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30 anni dopo

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

30 anni dopo

Messaggioda franz il 27/04/2016, 7:18

So che inevitabilmente discutere di Chernobil significa riaprire le solite polemiche sui milioni di morti secondo greenpeace e la vulgata antinuclearista ma vediamo se, passando il tempo, anno dopo anno, polemica dopo polemica, magari migliorano le percezioni della realtà.

Verita' e trucchi su Chernobil, 30 anni dopo

Umberto Minopoli
Ieri alle 6:44 ·

Un mio articolo su Il Foglio di oggi:
Verita' e trucchi su Chernobil, 30 anni dopo.

30 anni da Chernobyl: un tempo giusto per la verita’. Intanto. Condividiamo con Chernobyl una caratteristica: siamo l’unico paese al mondo che, a causa della tragedia nella cittadina ucraina, decise la chiusura e lo smantellamento delle proprie centrali nucleari. L’unico. Una decisione strategica e il futuro della politica energetica nazionale vennero delegate ad una procedura bizzarra: un referendum, frettoloso e pilatesco. E indetto nel pieno della dinamica di un incidente. Falsato, inevitabilmente, dall’emotivita’ e dalla deformazione informativa. E dalla piu’ scorretta delle asimmetrie tra le parti in campo: con i favorevoli alle tecnologie nucleari costretti a confrontare le proprie ragioni, tecniche e razionali, con le esagerazioni mediatiche di una minacciata “apocalisse atomica”. Simbolizzata dalla cupa profezia dei monaci di Greepeace: “ Chernobyl produrrà milione di morti”.

Nessuno al mondo si comporto’ come l’Italia. Nessuno chiuse gli impianti operativi. Molti misero in discussione programmi, futuro e ruolo delle tecnologie nucleari. Ma nessuno chiuse gli impianti. Resta il dato che nel mondo la quota di contributo del nucleare civile non si è mai ridotta. Nemmeno Fukushima ha intaccato questo dato. Anzi. Per variegati motivi- il ricorso a tecnologie no-carbon, il fabbisogno di potenza energetica dei paesi di nuovo sviluppo- la quota del contributo nucleare è destinata ad aumentare. Solo l’Italia, dunque, trasse dalla tragedia di Chernobyl la decisione dell’uscita immediata dal nucleare.

Oggi, a trenta anni da Chernobyl, e’ tempo di un bilancio. Distaccato, sui fatti e senza emotivita’. Un bilancio che, nel nostro caso, riguarda anche un giudizio sulle scelte dell’Italia nel 1987: quanto e’ costato, dal 1987 ad oggi, il mancato sviluppo del nucleare in Italia? Ci provarono a quantificarlo alcuni coraggiosi studiosi nel 2011 (A.Gilardoni, S.Clerici, L.Rome’, I costi del mancato sviluppo del nucleare in Italia) che calcolarono in circa 50 miliardi di euro tale costo nel periodo 1987/2009. Era, a detta dei tre studiosi, approssimato per difetto. A quella cifra andrebbero aggiunti oggi, ulteriori 7 anni. In cui tutti gli squilibri e i limiti della nostra struttura energetica si sono, ulteriormente , aggravati. Ma torniamo a Chernobyl.

Si e’ trattato, certamente, del piu’ grave incidente , tra i soli tre classificabili come tali (Three Mile Island, 1969 e Fukushima, 2011 ) della storia del nucleare civile. Chernobyl, con le sue conseguenze, è stato, in questi ultimi 30 anni, l’evento piu’ studiato e analizzato dalla comunita’ internazionale. Anzitutto, ovviamente, sui suoi aspetti sanitari e sociali. Fin dall’inizio, un’immenso bacino di popolazione, oltre un milione di persone (tra i 600.000 liquidatori e i 400.000 abitanti delle cittadine più coinvolte dall’incidente) sono state monitorate, dalle Agenzie Internazionali dell’Onu con screening, controlli, test analitici.

