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Cancelleria Virtuale Nazionale

Garantire insieme: sicurezza e giustizia uguale per tutti; privacy e diritto del cittadino all'informazione

Cancelleria Virtuale Nazionale

Messaggioda Gab il 12/01/2009, 9:54

La Cancelleria Virtuale Nazionale (CVN) e' un insieme di Informazione Giustizia e Sicurezza.
Purtroppo oggi nasce
al momento priva di ogni norma, disposizione o regolamento

e come
un "gestore centrale" organizzato e controllato dal ministero di giustizia che - prevede il protocollo - può concederlo a un fornitore esterno


Queste cose messe insieme fanno un po' paura.
Ad oggi possiamo sperare che il CVN non si trasformi in un "c v d" !
Aspettiamo protocolli, regole .. etc etc
Altrimenti non ci resta che sperare negli hacker per controllare che tutte indagini procedano regolarmente.

da repubblica.it

Gab
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Re: Cancelleria Virtuale Nazionale

Messaggioda franz il 13/01/2009, 9:25

Intervista al procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro
"E' giusto migliorare la giustizia ma con regole precise"

"A rischio la libertà dei cittadini
il segreto sia tutelato dai pm"

di GIUSEPPE D'AVANZO

ROMA - Nasce una "cancelleria nazionale virtuale" che inquieta. Il protocollo d'intesa, firmato dai ministri Brunetta (Innovazione) e Alfano (Giustizia), prevede la "trasmissione telematica delle notizie di reato tra le forze di polizia e procure della Repubblica". Si può così "automatizzare l'alimentazione del registro delle notizie di reato e la costituzione del fascicolo del pubblico ministero e del giudice delle indagini preliminari". I dati raccolti, "predisponendo una porta di dominio attestata presso il ministero della giustizia", saranno condivisi dall'intera rete delle forze di polizia che avranno accesso ai "dati di sintesi delle notizie di reato". Mettiamola così, allora, tutti i documenti d'indagine della giustizia italiana finiranno in un unico canestro. I procuratori, responsabili delle indagini, non saranno in grado di garantire la sicurezza delle informazioni raccolte ancora protette dal segreto istruttorio. L'archivio della "cancelleria virtuale" sarà nella disponibilità delle forze di polizia, e quindi del governo che gestirà il sistema attraverso una società privata.

Abbiamo chiesto al procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro se non ci sono sufficienti ragioni per preoccuparsi. "Voglio essere chiaro. Va apprezzato lo sforzo del governo di modernizzare, con l'innovazione tecnologica, l'organizzazione e il funzionamento della giustizia italiana. Non si può che apprezzare lo sforzo di informatizzazione di tutte le procedure. Non dubito che questo programma sia il frutto delle sollecitazioni - vecchie di anni - di magistrati e avvocati e una testimonianza delle migliori intenzioni e di una buona volontà. E tuttavia credo che non si debbano accantonare alcune perplessità che giudico pertinenti e rilevanti".

Vediamo. Quali sono?
"Ripeto, ben venga lo sforzo di automatizzazione del sistema, ma non credo che vada sottovalutato il rischio di un conflitto tra la tecnologia e alcuni principi irrinunciabili del codice di procedura penale. Non possiamo ignorare l'esistenza di una soglia invalicabile tra ciò che non è coperto da segreto - e può essere messo a disposizione delle forze di polizia e degli attori del processo - e ciò che è segreto e deve rimanere nella disponibilità esclusiva del magistrato del pubblico ministero, come impone la legge".

Il ministro Brunetta sostiene, con buone ragioni, che il protocollo consente di "superare le scartoffie, i faldoni, le cancellerie polverose".
"Ma mica stiamo discutendo di questo. Non è in discussione l'informatizzazione. Discutiamo di altro: dove raccogliere quei dati; come; chi ne deve essere il responsabile; chi ha diritto ad accedervi. A questa regolamentazione di una materia molto sensibile occorre porre attenzione. La trasmissione telematica delle notizie di reato è un segmento di un ampio progetto, chiamato Re. Ge. Web, che informatizzerà il registro generale delle notizie di reato. Ora tutte le procure, per i loro archivi informatici, devono preparare ogni anno un documento programmatico per la sicurezza, indicando i nomi degli amministratori di sistema, la policy delle società private deputate al trattamento dei dati giudiziari e le soluzioni di sicurezza dalle stesse adottate. In tale ottica, la procura di Milano ha chiesto da tempo al ministero i requisiti del consorzio di imprese che si occuperà del Re. Ge. Web e, nonostante le promesse, siamo ancora in attesa dei documenti. Voglio dire che una razionalizzazione tecnologica, indispensabile, non può farci dimenticare che anche l'innovazione ha bisogno di regole, responsabilità chiare, certezze, rigore, attendibilità. La lotta al terrorismo ci ha insegnato che è certo possibile raccogliere dati come se fossero gocce di pioggia su ognuno e ogni cosa, ma ci ha posto di fronte al dilemma di come la sicurezza debba sapersi conciliare con la libertà e la privacy dei cittadini".

