Mafia: Zagrebelsky, il ricorso del Colle e' gia' vinto
17 Agosto 2012 - 19:12
(ASCA) - Roma, 17 ago - ''E' un giudizio nel quale una parte getta tutto il suo peso, istituzionale e personale, che e' tanto, sull'altra, l'autorita' giudiziaria, il cui peso, al confronto, e' poco. Quali che siano gli argomenti giuridici, realisticamente l'esito e' scontato''. Cosi' Gustavo Zagrebelsky, su Liberta' e Giustizia, a proposito del conflitto di attribuzione sollevato dal Colle nei confronti dell'utilizzo delle intercettazioni telefoniche nell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia.
''Presidente e Corte, ciascuno per la sua parte - dice il costituzionalista - sono entrambi 'custodi della Costituzione'. Sarebbe un fatto devastante, al limite della crisi costituzionale, che la seconda desse torto al primo; che si verificasse una cosi' acuta contraddizione proprio sul terreno di principi che sia l'uno che l'altra sono chiamati a difendere. Cosi', nel momento stesso in cui il ricorso e' stato proposto, e' stato anche gia' vinto. Non e' una contesa ad armi pari, ma, di fatto, la richiesta d'una alleanza in vista d'una sentenza schiacciante''.
Il professore Zagrebelsky osserva che ''a perdere sara' anche la Corte: se, per improbabile ipotesi, desse torto al Presidente, sara' accusata d'irresponsabilita'; dandogli ragione, sara' accusata di cortigianeria. Il giudice costituzionale, ovviamente, e' obbligato al solo diritto. Ma perche' cosi' possa essere, e' lecito attendersi che gli si risparmi, per quanto possibile, d'essere coinvolto in conflitti di tal genere, non nell'interesse della tranquillita' della Corte e dei suoi giudici, ma nell'interesse della tranquillita' del diritto''.
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... ge/327666/“Sarebbe un fatto devastante, al limite della crisi costituzionale”, che la Consulta “desse torto” al presidente della Repubblica sul terreno del conflitto di attribuzione sollevato dal Capo dello Stato rispetto ai magistrati della Procura di Palermo che indagano sulla trattativa Stato-mafia. “Sarebbe devastante che si verificasse una così acuta contraddizione proprio sul terreno di principi che sia l’uno che l’altra sono chiamati a difendere. Così nel momento stesso in cui il ricorso è stato proposto, è stato anche già vinto”.
Parola del giurista Gustavo Zagrebelsky, che in un lungo editoriale su Repubblica ha sostenuto che non si tratta “di una contesa ad armi pari ma della richiesta di un’alleanza in vista di una sentenza schiacciante”. Zagrebelsky prima suggerisce di ricorrere alla legislazione ordinaria (“con la distruzione delle intercettazioni per la parte riguardante il presidente della Repubblica”), poi si chiede: “Che bisogno c’è d’un conflitto costituzionale? A perdere sarà anche la Corte: se, per improbabile ipotesi, desse torto al presidente, sarà accusata d’irresponsabilità, dandogli ragione sarà accusata di cortigianeria”.
Sulle intercettazioni casuali che riguardino il Capo dello Stato dal punto di vista giuridico, poi, Gustavo Zagrebelsky ha sottolineato che “non c’è niente di niente” e, quindi, si deve pensare o a una “lacuna” o a un consapevole “silenzio dei Costituenti”: in questo caso una decisione della Corte “che facesse pendere la bilancia da una parte o dall’altra non sarebbe applicazione della Costituzione ma legislazione costituzionale in forma di sentenza costituzionale”. Infine Zagrebelsky si è rivolto direttamente al capo dello Stato, affinché “non si lasci fuorviare dal coro di pubblici consensi”, nel nome della “leale collaborazione” tra istituzioni vale la legge ordinaria per raggiungere il “fine” di distruggere le intercettazioni. “Forse che i magistrati di Palermo – ha concluso il giurista – hanno detto di rifiutarsi di applicare lealmente la legge?”.
Un parere, quello di Zagrebelsky, diametralmente opposto a quanto sostenuto dal fondatore del quotidiano di Largo Fochetti Eugenio Scalfari, che aveva attaccato i pm di Palermo in merito alle intercettazioni telefoniche di Giorgio Napolitano e aveva chiesto al csm procedimenti disciplinari nei loro confronti. Cosa hanno in comune le prese di posizione di Scalfari e Zagrebelsky? Solo un particolare: che entrambe sono ospitate sullo stesso giornale, ovvero la Repubblica.