Si è trattato del più colossale programma epidemiologico internazionale del secolo delle Nazioni Unite. Integrato con lo studio lo studio dell’evento incidentale, analizzato in tutte le sue cause e conseguenze tecniche, economiche, ambientali e sociali. Sono stati prodotti, anzitutto a cura dell’Unscear (l’organismo scientifico dell’Onu, nato nel 1955 per lo studio degli effetti delle radiazioni, a partire da quelli sulle popolazioni giapponesi) rapporti e analisi settoriali che costituiscono, ormai, una letteratura tecnico-scientifica imprescindibile per il settore nucleare nel mondo come per quello sanitario ed ambientale. Trakasciamo i fattori di unicità e irripetibilità, della dinamica dell’incidente, che dovrebbero essere qrmai assodati nella valutazione di Chernobyl: si trattò, in larghissima parte, di un incidente dovuto ad una dinamica contraria ad ogni standard consolidato e prodotto dalla condizione di collasso tecnico del sistema sovietico sul finire degli anni 80; riguardò una tecnologia, quella dei reattori RBMK sovietici, anticonvenzionale, intrinsicamente instabile e che non ha riscontri in alcuna delle tecnologie occidentali.

La dinamica tecnica di Chernobyl poteva verificarsi solo in quella realtà. E non poteva, in alcun modo, ripetersi in alcuna altra realtà o impianto nel mondo. Nel 2002 l’Onu ha lanciato un “programma decennale” per Chernobyl. Lo scopo: pubblicizzare le conclusioni della lunga campagna di monitoraggio sanitario (“ the Human Conseguences of the Chernobyl Nuclear accident”) e indicare le strategie per la rinascita dei territori interessati (“Strategy for recovery”).

Tutte le Agenzie dell’Onu, dalla WHO, all’ IAEA , alla FAO, all’UNSCEAR e ai i governi interessati, sono state impegnate a scrivere il bilancio di Chernobyl e a indicare le sue lessons learned . Nel 2003 questa complessa attività di monitoraggio è stata dall’Onu istituzionalizzata nel Chernobyl Forum, composto da 100 esperti internazionali di tutte le Agenzie delle Nazioni Unite e dai governi interessati all’evento, Russia, Ucraina e Bielorussia. Il Chernobyl Forum ha prodotto nel 2006, a vent’anni dall’incidente , due distinti rapporti- quello dell’ Expert Group Environment ( coordinato dall’Iaea ) e quello dell’ Expert Group Health ( coordinato dalla WHO )- che contengono le conclusioni di 20 anni di studi e analisi. Le assunzioni del Chernobyl Forum sono state, ulteriormente, confermate nel Report del 2008 dell’Unscear sugli “effetti sanitari dell’incidente di Chernobyl“ che concludeva con due affermazioni chiave: “ la maggioranza della popolazione interessata dall’incidente non ha motivi di temere, per il futuro, conseguenze sanitarie dovute ad effetti dell’incidente”; “ i livelli annuali di esposizione radiologica della popolazione coinvolta sono risultati del tutto comparabili a quelli delle dosi naturali (natural background).

Due conclusioni che demolivano, impietosamente, i fondamenti del catastrofismo mediatico su Chernobyl. E, anzitutto, il caposaldo della vulgata antinuclearista: la tesi che l’aspetto distintivo e specifico di un incidente nucleare è la proiezione di un numero di decessi futuri dovuta all’insorgenza, nel tempo, di malattie tumorali. Si tratta, come diremo, di un trucco. I report del Chernobyl Forum forniscono risposte alle domande chiave del trentennale dibattito internazionale sull’incidente. Ne prendiamo alcune essenziali. La prima: quanti sono stati i decessi effettivi per ARS ( sindrome acuta da radiazioni) a Chernobyl?

Cioe’ quante perdite effettive ha causato, nell’immediato, l’incidente “piu grave” della storia del nucleare? Nel rapporto del Forum i morti attribuibili all’ARS furono 28. Tutti nel 1986 tra i lavoratori che, per primi, intervennero sul luogo dell’incidente. Nella popolazione esterna e negli anni successivi al 1986 “ non si verificarono, secondo il Forum, decessi per Ars”. Secondo: quanti sono stati, nei 20 anni, dall’incidente, i tumori letali causati dall’esposizione a radiazioni? “non è possibile accertarlo, risponde il Forum, perché non esiste una possibilità di distinguere i tumori causati da radiazioni da quelli dovuti ad altre cause”. Gli studi epidemiologici sui residenti delle arre interessate al fallout radioattivo, “non hanno fornito evidenza di un aumento di mortalita’ per leucemie, tumori solidi e malattie diverse da tumori”.

