I costi aumentato e i soldi non ci sono. I dubbi sulla sicurezza crescono (io non ne ho: non c'è sicurazza accettabile; anche ammesso che si trovi un ingegnere ultranovantenne malato di alzheimer che lo firmi). Le Ferrovie non ci credono e investono nel trasposto su acqua. Manca una veritiera verifica di convenienza economica dell'investimento rispetto ai flussi di traffico. A pagare il pedaggio nel tempo sarebbero quasi solo i siciliani (in Sicilia da lontano ci vanno con l'aereo).
Meno male. Si allontana l'opera faraonica (nel senso del faraone che la vuole).
Da:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... te/2150665
" Silvio, mi è cresciuto il ponte - di Gianfrancesco Turano - 05 maggio 2011
Alla fine, la cosa più ridicola è proprio l'aria di gran segreto che circonda il progetto del ponte sullo Stretto. Tutti muti, tutti minacciati di gravi ritorsioni se si lasciano sfuggire qualcosa su un'opera varata nell'età antica della Repubblica e finanziata in toto dal contribuente. Che ha il dovere di contribuire, ma non il diritto di conoscere.
Sappia allora il contribuente che a maggio il consiglio di amministrazione della Stretto di Messina (Sdm), società interamente pubblica fra Anas, Rfi, Regione Calabria e Regione Siciliana, metterà all'approvazione la fase due dell'unione fra la Sicilia e il continente. Si tratta del progetto definitivo, che al momento è all'esame dei dodici componenti il comitato scientifico di Sdm. Il prezzo di partenza passa da 6,1 miliardi di euro a 7,865 accertati con la possibilità concreta di arrivare a 9 da qui alla Conferenza dei servizi. Dopo verranno il progetto esecutivo e, prevedibilmente, nuovi costi.
Già così si sta parlando di un 50 per cento in più prima dell'apertura dei cantieri che l'ottimista compulsivo Silvio Berlusconi aveva annunciato per il dicembre 2009 con conclusione dei lavori in sei anni. "Se il passato decennio è stato un decennio del "fare"", si legge nel Documento di economia e finanza spedito dal premier in Senato il 19 aprile, "il prossimo dev'essere il decennio del "fruire" facendo sistema".
La nuova contabilità del "fruire facendo sistema" risulta dalla somma seguente. Ci vogliono 6,1 miliardi di euro per il ponte vero e proprio. Di questi, soltanto 1,65 miliardi sono disponibili. Altri 850 milioni sono necessari per opere complementari (zero disponibili), 289 milioni per opere connesse (5 milioni disponibili), 600 per i nodi urbani (4 milioni disponibili) e 26 milioni per la variante di Cannitello (tutti disponibili). Insomma, basta trovare 6,18 miliardi di euro, senza illudersi che i privati si interessino di un investimento in pura perdita, e il gioco è fatto.
Anzi, sarebbe fatto. Perché a complicare le cose contribuisce la rivalità tra Giulio Tremonti e Gianni Letta, di cui il ponte sta diventando uno dei capitoli più caldi. Oltre la metà del nuovo incremento dei prezzi grava su Rete ferroviaria italiana (Rfi), del gruppo Ferrovie dello Stato. Gli uomini di Mauro Moretti, che a giugno del 2010 è stato confermato alla guida del gruppo Fs grazie anche al suo ottimo rapporto con Tremonti, non hanno mai gradito di essere stati emarginati dall'elaborazione del ponte che, pure, ha nell'attraversamento ferroviario uno dei suoi aspetti più critici sotto il profilo della tecnica ingegneristica.
Adesso, oltre a tacere, dovrebbero farsi carico di gran parte degli interventi "connessi" o "complementari" (bisognerebbe capire la differenza) richiesti dagli enti locali, inclusa una metropolitana con tre stazioni sotterranee a Messina. Alla Sdm, però, conta solo il socio di maggioranza Anas, che esprime il capo azienda nella persona di Pietro Ciucci, numero uno operativo anche dell'Anas e, in quanto tale, controllore di se stesso. Ciucci è un boiardo di Stato cresciuto alla scuola della vecchia Dc e dell'Iri. Prima stava con Romano Prodi. Caduto il Professore, si è ricollocato a destra con Letta, ospite illustre, insieme a Giancarlo Elia Valori, al matrimonio del figlio di Ciucci.
