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La strategia delle balle

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La strategia delle balle

Messaggioda Gab il 06/06/2009, 13:39

La strategia delle balle

By Luca De Biase on June 6, 2009 11:16 AM
La quantità di balle, smentite, affermazioni prive di fondamento nei fatti, questioni irrilevanti e boiate è stata gigantesca nel corso di questa campagna elettorale.

E uno si domanda perché ci sia questa abnorme inflazione di nulla mentale, posto che prima o poi al confronto con i fatti le balle dovrebbero scoppiare e chi le dice dovrebbe perdere di credibilità fino a scomparire dall'orizzonte politico.

La ricerca delle risposte apre capitoli di riflessione che fanno tremare i polpastrelli del blogger:
1. Perché i politici non riescono a imporre un dibattito migliore o non vogliono farlo?
2. Qual è in pratica l'importanza della televisione nel dibattito politico?
3. Come funziona la manipolazione delle coscienze nel megareality sceneggiato per la società teledipendente?
4. Quali sono le dimensioni mediatiche alternative e perché non riescono a superare lo sbarramento televisivo?
5. Che cosa sta facendo la società di fronte a tutto questo?

Il blogger può anche enunciare queste domandine, le può rileggere con occhi critici o partecipi, poi può anche lasciar perdere. E cancellare tutto.

Ma la sofferenza di fronte al fatto che i politici non guidano il dibattito democratico verso questioni decenti ma stanno completamente ripiegati nella loro dimensione di potere è tanto grande che va almeno enunciata. I politici in un paese chiuso e gerarchicamente arcaico non hanno alcun incentivo a cambiare registro. Anzi. Se cambiano troppo, stonano. Se urlano poco sembrano deboli. Se articolano un ragionamento sembrano noiosi. Il fatto è che i politici si sono ingabbiati nella loro cupola e non sanno proprio come uscirne.

Il modello della comunicazione televisiva, in particolare, li ha completamente avvolti nella stessa impenetrabile nebbia. La televisione è il medium nel quale massima è la distanza tra chi parla e chi ascolta. Chi parla è interamente definito dalle tecniche di comunicazione, dai ritmi imposti dal mezzo, dalle strutture fondamentali dell'organizzazione delle trasmissioni e del palinsesto. La quantità di persone che guardano la televisione è tanto grande e le loro personalità sono tanto indefinite dal punto di vista di chi parla da non avere nessun contatto, nessun feedback, se non quello che deriva dagli studi dell'audience e del marketing. Si può essere molto o poco sofisticati in queste attività, ma attraverso di esse non si può dialogare, si può solo definire una strategia di comunicazione.

Il proprietario della televisione italiana è maestro nelle sue tecniche e conosce perfettamente il senso delle analisi che gli arrivano dai sondaggi. Non le usa per adeguarsi a ciò che vuole il pubblico. Le usa per capire come lo può manipolare. Le usa per capire come ottenere attenzione e picchettare nelle coscienze una storia, la sua, quella che vuole lui. La squadra dei suoi collaboratori è ormai rodatissima. Hanno una sceneggiatura, un insieme di voci diverse ma orientate allo stesso scopo, una comprensione perfetta dei modi con i quali addomesticare il senso critico del pubblico. E colpiscono alle parti basse: sesso, soldi, potere. Questi sono i valori con i quali attraggono e catturano la fantasia degli ascoltatori. Una volta occupato il quadro narrativo non lo mollano più e non hanno difficoltà a far sembrare gli avversari dei comprimari, troppo complicati da capire, troppo noiosi da seguire.

Quello che stupisce è che nella loro superficiale megalomania, gli avversari del proprietario della televisione italiana non si sono opposti frontalmente alla logica televisiva. Non hanno tentato di abbattere il monopolio televisivo. Non si sono preoccupati di sviluppare un sistema mediatico alternativo. Finora. Perché hanno pensato che anche a loro facesse comodo un mezzo di comunicazione di massa facile da usare per governare. Peccato che non sia per niente facile da usare. E che loro non siano minimamente bravi quanto il loro avversario a usare la televisione. Perché non si tratta soltanto di parlare in tv: si tratta di costruire una cultura della tv, un'antropologia, un'economia, una società della tv. E tutto questo è in mano al loro avversario.

