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RAI Tutti zitti!

Messaggioda trilogy il 02/04/2010, 11:46

Rai, Minzolini punisce la Busi dopo le critiche su cambio conduttori

Il volto storico del telegiornale aveva criticato la decisione del direttore del Tg1 parlando di "rappresaglia" contro i colleghi che non avevano firmato la lettera
Pubblicato il 02/04/10 da ApCom

Maria Luisa Busi resta alla conduzione del Tg1 delle 20:00 ma sulla sua scrivania è arrivata una lettera di richiamo del direttore Augusto Minzolini che non ha gradito le dichiarazioni del volto storico del telegiornale sul cambio dei conduttori. La Busi aveva dichiarato che la decisione non era stata "affatto casuale" e che la sostituzione dei "non-firmatari" (della lettera a sostegno di Minzolini nel caso Mills) fosse stata "una rappresaglia che prima dei colleghi, volti storici e professionisti liberi di questo giornale, ha colpito Massimo De Strobel, caporedattore centrale, uomo chiave della storica macchina del Tg1. Anche lui non firmatario di quella lettera, guarda caso".

La lettera di richiamo è stata inviata anche al capo del personale del Tg1 con la richiesta di apertura di un procedimento disciplinare a carico della giornalista, colpevole di non aver chiesto l'autorizzazione per l'intervista e di aver criticato la linea del telegiornale. Nell'apertura del procedimento sarebbe stato coinvolto da Minzolini anche il direttore generale Mauro Masi, che però, sarebbe restio a infliggere una punizione alla Busi che nell'incarico di sindacalista (fa parte del Consiglio nazionale della Federazione della stampa) può esprimere opinioni senza autorizzazione.

"C'è un tentativo di imporre un pensiero unico, cosa inaccettabile per qualsiasi giornale, men che meno in un servizio pubblico", ha commentato Franco Siddi, segretario della Federazione nazionale della stampa. "Una manovra per sfiancare chi mantiene autonomia di giudizio pur senza venir meno ai propri doveri professionali. Chi non accetta l'omologazione viene avvisato, come nel caso della Busi, o punito".

Ieri la giornalista del Tg1 aveva dichiarato anche che il telegiornale della rete ammiraglia è schierato: "Mi chiedo come si possa dire il contrario. E' sotto gli occhi di milioni di spettatori. Sempre meno, tra l'altro. Abbiamo perso pubblico. Incontro continuamente gente che dice 'io non vi guardo più'. Difficile credere che non dipenda da due ordini di problemi: il primo gli editoriali" anche perché "al tg non si parla più della vita reale". (Apcom)
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Re: RAI Tutti zitti!

Messaggioda ranvit il 02/04/2010, 11:53

Dal punto di vista aziendale l'iniziativa del Direttore è legittima...


Molto meno legittimo che la RAI sia nelle grinfie della politica....oggi comanda il Pdl, per decenni lo ha fatto la Dc con la partecipazione del Pci, nei governi Prodi.....nessuno ma solo perchè non ne hanno avuto la forza....


Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: RAI Tutti zitti!

Messaggioda trilogy il 02/04/2010, 12:08

ranvit ha scritto:Dal punto di vista aziendale l'iniziativa del Direttore è legittima...

Vittorio


Da quello che leggo non è vero che l'iniziativa del direttore sia legittima. Se anche un sindacalista deve chiedere il permesso al dirigente per esprimere un'opinione siamo messi male, se poi si tratta di un giornalista è anche peggio.

(..)Nell'apertura del procedimento sarebbe stato coinvolto da Minzolini anche il direttore generale Mauro Masi, che però, sarebbe restio a infliggere una punizione alla Busi che nell'incarico di sindacalista (fa parte del Consiglio nazionale della Federazione della stampa) può esprimere opinioni senza autorizzazione.(..)
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Re: RAI Tutti zitti!

Messaggioda franz il 23/04/2010, 12:56

tensione in redazione dopo la sostituzione di tre noti mezzobusto
Ferrario, nuovo attacco a Minzolini

«Mi ha fatto una grande porcata»
Sfogo della giornalista rimossa dalla conduzione del Tg1
a Perugia: «Gli italiani ricevono informazione di parte»


PERUGIA - «Quello che mi è stato fatto è una grande porcata». A parlare è Tiziana Ferrario, volto noto del telegiornale, che per la prima volta in pubblico ha commentato la scelta del direttore del Tg1 Augusto Minzolini di rimuoverla dalla conduzione. È successo a Perugia giovedì pomeriggio, durante il Festival internazionale di giornalismo, cui la Ferrario ha preso parte come relatrice dell’incontro sul tema "Donne, media e potere". Alla domanda se tornerà mai a fare il mezzobusto, la risposta è stata: «Purtroppo non dipende da me».

