da pierodm il 07/02/2009, 3:45
Non riesco a capire la ragione per cui un argomento del genere stia - sia stato messo - in un forum tematico, quando è quasi un archetipo di politica "generale" e tutt'altro che tematica. Anzi, direi di più: per quello che vale simbolicamente il forum, con il suo criterio di classificazione, inserire il tema tra quelli politici generali sarebbe stato di per sè un atto significativo. E purtroppo finisce per essere significativo anche il contrario.
Ma va be'.
Paolo, quando criticavo il fatto che fosse Di Pietro, con il suo stile, a denunciare il fenomeno, non intendevo implicare che Di Pietro fosse colpevole di qualcosa, o peggio ancora che la reazione a questo stile inefficace fosse di dare un calcio nel sedere allo stesso Di Pietro. Quello che mi sembrava infinitamente più importante era capire che quella denuncia - sacrosanta - doveva essere fatta propria da tutta intera l'opposizione e gestita in modo più articolato, dettagliato e ben indirizzato, e che non rimanesse una semplice invettiva.
La riprova - ammesso che ce ne sia bisogno, dopo anni ormai - di quanto sia avanzato lo stato di decomposizione del clima politico e "opinionistico", sta proprio in questa subitanea devianza del corso della discussione sulla controversia "sanitaria" e sulla questione delle "carte" che rendono legale o illegale un soggiorno.
Il tema è il razzismo e la xenofobia, non la burocrazia.
O meglio, se proprio vogliamo essere precisi e impietosi: la burocrazia c'entra, nel senso che un regime e un'opinione pubblica fortemente orientate verso una visione razzista, cercano nella burocrazia e trovano nei burocrati i perfetti strumenti per dare esecuzione alla loro volontà - così come avviene nel linguaggio, che adotta terminologie asettiche e apparentemente neutre, che fanno scomparire tutte le parole che riconducono alla concretezza della persona.
Io vorrei - nel senso che me lo auguro, non che voglio costringere qualcuno - vorrei che qualche "moderato" che vive e fiorisce anche in questo forum, e più ancora qualcuno che dovrebbe fare "opposizione", facessero mente locale a quei momenti e a quei regimi che si sono tristemente segnalati per ideologia e pratica razzista.
Facessero mente locale, e ricordassero quali siano state le accuse che si muovevano ad ebrei, italiani, zingari, negri, omosessuali. Accuse morali e quindi discutibili, ma anche accuse mosse col codice civile e penale in mano, e la croce al collo. Una commedia - una tragedia - vecchia e stravecchia, ma che funziona sempre, e noi non impariamo mai.
E poi, fatemi essere sincero fino in fondo, andando fuori da un ragionamento correttamante politico.
Parlando di queste cose, alcuni giorni fa, portavo l'esempio del mio gatto di casa.
Il gatto si fida, di me: gli passo vicino, gli scarico ciocchi di legna a un centimetro dalle orecchie, mi siedo sulla poltrona costringendolo a scansarsi di colpo, ma non ha paura perché sa che non gli voglio fare niente di male, e continua a saperlo anche dopo che magari gli ho pestato involontariamente la coda o una zampetta. Si fida di me perché io sono io.
Questo significa che non sono tanto e soltanto "le cose" che si fanno a mettere in sospetto, ma la conoscenza di "chi" le fa.
La sinistra - sì, va be', quella coalizione stravagante che abbiamo votato negli anni passati - può sbagliare e ha sbagliato, in atti e omissioni. Ma non c'era razzismo, almeno nella gran parte di chi la votava e degli stessi dirigenti, per quanto criticabili sotto tanti aspetti. E non c'erano retropensieri, né tanto meno messaggi di tipo razzista, anche quando hanno creato o avallato i lager di "accoglienza".
Quando si muove la Lega, invece, il mio gatto scappa: non si fida, perché sa "chi" sono. Perché sa cosa pensano e cosa vogliono, o almeno ha ottimi motivi per credere di saperlo.
Anche la proposta più innocente puzza, ed è una puzza con una tonalità precisa - e le proposte e i messaggi stanno diventando sempre meno innocenti.
Se chi fa politica - o chi se ne occupa - non riesce a fare come il gatto, meglio che lasci perdere: raccontare le cose solo dopo che sono successe è facile, e non si sbaglia mai, ma serve a poco.