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Prezzo del petrolio alle stelle, Poche speranze, molta paura

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Prezzo del petrolio alle stelle, Poche speranze, molta paura

Messaggioda franz il 08/06/2008, 18:17

Prezzo del petrolio alle stelle
Poche speranze, molta paura
di EUGENIO SCALFARI


VENERDI' scorso in un'ora di contrattazioni il prezzo del greggio a New York è aumentato di dieci dollari arrivando al record di 139. Nelle stesse ore le Borse di tutto il mondo sono crollate, il tasso interbancario è salito al 5,6 (massimo mai raggiunto prima) il dollaro è ulteriormente precipitato rispetto all'euro.

Due giorni prima altre banche d'affari e istituti di credito immobiliare americani e inglesi avevano annunciato deficit pesantissimi. I consumi ristagnano o retrocedono, gli investimenti languono, la domanda globale è ferma. L'inflazione in Europa ha raggiunto il 3 per cento e in molti paesi l'ha superato. Infine il presidente della Banca centrale europea, Trichet, ha detto che a luglio i tassi aumenteranno di un quarto di punto, agitando ulteriormente i mercati già sotto choc.

La cosa singolare è che, mentre questi dati negativi coinvolgono sia la finanza sia l'economia reale, banchieri centrali e ministri del Tesoro dei paesi occidentali continuano a ripetere che "i fondamentali" sono positivi e che quindi si tratta di turbolenze transitorie. Quali siano i fondamentali rimasti integri è ignoto poiché sono invece tutti pericolanti. Se ne deduce che le Autorità monetarie hanno deciso all'unisono di truffare la pubblica opinione con la complicità di gran parte degli osservatori indipendenti. Oppure nessuno è più indipendente e tutti si sono rassegnati a svolgere il ruolo dei pompieri?

Le ragioni dell'impennata del prezzo del greggio sono due. La prima è l'aumento costante della domanda dei grandi paesi emergenti, soprattutto asiatici, mentre l'offerta è notevolmente più rigida. La seconda dipende dalla perdita di valore del dollaro.

Poiché gran parte delle transazioni sul greggio avvengono in dollari, si è instaurato uno strettissimo rapporto tra il tasso di cambio della moneta Usa e il prezzo del barile di greggio: il dollaro cade, il prezzo del greggio aumenta in conseguenza.

Cause analoghe spingono in alto i prezzi dei cereali e delle materie prime e derrate di base: aumento della domanda, rigidità dell'offerta, ribasso del dollaro sul mercato dei cambi.

Per alcune di quelle derrate si aggiungono elementi specifici. Il prezzo del mais per esempio rincara perché gli Stati Uniti ne consumano larghe quantità in funzione di energia attraverso il ciclo dell'etanolo. Si chiama bio-energia, usata al posto della benzina. Non basta a far diminuire il prezzo del greggio ma è più che sufficiente a portare alle stelle quello del granturco.

L'insieme di questi fenomeni ha come conseguenza l'aumento del tasso di povertà in tutto il mondo. Alla conferenza mondiale della Fao, conclusa lo stesso venerdì nel quale i fatti sopra ricordati sono avvenuti, le statistiche diffuse tra le migliaia di congressisti e di giornalisti hanno documentato che i poveri (cioè quelli che vivono con meno di un dollaro al giorno) sono ormai 900 milioni di persone. Saranno un miliardo nel 2010.

Nel frattempo le disuguaglianze di reddito hanno toccato ovunque dislivelli mai raggiunti prima. La conseguenza è un aumento delle tensioni sociali e una guerra tra poveri per disputarsi le briciole del lauto banchetto dei ricchi.

La conferenza della Fao ha documentato questa situazione preoccupante ma si è conclusa con un "flop" totale: nessuna strategia, nessun programma, nessun provvedimento. Tutti contro tutti, ballando sul crinale di un abisso energetico, alimentare, climatico, sociale, demografico. Nessuna "leadership". Barbara Spinelli ha descritto l'"impasse" mondiale che si sta verificando dopo la vittoria del cosiddetto "pensiero unico" in un articolo sulla Stampa di due giorni fa. Una voce nel deserto. Per tutti gli altri "i fondamentali" sono solidi, perciò è inutile preoccuparsi. A me sembrano matti.

* * *

Ho già ricordato che il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ha preannunciato un inasprimento del tasso d'interesse dell'euro, con immediati effetti sul corso del cambio. Si trattasse di un comune mortale, un qualunque tribunale europeo potrebbe aprire un'indagine a suo carico per turbativa di mercato, ma Trichet non è un comune mortale come non lo è stato Silvio Berlusconi quando si è divertito a far schizzare in su e in giù il titolo dell'Alitalia con improvvide dichiarazioni, di fronte ad una magistratura silente e in altre faccende affaccendata. Spesso i potenti sono indagati perché potenti. Altre volte non lo sono per la stessa ragione, dal che deduco che non tutti i potenti sono eguali, quelli che trafficano col danaro godono di qualche vantaggio in più rispetto a quelli che trafficano con la politica.

Trichet dunque e insieme con lui i componenti del direttorio della Bce e i governatori delle Banche centrali unificate in quella di Francoforte, dichiarano di dover combattere l'inflazione e quindi mantengono il tasso d'interesse dell'euro a più del doppio di quello del dollaro e si apprestano ad ulteriori inasprimenti nel prossimo futuro.