INFORMAZIONE DI PARTE - E mentre sull’argomento cercava di calmare le acque il moderatore del dibattito Angelo Mellone, giornalista de Il Tempo, la Ferrario si è lasciata andare a un breve sfogo seguito dall’applauso della platea della Sala dei Notari: «Quello che mi è stato fatto è una grande porcata - ha detto al microfono -, i giornali hanno raccontato le loro versioni a seconda delle fonti a disposizione ma il fatto è che non si può occupare un telegiornale di un servizio pubblico. I telespettatori non pagano un tg per ricevere un’informazione di una parte». Le dure affermazioni arrivano dopo giorni di tensioni nella redazione diretta da Minzolini, che ha da poco sostituito tre volti noti della tv: oltre alla Ferrario, i giornalisti Paolo Di Giannantonio e Piero Damosso. Su questa scelta erano seguite numerose critiche, comprese quelle dei consiglieri di minoranza della Rai e di Franco Siddi, segretario Fnsi, il sindacato dei giornalisti. «Cambi così massicci nella proposizione del principale telegiornale del servizio pubblico - aveva affermato Siddi -, che riguardano tre colleghi autorevoli che, guarda caso, appena poche settimane fa non hanno firmato un documento di sostegno al direttore, suscitano più di un dubbio».

«MAI SCESI COSÌ IN BASSO» - Il riferimento era al caso Mills (il 26 febbraio il Tg1 parlò nei titoli di «assoluzione», non di prescrizione) e alla lettera di solidarietà al direttore firmata soltanto da 95 redattori su 162. La tesi sarebbe che il direttore sostituisce chi non si è schierato con lui. Una teoria subito smentita dal diretto interessato: «Sono stati assunti diciotto precari e per dare un segnale di cambiamento al Tg1 bisogna mostrare volti nuovi - ha spiegato Minzolini -. Sono decisioni prese da tempo e i documenti, quelli a favore e quelli contro, non c'entrano assolutamente niente. Sono liturgie che non mi appartengono». Anche la Ferrario aveva detto la sua con una lettera rivolta ai colleghi Rai e affissa in bacheca: «La redazione non era mai scesa così in basso. Al Tg1 si sta consumando un disastro. L’ambizione di alcuni di voi e la paura di altri vi impedisce di parlare apertamente. Siamo stati messi gli uni contro gli altri, molti sono emarginati, altri hanno tripli incarichi». Oggi lo sfogo pubblico.

Corinna De Cesare
22 aprile 2010 / www.corriere.it
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Re: RAI Tutti zitti!

Messaggioda trilogy il 28/04/2010, 8:51

Ci dice Zavoli che la credibilità della RAI è crollata. Bene. Se fosse vero sarebbe un fatto estremamente positivo per tutto il paese, vuol dire che l'opinione pubblica in Italia è diventata adulta, e non crede più alle balle del regime televisivo berlusconiano, ma temo che non sia così.
saluti
Trilogy

RAI

Zavoli: "La credibilità è crollata non si rispettano autonomia e qualità" Sergio Zavoli

Il presidente della Vigilanza traccia un quadro dai contorni drammatici. Con la gestione dell'attuale centrodestra, la tv di Stato non rispetta più niente. "Ormai non hanno spazio neppure i vecchi prudenti linguaggi"
di GOFFREDO DE MARCHIS

Zavoli: "La credibilità è crollata non si rispettano autonomia e qualità" Sergio Zavoli

ROMA - Il caso Ruffini 1 è solo la punta dell'iceberg. La Rai è ormai "una pulzella promessa" che dice sì "alle pretese di tutti i pretendenti". La commissione di Vigilanza vede "distorti" da Viale Mazzini i suoi atti di indirizzo e viene da chiedersi se "la sua autorevolezza possa risolversi in un rito esortativo". Il quadro descritto da Sergio Zavoli, popolarissimo giornalista tv, senatore del Pd e presidente della commissione parlamentare che vigila sulla Rai, ha contorni drammatici. Con la gestione dell'attuale centrodestra, la tv di Stato non rispetta più niente: la sua autonomia, la sua capacità di critica, "neppure i vecchi, prudenti linguaggi".

