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La camorra nel governo

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La camorra nel governo

Messaggioda franz il 17/10/2008, 10:50

Clan nel governo
di Emiliano Fittipaldi e Gianluca Di Feo
"Era a disposizione dei casalesi". Così un pentito accusa Nicola Cosentino. E' il quinto collaboratore di giustizia a puntare il dito contro il sottosegretario all'economia. Che continua a rimanere al suo posto
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Silvio Berlusconi e Nicola Cosentino

Durante la mia latitanza molto spesso mi sono incontrato con l'onorevole Nicola Cosentino. Egli stesso esplicitamente ci aveva detto di essere a nostra disposizione... Quando dice 'nostra' Dario De Simone parla dei casalesi, la più feroce organizzazione criminale campana. De Simone è stato uno dei loro capi: revolver alla mano, accanto al padrino Francesco Bidognetti ha ucciso una decina di persone. Poi nel 1996 ha deciso di collaborare con i magistrati: le sue rivelazioni sono state determinanti per il maxiprocesso Spartacus. Per gli inquirenti è un 'pentito' fondamentale, per il resto del clan un condannato a morte. Quando fa il nome di Nicola Cosentino, i killer gli hanno appena assassinato il fratello e il cognato. Ma va avanti: "L'onorevole aveva avuto espressamente il nostro aiuto per le sue elezioni, era a disposizione per qualunque cosa noi gli avessimo potuto domandare. Se gli avessimo chiesto un certo tipo di lavoro pubblico, non esisteva che potesse rifiutarsi".

De Simone registra questa deposizione il 13 settembre 1996, dopo di lui altri quattro collaboratori di giustizia chiameranno in causa il politico di centrodestra, come ha riferito L'espresso nelle inchieste pubblicate nelle scorse settimane. All'epoca Cosentino era appena riuscito a entrare in parlamento, oggi è sottosegretario all'Economia del governo Berlusconi e coordinatore campano del Pdl. È indagato dalla Procura antimafia di Napoli, ma la sua posizione nell'esecutivo non è stata messa in discussione. Lo stesso Paese che si mobilita contro i piani camorristici per uccidere Roberto Saviano, non si scandalizza per la poltrona occupata da un politico di Casal di Principe che cinque diversi pentiti hanno indicato come "a disposizione dei casalesi". E lo hanno fatto in tempi non sospetti. Il primo verbale che lo accusa risale al settembre 1996, l'ultimo al primo aprile 2008: tutti prima di diventare un uomo-chiave del ministero di
Giulio Tremonti.

Il deputato viene indicato nel 1998 da Domenico Frascogna come postino insospettabile dei messaggi del capo dei capi, Francesco 'Sandokan' Schiavone; da Carmine Schiavone, cugino di Sandokan, come candidato della famiglia nelle elezioni comunali e provinciali. Nel febbraio 2008 da Michele Froncillo come il contatto per vincere le gare pubbliche. Infine Gaetano Vassallo, l'imprenditore di camorra che per un ventennio ha inondato la Campania di scorie tossiche, descrive il suo ruolo negli appalti per consorzi rifiuti e termovalorizzatori. L'espresso invece ha ricostruito come alla società della famiglia Cosentino, un colosso nel settore di gas e petrolio, fosse stato negato il certificato antimafia: un permesso concesso solo dopo l'intervento del prefetto Elena Stasi, poi eletta al parlamento per il Pdl grazie anche al sostegno di Cosentino. Il nostro giornale ha scoperto l'operazione sui terreni della centrale elettrica di Sparanise, che ha fruttato 10 milioni di euro ai familiari del sottosegretario. E l'acquisto di un lotto dai parenti di Schiavone. Tutto questo non ha scosso il Parlamento: finora gli interventi si contano sulle dita di una mano. Il sottosegretario ha respinto le accuse, promettendo querele. Il premier Berlusconi ha chiuso la questione: "Ho assicurazione personale dagli interessati che si tratta di operazioni legate alla politica, e non a quella realtà". Intanto i casalesi continuano a uccidere. Nonostante le retate, nonostante i parà della Folgore, vanno avanti nelle esecuzioni. Intanto i casalesi continuano a elaborare piani per ammazzare Saviano, che proprio su L'espresso ha sottolineato il silenzio intorno al caso Cosentino.