In questo caso, mi pare, c'è anche dell'altro. Le chiedo: consentire "all'intera rete delle forze di polizia" l'accesso ai "dati di sintesi delle notizie di reato" non espone l'ordine giudiziario al controllo dell'esecutivo?
"E' un problema che esiste. E' una tendenza che già ha fatto capolino nella legislazione".

A che cosa si riferisce?
"Alla legge (3 agosto 2007, n. 124) che ha riformato i servizi segreti. La riforma prevede oggi che, autorizzata dal procuratore della repubblica, l'intelligence abbia 'l'accesso diretto al registro delle notizie di reato anche se tenuto in forma automatizzata'. Francamente non se ne vedo l'utilità. Gli scopi perseguiti dai servizi di informazione non legittimano, a mio avviso, l'adozione di procedure diverse da quella previste dal codice di procedura penale: ho difficoltà a immaginare le ragioni per cui un procuratore dovrebbe concedere l'autorizzazione a quell'accesso. Per gli stessi motivi non comprendo perché le forze di polizie dovrebbero avere accesso e condividere, attraverso una cancelleria nazionale addirittura, le notizie di reato di tutti i distretti giudiziari. La notizia di reato e la relativa documentazione sono custodite - impone la legge - presso l'ufficio del pubblico ministero. Anche nell'interesse dell'indagato e della sua privacy e non solo delle indagini Non vedo l'utilità di manomettere quel principio".

Le si potrebbe opporre: per rendere più efficiente il coordinamento e l'efficacia delle investigazioni.
"Il coordinamento delle indagini ha già oggi le sue procedure. E, dove sono rispettate, danno buoni frutti. Non è una buona obiezione. Vuole sapere qual è la verità?".

Qual è?
"Non c'è alcun motivo per 'centralizzare' queste informazioni. Il sistema bilaterale di oggi - pubblico ministero, polizia giudiziaria - è il più adeguato a proteggere tutti i "beni" in gioco: la riservatezza della privacy dell'indagato; l'efficacia dell'investigazione; il segreto dell'indagine. Si informatizzi, allora, con firme certificate e crittografia questo rapporto bilaterale, almeno finché il segreto non venga meno".

L'esclusivo rapporto a due - pubblico ministero, polizia giudiziaria - non ha impedito, rimprovera il ministro Brunetta, che "manine e manone" si siano tuffate in carte segrete.
"A maggior ragione, non si capisce perché una 'centralizzazione' ovvierebbe al problema. E' vero, che la fuga di notizie, come l'intrusione telematica, è sempre possibile, ma nel sistema bilaterale di oggi i possibili responsabili della violazione del segreto sono di numero circoscritto. Nell'altro caso, no. Nessun sistema informatico è sicuro, nonostante password e altre tecniche, mentre può esserlo l'organizzazione degli uomini che lo gestiscono".

L'accuseranno di essere arcaico, lo sa?
"Lo so, ma invito tutti a riflettere al di là della facile e ineludibile passione per l'innovazione tecnologica. Ripeto, non penso che dietro questo progetto di 'cancelleria nazionale virtuale' ci sia un'intenzione maligna, ma di certo c'è un pericolo: scindere la titolarità e la responsabilità di un'informazione sensibile come la notizia di reato dagli uomini che gestiscono il sistema telematico. Non è soltanto in ballo la possibilità di accertare che cosa è accaduto e per la responsabilità di chi, ma il diritto alla privacy dei cittadini. Di questo parliamo, non di modernità e arcaicità. A meno che non mi si dica che, in nome della modernità, dovremmo essere disposti a svendere la nostra libertà".

(13 gennaio 2009)
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