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Ricerca: è ora di cambiare

Dall'innovazione tecnologica alla ricerca, vogliamo trattare in particolar modo i temi legati all'ambiente ed alla energia, non solo pero' con uno sguardo puramente tecnico ma anche con quello politico, piu' ampio, di respiro strategico

Ricerca: è ora di cambiare

Messaggioda franz il 19/11/2008, 9:11

Sulla fuga dei cervelli
è il momento di cambiare

di Renato Dulbecco

HO LASCIATO il mio Paese nel 1947, a soli 33 anni, per gli Stati Uniti, per poter sviluppare le ricerche scientifiche che mi hanno fatto meritare il Premio Nobel per la Medicina, molti anni dopo, nel '75. Oggi mi fa male vedere che, dopo oltre 60 anni, la situazione di crisi della ricerca scientifica in Italia non è cambiata, anzi. Lo dimostrano i più di mille ricercatori italiani sparsi per il mondo che hanno già riposto all'appello di questo giornale e che hanno dovuto, come me, lasciare il Paese per dedicarsi alla scienza.

Il mio rammarico non è una questione di nazionalismo: la scienza per sua natura ignora il concetto di Patria, perché è e deve rimanere universale. Anzi, penso sia importante per uno scienziato formarsi all'estero e studiare in una comunità internazionale. Tuttavia dovrebbe anche poter scegliere dove sviluppare le sue idee e i frutti del suo studio, senza dover escludere del tutto il Paese dove è nato. Ciò che mi dispiace profondamente è toccare con mano l'immobilismo di un'Italia che sembra non curarsi della ricerca scientifica, esattamente come nel dopoguerra.

Come se più di mezzo secolo di esplosione del progresso scientifico fosse passato invano. Chi vuole fare ricerca se ne va, oggi come ieri, per gli stessi motivi. Perché non c'è sbocco di carriere, perché non ci sono stipendi adeguati, né ci sono fondi per ricerche e le porte degli (ottimi) centri di ricerca sono sbarrate perché manca, oltre ai finanziamenti, l'organizzazione per accogliere nuovi gruppi e sviluppare nuove idee. Perché non esiste in Italia la cultura della scienza, intesa come tendenza all'innovazione che qui, negli Stati Uniti, è privilegiata in ogni senso ed è il motore del cambiamento.

Ciò che è cambiato concretamente, rispetto ai miei tempi, è che la ricerca scientifica, spinta dalla conoscenza genomica che è stata al centro del miei studi e oggi rappresenta il futuro, richiede molti più investimenti in denaro e persone rispetto a 60 anni fa. Si allungano così le distanze fra Paesi che investono e quelli che non lo fanno. L'Italia rischia, molto più che negli anni Cinquanta, di rimanere esclusa definitivamente dal gruppo di Paesi che concorrono al progresso scientifico e civile.

Io sono uno scienziato e non ho la ricetta per salvare la ricerca italiana, ma proprio come "emigrato della ricerca " posso dire che i modelli ci sono, anche vicini ai nostri confini, senza guardare agli Stati Uniti, che sicuramente hanno una cultura e una storia molto diversa dalla nostra. Basterebbe iniziare a riflettere dal dato più semplice. Un Paese che investe lo 0,9% del proprio prodotto interno lordo in ricerca, contro la media del 2% degli altri, non può essere scientificamente competitivo né attirare a sé o trattenere i suoi ricercatori migliori.

(19 novembre 2008)
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Re: Ricerca: è ora di cambiare

Messaggioda mauri il 27/11/2008, 20:37

beh non mi sembra male come notizia, letta così senza sapere come stanno le cose in realtà
bisogna vedere poi se prof e rettori lo faranno o lo faranno per finta sulla carta
buona cena, mauri

Università, in decreto al Senato entrano norme "anti-baroni"
Reuters - 27/11/2008 19:24:17
ROMA, 27 novembre (Reuters) - Nel decreto legge sulle disposizioni urgenti sulle università all'esame del Senato entrano nuove regole stringenti per l'avanzamento di carriera dei docenti universitari e sul finanziamento delle università sulla base di parametri di qualità.

Il decreto-legge 180, varato dal consiglio dei ministri lo scorso 6 novembre è stato licenziato oggi dalla commissione Cultura al Senato ed è all'esame dell'aula.

Per il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini il provvedimento, che impone anche una linea di "tolleranza zero" verso le università con i conti in rosso, è una vera "svolta" nel sistema accademico italiano.

"Per la prima volta le carriere dei docenti non saranno legate a scatti automatici ma - come previsto dagli emendamenti approvati in commissione - al merito e alla ricerca effettivamente svolta", ha detto il ministro in una nota.

Le politiche sull'istruzione portate avanti dal governo hanno provocato forti proteste da studenti e
docenti di scuole e università, che sono scesi in strada per diversi giorni con cortei e sit-in.

Tra le novità negli emendamenti approvati oggi in commissione, vi è anche quella che se i docenti non procederanno nell'attività di ricerca saranno esclusi dagli scatti biennali, dalle ripartizioni dei fondi Prin per la ricerca, dalle commissioni per il reclutamento delle strutture accademiche.

I docenti avranno l'obbligo di pubblicare l'elenco delle loro attività di ricerca scientifica in una apposita "anagrafe dei professori", mentre i rettori, in sede di approvazione di bilancio, dovranno pubblicare i risultati dell'attività di ricerca, della formazione e del trasferimento tecnologico all'università.

I fondi saranno destinati agli atenei in base ai meriti ed alla qualità della ricerca e della didattica.
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