oggi la conferma che il Ministro per la zona occidentale del Ghana, Paul Evans Aidoo, ha ordinato l’arresto di tutte le persone omosessuali nella sua zona di competenza”.

Lo denunciano, in un appello alla Comunità internazionale, i co-presidenti dell’organizzazione per i diritti umani EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau.

“L’offensiva governativa anti-gay è conseguente alla campagna omofoba portata avanti dal Consiglio Cristiano del Ghana, che ha attaccato duramente e pubblicamente la comunità LGBT a più riprese” spiegano gli attivisti. “Purtroppo, come dimostra il caso dell’Uganda, molte comunità cristiane promuovono omofobia in Africa, nonostante gli appelli alla tolleranza promossi dalla società civile”.

Riferendosi alla presenza di omosessuali nel Ghana, il ministro ghanese ha ripetutamente dichiarato che “dobbiamo impegnarci con tutte le forze per estirpare queste persone dalla nostra società”. Paul Evans Aidoo ha chiesto ai cittadini della regione da lui governata di denunciare alle autorità tutte le persone sospettate di comportamenti omosessuali.

“Chiediamo all’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, al Parlamento europeo e alla Commissione Ue di prendere con immediatezza una posizione che scongiuri nuove escalation di violenza omofoba, nonché il perpetrarsi di gravi violazioni dei diritti fondamentali di persone LGBT nel Paese sub-sahariano. È fondamentale” prosegue il Gruppo EveryOne, “che tutte le forze democratiche e i Paesi membri dell’Ue rivolgano un appello al Presidente della Repubblica del Ghana affinché le affermazioni del ministro Evans Aidoo siano ritrattate al più presto.

Ci rivolgiamo infine” concludono Malini, Pegoraro e Picciau, “a coloro che hanno rappresentato e rappresentano tuttora egregiamente il Ghana in politica estera, come il diplomatico ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, il Giudice della Corte penale internazionale Akua Kuenyehia e l’ex presidente ghanese Jerry Rawlings, che è stato eletto presidente della Economic Community of West African States: è a loro che chiediamo accoratamente di fare in modo che il Ghana – che in passato ha sempre favorito le organizzazioni internazionali e regionali di cooperazione politica ed economica, ed è un membro attivo delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana – mantenga il suo status di Paese democratico, tra i più moderati del continente africano, e continui a rispettare le Carte internazionali sui Diritti Umani, salvaguardando così anche la dignità e l’uguaglianza rispetto agli altri cittadini di gay, lesbiche e transessuali”.

Nota del Gruppo EveryOne. Il governo del Ghana, purtroppo, esercita una feroce discriminazione contro i gay, che quando vengono identificati subiscono arresti, maltrattamenti, torture e condanne inique. Noi ci auguriamo di sollevare questa realtà e impedire che la persecuzione dei gay nel Paese prosegua, trascinando il Ghana in una deriva intollerante ben lontana dai valori della democrazia. Invitiamo tutti gli amici dei diritti umani a levare proteste accorate contro il governo ghanese e i ministri delle singole regioni, affinché interrompano la terribile persecuzione delle persone gay in atto nel Paese.

Nella foto, Paul Evans Aidoo

Fonte: http://www.everyonegroup.com/it/EveryOn ... _e_Ue.html


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