Intervista al presidente
Vendola chiama alle armi
«Monti fa saltare il Sud»
di BEPI MARTELLOTTA
BARI - Sì, il clima è cambiato: prima era il tempo delle bandane e delle Olgettine, oggi è quello delle domeniche al barbiere. Ma nelle politiche per il Sud, davvero è cambiato tutto? Nichi Vendola aveva cominciato a nutrire forti sospetti ma da ieri, quando gli è piombata sulla scrivania la nota in cui il ministro Barca gli annuncia che cambiano le regole sui livelli di spesa dei fondi comunitari, non ha più dubbi. «Oggi il Sud d’Italia, auspico con tutti i colori della politica, deve ribellarsi ad un sopruso che, benché organizzato in chiave tecnica, è un sopruso politico. Perché è contro il Mezzogiorno».
Presidente, ci spieghi. «Ci vengono imposti, all’improvviso, nuovi target entro i quali raggiungere i livelli di spesa comunitaria per le annualità 2012, 2013 e 2014, tutto già a partire dal prossimo maggio e con sanzioni, pesanti, il cui unico scopo è consentire allo Stato di fare cassa. Se ci tolgono l’ossigeno, non possiamo più respirare. E non ci dicano che le risorse di co-finanziamento statale che ci vengono tolte restano al Sud: le carte dicono altro, dicono che quei soldi possono andare al Nord. Con un’operazione che si fa vivere sui tavoli tecnici, per esautorare la politica in modo che ci si ritrovi di fronte ad un fatto compiuto, si costruisce questa griglia infame per farci saltare».
Cos’è, siamo tornati ai tempi della guerra con Tremonti? «So solo che si manda in default tanta parte del sistema pubblico meridionale. I nostri Comuni, quelli con i quali abbiamo già contratto la quasi totalità degli impegni previsti dal Por 2007-2013, entrano in un avvitamento che finisce nel fallimento. E per la Puglia il danno è maggiore rispetto ad altre regioni del Sud: l’aver realizzato il 100% degli impegni di spesa comunitaria sino al 2013, significa dover chiedere la revoca di progetti, cantieri, opere pubbliche strategiche - come la difesa del suolo - ormai in corso d’opera. Su una cosa del genere, tutte le istituzioni del Sud sono pronte a fare la guerra. La posta in gioco è troppo alta, parliamo di una prospettiva di sopravvivenza».
Se è così, c’è da rimpiangere il governo Berlusconi: sui fondi Ue, l’intesa tra le Regioni e il ministro Fitto, Puglia compresa, sembrava di ferro. O no? «La questione del Sud è cartina di tornasole per la qualità di qualsiasi governo e su questo tema non siamo disponibili a fare sconti, ad ascoltare argomenti falsamente dialettici o ammonimenti bonari che hanno un retrogusto autoritario. Nè siamo più disponibili a salire sul banco degli imputati. Chiameremo in causa tutti, i sindacati, i sindaci, tutti i parlamentari del Sud: le carte che abbiamo ricevuto dal Dipartimento Sviluppo dobbiamo rispedirle al mittente, sono irricevibili».
Dopo i treni, un nuovo «Fronte del Sud» contro il governo Monti? «Tutti i governatori meridionali sono allertati su questa vicenda: siamo pronti a scatenare una reazione unitaria senza precedenti. Pensare che la prospettiva politica sia quella di ripartire sempre da capo, una specie di tela di Penelope per cui la mattina si fanno i discorsi belli, il pomeriggio si fanno gli strappi clamorosi e la notte bisogna provare a ricucire, è una fatica e una perdita di tempo. Pensavo che il Mezzogiorno meritasse u n’attenzione politica in più, oltre che verbale, e invece mi ritrovo sempre a recuperare quello che in questi mesi mi è stato tolto. Da Moretti (l’ad di Trenitalia, ndr) come da Monti».
Eppure, il tavolo sul Sud dei giorni scorsi sembrava promettere bene... «Prima abbiamo preso un colpo alla spina dorsale che quasi ci ha tramortito, qual’è l’atto di violenza di Trenitalia di spaccare in due il Paese e tenere la Puglia fuori dai collegamenti. Poi siamo stati convocati e abbiamo acconsentito che il governo reperisse, dalle quote di co-finanziamento, le risorse per coprire il taglio di 1,2 miliardi sulle ferrovie. Quando il governo chiede solidarietà, lo facciamo: che a Palazzo Chigi sieda Berlusconi o sieda Monti, non ci siamo mai tirati indietro. Abbiamo liberato 100 milioni, abbiamo fatto il nostro dovere e il governo ha fatto una sua bella operazione di propaganda sulle infrastrutture: parliamo di soldi, dai co-finanziamenti sui Por ai fondi Fas, che sono come le «mucche di Mussolini»: sono gli stessi, partono dai tempi di Prodi, dimagriscono e vengono presentati in pompa magna da Berlusconi, poi dimagriscono di nuovo e vengono ri-presentati dal governo Monti. Si monta il Piano Sud, poi lo si smonta e poi si monta u n’altra cosa, il Piano di azione Coesione, che è sempre il Piano Sud al netto di 1,2 miliardi. Bene, ora basta. Siamo responsabili, capiamo il momento di crisi, apprezziamo i professori e siamo innamorati dello stile. Ma ora basta».
Forse quello del ministro Barca è solo un tentativo per accelerare la spesa, sull’onda di quanto aveva già tentato di fare Fitto. O no? «È l’esatto contrario: è un incentivo a non far spendere le risorse comunitarie creando dei paletti temporali impossibili. Tutti preferiranno il disimpegno dei fondi, piuttosto che ricadere nelle sanzioni e vedersi «scippare» le quote statali perché partano verso il Nord. Una beffa, poi, se si pensa che nel 2011 le regioni del Sud hanno raggiunto gli obiettivi di spesa del Por nonostante fosse un anno interamente lastricato di diffamazioni e pregiudizi, in base alle quali il Sud sarebbe inciampato. La Puglia, in questo quadro, ha superato di oltre 200 milioni di euro i target di spesa del 2011: non abbiamo ricevuto le scuse da tutti quelli che erano saliti in cattedra per punirci preventivamente, ma eravamo partiti rinfrancati nel 2012. Ora, la "bella sorpresa". Non finirà qui, sarà guerra».
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