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Un (giusto) processo coi baffi(ni)...

MessaggioInviato: 08/04/2011, 0:41
da flaviomob
Dodici Anni di Ingiusto Processo
By Pierpaolo Farina – 8 aprile 2011Pubblicato in: Giustizia, Il Rompiballe


Luglio 1997. Precisamente il 31, prima della chiusura estiva delle Camere. A Palazzo Chigi c’è Romano Prodi, Veltroni è vicepresidente del Consiglio, D’Alema presidente della Bicamerale e segretario del Pds, mentre al dicastero della giustizia siede Giovanni Maria Flick.

Il Governo dell’Ulivo, in piedi da un annetto o poco più, bene o male governo e porta a casa i risultati, ma sulla giustizia anziché essere approvato il suo programma, in Parlamento vengono discusse (e approvate) le proposte di un altro programma, quello del Polo, che ha perso le elezioni, curato da niente popò di meno che Cesare Previti.

E quel 31 luglio, si compie la più grande delle vergogne italiane, l’approvazione a larghissima maggioranza (si astiene solo Rifondazione) del grimaldello con cui far saltare tutti i processi di Tangentopoli in corso, anzi, in realtà tutti i processi (compresi quelli degli inquisiti di Sinistra, non solo quelli di Berlusconi): la modifica dell’articolo 513 del codice di procedura penale, che regola l’utilizzabilità in giudizio delle dichiarazioni raccolte dal pm.

Con la nuova legge, se un imputato di reato connesso o collegato non si sottopone durante il dibattimento all’esame delle persone che accusa e dei loro difensori, ciò che in precedenza ha dichiarato a verbale in un altro processo o davanti al pm non è più utilizzabile.

Come spiegherà in quei giorni Gherardo Colombo, fino a quel momento tutti i processi di Tangentopoli erano stati studiati utilizzando il vecchio 513, consentendo a moltissimi imputati di patteggiare e uscire dai dibattimenti, proprio perché le dichiarazioni rese sarebbero state utilizzabili negli altri processi. Se così non fosse stato, il pool avrebbe negato il consenso ai patteggiamenti, in modo da mantenere in una sola aula tutti gli imputati e garantire più facilmente il contradditorio. Con il nuovo 513, però, bisogna richiamarli di nuovo tutti e convincerli a dichiarare nuovamente di fronte al magistrato quanto avevano affermato in precedenza: un processo talmente lungo che avrebbe portato in fumo tutti i processi, falcidiati dalla prescrizione.

Per evitare questo disastro e garantire davvero il contraddittorio tra accusa e difesa, l’Anm e molti avvocati propongono di equiparare l’imputato di reato connesso, quando accusa altri, alla figura del semplice testimone: dunque con l’obbligo di deporre in aula e di dire la verità. Non se ne farà nulla.

Il 2 novembre 1998, però, quasi un anno e mezzo dopo l’entrata in vigore della nuova legge, la Corte Costituzionale boccia come incostituzionale il nuovo 513. “È irragionevole e incoerente il meccanismo che consente, per il sol fatto di tacere, di rendere carta straccia gli elementi legittimamente raccolti nel corso delle indagini preliminari.”, si legge nelle motivazioni della sentenza.

Dal Parlamento Forza Italia, il Pds e il Ppi (che hanno appena visto tramontare la Bicamerale) urlano allo scandalo e attaccano duramente la Corte, accusandola di fare politica. Le Camere Penali addirittura fanno un mese di sciopero (mai avvenuto in tutta la storia repubblicana), cosa che suscita l’ira del Capo dello Stato Scalfaro, che definisce la cosa come “peggio che andare in piazza armati”.

Fatto fuori Prodi, D’Alema, da Presidente del Consiglio, spinge l’acceleratore su quello che verrà ribattezzato “giusto processo” e che diventerà per l’allora guardasigilli, Oliviero Diliberto, una priorità. Il nuovo articolo 111, approvato in prima lettura al Senato il 24 febbraio 1999, viene definitivamente approvato alla Camera il 9 novembre, a dieci anni dalla Caduta del Muro di Berlino, tra gli scroscianti applausi bipartisan della maggioranza bulgara che va da Rifondazione (che annuncia il suo voto favorevole per bocca di Giuliano Pisapia, attuale candidato sindaco a Milano) ad Alleanza Nazionale.

Spiegherà uno sconsolato Vittorio Grevi, giurista dell’Università di Pavia: “Un simile cumulo di garanzie finirà per allungare ancor di più i tempi dei processi. E la previsione della ragionevole durata suonerà quasi canzonatoria.”

Inoltre, con la riforma del 317 bis (legge “manette difficili” 1995), chi rifiuta di testimoniare non rischia più l’arresto, ma solo una blandissima pena al termine del processo principale: e per chi rischia la vita, in alcuni casi, meglio un paio di mesi di galera che una morte prematura.

Dunque? Dunque, se volete diminuire i tempi dei processi, eliminate dalla Costituzione l’ingiusto processo: dopo 12 anni, sono più le vittime dell’ingiustizia che i carnefici che sono finiti in galera. E questo grazie anche alla c.d. Sinistra, che storicamente i deboli li dovrebbe difendere e le ingiustizie combattere. E oggi se n’è un po’ dimenticata.


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