Voci attendibili all'interno del gruppo Fs parlano di uno scambio di corrispondenza fra Moretti e il ministero dell'Economia per sapere da dove arriveranno i fondi necessari ad affrontare gli investimenti relativi al ponte. La domanda è indiscreta visto che scopre il bluff per cui fino a oggi si è parlato soltanto dei costi della monocampata con la stessa logica di certe offerte commerciali "a partire da...". Come se un ponte di 3.300 metri potesse essere realizzato senza un lavoro di contorno altrettanto gigantesco.
La replica? Qualcuno in Sdm sottolinea che, mentre il gruppo Fs piange miseria e taglia rami più o meno secchi in tutta Italia, il 27 aprile Rfi ha annunciato l'acquisto di una nuova nave per i collegamenti sullo Stretto di Messina.
Il traghetto, che sarà realizzato da un'azienda a controllo statale (Nuovi Cantieri Apuania), sarà lungo 147 metri con una portata di 2.500 tonnellate fra treni e veicoli. Il prezzo del super-ferribotte è di 49,5 milioni di euro. Un investimento di non poco conto. Soprattutto per un collegamento che accusa problemi di traffico sì e no per una settimana all'anno e che, secondo le promesse, dovrebbe essere garantito domani con un ponte da 9 miliardi di euro. Evidentemente le Ferrovie, che di Sdm sono socie, al ponte non credono granché.
Non c'è solo questo ad alimentare la tensione fra gli uomini di Moretti e quelli di Ciucci. In base alla convenzione firmata dal governo con la Sdm, Rete ferroviaria italiana ha concordato un canone annuo in crescita dai 100 milioni di euro del primo anno di operatività, che secondo le previsioni della legge Obiettivo doveva essere il 2012, fino a 142 milioni di euro nel 2041. E' questo il prezzo fissato per occupare tutti i 200 potenziali transiti giornalieri sui due binari del ponte, pari a quasi al quadruplo dei flussi di traffico effettivo. Insomma, una sorta di pedaggio maggiorato a carico dell'azionista Fs che di 200 transiti potenziali non sa che farsene.
Una volta approvato, il progetto definitivo dovrà passare dal Cipe, il comitato affidato per delega governativa al palermitano Gianfranco Micciché. L'altro responsabile dell'esecutivo direttamente interessato alla pratica è Ercole Incalza, capo dipartimento Trasporti e responsabile della legge Obiettivo per il ministero delle Infrastrutture.
Entrambi hanno interesse a spingere il ponte. Micciché in quanto difensore degli interessi del Sud contro la voracità infrastrutturale nordista. Lo stesso vale per Incalza, che ha ritrovato una collocazione nella seconda Repubblica grazie allo stesso Letta e all'ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi.
Tremonti, garante delle opere pubbliche più gradite alla Lega, si trova nella posizione di maggior vantaggio. Può temporeggiare col ponte senza esporsi più di tanto e senza danneggiare gli interessi di chi il ponte lo dovrà, o lo dovrebbe, costruire. Vale a dire, il consorzio Eurolink. Il socio di maggioranza di Eurolink è Impregilo con il 45 per cento, seguito dagli spagnoli di Sacyr, da Condotte, dalla coop rossa Cmc, dalla giapponese Ishikawajima e dal gruppo Gavio.
E il presidente di Impregilo è Massimo Ponzellini, vero uomo ubiquo del tremontismo in versione Unità d'Italia, con gradimento leghista e incarichi che spaziano dalla Popolare di Milano alla nascente Banca del Sud. I contratti di aggiudicazione di Eurolink sono blindati. Se la campata unica si fa, bene. In caso contrario, scattano penali a otto zeri per inadempienza da parte dello Stato.
Ecco perché sul ponte di Messina l'ordine di servizio è acqua in bocca. E' acqua molto salata. "
cardif