Ho letto ieri un'intervista di Bini Smaghi, uno dei membri del direttorio della Bce, in cui questa politica insana viene spiegata così: "Sappiamo che l'inflazione in Europa è importata dall'estero e quindi è fuori dal nostro controllo, ma ad essa si potrebbe aggiungere un'impennata della domanda interna europea. Per evitare questa prospettiva dobbiamo inasprire il costo del danaro".

A me sembra incredibile questo modo di ragionare e lo scrivo ormai da molti mesi, ma nessuno spiega quale possa mai essere la logica dei banchieri centrali europei. Del resto questo concentrato di ossimori lo ritroviamo in tutti i documenti delle agenzie monetarie ufficiali: Fondo monetario, Ocse, Banche centrali, Commissione europea.

Tutte queste Autorità lamentano un deficit di domanda e propugnano una politica di crescita ma nello stesso tempo raccomandano vivamente misure che contengano la domanda: tagli di spesa, blocco della redistribuzione del reddito, politiche monetarie restrittive. Bini Smaghi lo dice in modo esplicito: dovremo comprimere la domanda. Draghi applaude, come tutti i suoi colleghi. Gli economisti indipendenti concordano. Ma non c'è uno straccio di spiegazione che ci dica in che modo far crescere l'economia restringendo la domanda sia di consumi sia di investimenti.

Il bello è che anche gli industriali concordano con questa strategia sinistramente schizoide. Naturalmente a condizione di essere esentati (loro) da misure restrittive e di essere "accompagnati" verso una riforma dei contratti che agganci il lavoro alla produttività.

* * *

Sulla necessità di agganciare aumenti salariali alla produttività l'accordo è generale (salvo quei poveretti delle sinistre radicali che ancora venerano la salma di Lenin). Pietro Ichino ha presentato un progetto di legge molto equilibrato in proposito e le organizzazioni sindacali sono sostanzialmente d'accordo con lui. Ma Confindustria e governo vogliono ben altro.
Emma Marcegaglia e la giovane Guidi da lei nominata alla testa dei "Giovani industriali" vogliono addirittura il contratto individuale come base nei rapporti industriali. Un Pietro Rossi e Fiat, un Mario Bianchi e Telecom, un Luigi Cacini e Eni. Fior di contratti "tagliati su misura individuale". Taluni di alta moda, talaltri "prêt-à-porter". Questa dovrà essere la contrattistica del prossimo futuro.

Il ministro Brunetta la porterà nel pubblico impiego o almeno farà il possibile. Per quanto riguarda il merito l'ineffabile Guidi vorrebbe considerare anche la "devozione verso l'azienda". Ed ha aggiunto: "In questo nuovo clima si può". Certo, perché no? E dunque avanti, e fate in fretta.

* * *

Le avventate dichiarazioni di Trichet sul tasso d'interesse centrale dell'euro hanno, tra gli altri nefasti effetti, prodotto un drastico aumento nel costo dei mutui immobiliari. I mutui a tasso variabile sono agganciati all'Euribor, che è appunto il tasso praticato dalle Banche europee nelle operazioni liquide tra di loro. L'Euribor è volato alle stelle portandosi appresso i mutui a tasso variabile.

Immagino che ora i titolari di quei mutui faranno ressa agli sportelli per convertirli a tasso fisso seguendo il decreto varato qualche giorno fa da Tremonti. Vedremo quali condizioni spunteranno e vedremo anche se le banche si faranno concorrenza tra loro. Comunque, con l'Euribor a questi livelli, le rate di rimborso saranno ancora più lunghe e più gravose perché il mercato è il mercato e Tremonti denari da spendere per diminuire il costo dei mutui non ne ha.

In realtà Tremonti non ha nulla in cassa salvo quello che gli hanno lasciato Visco e Padoa-Schioppa. Era abbastanza, l'aggravarsi della crisi generale ha assottigliato l'extra-gettito ma ancora ce n'è.

Naturalmente non basta per fare tante cose. L'Ici se ne porta via 2,6 miliardi e non serve a niente. Tremonti, non sapendo dove trovare i soldi, li ha presi dalle casse della Regione siciliana (1 miliardo e 300) e calabrese (300). Ma ne è nato un putiferio che è ancora in corso. Poi c'è il Comune di Roma che si porta dietro da dieci anni e più un debito mai saldato dallo Stato e quindi aumentato con interesse composto. Poi c'è la Sanità del Lazio, ereditata dall'epoca Storace e prima ancora.

La defiscalizzazione degli straordinari preoccupa meno: quei soldi vengono dal governo precedente e poi saranno ben poca cosa: in tempi di vacche magre gli straordinari e i premi di produzione costeranno pochi spiccioli. Ma poi, a turbare i sonni del Tesoro, c'è Alitalia. Quello è un pasticcio molto grosso e non se ne vede per ora la fine.

* * *

Ne ho accennato domenica scorsa e quindi non mi ripeto se non per dire che trovare uno o due miliardi, tra Banca Intesa e qualche Colaninno, magari ci si riesce, ma non serve a niente se non entrerà in campo un vettore internazionale di prima grandezza. Il quale: 1. Per ora non c'è. 2. Se spunterà chiederà tagli assai più gravosi di quelli di Air France di tre mesi fa.
Ma se nelle prossime due settimane Bruxelles riterrà di annullare il prestito di 300 milioni portato a patrimonio dallo Stato ad Alitalia, allora la società sarà messa in liquidazione e Tremonti dovrà tirar fuori una bella somma per i ricaschi sociali sul personale di volo e di terra. Insomma una catastrofe. Le speranze e la paura, come è titolato il libro del ministro del Tesoro. Soprattutto la paura.

(8 giugno 2008)

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“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
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