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VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI

MessaggioInviato: 06/02/2015, 20:30
da trilogy
Proseguiamo il nostro viaggio a bordo del sottomarino Nautilus. Mentre costeggiamo la Norvegia il
capitano Nemo ci indica i fondali. Sono ricchi di idrati di metano, dice, come lo sono i
fondali di tutte le piattaforme continentali del mondo. Si tratta di metano imprigionato nel ghiaccio da decine o
centinaia di milioni di anni. Fino al 1930 non si sapeva nemmeno che esistessero.
Per 40 anni si pensò che la loro presenza fosse limitata a qualche zona della terraferma e solo negli anni Settanta si scoprì che i fondali lungo le coste, prima della scarpata oceanica, ne erano pieni. Nessuno ritenne però mai
possibile sfruttarli.....

articolo completo: http://news.itforum.it/assets/images/do ... 2-2015.pdf

Re: VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI

MessaggioInviato: 13/02/2015, 21:14
da pianogrande
Una considerazione filosofica.

La natura ha i suoi equilibri.
Non è vero che questi tendono, per definizione, a favorire la nostra sopravvivenza come qualche cultore del disegno cosmico si illude che sia.
Fino a quando però si modificano con sufficiente lentezza, noi abbiamo il tempo per adattarci.

Il metano (e la CO2) segregati dalla natura e potenzialmente liberabili o ottenibili, costituiscono quantità spaventose per la nostra sopravvivenza.
Questo, in modo particolare, se il fenomeno avviene rapidamente.

Ecco che la specie dominante dimostra di non saper dominare se stessa e combina i disastri che sappiamo.

Come dominatori, per dirla col principe De Curtis, siamo proprio 'na ciofeca.

Re: VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI

MessaggioInviato: 14/02/2015, 10:45
da franz
Si ritiene, penso in parte a ragione, che il problema non sia il nostro tempo di adattamento, dato che siamo rapidissimi e lo siamo sempre di più. Ma che sia costituito dal tempo di adattamento di tutte le altre specie viventi, che mantengono il loro ritmo lento tipico dei processi genetici. No, si dice, modifichiamo l'ambiente ad un ritmo tale che il resto del mondo vegetale e animale non riesce a starci dietro. E questo non da oggi ma circa 40'000 anni in modo impercettibile (contribuendo alla scomparsa di diverse specie animali) e piu' drasticamernte da 10'000 anni, con l'invenzione dell'agricoltura e la progressiva e conseguente desertificazione di vaste aree del pianeta, precedentemente fertili. Quello che sta avvenendo negli ultimi secoli, come conseguenza della rivoluzione industriale e tecnologica è forse poca cosa rispetto ai cambiamenti climatici e ambientali prodotti dalla desertificazione del sahara, della penisola arabica e della ex mezzaluna fertile.

Tuttavia un dubbio mi resta. Nel corso di milioni di anni ci sono state imponenti glaciazioni (con i mari che si ritiravano anche di 120 metri) e periodi molto piu' caldi di oggi, con enormi allagamenti. Solo prendendo gli ultimi 30 milioni (quindi dopo la scomparsa dei dinosauri e la comparsa di noi mammiferi) ci sono state 5 alternanze tra periodi freddi e periodi molto piu' caldi di oggi, pur all'interno di un periodo ritenuto "freddo". Malgrado questa alternanza gli orsi bianchi non si sono estinti. Oggi si teme per la loro sorte e si mostrano orsi che nuotano alla ricerca del pack. Ma questo è già successo diverse volte in passato eppure gli orsi bianchi, li vediamo, ci sono. Stessa cosa per le barriere coralline. Malgrado l'enorme dislivello subito dal mare, ci sono ancora. Magari si puo' pensare ad un modificazione lenta del livello ma alcuni indizi (in parte nelle leggende ed in parte in alcuni ritrovamenti) ci fanno pensare che in certi momenti il cambio di livello sia stato improvviso e disastroso, nel giro di pochi decenni. La natura come vediamo, è rimasta rigogliosa e con essa la biodiversità.

Pare allora che la natura non abbia degli equilibri statici ma assai piu' dinamici di quanto si pensa e quindi reagisca ai cambiamenti in modo molto piu' veloce del previsto. Tutto sommato se ci sono esseri viventi dal lungo ciclo di vita, come l'uomo, certe tartarughe, certe sequoie secolari, gli elefanti, il grosso della massa vivente è data ancora da microorganismi e piccoli animali, insetti compresi, con un ciclo di vita di pochi giorni, che quindi possono reagire rapidamente, sul piano genetico, ai cambiamenti ambientali. I grandi animali invece, come l'orso o come l'uomo, possono percorre migliaia di km in pochi anni e spostarsi. Le piante non si spostano ma i loro semi sì. Insomma facciamo disastri ma la natura si adatta ed in fondo noi stiamo meglio oggi rispetto a quando stavamo nelle caverne.

