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Pecorella critica Ghedini

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Pecorella critica Ghedini

Messaggioda franz il 26/06/2013, 10:26

Pecorella critica Ghedini:
«Strategia difensiva sbagliata»

L'ex avvocato del Cav.: «La storia della nipote di Mubarak sembrava una battuta alla Totò. Errore portare Ruby in aula»

ROMA - «La storia della nipote di Mubarak? Sembrava una battuta alla Totò, un pasticcio all'italiana, facilmente verificabile, tra l'altro, nella sua grossolanità. Ecco, io dico che quando perdi un processo devi sempre chiederti dove hai sbagliato. E poi quegli attacchi ai pm, ai giudici e perfino alla Cassazione che alla fine ti prende a mazzate sulla richiesta di legittima suspicione: "I magistrati sono come i maiali, se ne attacchi uno tutti si ribellano", diceva Calamandrei e aveva ragione. Va detto, però, che il Tribunale di Milano è andato sopra le righe condannando Silvio Berlusconi a una pena che non avrebbe mai applicato per un imputato comune».

L'avvocato Gaetano Pecorella - difensore storico del Cavaliere fino a cinque anni fa, parlamentare di Forza Italia e poi del Pdl per diciassette anni - non risparmia critiche alla strategia difensiva predisposta dai colleghi Niccolò Ghedini e Piero Longo che ha portato al Cavaliere l'ennesima condanna.

Iniziamo da chi suggerisce a Berlusconi come difendersi dalle «aggressioni della magistratura».
«Un grande vulnus , di cui anch'io mi dichiaro corresponsabile, consiste nel non saper distinguere il destino del Paese dai problemi personali e giudiziari di Berlusconi. Anch'io quando ero presidente della commissione Giustizia, qualche volta, ho contribuito a tenere più in conto le esigenze del presidente piuttosto che la necessità che quel testo fosse condivisibile da tutti. E ora chi grida facciamo cadere il governo e andiamo al voto non fa un buon servizio all'Italia».

Chi ha gridato di più nel Pdl ha aiutato l'imputato Berlusconi?
«Se Berlusconi viene posto permanentemente al centro del conflitto sociale e c'è una magistratura che tende, e questo può essere anche meritevole, a risolvere il conflitto sociale a favore dei deboli, poi lo stesso Berlusconi sarà sempre il bersaglio preferito».

Che cosa non ha funzionato nella difesa, al processo Ruby?

«Io non intendo fare critiche ai colleghi, rispettabilissimi, ma se devo guardare ai risultati... Se i risultati sono negativi, la strategia difensiva, forse, sarebbe potuta essere diversa. Perché questo era un processo che andava tenuto completamente sotto tono, anche da un punto di vista mediatico. Bisognava tenersi lontanissimi da testimoni che potevano far nascere sospetti di possibili condizionamenti».

Ruby alla fine è stata chiamata in aula dalla difesa.
«Ecco Ruby, mai andarla a sentire. Io sarei andato dal pm e gli avrei detto: "Guardi, è un fatto, abbiamo organizzato qualche festa, potrà essere stato sgradevole, ho sbagliato, lo ammetto..."».

Gli italiani che idea si sono fatti delle serate di Arcore?
«Il ragionamento che hanno fatto gli italiani è uno solo: "Mentre c'è la crisi lì si fanno grandi feste". Poi la cosa è diventata un romanzetto rosa anche se la Procura di Milano è stata molto abile a insistere sui soldi spesi dal ricco imprenditore per divertirsi».

Oltre alla concussione per costrizione c'è la prostituzione minorile.
«Il reato di rapporto con una minorenne, intanto, andrebbe graduato: un conto è se vai con una quindicenne, un altro se vai con una ragazza che ha quasi 18 anni e che comunque lo fa di mestiere. Poi, la concussione per costrizione non ce la vedo proprio. Ma tutto questo è il prodotto del mettere insieme morale e diritto».

La condanna reggerà in appello?
«Con questa decisione abnorme devo dire che la sentenza difficilmente può reggere al giudizio d'appello».

Per Berlusconi è arrivata l'ora di ritirarsi dalla vita pubblica?
«Lo dico anche con affetto. Per tutti gli uomini politici arriva sempre il momento di uscire di scena. Chi non coglie l'attimo rischia di fare la fine di Napoleone o di Mussolini».

Dino Martirano26 giugno 2013 | 9:38 http://www.corriere.it
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Re: Pecorella critica Ghedini

Messaggioda annalu il 26/06/2013, 21:34

Certo sarà dura mantenere un'alleanza di governo con un Pdl guidato da "un puttaniere incompatibile con la politica" (parole di Gad Lerner), soprattutto perché il Pdl continua a difendere berlusconi insultando i giudici.
E pensare che pure D'Alema ha preso coscienza del problema.

Da Il Fatto:
Berlusconi fuori dalla politica. Se n’è accorto anche D’Alema
di Daniela Gaudenzi | 26 giugno 2013Commenti (26)

A due giorni dalla sentenza Ruby che ha inchiodato Berlusconi come concussore “per costrizione” (art 317 c.p.p.) e ha raso al suolo la gigantesca operazione di ritrattazione e concertazione delle testimonianze pro-papi di Olgettine a libro paga e parlamentari nominati arrivano, più o meno attutiti per non accidentare le larghe intese, gli inviti a “farsi da parte” anche dalla nomenclatura del Pd.