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"19 agosto 2012
C’è un passaggio, nel magistrale commento di Gustavo Zagrebelsky su Repubblica al conflitto di attribuzioni scatenato da Napolitano contro la Procura di Palermo, che andrebbe affisso in tutte le scuole a caratteri d’oro: “Signor Presidente, non si lasci fuorviare dal coro dei pubblici consensi. Una cosa è l’ufficialità, dove talora prevale la forza seduttiva di ciò che è stato definito il ‘plusvalore’ di chi dispone dell’autorità; altra cosa è l’informalità, dove più spesso si manifesta la sincerità.
Le perplessità, a quanto pare, superano di gran lunga le marmoree certezze”. Era difficile illustrare meglio quello che dovrebbe essere, e nelle democrazie è, l’intellettuale: uno stimolo vivente allo spirito critico, un antidoto alla cultura autoritaria dell’ipse dixit, un instancabile demolitore delle “verità ufficiali”, cioè delle imposture del potere. L’esatto opposto dell’intellettuale medio italiano, sempre organico a tutte le corti, sempre dalla parte verso cui soffia il vento. In questo mese abbiamo interpellato sul conflitto Quirinale-Procura molti giuristi e costituzionalisti. I più rispondevano con supercazzole inintelligibili. Molti, alla parola “Quirinale”, cadevano in preda all’afasia e facevano perdere le proprie tracce. Alcuni, nell’informalità, dicevano che è ovvio che hanno ragione i pm e che il Presidente esorbita dai suoi poteri e s’inventa privilegi e prerogative inesistenti, ma poi ci pregavano di non citarli: “Sa com’è, in questo momento non va indebolita l’unica istituzione rimasta in piedi... lo spread... il governo in bilico, metta che torni quello là... e poi Lui alla minima critica ti fa chiamare, protesta, no no meglio il silenzio”. Poi l’indomani correvano a scrivere sui loro giornaloni che il Presidente aveva ragione da vendere. Unica eccezione: Cordero. E, l’altroieri, Zagrebelsky. Ora immaginiamo le telefonate che riceverà da qualche collega in clandestinità: “Bravo, siamo tutti con te! Ne hai avuto, di fegato! Io per ora resto acquattato, sai com’è: la cattedra, il premio, la medaglietta, il pennacchio, il cavalierato, il laticlavio... Vai avanti tu, io magari arrivo dopo”. È “il plusvalore di chi dispone dell’autorità”, che esercita un fascino irresistibile. Ma, per spiegare il tradimento dei chierici in questa partita mortale fra il Potere e un pugno di pm che cercano la verità sulla trattativa Stato-mafia, atto fondativo della Seconda Repubblica, lo storico servilismo delle classi intellettuali non basta. C’è un di più legato all’èra dei tecnici, a un governo che nessun elettore ha mai immaginato eppure comanda con una maggioranza mai vista se non in Bulgaria, nelle Camere e nella cosiddetta informazione al seguito. Che fine han fatto i giornali e gli editori che un anno fa marciavano con la Fnsi contro il bavaglio targato Alfano? Ora rilanciano a una sola voce gli ukase di Monti che, senza sapere quel che dice, denuncia “abusi nelle intercettazioni” e annuncia la riedizione riveduta e corrotta in salsa tecnica del bavaglio Al Fano. Spariti i post-it gialli, petizioni, mobilitazioni, paginate su “Tutto quello che non avreste saputo e non saprete più”. L’Anm si spinge a definire addirittura “impropria” l’uscita di Monti, ma in un comunicato senza firme, come se si fosse scritto da solo. Zitti il Pd e la presunta sinistra. Comprensibilmente entusiasti Pdl e Udc. Soave corrispondenza di amorosi sensi fra il Foglio, che insulta Zagrebelsky al punto di difendere Scalfari, e la fu Unità, che critica Zagrebelsky per conto terzi (anzi Colle). La fu Unità, poi, attacca con argomenti berlusconiani la gip Clementina Forleo che ha osato, su Facebook, solidarizzare con la collega Todisco aggredita da un governo “illegittimo”. Il che metterebbe “in discussione la terzietà e imparzialità del magistrato”. Quasi che la Forleo avesse fra i suoi imputati il governo. O che i giudici, per esser imparziali, dovessero essere tutti governativi. Come quelli che hanno condannato le Pussy Riot. Piacerebbe, eh?"
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)