L’unico dato collegabile tra tumori registrati e il fallout radioattivo è quello di 4000 tumori alla tiroide registrati, tra il 1992/2002, tra persone che erano bambini al tempo dell’incidente. Di essi 15 hanno portato al decesso. Infine, nel gruppo dei 61.000 lavoratori russi che hanno subito dosi medie di 107 mSv ( unità di misura delle dosi radiottive assorbite) un 5% dei decessi avvenuti potrebbe essere collegato ( statisticamente) a queste dosi. Ma il dato, secondo il Forum, non è accurato. Terzo: quali sono stati i livelli di esposizione a radiazioni della popolazione interessata? Tranne i lavoratori impegnati sul sito nei primi giorni dell’incidente ( tra cui, come abbiamo visto si verificarono, morti per ARS) “ la gran parte dei lavoratori coinvolti nel recupero e delle persone che vivevano nelle zone interessate, prima dell’evacuazione, hanno ricevuto, nei vent’anni dall’incidente, dosi al corpo intero relativamente basse e confrontabili con la dose dovuta al fondo naturale ( quella che avrebbero ricevuto anche senza l’incidente)”.

Quanto alla situazione attuale: “i cinque milioni di residenti nelle aree contaminate di Bielorussia, Russia e Ucraina, ricevono annualmente dosi effettive, dovute al fallout, pari a meno di 1 mSv. Cioè nulla. Infine: “ dati i livelli relativamente bassi a cui sono state esposte le popolazioni delle regioni colpite non c’è alcuna evidenza, continua il Forum, di osservare conseguenze sulla fertilità riproduttiva, effetti degenerativi nelle nascite o effetti ereditari futuri”. Ovviamente, in aggiunta ai numeri di queste patologie che si sarebbero verificati senza l’incidente. Quarto: quale fu l’impatto ambientale del rilascio radioattivo del reattore esploso di Chernobil? Il rilascio totale, in termini di bequerel, fu enorme. Ma in termini degli specifici radionuclidi emessi ebbe una dinamica precisa.

A prevalere fu la diffusione di radionuclidi a vita breve e media ( Iodio 131, stronzio 90 e Cesio 137) che nei trent’anni trascorsi sono, ormai, largamente decaduti. I radionuclidi pesanti ( plutonio e americio), seppur presenti e depositati, prevalentemente, nei terreni circostanti la centrale e in un raggio di 100 Km, “rappresentano livelli non significativi, informa il Forum, dal punto di vista radiologioco”. Insomma: nessun “deserto” atomico perenne. La recovery di quei territori è un’opera che è nell’ordine delle cose. Come si vede: nessuna apocalisse. Il “piu’ grave” degli incidenti della storia del nucleare, quanto a mortalita’ causata e a proiezioni di fatalità nel futuro, non solo non presenta i tratti dell’apocalisse, ma si rivela di gran lunga di portata inferiore e limitata rispetto a ogni altro incidente “grave” nella storia della generazione di energia.

Da dove nasce, allora, la convinzione diffusa che la specificità dell’incidente nucleare è data dal fatto che, ai morti nell’immediato, si devono sommare quelli futuri dovuti alle insorgenze tumorali nel tempo? Nasce da un trucco, dal malizioso uso strumentale di uno strumento statistico ( che serve in radiologia per calibrare le norme di sicurezza ) che gli antinucleari hanno trasformato in una teoria “scientifica” e arma di propaganda. Si chiama teoria Linear No Threshold (LNT). Afferma che ad ogni dose di radiazione, dalla più minuscola alla più grande, è attribuibile una percentuale di probabilità di insorgenze patologiche. Gli antinucleari l’hanno trasformata in una predizione meccanica ed automatica: il numero probabile è trasformato in morti accertate. Ma, soprattutto, si trasforma un criterio direttivo statistico in una previsione sanitaria. Stravolgendo la realtà.

