Altro che conflitto di interesse ...

Il retroscena. Il 21 ottobre una telefonata avverte che la situazione è fuori controllo
I colloqui con il premier forse sono stati più di uno. E non tutti rassicuranti
"La sta cercando Palazzo Chigi"
i 15 minuti fatali del governatore
di CARLO BONINI
ROMA - Quali parole, suggerimenti, avvertimenti hanno davvero scambiato il presidente del Consiglio e Piero Marrazzo sull'affaire di via Gradoli, prima che questo esplodesse annichilendo il governatore? Tra i due vi fu davvero soltanto una telefonata? Come in altri passaggi cruciali di questa storia non c'è un solo protagonista o testimone che racconti la stessa cosa. Confermando, ammesso ce ne fosse bisogno, lo spessore della dissimulazione e l'opacità che ancora la avvolgono. Ma, soprattutto, ancora una volta, in questa storia c'è una testimonianza che all'improvviso mescola il quadro e documenta - come vedremo - quanto accade la mattina del 21 ottobre al Residence Ripetta, nel cuore di Roma, quando nessuno ancora sa né del dramma che sta per travolgere il governatore, né del filo che con lui ha annodato il presidente del Consiglio.
Nel racconto di Silvio Berlusconi o, meglio degli uomini del suo entourage politico-aziendale-mediatico, la telefonata con Marrazzo - come riferito ieri - è una. "Pochi giorni prima che il caso esploda". Il presidente del Consiglio avverte il governatore che il settimanale Mondadori "Chi" non userà il video che pure possiede.Ma "non potendo garantire per altri" che le aziende editoriali di proprietà, passa al governatore i contatti telefonici dell'agenzia che lo custodisce in quel momento (la Photo Masi di Milano) perché, se lo ritiene, possa provvedere da solo a comprare la merce ritirandola dal mercato del ricatto.
Luca Petrucci, avvocato di Marrazzo, conferma la circostanza. Ma la arricchisce di un dettaglio non proprio irrilevante. "E' vero. La telefonata c'è stata. Berlusconi si impegnò a non pubblicare, e rassicurò Piero, che in quel momento era disperato, sul fatto che, in ogni caso, avrebbe incaricato i "suoi" spazza immondizia di far comunque sparire il video dalla circolazione. La cosa, evidentemente, lo sollevò. Che poteva fare? Dire di no? E' stato un errore, certo. Si consegnava a un potenziale ricatto politico. Ma in quei frangenti credo che quel comportamento sia comprensibile, umano.... Una cosa è sicura. Piero, dopo la telefonata di Berlusconi, non si mosse in alcun modo per avviare una trattativa con chi aveva quel video".
È così che sono andate le cose? Agli atti dell'indagine - come riferiscono fonti qualificate della Procura - la ricostruzione di Petrucci trova una parziale smentita. Interrogato il pomeriggio del 21 ottobre dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, il governatore riferisce della telefonata di Berlusconi, del suo impegno a non pubblicare, dei "contatti telefonici", ma nulla dice sulla presunta promessa del presidente del Consiglio di far comunque sparire dalla circolazione il video. Ma, soprattutto, quel 21 ottobre accade anche qualcos'altro che sembra fare a pugni con l'immagine di un Marrazzo "sollevato" nei giorni precedenti l'interrogatorio.
La mattina del 21, infatti, al residence Ripetta, il governatore è ospite di un convegno del Pd dal titolo "Oltre la crisi economica". Con lui sono gli uomini dello staff e dell'ufficio di Presidenza. A un certo punto - riferisce una fonte presente in sala che chiede l'anonimato - è avvicinato con discrezione dal suo segretario, che gli porge il cellulare. "La cerca il presidente del Consiglio... ". Marrazzo si allontana dal convegno e non vi fa ritorno prima di un quarto d'ora. Un tempo molto lungo per scambiarsi soltanto un avvertimento, una rassicurazione che "lo solleva" e un numero telefonico di un'agenzia fotografica. Un tempo sufficiente però - ricorda il testimone - per restituire un uomo sconvolto al parterre dell'incontro pubblico. "Marrazzo era livido. Sembrava avesse avuto un malore. Tanto che chi gli era vicino chiese con insistenza se non era successo qualcosa di grave. Lui alzò il pollice. Ma davvero era difficile pensare che non stesse molto male".
Dunque, la mattina del 21, a poche ore dalla sua deposizione del pomeriggio in Procura, Marrazzo apprende dal presidente del Consiglio qualcosa che visibilmente lo sconvolge. Cosa? Se è vero che tra i due la telefonata è stata una soltanto, allora c'è qualcosa che non torna nella natura bonaria e rassicurante del colloquio. Se invece, come è possibile, le telefonate sono state più d'una, è allora verosimile che, quel giorno al "Ripetta", il governatore sappia dalla voce del presidente che la situazione è precipitata o sta per precipitare. Del resto, quella mattina del 21, la Photo Masi era già stata visitata dai carabinieri del Ros che avevano sequestrato il video. E Massimiliano Scarfone, l'intermediario della squadretta di ricattatori, interrogato, aveva parlato. Il che significava per Marrazzo non solo l'inizio della fine, ma anche l'impossibilità di avviare eventualmente qualsiasi contatto in proprio con l'agenzia che aveva il video. Se il governatore lo avesse fatto o meno nei giorni precedenti il 21 è una circostanza che gli atti di indagine allo stato non sono in grado di provare. E' un fatto che in Procura Marrazzo di trattative non abbia fatto cenno. Se non - come riferisce una qualificata fonte inquirente - per dire che lui i numeri di telefono di Berlusconi se li era addirittura "persi".