Re: VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI

MessaggioInviato: 14/02/2015, 21:22
da annalu
Secondo me hanno ragione sia Piano che Franz.
Franz ha ragione nel ritenere che "la vita", cioè alcuni dei viventi che attualmente abitano questo pianeta, potrà con tutta probabilità sopravvivere ad ogni genere di catastrofe ambientale (o trasformazione ambientale) prevedibile; del resto è noto che "i viventi dominanti" hanno sempre prodotto cambiamenti imponenti sull'ambiente, infatti l'ossigeno che respiriamo è presente nell'atmosfera solo perché sottoprodotto (di scarto) della fotosintesi dei primi organismi fotosintetici, e molta della CO2 è stata sequestrata nel sottosuolo perché bloccata nei resti solidi degli organismi vissuti (e morti) in tempi remoti.
Detto questo, è altrettanto vero che di fronte ad ogni mutamento climatico o altro, non è mai accaduto che tutte le specie riuscissero a sopravvivere, ed anche quelle sopravvissute sono state gravemente decimate nel durissimo processo di adattamento alle nuove situazioni, e spesso i sopravvissuti sono risultati ben diversi dagli antenati esistiti in precedenza.

Detto questo, credo anch'io, come Franz, che l'umanità (intesa come specie umana) ha forti probabilità di riuscire a superare anche una catastrofe ambientale, ma a quale prezzo?
Se l'innalzamento della temperatura media porterà ad uno scioglimento massiccio dei ghiacci, il pianeta subirà trasformazioni imponenti in tempi rapidi, intere città verranno sommerse dai mari, regioni ora fertili perché irrorate da fiumi provenienti dagli attuali ghiacciai, potranno diventare sterili deserti se i ghiacciai dovessero scomparire, e così via. L'umanità potrebbe sopravvivere, ma come, e soprattutto quale umanità?

Se la distruzione dovesse comportare per prima cosa l'annientamento delle infrastrutture tecnologiche, la nostra ancora fragile civiltà occidentale potrebbe non farcela, e potremmo arretrare di qualche centinaio se non migliaio di anni; per poi ricominciare, forse, ma credo che all'inizio non sarebbe divertente.
Se invece l'effetto principale dovesse essere una variazione significativa dei tassi di ossigeno ed anidride carbonica nell'aria, i primi a scomparire sarebbero tutti i popoli più poveri e meno tecnologici, mentre riuscirebbero a sopravvivere solo quei pochi capaci di costruire città dotate di sistemi di climatizzazione sufficientemente potenti, ammesso che quei pochi possano farcela.
I racconti di fantascienza più seri hanno presentato varie prospettive post-cataclisma (che fosse una guerra nucleare, o altri tipi di catastrofi tipo diluvio universale poco cambia), e sempre si prospettava la sopravvivenza o di pochissimi super-ricchi o di tribù molto primitive, capaci di sopravvivere in situazioni estreme ed in completo isolamento.
Dopo qualche secolo (o millenio, a seconda del grado di catastrofe) probabilmente una qualche forma di civiltà potrà risorgere. Se gli storici e i paleontologi del futuro misureranno il tempo in ere geologiche, probabilmente questo periodo potrà apparire relativamente breve; ma noi, che non possiamo non commisurare il tempo alla durata delle nostre brevi vite, non avremmo molto di cui rallegrarci.

Annalu

Re: VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI

MessaggioInviato: 15/02/2015, 12:25
da franz
L'aspetto piu' critico è che la distruzione sia così improvvisa da comportare l'annientamento delle infrastrutture tecnologiche.
Mi sempra improbabile e quasi impossibile. Anche gli scenari peggiori del cambiamento climatico parlano di qualche metro in 100 anni.
Certo che i danni, anche lenti, sarebbere ingenti per tutte le città costiere, ma pur sempre limitate a quelle.
Il grosso dell'umanità e delle infrastrutture ormai non è piu' sulla costa e per esempio una (direi saggia) normativa recente vieta di costruire a 300 mt dal mare.

Re: VENTIMILA LEGHE SOTTO I MARI

MessaggioInviato: 15/02/2015, 19:33
da annalu
franz ha scritto:L'aspetto piu' critico è che la distruzione sia così improvvisa da comportare l'annientamento delle infrastrutture tecnologiche.
Mi sempra improbabile e quasi impossibile. Anche gli scenari peggiori del cambiamento climatico parlano di qualche metro in 100 anni.
Certo che i danni, anche lenti, sarebbere ingenti per tutte le città costiere, ma pur sempre limitate a quelle.
Il grosso dell'umanità e delle infrastrutture ormai non è piu' sulla costa e per esempio una (direi saggia) normativa recente vieta di costruire a 300 mt dal mare.

Sei stato tu per primo a parlare di mutamenti avvenuti nell'arco di milioni di anni, e su quel piano ti ho seguito.
Che un mutamento climatico con conseguente innalzamento del livello dei mari di qualche metro possa toccare solo le località costiere ne dubito, perché certo comporterebbe anche altre variazioni importanti che potrebbero interessare località anche molto dverse.
Detto questo, si può discutere su cosa sia probabile, ma su cosa è impossibile mi sembra fuori luogo ogni dibattito: sappiamo bene che tutto è possibile e sul nostro pianeta ne sappiamo ancora troppo poco per fare affermazioni certe.
Detto questo, le infrastrutture tecnologiche al momento mi paiono ancora fragili, ma più rispetto ad eventi di natura non terrestre (come i brillamenti solari, ad esempio) che non rispetto ai mutamenti climatici.
Riguardo al mutamento del clima, direi che ormai sembra essere un fatto abbastanza accertato, anche se non sono sicura che sia esclusiva responsabilità umana; dato però che solo su quella parte abbiamo possibilità di incidere, cerchiamo almeno di limitare i danni che dipendono da noi.

Annalu