Una delibera del cda disattesa, una soluzione che non accontenta nessuno. E Ruffini dice: contro di me c'è una discriminazione politica. È così?
"In Rai c'era e c'è un problema di fondo: l'assenza, o l'imperfezione, o il rifiuto della regola. La quale viene prima del consenso. Ne consegue che il pacta sunt servanda, così spesso trasgredito, rischia d'essere una citazione sapienziale ormai a buon mercato. Ma nel caso nostro va anche detto che quando i patti non sono rispettati la prima causa cui doversi richiamare non è tanto la regola quanto l'idea che un "servizio pubblico" - ignorando la doverosità, la puntualità e la funzionalità del suo compito - possa impunemente tradursi in un grave danno inferto alla credibilità dell'istituzione".

Ruffini ha avuto una collocazione adeguata?
"La sua è una vicenda che nessuna grande organizzazione imprenditoriale può permettersi: ciò che è successo si sottrae a valutazioni di principio, men che meno manageriali. È la licenza di un'azienda che sta smarrendo una sua autonoma facoltà critica".

Sia lei sia Paolo Garimberti, presidenti di garanzia, avete molte difficoltà ad esercitare le vostre funzioni. Quale ruolo può avere la minoranza schiacciata dalla logica dei numeri?
"Poter esercitare un legittimo potere con la forza dei numeri non esclude affatto il coinvolgimento dell'opposizione. Non ricorro all'abusato argomento della dittatura delle maggioranze: mi limito a dire che rinunciare all'allargamento del consenso è una pregiudiziale abdicazione a un ulteriore tasso di democrazia, che conferirebbe un'aria di vaga infondatezza al proposito di coinvolgere l'opposizione nelle riforme".

Basterebbe una riforma della Rai per tirar fuori la politica da Viale Mazzini?
"Per tirar fuori la politica dalla Rai - s'intende dall'occupazione dell'azienda - occorre cominciare da una Rai che voglia tirarsi fuori da una sua ormai insostenibile, paradossale contraddizione. Questa è radicata nella più comoda e reciproca delle garanzie: il compromesso - poco nobile intellettualmente, culturalmente, aziendalmente - rinnovabile a ogni cambio di governo attraverso il citatissimo spoil system, ma soprattutto quella ingegneria combinatoria che si chiama "lottizzazione", la più pigra e matematica delle soluzioni adottate con il consenso dell'azienda. Il pluralismo non è una somma di "legittime faziosità". Perciò la storia e il prestigio della Rai meritano un colpo d'ala anche al suo interno. Comunque, il primo passo spetta alla politica. Dovrà opporsi all'idea ormai invalsa di un'azienda che non rispecchi i principi dell'autonomia e della responsabilità, della competenza e della qualità".

La commissione non ha gli strumenti per intervenire?
"Le giro io un'altra domanda: è ragionevole credere che la Commissione possa fare un "miracolo" al giorno (tranne quando la disputa partitica obbedisce a specialissimi input, come è successo di recente nella controversia sui talk show) se, non avendo poteri vincolanti, il suo indirizzo può essere disatteso dall'azienda, oppure distorto, vanificando così ogni effetto riparatore della commissione? Noi abbiamo fatto dei seminari e caveremo dei materiali per rispondere ai problemi della qualità e del pluralismo. Ma si pone un legittimo interrogativo sull'autorevolezza di un organismo parlamentare, per giunta bicamerale, che non può certo risolvere il suo ruolo in un rito esortativo".

Al Tg1 i giornalisti sono sul piede di guerra contro Minzolini, le intercettazioni di Trani dimostrano le pressioni del Cavaliere sulla Rai. È la notte della tv di Stato?
"Andiamo con ordine. La più grande testata italiana, sottoposta a varie scosse telluriche, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare, insieme con la sua identità, una parte dell'ascolto tradizionale. Intercettazioni: voglio credere che il ministro Alfano sia disposto a ripensare le norme del suo disegno di legge, in discussione al Senato, lesive della libertà di cronaca e del diritto-dovere di informare. Trani: quelle telefonate si commentano da sole, non occorre che aggiunga altro, se non una personale amarezza".

(28 aprile 2010)
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