Gli italiani che seguono quanto raccontato dalla struttura fondamentale della tv e se ne lasciano manipolare non sono scemi. Se è vero che il 50 e rotti per cento degli italiani accede alle notizie solo con la tv, però, è chiaro che non hanno gli strumenti critici per confrontare l'informazione televisiva con le altre.

Uno zoccolo così grande della società che si informa solo con la tv (dati Censis) è tale che anche molti altri media ne sono influenzati. E se i giornali o la radio riescono a mantenere un briciolo di indipendenza dall'influenza televisiva, appare evidente che non riescono a cambiare la sostanza della sceneggiatura raccontata dalla tv. Possono talvolta intervenire. Possono talvolta partecipare. Ma non stanno riuscendo a cambiare la trama del telefilm.

La speranza viene da internet. Ma quello che il pubblico attivo sta facendo su internet è ancora poco consapevole e limitatamente influente. Il che è fisiologico. Ed è il bello del medium internettaro. Ma quale può essere la conseguenza strategica del pubblico attivo sulla società teledipendente?

Massimo Mantellini lo ha raccontato in un magnifico post. Le persone con un blog possono dire se stesse, possono condividere emozioni e opinioni, momenti della loro vita. Questa è la ricchezza dei blog. Non sono se non in parte orientati a fare informazione (dice a ragione Massimo citando i suoi lunghi conversari con Luca Sofri).

In realtà, internet offre gli strumenti per far nascere giornalismo alternativo e chi li vuole usare lo può fare. Questo avrà un'influenza tanto maggiore quanto più sarà portato avanti con un metodo giornalisticamente corretto e trasparente. Potrà avere qualche influenza sulla disponibilità di informazioni sui fatti più precise e più intelligenti, perché lo spazio e la qualità dell'informazione dei cittadini sono cresciute nel tempo e possono crescere ancora molto. È grandioso. Ma non è tutto.

L'impatto di un mezzo nel quale il pubblico attivo può esprimere la propria vita, le proprie piccole o grandi esperienze, i punti di vista, i fatti della vita, le emozioni e le connessioni con gli altri è potenzialmente ancora più importante del pur fondamentale obiettivo di migliorare del pluralismo informativo. Perché può influire sulla sceneggiatura: sul racconto generale che la società fa di se stessa.

Se la televisione è riuscita a sostituire il quadro narrativo nel quale le persone pensano di vivere con una sceneggiatura basata su episodi di fiction, personaggi costruiti e valori animaleschi (sesso, soldi, potere), l'internet popolata da un pubblico attivo può dare luogo a un racconto alternativo basato su persone vere, fatti reali e valori un po' più articolati. Capaci per questo di coinvolgere in discussioni su questioni meno animalesche: ricerca della felicità, dinamiche della partecipazione, scelte di solidarietà, regole della tolleranza, crescita della cultura, equilibrio ambientale, affermazione di identità condivise. Non che il pubblico attivo non sia attratto dai valori bassi (sesso, soldi, potere), ma di certo ha dimostrato di essere capace di generare fascinazione anche intorno a valori alti (amore, felicità, solidarietà).

La società è oggi altrove. Non crede più alla sceneggiatura televisiva. Casomai la segue perché si diverte, in mancanza di meglio. La società soffre perché non vede da nessuna parte chi la rappresenti. E non vede una prospettiva. Cerca un nuovo inizio.

Intanto, va avanti. Percossa dalle menzogne. Influenzata dalla strategia della disattenzione. Preoccupata per i propri figli.

da http://blog.debiase.com/2009/06/la-stra ... balle.html
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Re: La strategia delle balle

Messaggioda franz il 06/06/2009, 14:13

Gab ha scritto:La quantità di balle, smentite, affermazioni prive di fondamento nei fatti, questioni irrilevanti e boiate è stata gigantesca nel corso di questa campagna elettorale.

A conti fatti è la più brutta, orrenda, grottesca campagna elettorale della storia d'Italia.
Mi viene istintivamente da pensare che proprio per questo avrà un vincitore adeguato allo squallore in campo.
Solo il mio inguaribile ottimismo sulle capacità del popolo italiano di dare un colpo di reni mi tiene su di morale.

Franz
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