Quasi una risposta a distanza al Giuliano Ferrara con rossetto che dal palco di Piazza Farnese ha lanciato la provocazione “siamo tutti puttane?“, dato il parterre più una domanda retorica, e ha tuonato: “non è un reato essere Berlusconi, un signore che è piaciuto a milioni di cittadini”.

Sull’evidenza che per Berlusconi sia stata scritta in via definitiva l’uscita dalla scena politica e istituzionale si erano già pronunciati sia il M5S che Sel, peraltro entrambi schierati, in sostanziale solitudine, sul fronte della ineleggibilità finalmente calendarizzata dopo ostacoli di ogni sorta per i primi di luglio.

E mentre il nuovo segretario del Pd Epifani continua a ripetere come una litania che bisogna tenere rigorosamente distinte le vicende giudiziarie di Berlusconi da quelle politiche e cioè dalla vita e dalla durata dell’esecutivo, Rosy Bindi si è domandata da subito “come può stare il Pd in una maggioranza con un partito guidato da un leader che ha già accumulato diverse gravissime condanne, che pretende l’impunità in nome della legittimazione elettorale e non perde occasione per attaccare la magistratura”.

Ovviamente il tema dell’attacco alla magistratura nel Pd è stato ancora una volta oggetto del più assordante e vile silenzio e nonostante le formali prese di posizione di Letta dopo la manifestazione antigiudici di Brescia, alla passerella dell’orgoglio Bunga-Bunga di piazza Farnese, elettrizzata dalla presenza della fidanzata del Capo, hanno sfilato ed inveito contro “le toghe comuniste” parlamentari e ministri berlusconiani rappresentanti delle varie anime: Santanché, Lupi, Cicchitto…

Da ultimo, e naturalmente senza nemmeno sfiorare le reazioni truci, agli antipodi dei principi ispiratori di qualsiasi democrazia liberale di cui si riempiono la bocca i partner di governo del Pd, è intervenuto persino Massimo D’Alema per dire testualmente che “Berlusconi avrebbe dovuto lasciare la politica da tempo, anche per ‘non scaricare’ i suoi problemi giudiziari sulle istituzioni e la speranza è che tutto questo non abbia un contraccolpo sul governo… ma non spetta a me spetta al suo partito”.

Evidentemente l’aria europea di Bruxelles deve averlo ispirato positivamente, anche in senso retrospettivo, sul rapporto che nei sistemi democratici compiuti deve esistere tra legittimazione elettorale, eguaglianza davanti alla legge ed indipendenza tra i poteri dello stato.

Naturalmente D’Alema, secondo il suo stile consolidato, parla come se avesse vissuto il ventennio berlusconiano da cittadino qualsiasi, anzi da “turista per caso” in Italia invece che come fautore dell’accreditamento di Berlusconi quale statitista dalla Bicamerale in poi, sempre in nome del “primato della politica”, e del feticcio della legittimazione elettorale.

I suoi leit motiv sono sempre stati quelli di Giuliano Ferrara: Berlusconi piace a milioni di italiani, non l’abbiamo scelto noi come partner per le riforme costituzionali né per governare insieme; il problema di questo paese non è Berlusconi ma l’antiberlusconismo ed il protagonismo giudiziario; la magistratura è il vero pericolo per questo paese.

Che per lui sia arrivato il tempo dei titoli di coda sembra averlo capito al di là del muro difensivo anche il diretto interessato ed il grosso del suo pseudo-partito se è ritornata, con tutte le smentite del caso, la candidatura dell’amazzone di famiglia, la più fidata di tutte, Marina.

Ed il solo fatto che si parli di una successione all’interno del perimetro di Arcore dà la misura di cosa è e cosa è stata l’avventura berlusconiana, di quanto sia fragile un partito che si affida ai discendenti e di come avrebbe potuto essere diversa la nostra storia recente se gli “avversari” di Berlusconi non si fossero chiamati D’Alema & co.
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Re: Pecorella critica Ghedini

Messaggioda Iafran il 28/06/2013, 22:03

annalu ha scritto: Rosy Bindi si è domandata da subito “come può stare il Pd in una maggioranza con un partito guidato da un leader che ha già accumulato diverse gravissime condanne, che pretende l’impunità in nome della legittimazione elettorale e non perde occasione per attaccare la magistratura”.

Infatti, Berlusconi dovrebbe stare fuori soprattutto dalle loro teste e ... starebbe in carcere, fuori dalla politica.
Il fatto stesso che quelli del Cs lo trattano come avversario (e non come un'anomalia) va tutto a suo onore e vantaggio e ne approfitta, per il particolare "carattere" che si ritrova.
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Re: Pecorella critica Ghedini

Messaggioda cardif il 29/06/2013, 0:20

Iafran ha scritto:Il fatto stesso che quelli del Cs lo trattano come avversario

Ecco un grave errore; di D'Alema in particolare, con la bicamerale.
Questa storia che ha preso milioni di voti le sue ragazze coccodé proprio non la capiscono:
sono i voti della parte di destra del popolo italiano, e ci sarebbero stati anche se a leader avessero avuto Paperino
Ma mo' mi so' capito bene?
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