Quella correlazione statistica, presunta dalla LNT, non si è mai verificata nei termini descritti. L’umanità ha avuto a disposizione, in questo secolo, il grande laboratorio dei sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaky per misurare gli effetti nel lungo termine delle radiazioni ionizzanti su popolazioni intere investite dal fallout radioattivo. Niente che assomigli alla LNT è stato verificato. E niente che assomigli alla LNT è stato verificato, come abbiamo visto, nei tests che hanno seguito l’incidente di Chernobyl. La verità è molto semplice e banale: la contaminazione radioattiva, come la generalità di altri possibili fattori che inducono patologie, è deterministica, nei suoi esiti solo ad alte dosi assunte.

E’ noto che a certi livelli di contaminazione ( oltre i 5 Sv ) gli effetti letali delle radiazioni sono certi. Ma la certezza riguarda, appunto, questi livelli. Sotto tali livelli funziona, naturalmente, una scala di effetti gravi. Ma non infinita verso il basso. Alle basse dosi assunte ( a livello dei mSv ), come è stato anche il caso di Chernobyl secondo i dati, l’automatismo finisce. Non è letteralmente possibile, scientificamente, alle bassi dosi prevedere, come invece fanno gli antinuclearisti, numeri di decessi reali in futuro o elevate probabilità che essi si verifichino per la sola causa della bassa radioattività assunta. Eppure sul trucco statistico della LNT ( sempre più discussa in radiologia) si è costruita la “mostruosità” propagandistica della tecnologia nucleare.

Piuttosto, il bilancio sanitario di Chernobyl mette in luce un punto chiave su cui il catastrofismo mediatico sul nucleare dovrebbe riflettere: le patologie più appariscenti, nelle popolazioni coinvolte da incidenti nucleari, sono quelli dei sintomi di depressione, stress e ansia. Gli esperti dell’Onu attribuiscono una certa importanza, ovviamente, alle modalità spettacolari, catastrofiste e ansiologiche con cui i governi e gli organi di comunicazione trattano l’incidente nucleare: con una totale sproporzione tra realtà dei fatti ed effetti annunciati e previsti. Discutere sulla realtà di Chernobyl, dopo 30 anni, dovrebbe servire anche a cambiare la comunicazione ingenerosa e patologica del nucleare civile.
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Re: 30 anni dopo

Messaggioda flaviomob il 27/04/2016, 14:56

Non è vero. Anche la Germania ha deciso di rinunciare al nucleare a partire dal 2022.

Dei 9 reattori in attività, 6 verranno fermati nel 2021, mentre gli ultimi tre, i più moderni, dureranno fino al 2022[7]. Per sopperire alla mancanza di circa 150 TWh annui forniti dal nucleare, il governo tedesco punterà su rinnovabili, efficienza energetica, gas e l'ammodernamento della rete elettrica[8].


https://it.wikipedia.org/wiki/Energia_n ... n_Germania

La Svizzera dal 2034.

http://www.lifegate.it/persone/stile-di ... l_nucleare

Pare anche Scozia ed Iran.


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Re: 30 anni dopo

Messaggioda franz il 27/04/2016, 15:56

flaviomob ha scritto:Non è vero. Anche la Germania ha deciso di rinunciare al nucleare a partire dal 2022.

Flavio: leggi meglio: "siamo l’unico paese al mondo che, a causa della tragedia nella cittadina ucraina, decise la chiusura e lo smantellamento delle proprie centrali nucleari".
Le decisioni di altri paesi sono avvenute a seguito di Fukushima, non di Černobyl'.
L'affermazione è quindi vera.
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Re: 30 anni dopo

Messaggioda franz il 27/04/2016, 22:38

Beh sembra impossibile ma chi crede che le canne facciano bene ai malati secondo me puo' anche credere lo stesso delle radiazioni.

