Pagina 1 di 1

Laici e cattolici su "Bologna disperata"

MessaggioInviato: 24/07/2008, 10:04
da Ful
Intellettuali cattolici e laici discutono della "provocazione" su "Bologna disperata" e la speranza. Tace la Curia

di Valerio Varesi

http://bologna.repubblica.it/dettaglio/ ... ta/1485770

Immagine


Se Bologna è «disperata», cosa può chiedere di più un laico a un uomo di Chiesa se non di farlo «sperare l´insperabile», secondo una felice espressione di Barbara Spinelli. «Ecco - spiega Luigi Pedrazzi - in sostanza Berti, con quella lettera aperta, dice questo: uomini di Chiesa, fateci sperare l´insperabile e non mettetevi sullo stesso piano dei sociologi». Il cardinal Carlo Caffarra, con quella definizione ripresa dal suo predecessore Giacomo Biffi, è sceso sul terreno della sociologia. «Intendiamoci - prosegue l´ex vice sindaco - operazione legittima, ma un pastore non dovrebbe mettere troppo l´accento sull´aspetto della disperazione. Trovo - conclude - che Berti e Caffarra dovrebbero incontrarsi per un caffè e parlarsi. Altrimenti, in questo dialogo a distanza, il primo, da laico, cerca di insegnare ai cristiani a fare i cristiani, mentre il secondo fa il sociologo e dovrebbe fare solo il pastore».

Di un eccesso di sociologia nella definizione della disperazione bolognese parla anche lo storico e direttore dell´Istituto di scienze religiose cittadino Alberto Melloni. Il quale rileva significative differenze tra Biffi e Caffarra. «Per un vescovo, la città è come una moglie e la moglie non va descritta, ma amata. In questo senso penso, mi pare che Caffarra sia un buon marito, mentre Biffi ha fatto della sociologia sulla propria moglie. Dire che la città è disperata è una definizione generica come una statistica del Censis: si dice come si vive mediamente, ma poi ciascuno continua a vivere a modo suo». Su questo punto è d´accordo anche monsignor Giovanni Catti, insigne biblista. «Qualsiasi definizione di Bologna è un´approssimazione, visto che la città non è una sola» spiega. «Io però preferisco sempre i proponimenti positivi. Come diceva padre Michele Casali, occorre muovere la fantasia, raccontarci come vorremmo questa città, progettare, magari sognando anche un po´. Ormai, purtroppo, lo sanno fare solo i bambini. In questo senso sono d´accordo con Berti: occorre ridare speranza».


Virginiangelo Marabini e Giovanni Salizzoni guardano con grande rispetto alla lettera di Berti, ma difendono l´operato della Chiesa quando dipinge a tinte forti la città. «Sia Biffi che Caffarra l´hanno fatto, ma era loro dovere» spiega il primo. «Hanno assunto toni duri di fronte a una società in cui tutto è messo in discussione e io sarei stato più caritatevole verso un pastore che ha messo in guardia la città davanti a una china pericolosa». Per Salizzoni i laici sono fuori tempo massimo nel chiedere dov´era la Chiesa di fronte alla disperazione: «Quando Biffi pronunciò la famosa frase, tutti lo definirono un provocatore e ora per paura di dargli ragione si chiedono dov´era la Chiesa. Diciamo - conclude - che c´è una perdita di tensione sui valori universali compresi quelli cristiani». Secondo la presidente della Provincia Beatrice Draghetti «deve esistere un terreno comune grazie al quale continuare a coltivare la speranza e mi piacerebbe che la lettera fosse l´occasione per la città di aprirsi a un dialogo su questo tema».

Quasi unanimemente d´accordo con Berti gli intellettuali laici, a cominciare dal direttore del «Gramsci» Gian Mario Anselmi secondo il quale la mancanza di speranza è una condizione dell´Occidente intero «e non ha senso dirlo solo di Bologna. Anzi, è strumentale. Oltretutto, quando lo disse Biffi, fu una considerazione del tutto inattuale». Per Eugenio Riccomini «siamo tutti nella stessa corrente e dal momento in cui viene a mancare la tensione ideale, ciò si riverbera sia sui credenti che sugli atei. Il vero problema è la caduta dell´idealità, di quel sole nascente ora nascosto dietro la nebbia». Secondo l´italianista Alberto Bertoni «né Biffi né Caffarra sono mai riusciti a cogliere appieno i problemi della città. Nel mondo cattolico manca una figura di raccordo tra i dogmi della fede e l´agire politico come poteva essere Beniamino Andreatta».

«La speranza - conclude il poeta Davide Rondoni - non possono certo darla Cofferati o i laici, è un compito dei cristiani: quello del cardinale non è un rimprovero ma un appello. Comunque, finalmente qualcuno ha avviato un dibattito sull´argomento. Vorrei che tanti altri lo facessero».
(10 luglio 2008)