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Sicurezza alimentare: denuncia lavoratori Galbani

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Sicurezza alimentare: denuncia lavoratori Galbani

Messaggioda franz il 14/10/2008, 8:31

"Obbligati per anni a vendere merce con la data di scadenza contraffatta"
Prodotti piazzati sul mercato dopo provvidenziali lifting nel deposito dell'azienda

Perugia, denuncia dei dipendenti Galbani
"Così ci fanno vendere i formaggi avariati"


dal nostro inviato PAOLO BERIZZI
NON BASTAVANO le indagini - che continuano ad ampio raggio - delle procure di Cremona e Piacenza. Adesso a scrivere una nuova pagina nello scandalo dei formaggi "scaduti, bonificati e reimmessi sulle tavole degli ignari consumatori" (dalle carte dell'inchiesta), ci pensano gli stessi dipendenti delle aziende. Accade a Perugia, dove alcuni lavoratori - venditori e addetti allo stoccaggio - hanno presentato un esposto in procura contro la Galbani, denunciando di essere "stati obbligati, per anni, dai capi del personale, a vendere merce con la data di scadenza contraffatta".

A disposizione dei magistrati ci sono documenti, fotografie e registrazioni audio piuttosto esplicite. Nella denuncia si fa riferimento a grossi quantitativi di prodotti piazzati sul mercato dopo provvidenziali lifting nel deposito perugino dell'azienda. Da lì - stando al dossier ora al vaglio degli investigatori - dal 2000 in poi sarebbero partite tonnellate di formaggi e salumi "tenuti in vita".

Il marchio Galbani è già coinvolto nell'inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Cremona e Piacenza. Compare tra i principali fornitori della Tradel, una delle aziende "riciclone" che tra Lombardia e Emilia Romagna acquistavano formaggio scaduto o avariato e lo "bonificavano" mischiandolo a prodotto fresco. Precise responsabilità, in quel caso, sono emerse a carico di alcuni impiegati degli stabilimenti Galbani di Certosa di Giussago e Corteolona (Pavia).

Decine di tonnellate di merce qualificata come "residui di produzione lattiero casearia per trasformazione a uso alimentare" erano in realtà costituite da croste di gorgonzola ad uso zootecnico e cagliate scadute.
Egidio Galbani Spa produce i formaggi Bel Paese, Certosa, Santa Lucia e Galbanino. Fa parte della francese Lactalis, il gruppo caseario numero uno in Europa, già proprietario di altri marchi italiani tra cui Invernizzi e Locatelli. "Big logistica" è la società che distribuisce e vende tutti i prodotti Galbani in Italia.

Nel deposito di Perugia operano 26 camioncini, ognuno dei quali "piazza" in media 60 quintali di merce al mese, complessivamente 15 tonnellate. È qui, nella base umbra, che deflagra il caso "etichette". Tutto inizia nel 2005. Con una denuncia "interna". Alcuni dipendenti si rivolgono al direttore del personale (tuttora in carica). Non ne possono più di quello che - in una serie di comunicazioni riservate - viene definito un "sistema vergognoso".

Informano il dirigente su ciò che sistematicamente avviene nel deposito. Una serie di "incastri" sulle confezioni di formaggi e salumi: scadenze prorogate, cancellate con solventi in modo tale che il prodotto possa essere venduto senza problemi. Fatture e bolle di accompagnamento modificate ad arte. Qualche esempio? La mortadella "Golosissima" scade il 16-01-2003 ma la fattura di vendita riporta la data 24-01-2003. Le mozzarelline Santa Lucia scadono il 5-5-2005 e però vengono vendute l'11-05-2005.

La stessa sorte tocca alle ricottine (confezioni da 250 gr), al provolone piccante, al pecorino sardo Castenuri, alla Certosa, alla caciotta e al salame Milano (confezioni da 3 kg). E dunque: tutto questo i lavoratori riferiscono - prove alla mano - al direttore del personale. È il 14 novembre del 2005. L'incontro avviene in un hotel di Perugia.

"C'è da vergognarsi", "i capi sanno tutto", "se vengono fuori queste cose, l'azienda chiude domani". Di fronte all'outing degli addetti, il dirigente promette interventi immediati, ma allo stesso tempo li dissuade dall'intraprendere eventuali azioni di denuncia. "Certo, bisogna intervenire... - dice - metti che qualcuno si sente male dopo aver mangiato sta roba, ma non sia mai che stè notizie escano fuori di qui".