Who would voluntarily breathe in radioactive gas? These days, there are people who do. They swear by the notorious noble gas radon, created by the decay of uranium: They inhale it deeply.

Most believers in the healing qualities of radiation are suffering from a chronic inflammatory disease: arthritis, asthma or psoriasis, for example. The gas, they argue, alleviates their problems for months, which is why they lay in bubbling radon water offered by some healing spas. In Bad Kreuznach, in the German state of Rhineland-Palatinate, brave spa guests even trek into the tunnels of an abandoned mercury mine, attracted by the radon-filled air in the mountain. Are they crazy?

As has now become clear, these people are right: Radioactivity is good for them.

These are the initial findings of an ongoing large-scale trial conducted by researchers from four German institutes. The leader is radiobiologist Claudia Fournier, from the Helmholtz Center for Heavy Ion Research in Darmstadt.

Hundreds of patients in the spa resort of Bad Steven, in Upper Franconia, allowed themselves to be thoroughly examined for the study. The researchers found that after a series of radon baths, the blood of the test subjects had fewer signs of inflammation. Their immune defense, which is often in overdrive due to their illnesses, also seemed to have calmed down.

Immagine

Segue
http://www.spiegel.de/international/wor ... 88744.html
http://www.spiegel.de/international/wor ... 744-2.html
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Re: 30 anni dopo

Messaggioda flaviomob il 28/04/2016, 1:07

Resta il dato che nel mondo la quota di contributo del nucleare civile non si è mai ridotta. Nemmeno Fukushima ha intaccato questo dato


Questa affermazione è falsa. E le decisioni di Germania ed altri stati di uscire dal nucleare sono state influenzate anche dall'incidente di Cernobyl, seppure con tempi diversi da quelli italiani.


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Re: 30 anni dopo

Messaggioda franz il 28/04/2016, 7:31

Provo a ripeterlo meglio:
"siamo l’unico paese al mondo che, a causa della tragedia nella cittadina ucraina, decise la chiusura e lo smantellamento delle proprie centrali nucleari".

Il testo si riferisce alla decisioni prese allora dopo l'incidente ucraino. L'italia fu l'unico paese a chiudere e smantellare centrali. E questa affermazione è vera. Non è possibile, per via logica, stabilire cosa avrebbe deciso la Germania (ed altri) se non ci fosse stato l'incidente di Fukuschima, perché la storia non si fa con i "se". La logica è che, lo abbiano deciso sulla scorta di argomenti nuovi (fukushima) e non vecchi di 30 anni.
Per quanto riguarda il nucleare civile, solo vedendo cosa sta facendo la Cina dopo il 1986 (Cina che non è certo San Marino) si capisce che la realtà è un po' diversa da quella che possiamo osservare in Italia. Sicuramente ci fu un rallentamento negli anni 80 e 90 ma dal 2000 c'è una significativa ripresa nella costruzione di nuovi impianti.

https://it.wikipedia.org/wiki/Energia_nucleare_in_Cina
https://it.wikipedia.org/wiki/Energia_n ... _nel_mondo
https://en.wikipedia.org/wiki/Nuclear_power_by_country

Giusto per chiarire, ci sono 446 centrali operative (58 in Francia) e ci sono una sessantina di centrali in costruzione nel mondo, 21 in Cina.
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Re: 30 anni dopo

Messaggioda flaviomob il 28/04/2016, 9:39

Una parte del mondo ha deciso di ridurre o chiudere le centrali nucleari. Mi sembra che, con rispetto parlando, sia una parte di mondo un po' più evoluta della media ;)

Dopo il disastro nucleare di Fukushima, la Germania ha definitivamente chiuso otto dei suoi reattori e si è impegnata a chiudere i rimanenti entro il 2022.[5]. Gli italiani hanno votato in massa per mantenere il loro paese fuori dal nucleare.[6]. La Svizzera e la Spagna hanno vietato la costruzione di nuovi reattori[7]. Il Belgio sta pensando di eliminare gradualmente le sue centrali nucleari, forse già dal 2015[7]. La Francia, spesso considerata un modello nucleare commerciale per il mondo, oggi è bloccata in un dibattito nazionale su un parziale uscita dalla fase nucleare[7].
...
Danimarca, Estonia, Irlanda, Grecia, Italia, Cipro, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Austria, Polonia e Portogallo non producono energia nucleare.
...