Il racconto di Dario De Simone è importante proprio per gli aspetti politici. Il camorrista parla di vicende anteriori al 1995, anno del suo arresto, e in particolare delle elezioni regionali di quell'aprile che videro arrivare il giovane avvocato di Casal di Principe nel consiglio regionale guidato dal centrodestra. In quel periodo il boss è latitante e si nasconde spesso nella casa di uno zio della moglie di Cosentino. Lì sarebbero avvenuti i loro incontri: "Mi chiese di aiutarlo nella campagna elettorale. Io mi diedi da fare. Parlai con il coordinatore nella zona di Forza Italia. Ho parlato anche con Walter Schiavone, Vincenzo Zagaria, Vincenzo Schiavone (oggi tutti detenuti e considerati elementi di spicco del clan, ndr): tutte persone che per altro ben conoscevano il Cosentino. Un buon gruppo di noi frequentava il club Napoli di Casale, circolo che frequentava anche il Cosentino. Durante la latitanza, io e Walter Schiavone abbiamo dormito spesso lì". Nel racconto del collaboratore, il comitato elettorale per le regionali '95 poteva contare anche sul sostegno dei vertici camorristici: "Solo a Trentola Ducenta ha raccolto 700 preferenze. Io stesso ho chiesto a varie persone la cortesia di votare Cosentino. Certamente quando io chiedevo delle cortesie ai vari amici di Trentola nessuno le rifiutava. Un po' tutta l'organizzazione si è occupata delle sue elezioni. Per la zona di Aversa si è interessato Francesco Biondino, per la zona di Lusciano Luigi Costanzo, per la zona di Gricignano la famiglia di Andrea Autiero, per la zona di Casaluce tale L. V., per quella di Teverola il ragioniere Di Messina". Tutte le persone indicate sono state poi arrestate.

De Simone ricostruisce nel dettaglio anche i colloqui con il politico "dopo le elezioni e fino al momento del mio arresto": incontri tra un latitante ricercato per una raffica di omicidi e un assessore regionale. "Discutevamo della situazione che si è venuta a creare dopo la retata Spartacus. Cosentino mi tranquillizzava dicendo che la sola parola di Carmine Schiavone non poteva consentire una condanna definitiva e che pertanto, nell'eventualità del mio arresto, dopo un periodo di carcerazione preventiva sarei comunque uscito. Il Cosentino mi riferì che la vittoria della coalizione di Forza Italia avrebbe sicuramente comportato un alleggerimento della pressione nei nostri confronti e in particolare si riferiva alle disposizioni di legge sui collaboranti della giustizia. Ricordo anche che parlavamo degli orientamenti politici dei giudici che si occupavano delle nostre vicende, in particolare del dottor Greco e del dottor Cafiero che ritenevano particolarmente agguerriti nei nostri confronti. Arrivammo alla conclusione che l'affermazione di Forza Italia avrebbe potuto mutare la situazione, nel senso che i giudici di sinistra sarebbero stati ridimensionati e non avrebbero più avuto quel potere alla Procura di Napoli. Il Cosentino mi disse che bisognava stare attenti soprattutto in riferimento all'attività politica degli onorevoli Diana e Natale in quanto persone vicine all'onorevole Violante e che facevano pressioni affinché vi fosse un intervento costante nella zona da parte delle forze dell'ordine".