Passa un mese e Galbani corre ai ripari. Un ispettore amministrativo viene inviato nel deposito. Controlla la merce nei furgoni, accerta che è scaduta. Partono i controlli a campione in un paio di negozi. I formaggi e i salumi taroccati, quelli dove viene acclarato il "trucco" sulle confezioni, vengono acquistati dalla stessa azienda. Tolti dagli scaffali. Ma il sistema non cessa.

Di più. I vertici aziendali vengono informati anche del problema delle "carenze igieniche" durante le operazioni di stoccaggio della merce. Merce stivata fuori dalla celle frigorifere. A volte addirittura in "celle private" ovvero garage. Trasporto con mezzi non idonei. Finisce tutto nel dossier presentato in Procura. Viene in mente il rassicurante motto dell'azienda ("Galbani vuol dire fiducia"). Ma questa è un'altra storia.

(14 ottobre 2008)
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Re: Sicurezza alimentare: denuncia lavoratori Galbani

Messaggioda franz il 18/10/2008, 14:24

Caso Galbani, dipendenti in procura

Repubblica — 16 ottobre 2008 pagina 26 sezione: CRONACA

O PAOLO BERIZZI PERUGIA - «Vuole sapere cosa succedeva là dentro? Cosa ci obbligavano a fare?

Allora, i piazzisti ogni giorno, dalle 13 alle 14.30, ordinano la merce, alla piattaforma, per il giorno dopo. Quando la merce, ordinata, arrivava scaduta o con scadenza cortissima - cosa che accadeva abitualmente - chiedevamo ai capi di poterla scaricare e rimandarla indietro come merce non vendibile. Ma questo ci è stato sempre impedito.

Ci dicevano: «Dovete venderla, in qualsiasi modo. Arrangiatevi». Noi sapevamo cosa voleva dire. Voleva dire che si cancellava la data di scadenza e se ne metteva una nuova. Così è andata dal 2000 al 2005. Fino a quando ci siamo ribellati. Non si poteva andare avanti così. Era immorale, criminale. Tutti noi eravamo contrari perché abbiamo una coscienza. Abbiamo lottato per cambiarlo, ma l' azienda è sempre stata sorda».

Le sei e mezzo del pomeriggio. Il venditore Galbani è appena uscito dalla caserma dei Nas di Perugia. Un lungo interrogatorio con i carabinieri dell' Antisofisticazione che - dopo l' esposto contro l' azienda presentato in Procura da alcuni dipendenti - ora indagano sulla vicenda. Dopo di lui è il turno di altri due lavoratori. Sono loro che hanno sollevato il coperchio sulle presunte contraffazioni operate all' interno del deposito perugino di Galbani.

Loro hanno messo a disposizione degli investigatori una documentazione fatta di fatture, fotografie, e-mail, registrazioni audio. Tutte datate 2005, periodo al quale Galbani ha confinato - ammettendolo - l' esistenza di un caso di contraffazione al quale però l' azienda dice di aver posto rimedio. Ai Nas i dipendenti hanno spiegato che non si è trattato di un singolo episodio quanto piuttosto di un sistema.

Come si sentivano allora e come si sentono oggi, i venditori Galbani, lo raccontano a «Repubblica», chiedendo di proteggere - almeno per ora - la loro identità. Dice uno: «Eravamo scioccati perché quella merce andata a male poteva essere consumata dal bambino o dalla persona anziana». Aggiunge un altro, un decano dell' azienda: «Lo sapevano tutti come andavano le cose. Se ne parlava, si litigava ogni volta coi capi.

Le faccio un esempio. Estate 2004. Il direttore ci dice: domani arriva un grosso quantitativo di gorgonzola. Parte è scaduto, dell' altro ha una scadenza cortissima. Bisogna venderlo in qualsiasi modo». I carabinieri potrebbero presto sentire anche un ex ispettore amministrativo della Galbani. Un detective aziendale che, nel 2005, compilò e consegnò all' azienda una serie di relazioni. «Ora lavoro in un' altra azienda - dice l' ispettore - non mi faccia entrare nel merito. Dico solo che in quei rapporti c' è tutto». Per oggi i dirigenti della sede perugina della Galbani sono stati convocati d' urgenza dai vertici dell' azienda a Milano, per fare il punto sulla situazione.

Coop Centro Italia, intanto, ha rimesso sugli scaffali dei propri punti vendita i prodotti Galbani ritirati l' altro giorno a scopo precauzionale. La catena di supermercati ha precisato che la decisione è stata presa perché nessun prodotto è risultato provenire dal deposito Galbani di Perugia.

Per saperne di più http://www.ministerosalute.it http://www.gdf.it http://www.galbani.it

PAOLO BERIZZI
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