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La lega dei puri

Viaggio nella ordinaria realtà di un paese anomalo; da prendere a piccole dosi

La lega dei puri

Messaggioda Gab il 20/01/2010, 15:26

Nove parole per salvare Castelli Ma anche il sindaco Moratti

«Negli altri casi si applicano nella fase dell’appello»

Da l'Unità

Nove parole per salvare Castelli Ma anche il sindaco Moratti
di Claudia Fusani

Mica solo Berlusconi. E no, già che ci siamo, già che il processo breve - nel tentativo di farlo diventare compatibile con la carta costituzionale - viene allargato a dismisura nella sua applicazione, tanto vale cucire su misura qualche norma anche per amici e compagni di coalizione. Tra gli ultimi possibili beneficiari delle nuove norme ci sarebbero anche il sindaco di Milano Letizia Moratti e il viceministro alle Infrastrutture Roberto Castelli. Cosa di cui si sono accorte ieri in aula al Senato le opposizioni, in prima fila Idv, Pd e Udc, che sono riuscite a far accantonare l’emendamento incriminato mentre i leghisti salivano sui banchi e sbraitavano insulti e francesismi del tipo “ci hai rotto i coglioni” e cori di “buuuu” verso un imperterrito Li Gotti (Idv) che a sua volta gridava: «Che Paese è diventato l’Italia? Si fanno solo leggi per i potenti». Il senatore Li Gotti ce l’aveva con il sindaco Moratti a cui, secondo Italia Oggi, l’emendamento al processo breve che introduce la ragionevole durata del giudizio davanti alla Corte dei Conti (n.3 articolo 1-quater) leverebbe di mezzo i guai almeno contabili dell’inchiesta sulle assunzioni facili al comune di Milano. Lo stesso emendamento, combinato con le ultime nove parole dellanormatransitoria (emendamento n.5,articolo 2-quinquies) fa un regalo di centomila euro (ci sarebbero anche 22 mila euro di spese processuali ma non è chiaro se rientrano nel condono) anche all’ex ministro alla Giustizia Roberto Castelli che, difatti, in questi tre giorni di dibattito sul processo breve tra aula e commissione di palazzoMadamasi è aggirato con inconsueta puntualità e presenza tra i corridoi e la buvette del Senato. Certo, Castelli è senatore nonché membro della Commissione Giustizia e ha tutto il diritto nonchè il dovere di stare al Senato. Diciamo però che in genere i viceministri frequentano poco il Parlamento. Castelli lobbista di se stesso. Dove quello del lobbista è un mestiere necessario.

LA CONDANNA
La faccenda da sanare risale a quando Castelli era il numero 1 di via Arenula, quei cinque anni di lotta quotidiana con le toghe. In quel periodo l’allora Guardasigilli fu accusato di aver sprecato denaro pubblico offrendo consulenze esterne a trattativa privata a società nate apposta per vincere quella gara e senza avere alcuna professionalità. La sentenza della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale del Lazio, presidente Agostino Basta, è stata depositata l’8 aprile 2009. In quelle pagine si spiega che Castelli, più altri funzionari anche oggi centrali nell’organizzazione del ministero, avevano sperperato decine di migliaia di euro per far elaborare ad una società (Global brain)un sistema per misurare l’efficienza dei sistemi giudiziari e delle toghe. La Global brain non ha maifatto quello studio e, soprattutto, era stata costituita apposta un mese prima di avere l’appalto. «Una scatola vuota» si legge in sentenza. Per tutto questo Castelli è stato condannato a risarcire allo Stato 99 mila euro. Soldi da pagare subito, di tasca propria, anche se è previsto l’appello alla sentenza. Per evitare questo sgradevole esborso - che a fare due conti equivale a cinque-sei mesi di stipendio da viceministro - ecco che arriva l’emendamento - è il caso di dire ad personas - della norma ad personam. La norma transitoria, infatti, prevede che l’estinzione dei processi davanti alla Corte dei Conti riguardi anche i procedimenti in corso sehannopiù di cinque anni. «Negli altri casi - si legge - si applicano nella fase dell’appello». Sono queste nove parole che, stando alle primevalutazioni tecniche, farebbero a Castelli un regalo di circa 99 mila euro. Quando ieri mattina Legnini (Pd), Li Gotti e D’Aliahanno puntato il dito contro l’emendamento perché,comeha denunciato D’Ambrosio, «aumenta i privilegi della casta» , il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo ha provato a dire che la norma non si applica ai processi in corso. «Non è vero, vale anche per questi» è andato su tutte le furie il capogruppo dell’Udc Gianpiero D’Alia.A quel punto, ma solo a quel punto, il relatore Valentino e Caliendo hanno taciuto mentre la Lega saliva sulle barricate. L’emendamento incriminato è stato accantonato. Significa messo da parte. Se ne riparlerà alla fine, martedì, quando riprende la discussione. Sarà corretto?
15 gennaio 2010
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