Un capitolo inquietante riguarda la dissociazione: l'ipotesi di concedere sconti ai mafiosi che prendevano le distanze dai clan, sul modello di quanto fatto durante il terrorismo. De Simone fa riferimento ai colloqui tra don Riboldi e il ministro Giovanni Conso del 1994. "È evidente che avevamo interesse che la dissociazione fosse valorizzata. In questo momento avremmo potuto fare sette o otto anni di carcere senza 41 bis e uscire puliti e continuare a curare le nostre attività". De Simone conclude la sua deposizione ribadendo: "Non ho mai ricevuto favori personali da Cosentino e non so se altri ne abbiano ottenuti, ma egli stesso esplicitamente ci aveva detto di essere a nostra disposizione". Dodici anni dopo, quel politico di strada ne ha fatta tanta. Parlamentare, leader campano della coalizione di maggioranza, sottosegretario all'Economia con un ricco budget e deleghe delicatissime. Nonostante i sospetti, le inchieste della Procura e le relazioni pericolose Nicola 'o 'Mericano', come lo chiamano a Casal di Principe, resta inchiodato alla sua poltrona. Nel silenzio sempre più imbarazzato dei compagni di governo e degli alleati della maggioranza.
(16 ottobre 2008)
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... ref=hpstr1
Ultima modifica di franz il 17/10/2008, 10:52, modificato 1 volta in totale.
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Il leader Pd: 'Vicenda imbarazzante per tutta la maggioranza

Messaggioda franz il 17/10/2008, 10:51

Cosentino è bene che si dimetta
di Marco Damilano
Il leader Pd: 'Vicenda imbarazzante per tutta la maggioranza'.
Colloquio con Walter Veltroni

"C'è un sottosegretario di questo governo che è stato chiamato in causa per la quinta volta da cinque pentiti differenti e non ha sentito il bisogno di dare alcun chiarimento. Credo che la sua presenza in una postazione così delicata sia imbarazzante per tutto lo schieramento di maggioranza. Sarebbe opportuno che facesse un passo indietro". Martedì 14 ottobre è una giornata particolare per Walter Veltroni: il Pd da lui guidato festeggia il primo anno di vita, sono passati esattamente 12 mesi dalle primarie che lo elessero segretario, il leader del maggiore partito di opposizione celebra la ricorrenza decidendo di riaprire con forza il capitolo dei rapporti tra criminalità organizzata e politica. Tra un mese Veltroni tornerà a Casal di Principe per una manifestazione, oggi chiede le dimissioni del sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino, l'uomo forte di Forza Italia in Campania, messo sotto accusa dai pentiti per i suoi legami con il clan dei casalesi. "Ci sono aree di collusione, ambiguità, connivenza: la mafia e la camorra sono in grado di garantire voti, a qualcuno possono piacere quei voti. Vorrei che questa volta Berlusconi non dicesse me ne frego o che lui ha da lavorare".

Cosa la indigna e la preoccupa di più?
"Prenda quello che succede a Roberto Saviano. Non capita in altri paesi che giornalisti e scrittori che hanno avuto il coraggio di fare il loro lavoro e di raccontare la realtà in cui si trovano a vivere siano costretti a girare sotto scorta. Di recente ho incontrato il mio amico Salman Rushdie, anche lui per anni ha vissuto blindato, ma dopo essere stato oggetto di una fatwa a causa dell'intolleranza religiosa. In Italia può accadere che un giovane scrittore coraggioso come Roberto e i carabinieri della scorta che lo proteggono siano minacciati di morte. Non accade nulla di simile in Francia e in Germania, in nessun altro paese europeo. Non è possibile che ci siano dei santuari che vengono combattuti da giornalisti, poliziotti, magistrati e nei confronti dei quali, invece, esiste un atteggiamento spesso ambiguo di uomini politici".


Il caso di Saviano è il più clamoroso, ma non è l'unico. Ci sono altri giornalisti finiti nel mirino della camorra: come mai?
"Rosaria Capacchione, la giornalista del 'Mattino', ha ricevuto la più inquietante delle minacce perché sono entrati nel suo appartamento e non hanno toccato nulla. È un messaggio preciso, significa dire: sei sotto il nostro controllo. E io dico che non deve poter accadere che la casa di una giornalista minacciata non sia vigilata. Ci sono tanti agenti di scorta sotto le abitazioni di ministri e di ex ministri di questo Paese senza che ce ne sia alcun bisogno: vengano spostati sotto le case delle persone che sono autenticamente a rischio. Ma attenzione: per giornalisti coraggiosi come Saviano e come Rosaria esistono poi giornali che fanno da portavoce alla camorra. Sono i giornali che Roberto ha denunciato più volte, mi ha fatto vedere le copie quando ci siamo incontrati, e che devono essere isolati dalla categoria. Di tutto c'è bisogno tranne che degli house organ della camorra".