https://it.wikipedia.org/wiki/Energia_n ... ne_europea

PS: Se in Libia Iraq o Siria vi fossero delle centrali nucleari, saremmo tutti tranquilli vero? ;)


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Re: 30 anni dopo

Messaggioda franz il 28/04/2016, 12:09

flaviomob ha scritto:Una parte del mondo ha deciso di ridurre o chiudere le centrali nucleari. Mi sembra che, con rispetto parlando, sia una parte di mondo un po' più evoluta della media ;)
...
PS: Se in Libia Iraq o Siria vi fossero delle centrali nucleari, saremmo tutti tranquilli vero? ;)

Benvenuto nel Club che sostiene che alcuni paesi non dovrebbero dotarsi di tecnologia nucleare.
Strano che nella lista non si legga l'Iran.
Comunque per questo esiste già un trattato di non proliferazione.
Per chi vi aderisce, c'è libera scelta di dismettere il nucleare, mantenerlo, potenziarlo.
Per ora mi pare che il bilanciamento tra chi costruisce nuove centrali (65 secondo IAEA) e chi dismette veda i primi in vantaggio come centrali. Poi nel 2050 rifaremo i calcoli e vedremo se qualcuno avrà cambiato idea sulle dismissioni (il Giappone per esempio lo ha già fatto).

L'aspetto però interessante che emerge dagli articoli postati è che da un lato c'è il verosimile e naturale timore per le radiazioni nucleari (in tutti i sensi, anche per le normali radiografie) dall'altro emerge, proprio dall'analisi dei dati relativi a vari incidenti nucleari gravi, che i temuti danni a lungo periodo non ci sono stati. Ed essendo passati 30 anni ormai i primi bilanci si possono fare. Capisco che per un naturale gioco della parti la lobby antinucleare (che corrisponde alla lobby pro-energie-alternative) tenda ad ingigantire i danni possibili di un incidente nucleare e che i pro-nucleare tendano invece a minimizzarli e casi mai ad enfatizzare i danni all'ambiente provocati da certe fonti energetiche alternative ma molto poco sostenibili, tuttavia forse potremmo trovare a 30 anni di distanza un compromesso obbiettivo. Forse. ;)
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Re: 30 anni dopo

Messaggioda flaviomob il 29/04/2016, 2:13

CHE COSA ACCADE ESATTAMENTE AL CORPO. Come agisce la radioattività sull’organismo umano? Il primo danno si ha immediatamente, o meglio un decimo di trimilionesimo di secondo dopo che protoni, neutroni, elettroni, raggi gamma, o raggi X prodotti dal decadimento del nucleo hanno colpito un qualsiasi atomo dei tessuti del corpo. Con la loro energia essi strappano all’atomo un elettrone. Sia l’atomo, sia l’elettrone, che prima erano in uno stato di normalità, sono ora in una condizione di instabilità: nel successivo milionesimo di secondo, reagendo con altri atomi, entrambi possono dar vita a nuove molecole.

Alcune di queste, chiamati radicali liberi, hanno la caratteristica di reagire molto facilmente al contatto con altre molecole, dando vita a ulteriori sostanze prima inesistenti. Queste possono alterare la riproduzione e il funzionamento delle cellule, per poco tempo o per molti anni, velocemente o lentamente: dipende dalla quantità di tessuto che è stato colpito e dalla natura della radiazione: se la dose assorbita è molto piccola, gli effetti sono minimi e quest’ultimo è in grado di riparare i danni da solo. Ma se la dose è alta e la zona colpita è estesa, le cellule non sono in grado di far fronte all’invasione di radicali tossici.

La particelle più attive, come protoni e neutroni, possono ledere il Dna, che poi si riproduce in maniera anomala. Questo spiegherebbe l’insorgere dei tumori a distanza di tempo in persone che sono state colpite da forti radiazioni. Anche i cromosomi possono essere spezzati dalla radiazione. In questo caso le nuove cellule avranno un “messaggio” cromosomico alterato e così quelle che da esse nasceranno.