www.repubblica.it
I colloqui con il premier forse sono stati più di uno. E non tutti rassicuranti
"La sta cercando Palazzo Chigi"
i 15 minuti fatali del governatore
di CARLO BONINI
ROMA - Quali parole, suggerimenti, avvertimenti hanno davvero scambiato il presidente del Consiglio e Piero Marrazzo sull'affaire di via Gradoli, prima che questo esplodesse annichilendo il governatore? Tra i due vi fu davvero soltanto una telefonata? Come in altri passaggi cruciali di questa storia non c'è un solo protagonista o testimone che racconti la stessa cosa. Confermando, ammesso ce ne fosse bisogno, lo spessore della dissimulazione e l'opacità che ancora la avvolgono. Ma, soprattutto, ancora una volta, in questa storia c'è una testimonianza che all'improvviso mescola il quadro e documenta - come vedremo - quanto accade la mattina del 21 ottobre al Residence Ripetta, nel cuore di Roma, quando nessuno ancora sa né del dramma che sta per travolgere il governatore, né del filo che con lui ha annodato il presidente del Consiglio.
Nel racconto di Silvio Berlusconi o, meglio degli uomini del suo entourage politico-aziendale-mediatico, la telefonata con Marrazzo - come riferito ieri - è una. "Pochi giorni prima che il caso esploda". Il presidente del Consiglio avverte il governatore che il settimanale Mondadori "Chi" non userà il video che pure possiede.Ma "non potendo garantire per altri" che le aziende editoriali di proprietà, passa al governatore i contatti telefonici dell'agenzia che lo custodisce in quel momento (la Photo Masi di Milano) perché, se lo ritiene, possa provvedere da solo a comprare la merce ritirandola dal mercato del ricatto.
Luca Petrucci, avvocato di Marrazzo, conferma la circostanza. Ma la arricchisce di un dettaglio non proprio irrilevante. "E' vero. La telefonata c'è stata. Berlusconi si impegnò a non pubblicare, e rassicurò Piero, che in quel momento era disperato, sul fatto che, in ogni caso, avrebbe incaricato i "suoi" spazza immondizia di far comunque sparire il video dalla circolazione. La cosa, evidentemente, lo sollevò. Che poteva fare? Dire di no? E' stato un errore, certo. Si consegnava a un potenziale ricatto politico. Ma in quei frangenti credo che quel comportamento sia comprensibile, umano.... Una cosa è sicura. Piero, dopo la telefonata di Berlusconi, non si mosse in alcun modo per avviare una trattativa con chi aveva quel video".
È così che sono andate le cose? Agli atti dell'indagine - come riferiscono fonti qualificate della Procura - la ricostruzione di Petrucci trova una parziale smentita. Interrogato il pomeriggio del 21 ottobre dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, il governatore riferisce della telefonata di Berlusconi, del suo impegno a non pubblicare, dei "contatti telefonici", ma nulla dice sulla presunta promessa del presidente del Consiglio di far comunque sparire dalla circolazione il video. Ma, soprattutto, quel 21 ottobre accade anche qualcos'altro che sembra fare a pugni con l'immagine di un Marrazzo "sollevato" nei giorni precedenti l'interrogatorio.
La mattina del 21, infatti, al residence Ripetta, il governatore è ospite di un convegno del Pd dal titolo "Oltre la crisi economica". Con lui sono gli uomini dello staff e dell'ufficio di Presidenza. A un certo punto - riferisce una fonte presente in sala che chiede l'anonimato - è avvicinato con discrezione dal suo segretario, che gli porge il cellulare. "La cerca il presidente del Consiglio... ". Marrazzo si allontana dal convegno e non vi fa ritorno prima di un quarto d'ora. Un tempo molto lungo per scambiarsi soltanto un avvertimento, una rassicurazione che "lo solleva" e un numero telefonico di un'agenzia fotografica. Un tempo sufficiente però - ricorda il testimone - per restituire un uomo sconvolto al parterre dell'incontro pubblico. "Marrazzo era livido. Sembrava avesse avuto un malore. Tanto che chi gli era vicino chiese con insistenza se non era successo qualcosa di grave. Lui alzò il pollice. Ma davvero era difficile pensare che non stesse molto male".
Dunque, la mattina del 21, a poche ore dalla sua deposizione del pomeriggio in Procura, Marrazzo apprende dal presidente del Consiglio qualcosa che visibilmente lo sconvolge. Cosa? Se è vero che tra i due la telefonata è stata una soltanto, allora c'è qualcosa che non torna nella natura bonaria e rassicurante del colloquio. Se invece, come è possibile, le telefonate sono state più d'una, è allora verosimile che, quel giorno al "Ripetta", il governatore sappia dalla voce del presidente che la situazione è precipitata o sta per precipitare. Del resto, quella mattina del 21, la Photo Masi era già stata visitata dai carabinieri del Ros che avevano sequestrato il video. E Massimiliano Scarfone, l'intermediario della squadretta di ricattatori, interrogato, aveva parlato. Il che significava per Marrazzo non solo l'inizio della fine, ma anche l'impossibilità di avviare eventualmente qualsiasi contatto in proprio con l'agenzia che aveva il video. Se il governatore lo avesse fatto o meno nei giorni precedenti il 21 è una circostanza che gli atti di indagine allo stato non sono in grado di provare. E' un fatto che in Procura Marrazzo di trattative non abbia fatto cenno. Se non - come riferisce una qualificata fonte inquirente - per dire che lui i numeri di telefono di Berlusconi se li era addirittura "persi".
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