Lei parla di ambiguità dei politici: da sempre nelle regioni meridionali esistono collusioni tra i partiti e gli uomini dei clan. Nelle carte che riguardano il sottosegretario Nicola Cosentino si parla di cospicui pacchetti di voti garantiti dalla camorra. Il Pd che lei dirige ha le carte in regola?
"Nella politica ci sono aree di collusione, ambiguità, connivenza: la mafia e la camorra sono in grado di garantire voti, a qualcuno possono piacere quei voti. Per quanto mi riguarda, ho fatto la campagna elettorale andando nelle zone dove la criminalità organizzata è più radicata e ripetevo nei miei comizi: mafiosi non votateci perché vi vogliamo annientare. A campagna elettorale conclusa hanno trovato intercettazioni di uomini della 'ndrangheta che se la prendevano con me e con altri esponenti del Partito democratico per queste affermazioni. Ma non ci facciamo intimidire. Abbiamo deciso di convocare per il 15 novembre a Casal di Principe gli Stati generali per la legalità e di concludere con una grande manifestazione nella stessa piazza dove sono stato già a giugno. E la lotta a tutte le mafie sarà uno dei temi centrali della manifestazione di Roma del 25 ottobre. Così dovrebbero fare tutti i partiti, indipendentemente dalle opinioni politiche. Paolo Borsellino e Giovanni Falcone avevano probabilmente idee politiche diverse, ma erano due grandi difensori della legalità e della democrazia".

Intanto il deputato Cosentino, numero uno del Pdl in Campania, è di nuovo tirato in ballo per i suoi legami pericolosi con i casalesi. Il fatto non ha suscitato grandi clamori nel mondo politico, eppure Cosentino è sottosegretario all'Economia, il ministero chiave del governo Berlusconi.

"Se un sottosegretario che fa parte di questo governo viene chiamato in causa per la quinta volta da cinque pentiti differenti e non sente neppure il bisogno di dare chiarimenti, allora vuol dire che c'è qualcosa che non va. Credo che sia imbarazzante per tutto lo schieramento che oggi è al governo avere in una postazione così delicata come quella un uomo su cui gravano così tante denunce e accuse provenienti da molteplici fonti".

Il Pd chiederà le dimissioni di Cosentino?

"Penso che sarebbe opportuno che il sottosegretario facesse un passo indietro di fronte a così tante, molteplici accuse, tutte senza reazioni".

Perché forze come la Lega o come An, di solito attente ai temi della legalità, in questa occasione restano in silenzio?

"Nello schieramento di destra ci sono tante persone assolutamente convincenti nella loro battaglia sulla legalità. Ma penso che sia venuto il momento che su questa questione queste forze facciano sentire la loro voce perché sta rischiando di passare un gigantesco abbassamento del livello di guardia. E io non posso non segnalare,a questo proposito, quanto detto da Silvio Berlusconi in campagna elettorale a proposito di Vincenzo Mangano, quando definì un eroe un uomo che era stato condannato all'ergastolo per delitti di mafia".

Cosa dovrebbe fare Berlusconi? Chiedere la revoca di Cosentino?
"Vorrei che Berlusconi non dicesse me ne frego o che lui ha da lavorare. La lotta alla mafia è un grande tema su cui tutti, indipendentemente dalle loro opinioni politiche, hanno il dovere di fare la loro parte per rimuovere questa terribile e sanguinosa anomalia italiana: quella per cui parti del territorio non sono sotto il controllo delle istituzioni e un giornalista non può fare il suo mestiere liberamente".
(16 ottobre 2008)
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 2045113//1
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