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Trasparenza sul web: 7 ministri irregolari

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Trasparenza sul web: 7 ministri irregolari

Messaggioda franz il 11/08/2008, 8:27

Ignorato l'obbligo di pubblicare nomi e compensi degli staff
Tra loro Bossi e Gelmini. La norma introdotta dal governo Prodi

Trasparenza sul web
sette ministri "irregolari"

di CARMELO LO PAPA

ROMA - Renato Brunetta e Ignazio La Russa non hanno resistito alla tentazione. Un sito ministeriale finalmente tutto loro si è trasformato in una vetrina per raccontare finalmente chi sono al mondo intero. E così hanno osato quel che nemmeno il loro collega agli Esteri Frattini. Nel sito della pubblica amministrazione, già finito nel ciclone per le vignette sui "fannulloni", Brunetta ha fatto pubblicare il suo curriculum in italiano, inglese e francese. In quello della Difesa, La Russa ha voluto raccontare la sua scalata da Paternò, provincia di Catania, alla Difesa in inglese, francese e tedesco.

Il politico è un vanitoso, si sa, ama specchiarsi. Peccato che i siti non servano solo a quello. Dovrebbero servire anche (forse soprattutto) ad adempiere un obbligo di legge per garantire trasparenza nei confronti dei cittadini utenti. I quali avrebbero diritto, tanto per cominciare, a conoscere nel dettaglio nomi, funzioni e compensi dei collaboratori alle dirette dipendenze dei signori ministri. Insomma, staff e uffici di gabinetto di tutti i dicasteri dovrebbero essere una casa di vetro, in ossequio alla norma voluta dal governo Prodi e inserita nella Finanziaria 2008 su pressing dell'allora ministro Giulio Santagata.

E invece? Invece accade che trascorsi i fatidici cento giorni dall'insediamento, quattro ministri non lo abbiano nemmeno, un sito internet. Bossi in testa. E altri quattro, pur avendolo allestito, si sono guardati bene dall'aggiornarlo indicando nomi e compiti dei loro più stretti collaboratori. Poi ci sono i "virtuosi", e sono in undici - Giulio Tremonti e Angelino Alfano tra gli altri - che hanno invece inserito elenchi, nomi e funzioni. Qualcuno anche i compensi.

Bossi, ministro delle Riforme, non è il solo a non comparire nemmeno, nell'universo Internet. Il suo è un dicastero senza portafogli, è vero. Ma anche quello di Brunetta e Ronchi lo sono. Eppure, i due colleghi hanno provveduto a creare il sito. Il senatùr, troppo impegnato a pensare alla riforma federalista, invece no. Come lui, nella lista degli inadempienti ci sono anche l'altro leghista Roberto Calderoli, a capo del neonato ministero della Semplificazione. Ma anche la giovanissima Giorgia Meloni. "Sito in costruzione" si legge digitando su un qualsiasi motore di ricerca alla voce "ministero delle politiche giovanili", o meglio "della gioventù", come ha deciso di chiamarlo lei. Quarto e ultimo dei rinviati a settembre, il responsabile dei Rapporti col Parlamento, Elio Vito.

Se loro quattro non hanno nemmeno realizzato quella scatola virtuale in cui inserire informazioni utili e necessarie ai cittadini, altri lo hanno fatto ma omettendo importanti particolari. La sezione degli uffici di diretta collaborazione del ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini risulta "in aggiornamento" da tre mesi. Il ministro degli Esteri Frattini ha indicato sul sito il solo capo di gabinetto. Per il resto, c'è l'elenco delle funzioni dei vari uffici senza recapiti e nominativi. Il sito del ministro delle Politiche comunitarie Ronchi è tra i più colorati. L'ex portavoce di An vi ha sparato dentro pure una raffica di foto che lo ritraggono nelle già numerose missioni internazionali. Ha dimenticato giusto l'elenco dei suoi più stretti collaboratori. Il fustigatore Brunetta, che ha fatto della trasparenza una missione, ha provveduto, ma a fine luglio.

Poi i promossi. Il responsabile della Difesa La Russa, ha inserito non solo i nomi, ma anche i compensi dei suoi collaboratori. Dettagliati anche gli elenchi di Tremonti (Economia), Alfano (Giustizia), Rotondi (Attuazione del programma), Carfagna (Pari opportunità), Maroni (Interno), Scajola (Sviluppo), Zaia (Politiche agricole), Prestigiacomo (Ambiente), Matteoli (Infrastrutture), Sacconi (Lavoro) e Bondi (Beni culturali).

(11 agosto 2008)
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