Ci sono comunque organi che risentono più di altri degli effetti delle radiazioni intense. Ecco quali.

Midollo osseo. Vengono alterate le cellule che producono globuli bianchi, rossi e piastrine. Insorgono perciò anemie, infezioni ed emorragie. Se la dose è stata molto alta, anche la leucemia.
Apparato riproduttivo. I danni dipendono molto dalla dose. Diminuisce o scompare la produzione di spermatozoi. Possono aumentare i tumori alle ovaie.
Apparato digerente. Insorgono vomito, nausea, diarrea, anoressia, ulcere intestinali. Aumenta il rischio di cancro allo stomaco, al colon e all’esofago.
Tiroide. Adenomi (tumori benigni), e scarso funzionamento della ghiandola.
Occhio. Dopo alcuni mesi si possono formare aree opache nel cristallino.
Gravidanza. Il feto sottoposto a radiazioni nelle prime settimane può avere il cranio più piccolo, ritardo mentale e, dopo la nascita, riduzione dell’altezza.

http://www.focus.it/scienza/salute/i-te ... i-sulluomo


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Re: 30 anni dopo

Messaggioda franz il 29/04/2016, 7:20

Tutto giusto per le "forti radiazioni" e quindi per quello che è successo nei giorni immediatamente successivi all'incidente nel raggio di qualche km, o seguendo la direzione del vento.
Quello che invece non quadra è il tipo di danno per le radiazioni deboli.
Le cellule hanno (da centinaia di milioni di anni) diversi meccanismi di riparazione del DNA, in grado di effettuare, in ogni singola cellula anche 500'000 riparazioni al giorno. Questo spiega perché un basso dosaggio non crea danni. Li crea solo quando la radiazione supera la capacità della cellula di auto ripararsi o quando la cellula, invecchiando, perde gradualmente questa capacità. Questo fatto noto da tempo (lo studiavo 40 anni fa all'uni) mette in discussione il modello lineare di danno senza soglia che è stato usato in questi anni per stimare i probabili danni da radiazione su vasta scala.

Wikipedia ha scritto:Secondo il modello LNT il rischio di contrarre tumore o leucemia cresce linearmente al crescere della dose equivalente già a partire dalla dose equivalente di 2,4 millisievert per anno, che è la media mondiale di dose equivalente assorbita da un essere umano dovuta al fondo di radioattività naturale. Pertanto secondo l'LNT in una popolazione esposta ad esempio a 3,4 millisievert per anno (la media di dose equivalente assorbita in Italia dove il fondo di radioattività naturale è leggermente più elevato) il numero di tumori e leucemie registrati epidemiologicamente fra la popolazione dovrebbe essere del 40% superiore alla media mondiale.

Problemi del modello LNT
Tuttavia, i dati epidemiologici in diverse regioni del globo in cui il fondo naturale di radioattività è molto più alto del normale (Ramsar, Guarapari, Kerala) mostrano incidenze di cancro e leucemie molto più basse di quelle previste da LNT. Per questo, in alternativa all'LNT sono stati proposti vari altri modelli. Uno fra i più accreditati presuppone un livello di soglia di dose equivalente al di sotto del quale, ovvero ai bassi livelli di dose assorbita, l'esposizione alle radiazioni non comporterebbe danni all'organismo. Secondo questo modello l'organismo sarebbe dunque in grado di riparare i danni causati dalle radiazioni a basse dosi assorbite

Bisogna considerare che la zona a bassa contaminazione intorno a chernobil, dove oggi vivono 5,6 milioni di persone, ha una radioattività di fondo che è da 1/10 ad 1/4 di quella di Guarapari (Brasile) ed altre località che presentano una radioattività "naturale" elevata".

Vedere:
https://it.wikipedia.org/wiki/Modello_L ... -threshold
https://en.wikipedia.org/wiki/DNA_repair
https://it.wikipedia.org/wiki/Riparazione_del_DNA
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